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Il gioco tra noi due
Il gioco tra noi due
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E-book315 pagine4 ore

Il gioco tra noi due

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Info su questo ebook

Mi sono sempre considerato una specie di supereroe del piacere. Mi impegno per soddisfare la donna che passa la notte con me e sono diventato una leggenda. Dita dei piedi contratte, testa leggera e lenzuola attorcigliate sono il mio biglietto da visita. Non c'è altro da aggiungere. Ma tutto è cambiato quando una ragazza mi ha chiesto di insegnarle tutto quello che so per conquistare un uomo. E non una qualunque. È la sorella del mio migliore amico, ma la sua offerta è troppo allettante per resistere. Specialmente ora che ho scoperto che la piccola, dolce Harper possiede un'immaginazione notevole... Non c'è niente di male a dare alla donna che ho segretamente amato per tutta l'adolescenza qualche lezione in camera da letto. Cosa potrebbe mai andare storto?

Lauren Blakely
è autrice bestseller di «New York Times», «USA Today» e «Wall Street Journal» e con i suoi libri ha venduto più di un milione di copie. La Newton Compton ha pubblicato la serie di successo Seductive Nights, il romanzo Big rock e, in ebook, Il gioco tra noi due.
LinguaItaliano
Data di uscita4 giu 2019
ISBN9788822734815
Il gioco tra noi due
Autore

Lauren Blakely

A #1 New York Times Bestselling author, and #1 Wall Street Journal Bestselling author, Lauren Blakely is known for her contemporary romance style that's hot, sweet and sexy. She lives in California with her family and has plotted entire novels while walking her dogs. With fourteen New York Times bestsellers, her titles have appeared on the New York Times, USA Today, and Wall Street Journal Bestseller Lists more than 100 times, and she's sold more than 2.5 million books. To receive an email when Lauren releases a new book, sign up for her newsletter! laurenblakely.com/newsletter

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    Anteprima del libro

    Il gioco tra noi due - Lauren Blakely

    Capitolo 1

    Si dice che gli uomini pensano al sesso il 99,99 per cento del tempo. Di certo non sarò io a contestare tale affermazione.

    Perché mai dovrei? È piuttosto accurata, soprattutto se pensiamo che il rimanente 0,01 per cento delle nostre capacità intellettuali è instancabilmente dedicato a cercare il telecomando.

    Nel mio caso, però – e, suppongo, in mia difesa – il sesso fa parte del mio lavoro.

    Così come socializzare e firmare autografi. Per cui eccomi a An Open Book, una libreria molto fica dell’Upper West Side. Alcune ore fa, all’inizio di questo chiassoso firmacopie, c’era una lunga fila di ammiratori. L’evento organizzato dalla mia emittente è quasi finito, per cui la fila si sta esaurendo. Il cinquantacinque per cento era composto da ragazze, cosa di cui non posso non essere contento, visto che fino a qualche anno fa i miei ammiratori erano praticamente solo maschi.

    Ma ce ne sono alcuni anche adesso. Come questo qui.

    «Il mio episodio preferito è basato su quello», dice un impacciato adolescente con i capelli arruffati e la voce stridula, indicando una vignetta in cui il signor Orgasmo salva una decina di tettone da un’isola sperduta nell’oceano, dove erano rimaste senza sesso troppo a lungo. Il risultato? Solo un eroe col mantello poteva rifornire le loro scorte di piacere.

    Rabbrividisco al pensiero di cosa debbano aver vissuto quelle donne prima che arrivasse lui a salvare la situazione.

    «Sì, quello spacca», sorrido, prima di annuire con fare serio. «Il signor Orgasmo ha reso un grande servizio a quelle signore, vero?»

    «Altroché», fa il ragazzino, con occhi spalancati e seri. «Le ha aiutate molto».

    È strano, perché avrà sedici anni, e una parte di me sta pensando: Perché cazzo guarda la mia indecente serie animata in televisione?. Un tempo era un cartone online, mentre adesso è un successo in onda in tarda serata, che include l’episodio del suddetto atto di buon cuore dell’eroe titolare.

    Sì, titolare.

    Ho detto titolare.

    Nella mia testa.

    Comunque, è stato di sicuro un episodio di successo, e uno dei motivi per cui la mia emittente ha raccolto alcuni miei vecchi disegni in questo romanzo a fumetti del sottoscritto, Nick Hammer. Edizione speciale e tutto il resto, come dice la scritta dorata in rilievo sulla copertina.

    «Puoi fare una dedica a Ray?», mi chiede, e mentre alzo il pennarello nero scorgo un luccichio dorato con la coda dell’occhio, e poi una mano in tasca.

    Oh, merda.

    Credo di sapere cos’ha appena fatto la donna in fila dietro a Ray.

    Finisco la dedica e gli passo il libro. «Va’ e dona piacere, Ray», gli dico a mo’ di mantra. Batto il pugno con lui, e per un attimo si guarda la mano, come se fosse stata appena benedetta da un maestro.

    Questo è poco ma sicuro.

    «Hai la mia parola. Voglio essere un dispensatore di piacere», dice solennemente portandosi il libro al petto e citando una delle battute più famose del signor Orgasmo.

    Diamine, un giorno quel ragazzino farà impazzire le donne. Ha una determinazione fuori del comune. Ma non ancora. Perché, insomma, ha sedici anni.

    Mi giro verso la prossima persona in fila, e vengo colto alla sprovvista dall’abbondanza di seno in bella mostra. Sufficiente da indurre un vero e proprio stato di trance, quell’espressione spenta e inebetita che solo le tette hanno il potere di causare. Non sono immune nemmeno io perché… le tette sono il mio parco giochi preferito.

    Ma mi sono allenato a fondo per resistere in situazioni simili. Una parte del mio lavoro è interagire con il pubblico, e non me ne posso mica andare in giro a bocca spalancata a fissare il seno delle donne, ma questa ragazza mi sta mettendo a dura prova. Indossa una maglietta bianca con una profonda scollatura a U. In pratica criptonite per la maggior parte degli uomini.

    Si china in avanti, tante volte non avessi visto bene. Mi guardo intorno, sperando che Serena, l’incintissima e sempre sorridente, ma molto assennata addetta alle pr di Comedy Nation, torni in fretta dall’ennesima scappata in bagno. Sa sempre quando è il momento di tenere a bada le signore più sfacciate.

    Insomma, non mi sto lamentando. Non mi dispiace affatto che alcune telespettatrici si eccitino un po’ a eventi del genere. Va benissimo. Ma ho il presentimento che questa faccia sul serio.

    «Ciao!», dico con un sorriso a Bionda Ossigenata. Interagire. Socializzare. Fa parte del lavoro. Essere l’immagine pubblica della serie animata che sta distruggendo la concorrenza in seconda serata, e anche quella di tutti i programmi che vengono prima, se per questo. Il che entusiasma il direttore dell’emittente, oltre a mandarlo fuori di testa, ma questo lo racconterò a tempo debito.

    La donna si porta una mano al petto, tentando una tattica consacrata da tempo per indurre la trance. Rimango stoico. «Sono Samantha, e adoro la tua serie! L’altra settimana ho letto l’articolo su di te su Men’s Health. Sono rimasta colpita dalla devozione alla tua arte, così come dal tuo corpo». L’articolo, dato che si tratta di «Men’s Health», conteneva una fotografia di me che mi alleno. Poi, perché ho capito che non va molto per il sottile, la bionda mi squadra da cima a fondo, indugiando sulle braccia tatuate, sul petto e, be’, ci siamo capiti. In pratica sta provando ad accoppiarsi con me tramite contatto visivo.

    «Devozione è il mio secondo nome», sorrido sistemandomi gli occhiali. Mi fa agitare, ma non per la scollatura, quanto per quello che si è messa pochi minuti fa in tasca.

    La donna si avvicina e fa scivolare il libro sul tavolo verso di me. «Puoi fare l’autografo proprio qui», sussurra, passandosi un dito sulla scollatura.

    Prendo rapidamente il libro. «Grazie, ma ho scoperto che il frontespizio va altrettanto bene».

    «Lì dovresti scrivere il tuo numero», aggiunge mentre firmo Nick Hammer e le ripasso il libro.

    «Buffo, non me lo ricordo», dico alzando le spalle con fare innocente. «E chi se li ricorda più i numeri, ormai?».

    Dove cazzo è Serena? Spero non stia partorendo nel bagno delle donne.

    Samantha fa una risatina, poi fa scorrere un’unghia lunga e rosa sull’autografo. «Hammer», dice con malizia. «Come martello: è davvero il tuo cognome o è un nomignolo per il tuo…».

    No, no, no.

    Smettiamola subito.

    Non posso andare avanti. Non giocherò a Sinonimi Sconci a proposito del mio cognome con Samantha, che sta per far scorrere quelle unghie affilate sul mio braccio.

    «Oh, mi scusi. Le è caduto qualcosa?».

    Alzo la testa quando sento una voce familiare, piena di sarcasmo e innocenza al tempo stesso.

    La bionda sussulta. «No», sbotta in tono brusco. «Non mi è caduto un bel niente».

    «È sicura?». Il tono è carico di preoccupazione.

    Non riesco a fare a meno di sorridere, perché so che la donna dietro alla bionda sta preparando un bel trucchetto.

    Harper Holiday.

    Capelli rossi. Occhi azzurri. Il viso di un angelo dolce e sexy, il corpo di una superba principessa ninja, e una bocca sempre pronta a dispensare sarcasmo. Giocherei a Sinonimi Sconci, a Contrari Sconci… a qualsiasi cosa sconcia con lei.

    Harper sbuca da dietro la bionda e apre la mano. «Perché sono sicura che questa sia la sua fede nuziale», dice con un’espressione preoccupata mentre prende un anello d’oro dal palmo e lo dà alla bionda arrapata.

    «Non è mia», risponde Samantha sulla difensiva, senza più traccia di dolcezza provocante nella voce.

    Harper si dà una pacca sulla fronte. «Oh, colpa mia. La sua fede se l’è messa in tasca pochi minuti fa. Proprio lì».

    Indica la tasca destra della bionda e, manco a dirlo, c’è il profilo di quella che sembra proprio una fede. È esattamente quello che avevo immaginato. L’ha nascosta. Forse si era dimenticata di averla e poi ha cercato di nasconderla all’ultimo minuto.

    La donna sposata sbianca di colpo.

    Beccata.

    «Questa», continua Harper, alzando l’anello e inclinandolo perché venga colpito dalle luci nella stanza, «è quella che mi porto dietro per situazioni simili».

    Samantha sussurra puttana, poi gira sui tacchi e se ne va tutta indispettita.

    «Buona lettura!», le grida Harper, poi mi guarda, inclina la testa di lato e mi sorride come a dire ti ho appena salvato il culo. Facendo la sua migliore imitazione delle groupie del signor Orgasmo, dice: «Nick Hammer. È davvero il tuo cognome?».

    E adesso spero solo che Serena rimanga in bagno ancora a lungo.

    Capitolo 2

    Hammer è davvero il mio cognome.

    Me lo chiedono sempre. Pensano tutti che sia inventato. Come un nome d’arte, un soprannome, o il nome che mi ero scelto quando facevo lo spogliarellista per racimolare un po’ di soldi.

    Scherzo. Non ho mai fatto lo spogliarellista.

    Ma sono abbastanza fortunato da ritrovarmi con un bellissimo cognome, e ancora di più di essere nato maschio, perché altrimenti i miei mi avrebbero chiamato Sunshine. Invece, mia madre ha chiamato la sua panetteria Sunshine e i suoi figli Wyatt e Nick. Nostra sorella è arrivata alcuni anni dopo la panetteria, per cui anche lei è riuscita a salvarsi dal nome hippie, sebbene anche Josie non scherzi. È uno spirito libero.

    Indico l’anello che Harper ha in mano. «Hai fatto un salto a Las Vegas nel fine settimana per sposare Penn? O era Teller?»

    «No. Criss Angel», risponde rimettendo l’anello in una borsa rossa così grande da poter offrire ospitalità ai rifugiati.

    «No, sul serio. Perché ti porti in giro una fede?»

    «Potrei dirtelo, ma infrangerei il codice 563 del Libro segreto dei maghi, scritto per tenere all’oscuro i comuni mortali come te».

    Mi porto una mano al petto e scuoto la testa. «Scusami tanto, ma io non sono un comune mortale. Su, confessa».

    Si copre un lato della bocca e sussurra: «È finto. L’ho preso per fare un gioco di prestigio a una festa lo scorso fine settimana».

    «Ed è andato bene?»

    «Alla grande!», risponde con un sorriso compiaciuto. «L’ho trasformato nell’anello di Lanterna Verde. Il bambino è rimasto a bocca aperta».

    «Ci credo. A proposito», dico con un cenno verso la porta, «grazie. Per un attimo ho pensato che avesse un proiettile magico in tasca».

    Harper strabuzza gli occhi. «Perché, ti è già successo?»

    «Sì, una volta. A un incontro con i lettori».

    «Un’ammiratrice si è masturbata mentre faceva la fila?»

    «O si è masturbata o erano soltanto i preliminari per dopo. Ma tranquilla, sono rimasto molto colpito anche da come mi hai salvato dalla tattica della fede nuziale in tasca. Penso che potresti essere una supereroina».

    «Sono fatta così. Sbuco dal nulla per salvare uomini ignari da donne sposate con mariti pericolosi che vogliono fare a pezzi fumettisti di grande successo. Probabilmente vorrai offrirmi un caffè quando ti dirò che suo marito è alto circa tre metri, ha due cannoni al posto delle braccia e che indossa un tirapugni. L’ho visto fuori della libreria prima di entrare».

    «Gestisce anche incontri clandestini?».

    Annuisce con finta serietà. «Sì. Sul ring si fa chiamare Vicious».

    «Ti devo un caffè di sicuro, allora. Magari anche una fetta di torta, per farti capire bene quanto ti sono grato per avermi salvato da Vicious».

    «Non mi tentare. Le torte sono la mia religione». Poi abbassa la voce. «Non riuscivo a decidere se usare il trucco dell’anello oppure darle questi», dice tirando fuori un paio di occhiali viola dalla borsa, «e suggerirle di metterli per scoparti con gli occhi un po’ meglio».

    Scoppio a ridere per la sua scelta di parole. «Sono fatti apposta per quello? Perché se è così ne devo prendere un paio».

    Per usarli su di te.

    Annuisce di nuovo. «Li vendono in un negozio nell’East Village. Li devi ordinare, ma posso pensarci io, se vuoi». Poi rovista ancora nella borsa. È come la borsa di Hermione. Sì, ho letto tutti gli Harry Potter, la storia più bella mai scritta.

    Prende una copia della mia raccolta di fumetti e la mette sul tavolo. «Puoi fare una dedica a Helena?».

    Le lancio un’occhiata quando vedo lo scontrino dentro al libro. Lo ha comprato qui. «Harper, non dovevi venire qui per una copia autografata. Te ne avrei data una io».

    Mi fa l’occhiolino. «Mi fa piacere essere nella cerchia degli eletti. Per adesso, ho una cliente che è segretamente innamorata di te. Per cui le voglio regalare il tuo libro».

    «Porta a Helena i saluti del signor Orgasmo», dico mentre faccio l’autografo.

    Quando alzo lo sguardo, vedo che Harper si è messa gli occhiali viola.

    Porca miseria. È arrapante con quelli addosso. Dato che li porto anch’io, mi piacciono le ragazze con gli occhiali, e non avevo mai visto Harper indossarne un paio. Voglio essere sincero: la fantasia della bibliotecaria sexy è una delle mie preferite. Ho pensato a tutto: gonna attillata, camicetta bianca sbottonata e Harper chinata su una scrivania, pronta a essere sculacciata per aver riposto male i libri.

    Mi mangia con gli occhi come stava facendo la bionda, e sussurra in tono seducente: «Funzionano, Nick?».

    Cazzo se funzionano, ma non ti servono gli occhiali per scoparmi con gli occhi. E poi, mi sto immaginando come staresti con addosso soltanto quelli.

    Un attimo. Merda. No.

    Rimprovero il 99,99 per cento del mio cervello per aver pensato una cosa simile. Perché Harper è la sorella del mio migliore amico. E Spencer mi ha sempre detto che mi raperebbe a zero e mi farebbe la tinta alle sopracciglia se mai avessi osato toccarla. Non che abbia paura di Spencer, è solo che mi piacciono i miei capelli. Castano chiaro, folti e – insomma, voglio essere sincero fino in fondo – potrei fare la pubblicità di uno shampoo. Ecco, l’ho detto.

    Ma non ho nemmeno intenzione di realizzare nessuna delle fantasie su Harper, anche se ultimamente quella china sul piano di lavoro di cucina è molto insistente. È anche vero, però, che non sarebbe giusto nei confronti della fantasia contro il muro, no?

    Breve appunto: ricordarsi di recuperare la fantasia contro il muro stasera.

    Ma torniamo alla sua domanda sugli occhiali.

    «Funzionano a meraviglia».

    Se li toglie e si guarda alle spalle. Le poche persone rimaste in fila stanno aspettando con impazienza di farsi autografare una copia. «Mi sono impossessata del tuo tempo. Sarà meglio che vada».

    «Aspetta. Ho quasi finito. Ti va di prendere quel caffè tra un quarto d’ora?». Poi aggiungo rapidamente: «Per ripagarti di avermi salvato».

    «Mmm. C’è un posto in città in cui prendere un caffè?». Si porta un dito al mento, come se ci stesse pensando davvero.

    Sospiro, stando al gioco. «Hai ragione. È un vero problema trovare un caffè. Non è che si trovino a ogni angolo».

    Annuisce, comprensiva. «Di solito bisogna cercare in lungo e in largo. Potrebbero volerci ore». Schiocca le dita. «Facciamo così. Vediamo cosa riesco a fare con una cartina. Se trovo qualcosa in un raggio, diciamo, di quindici metri da questa libreria ti mando un messaggio con le coordinate».

    «Ricevuto».

    Mi saluta e si volta per andarsene, e giuro che non rimango a fissarla troppo mentre esce. D’accordo, magari resto tre o quattro secondi a guardarle il culo. Cinque, al massimo. Ma è uno spettacolo, per cui mi sembrava un peccato non godere della vista.

    Un secondo più tardi torna Serena, si siede accanto a me, e per i successivi quindici minuti mi concentro sui miei ammiratori, autografando e chiacchierando, interagendo e socializzando.

    Al termine dell’evento, controllo il cellulare e vado su di giri quando vedo un messaggio di Harper. Dopo averle risposto, aiuto Serena mettere in ordine. È una persona onesta e sincera, e ha cominciato a lavorare alla mia trasmissione un paio d’anni fa, prima ancora che vantasse ottimi ascolti. «Sei stato bravo, tesoro. Mi dispiace essere stata irreperibile per un po’ di tempo», dice raccogliendosi i capelli neri con una forcina prima di alzarsi e mettersi i pennarelli usati per gli autografi nella borsa. Si accarezza il pancione. «Ti giuro che per un paio di minuti ho pensato che avrei partorito nel bagno della libreria».

    «Buffo, per un attimo mi sono preoccupato della stessa cosa. In quel caso gli avresti dato il mio nome, vero?»

    «No, lo avrei chiamato Lavandino». Poi solleva l’indice. «Ah, quasi mi dimenticavo». È così che annuncia una richiesta dal direttore dell’emittente. «Gino vuole che giovedì tu sia presente a un evento. È solo una piccola raccolta fondi in un bowling, ma vuole tutte le stelle che ha aiutato a far emergere».

    «Certo che ci sarò», dico prendendo la giacca. Voglio dire, ho altra scelta? Coglione paranoico o no, Gino controlla le fasce orarie dell’emittente, e gli piace ricordare di aver scelto personalmente il mio fumetto online per trasformarlo in una serie animata alcuni anni fa, quando lavorava ancora nella divisione sviluppo. Gli sono molto grato di avermi dato una possibilità, ma è anche stranamente invidioso, e sospetto che sia perché alcuni anni fa ha ideato una serie che è caduta rapidamente nell’oblio, e nessuno dei suoi sforzi per realizzarne un’altra ha mai portato a qualcosa.

    «E conosci la prassi», dice Serena chiudendo la borsa mentre ci dirigiamo verso l’uscita.

    Elenco le regole. «Gino vuole che io sia affascinante, ma non troppo, perché le donne devono provarci con lui, non con me. E devo essere un campione di bowling se sono nella sua squadra, altrimenti devo farlo vincere. Perché se non sto al suo gioco, ho più probabilità di finire nella merda quando fra un paio di settimane ridefiniremo il mio contratto».

    Serena si tocca il naso con un dito. «Perfetto».

    «È come se fossi abituato alla sua imprevedibilità».

    Serena sorride. «È il nostro capo. Sai bene che era abituato a essere al centro dell’attenzione fino al tuo arrivo. Tu hai tutto, e questo lo manda fuori di testa. Ma apprezzo molto che tu partecipi a questi eventi pubblici».

    Do un’occhiata intorno alla libreria piena di clienti, alcuni dei quali hanno appena comprato il mio libro. Mi hanno chiesto di andare a giocare a bowling con il direttore dell’emittente, uno stronzo folle e volubile, ma anche la persona che paga il mio lauto stipendio. La mia serie sta spaccando. Sto facendo soldi a palate, mi elogiano in continuazione e vado alla grande con le signore. A quanto pare sono molto attratte dalla combinazione di tatuaggi, occhiali e capelli trasandati, per non parlare dei muscoli tonici e forti con cui ho riempito il mio corpo un tempo esile.

    La vita è bella.

    «Serena, ti assicuro che non è un problema andare a una festa. Il fatto che il capo dell’emittente abbia un assurdo complesso di inferiorità nei miei confronti è quello che si può chiamare un dramma di proporzioni epiche».

    «No», dice in tono brusco quando arriviamo all’uscita. «Lo sai qual è un vero dramma? L’altro giorno sono andata da Ben & Jerry’s per prendere una vaschetta di gelato da portare a casa. Volevo due gusti: cocco per me e mango per mio marito. E indovina un po’?».

    Mi metto una mano sulla fronte come un indovino. «Non avevano il cocco».

    «Peggio!», esclama colpendomi al petto, rischiando di farmi sbattere contro lo scaffale dei nuovi arrivi con la sua esuberanza. «Si sono dimenticati di mettere la carta cerata per separare i due gusti, e il mango è colato nel cocco», spiega imbronciata.

    «Ma è terribile. Avrei preferito rimanere all’oscuro e ignorare l’esistenza di eventi così spaventosi. Non sono sicuro di potermi togliere dalla testa quest’immagine».

    Poi saluto Serena e mi dirigo al Peace of Cake, dove Harper mi fa un cenno da un tavolo in fondo al locale. Sta leggendo il mio libro.

    È sbagliato desiderare che indossi ancora quegli occhiali?

    Ma con o senza, è semplicemente fantastica.

    Capitolo 3

    Dividiamo una fetta di torta al doppio cioccolato.

    Lo so cosa sembra.

    Un appuntamento.

    Ma non è così. Il problema è che qui al Peace of Cake le fette di torta sono enormi. È impossibile mangiarne una da soli, a meno di non essere nati con due scompartimenti per i dolci. Io amo le torte, ma ne ho uno solo.

    In più, non c’è niente fra noi due. Mi sembra di conoscere Harper da sempre, dato che è letteralmente una vita che sono il miglior amico di Spencer, suo fratello. Siamo andati tutti e tre al liceo insieme, ma Harper ha tre anni meno di me, quindi non è che pensassi a lei chiuso in bagno quando io ero all’ultimo anno e lei ancora al biennio. All’epoca non pensavo a lei in quel modo.

    Comunque, adesso che abbiamo entrambi quasi trent’anni e viviamo a New York, di tanto in tanto usciamo insieme. Forse ancora di più da quando Spencer si è fidanzato; è molto meno presente di questi tempi. A volte io e Harper andiamo al cinema il fine settimana, e ultimamente stare seduto accanto a lei a guardare un film è il massimo del divertimento.

    Voglio essere chiaro e diretto: Harper non è attraente come può esserlo una cheerleader, né come una modella di Victoria’s Secret.

    È attraente per le sue eccentricità. È una nerd e le piacciono i videogiochi. Si allena con il kickboxing, è una dura nelle nostre partite estive di softball, e sa a quale casa apparterrebbe a Hogwarts. Sceglierebbe Tassorosso, e sì, mi fa eccitare il fatto che non abbia scelto Corvonero o Grifondoro come fanno tutti, perché ha preferito la casa conosciuta per la sua lealtà.

    E poi è una maga, cazzo! Di mestiere. Va avanti facendo prestidigitazione e gettando fumo negli occhi alla gente.

    È la professione più eccitante di tutte, più della barista, della modella o della rock star. Forse non più della bibliotecaria sexy, però.

    A dire il vero fino a pochi mesi fa non pensavo a lei in questo modo. Fino al giorno della scorsa estate in cui mi chiese di aiutarla a vendicarsi di suo fratello per qualcosa che le aveva fatto anni prima. In che modo? Abbiamo fatto finta di darci dentro durante un allenamento di softball.

    Mi tolsi la maglietta, lei mi accarezzò il petto, e il resto è storia. Il 99,99 per cento del mio cervello ha cominciato a pensare a lei in quel modo da quel giorno a Central Park.

    Andiamo, sono un ragazzo. È

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