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Colpo Vincente: Vegas Crush vol 1
Colpo Vincente: Vegas Crush vol 1
Colpo Vincente: Vegas Crush vol 1
E-book259 pagine3 ore

Colpo Vincente: Vegas Crush vol 1

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Info su questo ebook

«La regola della non-fraternizzazione è stata stabilita per essere infranta.»
Evan Kazmeirowicz, Vegas Crush.
Questo fatto potrebbe giocare a favore della famosa ala dei Vegas Crush, il giorno in cui posa gli occhi sulla nuova social media manager della squadra. Per Holly Laurent, però, è tutta un’altra storia; frequentare un giocatore è molto rischioso, soprattutto se si vuole mantenere il posto di lavoro appena ottenuto, con la squadra più forte della NHL.
Holly ama la sua indipendenza e la sua carriera; sta bene da sola e non le serve altro. Non permetterà di certo a un giocatore di hockey, sexy e irresistibile, di sconvolgerla e di mettere a repentaglio il suo lavoro.
No. Non accadrà mai.
Nemmeno se lui è bello come un dio. Nemmeno se possiede un fascino tale da indurre in tentazione persino una suora. Nemmeno se Holly deve incrociare le dita dietro la schiena, ogni volta che gli ripete di non essere interessata a lui.
Le regole esistono per un motivo. Le regole non vengono stabilite per essere infrante. E non bisogna fidarsi dei giocatori sexy. Giusto?
LinguaItaliano
Data di uscita11 giu 2019
ISBN9788855310345
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    Anteprima del libro

    Colpo Vincente - Brit DeMille

    Colpo vincente

    Amore & Hockey

    Vegas Crush Vol. 1

    New York Times Bestselling Author

    Raine Miller

    writing as

    Brit DeMille

    1

    Titolo: Colpo vincente - Vegas Crush Vol. 1

    Autrice: Raine Miller writing as Brit DeMille

    Copyright © 2019 Hope Edizioni

    Copyright © 2018 by Raine Miller Romance 

    www.hopeedizioni.it

    info@hopeedizioni.it

    ISBN: 9788855310345 

    Progetto grafico di copertina a cura di Angelice Graphics

    Cover image by ©Sara Eirew

    Traduttore:  Eleonora Motta

    Editing: Elisabetta Valeri

    Impaginazione digitale: Cristina Ciani

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale. 

    Nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta, archiviata o introdotta in un sistema di ricerca, o trasmessa in qualunque forma e con qualunque mezzo (elettronico, meccanico, fotocopia, registrazione o altro) senza previa autorizzazione scritta dal detentore del copyright del presente libro.

    Questo libro è riservato a un pubblico adulto. Contiene linguaggio e scene di sesso espliciti. Non è adatto a lettori di età inferiore ai 18 anni. Ci si rimette alla discrezionalità del lettore.

    Tutti i diritti riservati.

    Indice

    Prefazione

    1

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    29

    Epilogo

    Hope edizioni

    Per coloro che sono,

    e saranno sempre...

    VEGAS STRONG

    Prefazione

    1

    Questa storia è l’opera d’esordio di Brit DeMille. Scrivere un romanzo d’amore e sport era qualcosa che desideravo fare da lungo tempo, in collaborazione con mio marito, straordinario fanatico di sport. Così, sette mesi fa, colti da un capriccio improvviso, abbiamo deciso di scrivere un romanzo che parlasse di hockey e non di baseball, e di collocare la nostra squadra immaginaria a Las Vegas. Poiché era un territorio completamente nuovo per il mondo dell’hockey in generale, abbiamo pensato che, con la squadra più recente, i Vegas Golden Knights, al loro esordio nella prima stagione nella NHL, non fosse necessario aggiungere un retroscena per competere con la nostra squadra fittizia dei Vegas Crush. Sarebbe stato un mondo divertente dove far agire i personaggi, nello scenario della favolosa Città del Peccato.

    La realizzazione della storia di COLPO VINCENTE è avvenuta mentre assistevamo a una serie di partite di hockey, ma soprattutto mentre seguivano i Vegas Golden Knights che non facevano che vincere. E vincevano. E vincevano. Facendosi strada fino alla testa della classifica. Un incontro dopo l’altro.

    Facciamo un salto in avanti, alla fine di maggio 2018. I Vegas Golden Knights vincono la Western Division e conquistano la partecipazione alle emozionanti finali per la Stanley Cup! Seguirli nella loro ascesa è stato un folle divertimento per entrambi. Un’inaspettata ed elettrizzante avventura per i fan del reale hockey club di Las Vegas. Tutta l’attenzione del mondo è stata rapita dal loro trionfo da favola in un’arena completamente nuova. È il materiale di cui sono composti i romanzi d’amore. Letteralmente.

    Scrivere nel nostro universo immaginario dei Vegas Crush ha rappresentato il momento culminante del mio anno, e spero che apprezzerete questa breve sbirciatina nel meraviglioso mondo di Evan e Holly tanto quanto noi abbiamo amato crearlo.

    Buona lettura!

    ♥ Brit & Mr. D

    1

    1

    HOLLY

    Sono appena uscita e devo già rientrare immediatamente.

    Mentre prendo degli occhiali da sole più scuri e una bottiglietta d’acqua, devo rammentare, di nuovo, che ora vivo nel deserto del Mojave e una saggia scorta d’acqua è ciò che fa la differenza fra la vita e la morte nel mio futuro. Meglio essere sempre preparati.

    È folle pensare di andare su una pista di hockey sul ghiaccio in un giorno di settembre, quando la temperatura si spingerà fino ai trentotto gradi. Non sono mai stata su un campo da hockey, tranne le due volte in cui ho intervistato i Las Vegas Crush. Immagino che sarà meglio che mi abitui allo sconcertante contrasto tra il clima desertico di Las Vegas e l’apparente infinito inverno del mondo dell’hockey.

    Il mio condominio è situato in un tradizionale sobborgo, a circa venticinque minuti d’auto dalla famosa Strip, la strada più importante e sfavillante della città. Lo stadio di hockey è ai margini di tutta quella stravaganza. Ho capito che gli abitanti di Las Vegas si recano di rado sulla Strip, a meno che non ci lavorino. A parte tutte le luci, le fontane e i casinò, Las Vegas è un posto normale.

    Forse non dovrei esserne sorpresa. Sono cresciuta a Los Angeles e so perfettamente come ignorare le trappole per turisti.

    Mentre percorro il breve tragitto, uno dei grandi vantaggi di questo trasferimento, dato che il traffico di Los Angeles è caotico come si narra, ascolto un po’ di musica, canticchiando e ballando fino a parcheggiare nel posto che mi è stato assegnato. Sempre canterellando, afferro la borsa e m’infilo la giacca prima di dirigermi verso lo stadio per assistere al mio primo allenamento.

    Mio zio Troy è un talent scout dei Crush. Ha giocato a hockey a livello professionale fino a quando non ha superato la trentina poi, quando un infortunio a un ginocchio lo ha costretto a fermarsi per sempre, ha iniziato a selezionare giocatori. Mi ha telefonato due mesi fa, prima che mi laureassi alla UCLA nel programma di scienze della comunicazione, domandandomi se ero interessata a sostenere un colloquio per la posizione di responsabile dei social media per i Crush. La riteneva una buona opportunità dal momento che sono un’atleta. Sulle prime ho esitato, perché sono una fondista e non ho mai assistito a una sola partita di hockey, ma quando ho capito in cosa consisteva il lavoro mi è sembrato interessante. Ho sostenuto il colloquio e, con mia grande sorpresa, sono stata assunta. E così sono qui, neofita dell’hockey, espatriata da Los Angeles, e mi sto dirigendo al mio primo giorno di lavoro con i Vegas Crush.

    Ed eccolo là. Alto, spalle possenti, mio zio è ancora un bel tipo. Ha gli stessi capelli rossi di mio padre, con qualche filo bianco alle tempie e gli occhi azzurri. Io, naturalmente, ho preso i capelli e gli occhi castani dal lato materno della famiglia.

    Mi stringe in un caloroso abbraccio e mi batte sulla schiena con un tale vigore da costringermi ad allontanarmi con una risata. «Ehi, non sto soffocando. Non è necessaria tanta violenza.»

    «Scusa, scusa» dice sorridendo. «È che sono elettrizzato che tu sia qui. E anche dannatamente orgoglioso. Hai idea di quanti desiderino mettere piede nel mercato sportivo? E hai surclassato persone che conoscono l’hockey molto meglio di te. Devi essere grandiosa in fatto di social media.»

    «Credo che il ruolo di manager dei social media sia il livello più basso della piramide, così come sono sicura che essere imparentata con il loro talent scout sia stato d’aiuto, ma è un ottimo inizio e sono davvero entusiasta di questa opportunità. Ho parecchie idee su come coinvolgere i tifosi e farli entrare in contatto con i giocatori attraverso diverse piattaforme. Grazie di aver pensato a me. Adesso non hai scampo e dovrai assicurarti che, come primo giorno, io ne sappia abbastanza per non fare fiasco.»

    «Gli interni, in realtà, sono al livello più basso, ma nessuno ha il titolo di manager» mi corregge, rifilandomi una gomitata. Mi accompagna verso lo stadio e si incammina. «E sono più che felice di introdurti alla cultura dell’hockey. Ne so a sufficienza per entrambi.»

    «Dovrai andare in giro a reclutare, così non potrò contare su tutta la conoscenza che è racchiusa nel tuo grande cervello. Avanti, vuota il sacco, zio.» Adoro scherzare con lui.

    «Oh, Holly-dolly» mi canzona usando il nomignolo che mi ha affibbiato da piccola. «Sei sempre così prepotente.»

    «Be’, devo fare onore al mio titolo di manager, come hai sottolineato.»

    Troy ride. «Allora, sappi che lo stadio può anche essere chiamato barn, il granaio. Esistono molti termini slang che sentirai dai ragazzi. Alcuni sono appropriati, altri no, perciò vieni da me se non sei sicura del significato di qualcosa prima di usarlo pubblicamente.»

    «Aspetta, i giocatori di hockey possono dire cose inappropriate? Sono scioccata, zio Troy.»

    Ridacchia e scuote la testa. Quando entriamo i giocatori sono già sul ghiaccio.

    «Dovrei andare alle risorse umane?» gli domando.

    «Saranno pronti per te non appena avremo finito qui. È domenica, perciò è il giorno delle scartoffie. Ti mostreranno il tuo box e la tua scrivania, ti faranno installare un computer e quant’altro, ma niente di più fino a domani.»

    «Ah, okay.»

    Ci sediamo in terza fila, dietro la vetrata. «È la fine della settimana dell’allenamento dei principianti» mi spiega. «È un’ottima giornata per essere qui perché adesso gli altri membri della squadra usciranno e faranno una partita d’allenamento con le nuove leve. Sarà divertente.»

    Osserviamo i giocatori più esperti entrare in campo. Quando inizia l’azione, mi ritrovo affascinata dal ritmo serrato del gioco, ma capisco ben poco di ciò che accade. Troy mi illustra le cose via via che accadono, evidenziando quando qualcuno smorza il tiro del disco o quando c’è un richiamo per liberazione vietata. Mi parla di gioco di potere quando un principiante viene sospeso e mandato alla panchina degli ammoniti.

    È un bel po’ di roba, onestamente, e prendo appunti, ma credo che sarà necessario qualche libro, e dovrò guardare almeno un centinaio di partite su YouTube prima di domani mattina.

    A un certo punto, due giganteschi giocatori si schiantano contro il vetro. Alla fragorosa scossa sobbalzo, ma Troy emette un grido che mi fa capire che è tutto nella norma e anche divertente per il pubblico. Il più grosso dei due, della squadra dei veterani, spinge il novellino. Nasce una piccola bagarre che fa volare sul ghiaccio i caschi di entrambi.

    I due, il volto arrossato e i capelli madidi di sudore, lottano fino a che l’allenatore fischia e si avvicina. Segue un’accesa discussione. Il principiante afferma che l’altro lo ha placcato di proposito. Il veterano gli dice di tirare fuori le palle e gli domanda se ha mai giocato a hockey prima di allora.

    Osservo, assorta, la lite tra i due che dovrebbero essere compagni di squadra. L’allenatore interviene riportando il mio pensiero. «Fareste meglio a baciarvi e fare pace. Siete nella stessa squadra, cazzo.»

    Il novellino scrolla le spalle, raccoglie il casco e si allontana. L’altro, invece, guarda Troy e me. Be’, guarda me, perché il suo sguardo incrocia il mio e giurerei di avvertirlo anche in punti innominabili. Aggrotta la fronte, che non è proprio quello che mi piace quando un ragazzo sexy mi fissa ma, comunque, tra noi scorre una strana elettricità. Una ventina di secondi infiniti prima che lui sputi sul ghiaccio – disgustoso – afferri il casco e pattini verso la panca degli ammoniti.

    «Però! È stato intenso.»

    «Fa parte del gioco» commenta Troy. «Sono bravi ragazzi, duri lavoratori, ma sono competitivi. Anche tra loro. E i giocatori più anziani si credono in dovere di temprare i più giovani. È tipico.»

    «Chi era il tipo che ci ha fissati con tanta insistenza?»

    «Evan Kazmeirowicz» mi riferisce. «È con noi dall’anno scorso. Giocava così bene che gli hanno offerto un contratto pluriennale da diversi milioni di dollari.»

    «Quindi, anche lui è quasi un novellino» considero.

    «Dal punto di vista della NHL, la lega nazionale hockey, sì, ma in realtà non è così» replica Troy. «È stato allevato per giocare a hockey. È cresciuto in Ucraina e ha rappresentato la squadra olimpica di quel paese per la prima volta a diciotto anni. E di nuovo a ventidue. Poi si è trasferito negli Stati Uniti per partecipare al campionato di seconda serie. È stato reclutato l’anno scorso e ha già dimostrato di essere in gamba.»

    «L’hai selezionato tu?»

    «Sì» ammette come un padre orgoglioso. «La scorsa stagione è stato il capocannoniere della squadra. Giocava come ala sinistra o attaccante, che poi sono due termini per lo stesso ruolo. È nato per segnare.»

    Sì, decisamente. Ma tengo la bocca chiusa perché so che renderei ancora più ovvio che le mie parti intime sono in fiamme dopo l’occhiata provocante che mi ha lanciato.

    «Coraggio» dice Troy. «Andiamo al piano di sopra così per domani sarai pronta.»

    Mi alzo e seguo lo zio fuori dallo stadio. Giusto perché amo torturarmi, mi giro e lancio un’occhiata verso la panchina degli ammoniti. Evan Kazmeirowicz ricambia il mio sguardo.

    Sì. Sono nei guai.

    2

    1

    EVAN

    La mia concentrazione è ufficialmente andata al diavolo. Stavo dando il meglio di me, pronto a costringere alla sottomissione un pivello, quando mi giro e vedo le più belle labbra imbronciate che abbia mai desiderato conoscere. O baciare. O farci una lunga lista di altre cose.

    Con quei capelli castani raccolti in una lunga coda, gli occhi scuri e quella bocca seducente e provocante, attrae la mia totale attenzione. Spero davvero che sia una reclutatrice perché qualunque giocatore attratto dalle donne accetterebbe di fare parte della squadra per cui lavora quello schianto.

    Mi guarda mentre se ne va e giuro che vorrei saltare la barriera, pattinare fino alla vetrata e implorarla di lasciarmi assaggiare il suo calore. Qualcosa, tuttavia, mi suggerisce che potrei essere licenziato. O essere preso a calci nelle palle. Cosa che non piace a nessuno.

    Appena scade il tempo della mia punizione, mi concentro di nuovo sulla partita e gioco con grinta fino a che l’allenatore ci divide per le esercitazioni. Dato che il coach Roger Brown non ama i drammi e le stronzate, mi mette in coppia con il giovane principiante.

    L’esercizio richiede di compiere passi brevi avanti e indietro mentre ci spostiamo da un lato all’altro del campo ghiacciato. Le labbra serrate del ragazzo e la mascella contratta rivelano che è ancora incazzato per il placcaggio di prima.

    «Ragazzo, lascia perdere. Fa parte del gioco.»

    «Sì, sì, va bene» grugnisce. Il suo inglese è buono, ma si percepisce un forte accento russo.

    «Come ti chiami?»

    «Mikhail» replica dopo un istante come se stesse decidendo se concedermi una risposta. Moccioso. «È il tuo nome o il cognome?»

    «Nome.»

    «Quanti anni hai?»

    «Diciotto.»

    Suppongo che non otterrò risposte più lunghe di una parola perché non solo è un fottuto ragazzino, ma è anche un novellino che non vuole sentirsi dire niente. Spetterà al coach fargli abbassare la cresta, ma lo capisco. È probabile che conti su una buona stagione o due, seguite da un contratto pluriennale che sistemerà a lungo la sua famiglia. È una storia comune per questi pivelli che approdano alla NHL come fenomeni e che poi sono sottoposti a una feroce pressione per rendere al meglio.

    Passiamo ad altri esercizi che includono i passaggi lunghi e i colpi al volo. «Tiri in porta! Tiri in porta!» grida l’allenatore. È il suo mantra. Vuole che lanciamo. Se non indirizziamo il disco in porta, non faremo mai goal.

    Dopo la pratica, ascoltiamo le opinioni dello staff tecnico. Niente di importante al momento, dato che ci stiamo solo conoscendo. Alcuni ragazzi si dirigono alle docce, io invece vado in palestra con il mio amico Georg per sollevare qualche chilo.

    Mi vede sulla panca e, come al solito, minaccia di farmi cadere un peso sulla testa.

    «Dovrei licenziarti» replico, grugnendo per lo sforzo. Ho pompato parecchio nella sala pesi ultimamente. Voglio essere al top della forma fisica questa stagione. Nessuna rescissione di contratto per me.

    «Come amico, come compagno di squadra o come osservatore?» domanda sorridendo.

    «Tutti e tre» replico ansimando alla mia quinta ripetizione. «Sei insopportabile. A tal punto che ne ho fin qua.»

    «Senti, spiritosone, adesso che stai facendo un sacco di soldi potrai avere ogni donna ai tuoi piedi.»

    «Non ho bisogno del denaro» ribatto. «Il mio uccello è un segnale luminoso con o senza un portafoglio pieno di bigliettoni.»

    «In effetti» riconosce Georg. «Dovrai assumere delle guardie del corpo per tenere lontane tutte quelle conigliette. Sei una calamita per le donne, ecco cosa sei.»

    «Non c’è niente di male» osservo terminando la serie. Mi alzo a sedere e bevo un lungo sorso d’acqua dalla mia bottiglietta. «E tu? Vedi ancora la cameriera? Qual è il suo nome, Bunny?»

    «Bambi» mi corregge e scrolla le spalle. «Ogni tanto. Sai com’è, Netflix e riposo.»

    «E lei cosa ne pensa?»

    «Sei preoccupato dei suoi sentimenti?» mi domanda, incredulo. «Da quando in qua ti interessa cosa prova una donna?»

    «Mi interessa» replico con l’aria di avere espresso un’ovvietà. «Non sono senza cuore.»

    Alza gli occhi al cielo. «Hai ancora bisogno di me? Ho il mio allenamento.»

    Gli mostro il dito medio e lui si dirige verso l’attrezzo per lo squat.

    Georg e io siamo amici dal nostro primo anno nella squadra. È il mio compagno di avventure. Abbiamo circa la stessa età, il che non è male perché siamo più grandi di molti dei ragazzi che giocano con noi. A volte mi sento un vecchiaccio, ma sono sicuro che questa sarà una stagione fenomenale e l’anno prossimo ambisco a diventare capitano. Ho già fatto la gavetta più a lungo di

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