La Luna Viola
Di Andrea Serra
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Una prosa brillante, dialoghi inaspettati e personaggi dai buffi soprannomi ci trasportano nel prodigioso mondo della Luna Viola, il femminile originario che con il suo colore tra l’umano e il divino riunisce due nature e ricongiunge gli opposti del maschile e femminile.
Muovendosi con leggerezza e poesia, fra abissi di autoironia e lievi profondità, Andrea Serra ci racconta la sua vita di padre nel ventesimo secolo, alle prese con una moglie che sembra la nemesi della sua vorticante immaginazione e due bambine, Luna e Viola, molto vivaci. Una fiaba filosofica ricca di storie avvincenti, saggezza e magia, con tanto di Dizionario lunatico dei nomi e degli incantesimi per apprendisti filosofi della Luna Viola finale.
«E in quel momento pensai che alla fine quello che cerchiamo non è così lontano. Forse basta prestare attenzione alle tasche laterali, al fondo dei cassetti, al sorriso di chi ci è accanto, al silenzio delle persone che non sono più con noi. Forse si nasconde tutto lì, nelle illusioni, negli anfratti, nelle ombre».
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Anteprima del libro
La Luna Viola - Andrea Serra
Tavola dei Contenuti (TOC)
Capitolo 9 – Come evitare il carcere
Capitolo 8 – Le croccole riscaldate e i saltimbanchi danzanti di Platone
Capitolo 7 – Il parcheggio di Superga e la morte di bacio di Giordano Bruno
Capitolo 6 – Le semplici contrazioni e il vampiro viola di Jung
Capitolo 5 – I decoratori e il cane ricchissimo di Socrate
Capitolo 4 – Il dito fosforescente e i trenta panettoni di Giacomo Leopardi
Capitolo 3 – Il Teatro della Caduta e i baffi foltissimi di Nietzsche
Capitolo 2 – Il lancio del prosciutto e la fiaba del dottor Novalis
Capitolo 1 – C’era una volta
Dizionario lunatico dei nomi e degli incantesimi per apprendisti filosofi della Luna Viola (sì, non è in ordine alfabetico, lo so!)
Ringraziamenti
Bibliografia sragionata sulla Luna Viola
golem / narrazioni
©
2020
Miraggi Edizioni
via Mazzini
46
,
10123
Torino
www.miraggiedizioni.it
Progetto grafico Miraggi
Finito di stampare a Borgoricco (PD) nel mese di giugno
2020
da Gruppo Logo snc per conto di Miraggi Edizioni
su carta Book Cream Avorio
80
gr
Prima edizione digitale: giugno
2020
isbn
978-88-3386-138-8
Prima edizione cartacea: giugno
2020
isbn
978-88-3386-137-1
A Viola e Luna
Decise che avrebbe usato quell’attimo per raccontare una storia.
Chiuse gli occhi.
Capitolo 9 – Come evitare il carcere
Cara Viola, cara Luna,
sono di nuovo arrivato tardi dal lavoro e sto mangiando in cucina da solo. Voi siete nella vostra cameretta e mamma vi sta leggendo una storia, come ha sempre fatto da quando siete nate.
Per rimediare a questo ritardo, e a tutti gli altri ritardi che ho accumulato in questi anni e che non mancherò di accumulare nei prossimi, il vostro papà, o come dite voi, il vostro beibas, ha deciso di regalarvi una storia divertente, tutta per voi. È una fiaba pazza e, come in tutte le fiabe, accadono eventi magici e compaiono personaggi fantastici. Ma, per non parlare sempre dei soliti orchi giganti o degli scontatissimi troll puzzolenti, ho deciso di inserire delle creature umanoidi con grossi nasi e giacche con toppe grigio topo ai gomiti, che vivono nascoste in anfratti bui e si mostrano al pubblico solo in certi talk-show politici serali quando c’è la luna piena. Sto parlando dei filosofi.
Sì, questa è una fiaba filosofica.
Vi vedo. State sbuffando.
Anche il vostro beibas ha avuto la stessa reazione tanti anni fa, seduto su un banco del Liceo classico Gioberti di Torino. Una donna con una montagna di capelli arruffati aprì un grosso libro e disse:
– Io la filosofia non l’ho mai capita, leggiamo e ripetiamo.
Quelle che ci leggeva erano parole complicate, ripetute meccanicamente e con lo stesso tono di voce. Per tre anni mi annoiai a morte durante quelle lezioni e grandi sbadigli si impossessarono della mia mascella. Poi un giorno la montagna di capelli ci disse con gli occhi lucidi che non sarebbe venuta per un po’ e tutti ci accorgemmo che aveva un maglione lungo da cui si intravedeva un pancione enorme. La settimana dopo entrò in classe un ragazzo in giacca e cravatta, con le guance solcate da tanti piccoli crateri. Prese a sputacchiare pezzetti di saliva bianca, come un cannone sparaneve. E, mentre la prima e la seconda fila venivano imbiancate completamente, ci disse che si era appena laureato e che avrebbe fatto di tutto per trasmetterci qualcosa, perché per lui la filosofia era una passione. Lo guardammo straniti. Ci chiese:
– Perché dovete studiare filosofia?
Nessuno rispose.
Anche lui rimase in silenzio.
– Perché siamo obbligati – rispose qualcuno dal fondo.
– Sbagliato – commentò lui, cercando con lo sguardo un’altra risposta.
– Per amore del sapere – disse il secchione in prima fila.
– Sbagliatissimo! – disse secco.
– Per diventare persone migliori – azzardò una ragazza vicino alla finestra.
– Assolutamente no! – rispose lui. Poi si alzò furibondo dalla cattedra e si avvicinò a noi:
– Per evitare il carcere!
Lo osservammo disorientati.
– L’ignoranza è un carcere. Quando ci sei dentro non sai chi sei e che cosa vuoi veramente. In questi mesi dobbiamo organizzare la più grande evasione della storia. La società vi vuole stupidi, omologati e addormentati. La sentite questa pubblicità in sottofondo? Serve a cullarvi mentre dormite. Se invece vi svegliate e imparate a pensare con la vostra testa e capite chi siete e cosa volete veramente, potete smettere di fissare il fondo di questa prigione. Potete voltare il capo e scavalcare il muro dell’ignoranza. Nessuno potrà più ingannarvi. Chi è con me?
Un coro di sì invase la classe.
Il ragazzo con le guance lunari tornò a sedersi e ci chiese a che punto fossimo col programma… Fece di no con la testa. Disse che ci avrebbe spiegato Kierkegaard, Schopenhauer e Nietzsche. Da quel giorno rimanemmo incollati a ogni sua parola, attendendo con ansia la lezione successiva.
Qualche mese dopo, dissi a mio padre, il nonno Peppe, che all’Università io avrei fatto filosofia. Lui mi guardò male e mi chiese:
– Sei proprio sicuro, figliuolo? Chi studia filosofia diventa matto.
Non mi arresi. Glielo dissi un’altra volta e un’altra ancora.
– Va bene, figliuolo. Ma dopo la laurea, io non ti mantengo più.
Nonno Peppe aveva paura che con una laurea in filosofia avrei fatto il disoccupato a vita.
Un mese dopo mi ero iscritto all’Università. Entrai a Palazzo Nuovo, un edificio enorme che si trova a Torino vicino alla Mole Antonelliana, e ci rimasi per otto anni. Avrei dovuto mettercene quattro, ma persi un anno per il servizio civile e tre per fare la tesi, a cui tenevo tantissimo. Quegli anni di studio non mi bastarono. E così, dopo la laurea, continuai altri otto anni, con il dottorato di ricerca e l’assegno di ricerca, che sono una specie di continuazione della laurea, per chi vuole approfondire certe materie e dedicarsi alla ricerca. Mentre ero chino su quei libri, realizzai che mi sarebbe piaciuto parlare della mia passione con dei ragazzi e delle ragazze, come aveva fatto quell’insegnante con le guance butterate.
Stampai il mio curriculum e lo portai in una scuola privata vicino a dove vivevo con i nonni. Suonai il campanello.
– Chi è? – chiesero.
– Buongiorno, vorrei lasciare il mio curriculum come insegnante di filosofia.
Il cancello non si aprì.
– Lasci pure nella buca – disse la voce del campanello, dopo qualche minuto.
Tornai a casa demotivato, e decisi di non portare più alcun curriculum in giro. Due giorni dopo squillò il cellulare:
– Buongiorno dottor Serra, può passare da noi in segreteria giovedì verso le quindici?
La preside di quella scuola mi disse che il giorno che io avevo lasciato il curriculum, il loro insegnante di filosofia aveva dato le dimissioni.
Come si dice: il destino.
O come diceva Milan Kundera, uno scrittore molto filosofo: le «coincidenze»; che, come gli uccellini, si posano sulle spalle di San Francesco.
Sta di fatto che sfatai la paura di nonno Peppe e pur essendomi laureato in filosofia non passai neanche un giorno da disoccupato.
Per quanto riguarda l’altra paura, invece, nonno Peppe aveva ragione. Chi studia filosofia diventa matto. O un po’ singolare, per così dire. O come ha detto Luna una sera:
– Tu, beibas, sei un po’ strano.
E così questa fiaba non poteva essere che diversa e un po’ strana. Ma io mi sono divertito molto a scriverla, e assomiglia a uno di quei video di gatti pazzi che ogni tanto guardiamo insieme. O piuttosto ricorda uno di quei viaggi strampalati che ci è capitato di fare in questi anni.
Sì, perché la filosofia è proprio questo: un viaggio. Un viaggio meraviglioso che ti scombussola, nel vero senso della parola. Ti toglie la bussola dalle mani e ti insegna a guardare le cose da un altro punto di vista.
Viaggiare non significa cercare luoghi nuovi ma guardare gli stessi luoghi con occhi nuovi. E allora mi sono chiesto: perché non inventiamo una fiaba un po’ diversa, vista con gli occhi di un papà e dei suoi amici filosofi? Sono loro ad avermi suggerito l’idea. Li frequento da tanti anni. Dato che non li avete mai visti, volevo presentarveli e una fiaba mi sembrava il modo migliore per farlo. Sono un po’ particolari, hanno dei nomi bizzarri, si arrabbiano spesso e parlano di cose strambe, come se arrivassero da epoche passate. Effettivamente sono amici di vecchia data. Ma non voglio presentarveli adesso. Vedrete che si faranno avanti loro quando leggerete la fiaba. Vi porgeranno la mano per salutarvi e, forse, vi faranno qualche domanda. Ma non preoccupatevi. Sono molto gentili. Un po’ strani, ma gentili.
Dovete invece preoccuparvi se qualcuno vi ferma per strada con la faccia sudata e il fiatone e vi dice che la parola filosofia significa: «amore per il sapere» perché deriva dal greco filos, cioè «amicizia, amore» e sophia, cioè «sapere, conoscenza». Non credetegli. Ditegli che non vi interessa e che non potete accettare definizioni dagli sconosciuti.
L’amore per il sapere non esiste. Nessuno si alza il mattino con l’amore per il sapere. È un concetto astratto e, come tutte le cose astratte, non esiste. Il mattino ci si alza perché si ha fame, perché si deve andare a scuola, perché si desidera incontrare un amico, perché si è arrabbiati, perché si è innamorati… Anche un ricercatore universitario non si alza il mattino perché sente «l’amore per il sapere». Ma perché deve finire di studiare un autore che gli ha toccato un nervo scoperto, o che gli ha aperto un mondo.
La filosofia vera nasce da un morso, una vertigine, un dubbio. Che vi fa tremare. Perché la filosofia è un percorso interiore. Un viaggio dell’anima.
Sapete che cosa è successo a uno dei primi filosofi? Mentre tornava a casa, camminava sempre con lo sguardo all’insù, come se cercasse qualcosa in cielo. Una volta, che era notte fonda, si sentì mancare la terra sotto i piedi. Era caduto in un buco. E aveva preso una brutta botta alla testa. A un tratto vide tutto nero. Quando si svegliò aveva i piedi bagnati. Era finito dentro un pozzo. Preso dal panico