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Identità segreta: Harmony Collezione
Identità segreta: Harmony Collezione
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E-book145 pagine2 ore

Identità segreta: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Le serve urgentemente aiuto.

Rosalind Leigh deve letteralmente sparire dalla circolazione per qualche tempo: un pazzo le invia lettere anonime, minacciando di rapire il fratellino Jamie, di appena tre anni.

C'è un posto dove nessuno la troverà?

L'unico rifugio sicuro sembra...
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2017
ISBN9788858963296
Identità segreta: Harmony Collezione
Autore

Jessica Hart

Ha girato il mondo facendo i lavori più disparati, prima di stabilirsi in Inghilterra e di dedicarsi alla scrittura.

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    Anteprima del libro

    Identità segreta - Jessica Hart

    successivo.

    1

    «Ti ricordi Rosalind, vero?»

    Michael si immobilizzò. Stanco di restare seduto dopo il lungo viaggio in aereo, quando Emma era andata ad aprire la porta, si era alzato avvicinandosi lentamente alla finestra. Non aveva avuto alcun sospetto, nessun misterioso sesto senso l'aveva avvertito del fatto che quei due squilli di campanello segnalavano la fine della pace che con tanta fatica si era costruito negli ultimi cinque anni.

    Come al rallentatore, lasciò ricadere la mano che aveva sollevato per massaggiarsi la nuca, sperando vanamente di aver capito male il nome. Intanto, però, lei era già lì, che avanzava nel centro della stanza con l'aria della padrona.

    Rosalind.

    Rosalind, con i lunghi capelli color rame, come le foglie degli aceri d'autunno. Rosalind, con gli occhi verdi da strega e il sorriso che ancora tormentava i suoi sogni. La stessa Rosalind che tanto disperatamente aveva cercato di dimenticare.

    «Ciao, Michael.»

    Solo lei sarebbe stata capace di salutarlo a quel modo, come se niente fosse successo, sicura della propria bellezza, in virtù della quale si credeva in diritto d'ottenere sempre tutto quello che voleva. Sembrava quasi che si aspettasse di vederlo cadere in ginocchio ai suoi piedi.

    Mai, meglio la morte! decise Michael inorridendo alla semplice prospettiva. Si era già gettato ai piedi di Rosalind una volta, ed era stata un'esperienza talmente umiliante da fargli passare qualsiasi desiderio di ripeterla.

    «Rosalind...» disse con una voce accuratamente impersonale.

    Si sentiva scosso, tremava come se fosse andato a sbattere contro un muro nel buio e tuttavia, quando lanciò un'occhiata accusatoria in direzione di sua sorella, la vide sorridere. Sembrava eccitata e felice come una bambina, mentre spostava lo sguardo fra di loro, beatamente inconsapevole del disastro che aveva appena combinato.

    Notando la freddezza della sua reazione, Emma ebbe un momento di indecisione da cui si riprese però subito e, continuando a sorridere nella certezza d'aver riunito due amici, disse: «Sono passati secoli, dall'ultima volta che vi siete visti, quindi immagino che avrete molte cose da raccontarvi. Vado a preparare un caffè, così potrete parlare con calma da soli».

    Rosalind abbassò gli occhi, in preda a un acuto imbarazzo. L'idea di trovarsi di nuovo faccia a faccia con Michael l'aveva resa talmente nervosa che per un attimo, quando entrando l'aveva visto uguale a come se lo ricordava, aveva provato un'intensa sensazione di sollievo. Lo stesso viso attraente dominato dagli intelligenti occhi grigi, lo stesso fisico compatto, la stessa aria tranquilla e controllata che aveva sempre avuto il potere d'affascinarla e al tempo stesso d'intimidirla.

    Ora, invece, poteva accorgersi che anche lui era cambiato. Gli occhi grigi erano inespressivi, guardinghi, le labbra serrate in una linea dura e sottile.

    «Emma, penso che sarebbe meglio se...» iniziò in tono ansioso, ma venne subito interrotta.

    «Michael non ha mai abbandonato nessuno nel momento del bisogno» ribatté l'amica con un sorriso rassicurante. «Spiegagli la situazione, vedrai che capirà. E non preoccuparti per Jamie. Baderò io a lui, nel frattempo.»

    Poi se ne andò, chiudendosi dietro la porta, così Rosalind e Michael rimasero uno di fronte all'altro in un silenzio carico di tensione.

    Era difficile credere che un tempo si fossero amati, come pure che avessero scherzato e riso assieme. Rosalind percepì l'invisibile barriera di ostilità che circondava Michael e desiderò con tutte le sue forze che Emma non li avesse lasciati soli. Se avesse potuto riportare le lancette dell'orologio indietro di cinque anni, non avrebbe avuto alcuna difficoltà a convincerlo, anche contro la sua volontà.

    Un sorriso, uno sguardo, una semplice carezza e Michael si sarebbe lasciato docilmente soggiogare. Questa volta, però, non sarebbe andata così. Bastava guardare il modo in cui aveva gonfiato il petto per rendersi conto che aveva tutte le difese alzate.

    Tuttavia, lei doveva fare un tentativo. «Come stai, Michael?» chiese alla fine.

    «Benissimo, io.»

    Sentendo il sarcasmo che vibrava nella sua voce, Rosalind non seppe trattenere un moto di irritazione. D'accordo, era stata una domanda stupida, ma era pur necessario cominciare una conversazione.

    «Lieta di saperlo.» Esitò mordicchiandosi nervosamente le labbra. Di regola, a quel punto avrebbe dovuto essere lui a chiederle come stava, fornendole l'apertura che le serviva, ma ormai era chiaro che Michael non aveva alcuna intenzione di rispettare le convenzioni di un dialogo civile. Stava immobile, rigido e severo come un implacabile dio della giustizia. Rosalind soppresse un sospiro.

    «E le tue ricerche, come vanno?» s'informò lei rompendo quel silenzio raggelante. «Stai lavorando su un sito interessante?»

    Michael si infilò le mani in tasca e la fissò senza fare nulla per nascondere la sua diffidenza. «Io lo trovo interessante» rispose gelidamente. «Ma dubito che tu saresti della mia stessa opinione.»

    Era vero: prima non aveva mai dimostrato alcun interesse, ammise Rosalind con amarezza. Non era mai riuscita a capire la passione di Michael per l'archeologia, e allo stesso modo lui non aveva mai capito come lei potesse accontentarsi di vivere così, senza una professione, sfruttando i soldi della sua famiglia.

    Avevano avuto due concezioni della vita diametralmente opposte e i cinque anni di separazione non avevano fatto nulla per ridurre la distanza che li divideva, anzi, l'avevano ingigantita. L'unica cosa che li aveva accumunati era stata un'intensissima attrazione fisica, ma ora non c'era più nemmeno quella. Michael sembrava una statua di marmo.

    Nella speranza che mostrarsi rilassata avrebbe aiutato a rompere l'ostilità reciproca, andò a sedersi sul divano, ma poi si pentì d'averlo fatto perché Michael ignorò il gesto. E lei, del resto, non poteva adagiarsi sui cuscini mentre lui se ne stava impettito davanti alla finestra, con le braccia incrociate sul petto.

    Lo soppesò con uno sguardo indagatore. Nel suo aspetto non c'era niente di straordinario, non era nemmeno particolarmente alto, eppure l'unione di ritegno e durezza che emanava dalla sua figura la metteva terribilmente a disagio. Una volta eravamo amanti, pensò con tristezza. E adesso non riesco a trovare neanche una frase da dirgli.

    «Il volo è stato piacevole?» fu il meglio che le venne fuori dopo un'altra interminabile manciata di secondi.

    «No, per niente» rispose bruscamente Michael perdendo di colpo la pazienza. «È stato lungo, estremamente scomodo e, dopo aver lasciato il sito alle quattro del mattino per arrivare in tempo all'aeroporto, ho scoperto che la partenza era stata rinviata di tre ore. Non sono dell'umore giusto per fare conversazione, quindi ti sarei grato se la smettessi di fingere che siamo due estranei e dicessi quello che sei venuta a dire.»

    «Ma adesso siamo due estranei.» Rosalind distolse gli occhi e scosse la testa, giocherellando inconsciamente con il diamante che le ornava l'anulare della mano sinistra. Non avrebbe dovuto acconsentire alla proposta di Emma. Non poteva funzionare. C'erano troppi conti in sospeso fra di loro. «Sei cambiato» aggiunse con involontaria amarezza.

    «Tu, invece, no» replicò lui, asciutto. «Coraggio, Rosalind, a questo punto puoi anche prenderti il disturbo di dirmi cosa vuoi. Perché presumo che, come al solito, tu voglia qualcosa, no?»

    Il suo tono la fece trasalire, ma si impose ugualmente di sostenere il suo sguardo. Nemmeno lei aveva voglia di fare conversazione. «E va bene» concesse alzando il mento. «Sì, è vero, io voglio qualcosa.»

    «Di che cosa si tratta stavolta? Di qualcuno che accorra al minimo cenno della mano, oppure soltanto di qualcuno che sia disposto a spalmarsi a terra e farti da tappeto mentre tu gli cammini sopra?»

    Non l'aveva perdonata. Erano passati cinque anni ed era ancora pieno di risentimento nei suoi confronti. Sembrava impossibile che non si fosse mai reso conto di quale disastro avrebbero combinato cercando di sposarsi e vivere assieme, eppure era così. In ogni caso, mettersi a discutere sarebbe stato inutile. Lei non poteva concedersi il lusso di andare a rinvangare nel passato. L'unica cosa che contava adesso era il presente... e Jamie.

    «No, niente del genere» rispose con voce miracolosamente neutrale. «Ho soltanto bisogno di aiuto. Per una questione molto importante.»

    «Se non ricordo male, quando ci sei di mezzo tu, tutto è sempre molto importante» replicò Michael, ironico. «La gente è obbligata a prendersi costantemente cura della tua augusta persona. Prima cerchi di manipolarla e, se per caso non ci riesci, metti mano al portafoglio e te la compri. Ti è mai venuto in mente, Rosalind, che se provassi a sollevare uno dei tuoi perfetti ditini, forse saresti in grado di risolvere i tuoi problemi da sola?»

    Lei arrossì, serrando i pugni. «Stavolta è diverso» disse in tono un po' aspro.

    Passandosi la mano sul viso in un gesto carico di rassegnazione, Michael si staccò dalla finestra e si calò sulla poltrona di fronte al divano. «D'accordo» borbottò con una smorfia disgustata, «spiegami in che modo è diverso.»

    Aveva l'aria distrutta e non era difficile capirne il motivo. Aveva viaggiato per due giorni e lei era probabilmente l'ultima persona che avrebbe desiderato vedere una volta giunto a destinazione. Forse sarebbe stato meglio rinunciare.

    Sì, e poi che cosa poteva fare? Andare avanti come se nulla fosse, sperando che tutte le difficoltà svanissero per un colpo di bacchetta magica? Era una prospettiva agghiacciante. Non ce la faceva più. Era stanca anche lei: stanca di guardarsi continuamente dietro le spalle, stanca di sobbalzare ogni volta che squillava il telefono o si apriva una porta, stanca di preoccuparsi di dov'era e che cosa faceva Jamie quando era lontana da lui. Non era affatto ansiosa di chiedere aiuto a Michael, non più di quanto lui si mostrasse disposto a concederglielo, ma lì era in ballo la sicurezza di Jamie, non il suo orgoglio personale.

    Raddrizzando inconsapevolmente le spalle, si umettò le labbra e disse: «Emma mi ha raccontato che sei tornato per andare a trovare una vostra vecchia prozia nello Yorkshire».

    Michael sostenne il suo sguardo come se volesse leggerle nel pensiero. «E a te cosa interessa?» chiese al termine di una lunga pausa.

    «Vorrei che mi portassi con te.»

    Stavolta il silenzio fu molto più breve e la successiva esplosione molto più violenta.

    «Tu... che cosa

    Rosalind inspirò a fondo, in cerca della forza di finire quello che aveva cominciato. «Non saremmo noi due da soli. C'è anche Jamie.»

    I luminosi occhi grigi la scrutarono increduli, sforzandosi di trovare un segno che indicasse che aveva scherzato e Rosalind non poté fare a meno di domandarsi quale idea doveva sembrargli più bizzarra, che lei desiderasse accompagnarlo in una visita familiare che probabilmente si sarebbe rivelata noiosissima, oppure che si fosse veramente aspettata una risposta affermativa.

    «Jamie?» ripeté lui in tono minacciosamente sommesso. «E chi sarebbe di preciso?»

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