Dante.: Fra le fiamme e le stelle.
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Info su questo ebook
Io sono solo un giullare, mi sono lasciato percorrere dalla sua vita e dalle sue opere per cercare di disegnare un Dante umano, troppo umano.
Perché ogni volta che una figura viene divinizzata, il fascino rischia di svanire e vengono soppresse contraddizioni e incoerenze, ovvero le caratteristiche che rendono il genio davvero affascinante.
Dante scriveva come un dio, ma non era perfetto. Ambizioso, vendicativo, sofferente: proprio per questo è diventato Dante.
Un uomo che ha disegnato l’aldilà per condizionare il suo mondo, e l’ha fatto con coraggio indiscusso, follia visionaria e una forza poetica potentissima.
Matthias Martelli
“E voi, esercito di ipocriti,
tiranni del denaro,
sappiate che la mia spada
è la penna
e l’inchiostro che scorre
il vostro sangue.
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Anteprima del libro
Dante. - Martelli Matthias
Tavola dei Contenuti (TOC)
uno
due
tre
quattro
cinque
sei
sette
otto
nove
dieci
undici
dodici
finale
Nota dell’autore
Cronologia minima
Postfazione di Claudio Marazzini (Presidente dell’Accademia della Crusca)
Credits dello spettacolo
golem
© 2021 Miraggi Edizioni, Torino
www.miraggiedizioni.it
Progetto grafico Miraggi
In copertina: Francesca Garrone, Dante
fotografia dell’autore di Stefano Roggero
Finito di stampare a Borgoricco (PD) nel mese di ottobre 2021
da Gruppo Logo srl per conto di Miraggi Edizioni
su carta patinata opaca bianca 130 gr
Prima edizione digitale: ottobre 2021
isbn 978-88-3386-196-8
Tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere.
Dante, Convivio, I, 1
matthias martelli
Dante
Fra le fiamme e le stelle
uno
Mi trovai non fanciullo nelle armi dove ebbi temenza molta, e nella fine grandissima allegrezza per li vari casi di quella battaglia.
Dante in un’epistola perduta, riportata da Leonardo Bruni
Per molti di noi, oggi, i rintocchi delle campane sono l’eco di un passato che non c’è più.
Raramente ci capita di sentirli, e se per caso ci giungono all’orecchio non ci facciamo nemmeno più caso.
Le campane ci parlano una lingua in gran parte dimenticata.
Ma nel xiii secolo erano importantissime.
Il loro suono invadeva costantemente le vie e le piazze di ogni città.
din don! din don!
Potevi sentirli da lontano, quei rintocchi, ma anche se li intuivi appena, attutiti magari dai muri spessi di una casa, ti fermavi ad ascoltare. Se invece venivi sorpreso troppo vicino al campanile…
din don!
Di colpo sobbalzavi, rintronato dal quel suono possente, che ti faceva vibrare le viscere.
Che fossi vicino o lontano, che stessi lavorando, pregando o mangiando, bisognava porre attenzione al suono delle campane.
Il loro linguaggio era d’importanza vitale.
Che cosa dicono i battiti?
Scandiscono il tempo? Che ore sono?
Bisognava saper distinguere i rintocchi che indicavano l’orario, lenti e cadenzati, da quelli che indicavano ben altro: allora si scatenava un battere folle, come se dentro la campana non ci fosse un batacchio di metallo ma un branco di cinghiali impazziti:
din dan don dan don din dan don!
Proprio quel suono invadeva, quel giorno, le piazze di Firenze.
Era una torrida mattina di giugno dell’anno 1289.
Dante alzò la testa, pensieroso.
Sapeva bene che i rintocchi non stavano indicando l’orario.
Di conseguenza potevano esserci due ragioni.
O era festa o era l’ora della guerra.
dante-okdante Nessuna armatura davanti a me, nessun cavallo.
È una guerra giusta, ne sono sicuro,
ma sono pur sempre un uomo,
ed è umano, profondamente umano,
sentire un brivido correre lungo la schiena
e poi salire su verso la testa e invadere i capelli.
Un brivido così forte da far tremar l’elmo.
Forse è questo il rumore che si sente
prima delle battaglie.
Questa specie di tremolio impercettibile dell’aria
è il rumore degli elmi che tremano.
Tutti qui abbiamo paura.
Nessuna armatura davanti a me, nessun cavallo.
Dietro: la tensione viva di migliaia di uomini,
un mare di spade e scudi
e lance fitte come spilli.
Chissà da lassù, per gli angeli,
che spettacolo dev’essere
questa distesa contrapposta di carne e ferro.
I due eserciti schierati:
cavalli contro cavalli,
uomini contro uomini.
Sempre, misteriosamente, divisi.
Perché?
Ma qui le spade sono troppo affilate
per farsi distrarre dalle domande.
Nessuna armatura davanti a me, nessun cavallo.
Eccolo, di fronte, l’esercito avversario:
sono pochi, meno di noi
ma esperti, forti, determinati.
Partono?
È ora di calarsi l’elmo,
fra poco la polvere annegherà l’aria,
il sangue tingerà le spade,
le urla graffieranno il cielo
e pioveranno come grandine frecce
ad oltraggiare la carne.
Partono?
In fila con gli altri cavalieri, punto la lancia.
Non c’è un filo di vento.
Sono i respiri affannati dei soldati
a far muovere d’un soffio le bandiere.
Partono.
Che sole oggi a Campaldino!
Chissà se il mio nome si spegnerà
nella notte di questa guerra,
proprio qui, oggi,
su questa pianura fra Arezzo e Firenze.
Chissà se nel registro dei morti
questa sera comparirà anche il mio nome:
Dante Alighieri, 24 anni, fiorentino.
01_Pacino-da-Bonaguida-ca.-1280-1340-La-Battaglia-di-Montaperti-miniatura-XIV-sec.tipico esempio di scontro medievale:
la battaglia di montaperti di pacino da buonaguida
Capisco, l’inizio è spiazzante: Dante in guerra? E chi se lo immagina così?
Tutti abbiamo in mente la classica figura dell’Alighieri: vestito di rosso con l’alloro sulla testa, simbolo della gloria poetica. Lo vediamo sempre rappresentato in quel modo, quasi fosse un personaggio in costume che se ne va in giro con la veste vermiglia e