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Sulle tracce del passato: Harmony Collezione
Sulle tracce del passato: Harmony Collezione
Sulle tracce del passato: Harmony Collezione
E-book148 pagine2 ore

Sulle tracce del passato: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Era una questione di coscienza.

Amy DeLaurence ha appena ricevuto una telefonata sconvolgente: Melissa, la sorella del suo ex marito, l'ha informata che Michael ha perso la memoria in un incidente e le ha chiesto aiuto per assisterlo, visto che sta portando avanti una gravidanza difficile.

Rivivere il passato è pericoloso, perché lui...
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2017
ISBN9788858960943
Sulle tracce del passato: Harmony Collezione
Autore

Karen Van Der Zee

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Sulle tracce del passato - Karen Van Der Zee

    successivo.

    1

    Non conosceva quell'uomo, ma di una cosa era sicuro: la sua faccia non gli piaceva.

    Pur avendo un bel viso, dai tratti decisi e dal mento volitivo, almeno così credeva, c'era qualcosa in lui che lo spaventava e lo innervosiva allo stesso tempo.

    Sembrava più vecchio di quanto si aspettasse ed era visibilmente affaticato. Aveva dei cerchi scuri attorno agli occhi e la pelle era segnata da linee profonde.

    Michael cercò di indovinarne il carattere, di intuire in lui un pensiero strappato alla mente, di immaginare una scintilla di luce o di umorismo, ma non vedeva che il vuoto e il distacco.

    Dietro le ombre di quel volto si nascondeva un tormento oscuro. Ma lui non sapeva di cosa si trattasse. Sapeva solo che era il viso di un uomo senza speranze e senza illusioni.

    Michael continuò a fissare la sua immagine riflessa allo specchio e all'improvviso provò un guizzo di esasperata ribellione.

    «Per l'amor del cielo, sei vivo!» commentò fissando se stesso negli occhi. «Sorridi!» ordinò.

    Sorrise.

    Il volto allo specchio gli sorrise.

    «Così va meglio» convenne annuendo.

    Fu lo squillo stridulo del telefono ad accogliere Amy in casa, che sospirò infastidita. Dopo tre settimane di distacco dalla civiltà urbana, quel suono le risultava quasi insopportabile.

    Non avendo la minima intenzione di rispondere, fece scivolare a terra il pesante zaino che reggeva sulle spalle, si tolse gli scarponcini da trekking e iniziò ad aprire le finestre del suo piccolo appartamento di Philadelphia.

    Il telefono smise di suonare e finalmente tornò il silenzio. Bene, pensò sfilandosi la maglietta e i jeans per prepararsi a un bel bagno rigenerante, a lungo atteso e sognato.

    Mezz'ora più tardi, il telefono squillò di nuovo. Amy era in cucina e questa volta sollevò la cornetta. «Pronto» disse con tono rassegnato.

    «Amy? Sei tu?» Era la voce ansimante e tremante di una donna. «Per fortuna ti trovo. Non sai da quanto ti cerco» aggiunse con tono incrinato dal pianto.

    Amy ebbe un attimo di smarrimento nel riconoscere quella voce che apparteneva a un passato contro il quale lottava, nell'inutile tentativo di dimenticare.

    «Melissa.» Sopraffatta da mille emozioni, riuscì a pronunciare solo il suo nome. Le voleva bene. Era una donna che apprezzava e rispettava, ma che era troppo vicina a un periodo della sua vita dal quale voleva staccarsi.

    «Amy, oh, Amy. È accaduto qualcosa di terribile. So che non dovrei chiamare proprio te, ma non so cosa fare... Io sono incinta e sono bloccata a letto... Mi dispiace...» disse confusamente Melissa, interrompendosi per cercare di recuperare il controllo sulle sue emozioni.

    Un bambino. Amy deglutì e si sedette su una sedia. «Cos'è successo, Melissa? Perché devi stare a letto?»

    «Ho avuto dei problemi, sono stata anche in ospedale per un certo periodo» spiegò adagio la donna. «Se voglio portare a termine la gravidanza, devo stare a riposo assoluto. Ma non è per questo che ti chiamo... Oh, Amy...» Melissa riprese a piangere. «Qualcuno deve aiutarlo, e... e tu sei l'unica che può farlo.»

    «Sì, ma adesso calmati, ti prego! Avanti, spiegami di che cosa si tratta. Di chi stai parlando?»

    «Michael» rispose Melissa tra i singhiozzi. «Ha avuto un incidente d'auto. Dei giovani ubriachi guidavano sulla corsia opposta e gli sono finiti addosso. Lo scontro frontale è stato inevitabile.»

    Michael. Amy si senti raggelare. No, pensò. No, non poteva essere accaduto nulla di tragico.

    «Michael?» sussurrò. «Come sta, adesso?» domandò meccanicamente.

    «Sotto il profilo fisico sta bene. Ha solo un braccio rotto. Ma la testa... voglio dire... non trovano nulla che non sia a posto, ma lui non riconosce nessuno. Non si ricorda di noi. L'ho chiamato e mi ha detto di non sapere di avere una sorella. È stato terribile. Era come parlare a un estraneo.»

    «Dove si trova?» chiese Amy sentendo la sua stessa voce nelle orecchie, come se appartenesse a un'altra persona.

    «In Oregon. Aveva iniziato a lavorare lì alcuni giorni prima dell'incidente. È completamente solo, Amy. Non ha assolutamente nessuno che possa stargli vicino in un momento così delicato.»

    Amy fissò inebetita la parete bianca della cucina. Allora, Michael si era trasferito... Non viveva più sull'isola del Caraibi dove gestiva un villaggio turistico di lusso, lontano dalla casa dove avevano vissuto insieme dopo essersi sposati.

    «Gli ho proposto di venire a Boston e stare con me e con Russ per un periodo, ma non ha accettato. Dice che ha il suo lavoro e di non preoccuparmi» spiegò Melissa prima di ricominciare a singhiozzare. «Ti prego... Va' da lui, tu che puoi farlo.»

    Amy dimenticò per un istante di respirare e si sentì soffocare da una sensazione di panico.

    «Ti supplico!» insistette Melissa percependo la sua titubanza. «Andrebbe Russ, ma non vuole lasciarmi sola... viste le mie attuali condizioni. So che non è giusto chiedertelo, ma tu sei la sola che può farlo.»

    No, non era giusto.

    Era un incubo il solo pensarci.

    Amy chiuse gli occhi e si sforzò di respirare. Non poteva farlo. Come avrebbe potuto riuscirci?

    «Va bene. Andrò da lui» si sentì di rispondere un attimo dopo.

    Amy si sentiva in trappola, nonostante la poltrona dell'aereo fosse decisamente comoda. Ormai era troppo tardi per ripensarci. Non aveva dormito che tre ore, quella notte. La sera prima aveva prenotato il volo e preparato la valigia come un automa. Tra gli abiti, aveva nascosto delle fotografie e una scatola protetta da un sacchetto di plastica che, con mani tremanti, aveva infilato sotto un paio di jeans.

    Non vedeva Michael da due anni. Due anni trascorsi nel tentativo di dimenticare l'uomo che un tempo l'aveva amata come forse nessun altro avrebbe mai potuto.

    Ora, invece, l'avrebbe incontrato di nuovo e avrebbe cercato di fargli recuperare la memoria. E, se fosse accaduto, Michael avrebbe anche ricordato quella mattina terribile, quando la fiaba della loro vita si era trasformata in incubo. Per un attimo provò invidia per lui. Era fortunato a non ricordare.

    Poco prima che l'aereo atterrasse, Amy estrasse una piccola scatola in velluto dalla borsetta e l'aprì. Sforzandosi per non pensare, infilò l'anello all'anulare sinistro. Il diamante colse la luce e rimandò il bagliore sul suo viso.

    Non impiegò molto a riconoscerlo. Era più alto della maggior parte delle persone che affollavano la sala arrivi dell'aeroporto e quando lo vide, sentì le ginocchia deboli e il cuore in gola. Quello era l'uomo che un tempo l'aveva amata, l'uomo che conosceva meglio di chiunque altro.

    Michael la cercava con lo sguardo tra la folla, ma non la vedeva. Quando abbassò gli occhi su qualcosa che teneva in mano, Amy ricordò che Melissa le aveva detto di avergli mandato una sua fotografia. Ma l'anno prima aveva tagliato i capelli e forse per questo lui non riusciva a distinguerla tra gli altri.

    Sentendo le gambe rigide come due tronchi di legno, si mosse nella sua direzione. Michael indossava una camicia sportiva e un paio di jeans e aveva il braccio sinistro sospeso al collo. Sembrava più magro di come lo ricordava, soprattutto il viso era più affilato e pallido. Più vecchio, forse. Aveva fili di capelli d'argento alle tempie e la sua espressione era sommessa, quasi triste.

    «Michael?» chiese adagio quando gli fu vicino. Le sembrava che il battito del suo cuore fosse più forte della voce.

    «Amy?» Neppure un guizzo di riconoscimento gli attraversò gli occhi.

    Fissandolo incapace di proferire parola, lei si limitò ad annuire.

    Michael le sorrise. «Melissa mi dice che sei mia moglie» disse forzando una nota d'umorismo nella voce.

    Era una bugia. Non era più sua moglie perché erano divorziati da un anno, ma Melissa aveva preferito non dirglielo perché temeva che Michael la rifiutasse. Il suo orgoglio gli avrebbe impedito di accettare aiuto dalla sua ex moglie.

    Amy annuì e capì che doveva confermare quel fatto con un gesto affettuoso. Automaticamente, fece un passo verso di lui, gli passò un braccio attorno al collo e premette il viso contro la sua guancia.

    Lui sollevò il braccio libero da costrizioni e la strinse con delicatezza a sé.

    Da quel mare di emozioni che aveva tanto strenuamente cercato di soffocare, Amy sentì emergere un'ondata di sofferenza e di desiderio che si gonfiava dentro di lei e saliva inarrestabile e terrificante fino alla gola.

    Con la guancia premuta contro il viso di Michael, sentì il suo corpo sussultare all'incalzare inevitabile dei singhiozzi.

    «Non preoccuparti...» sussurrò lui adagio mentre le accarezzava i capelli. «Si sistemerà tutto, vedrai.»

    Apparentemente immobile, Amy lottò per recupera re il controllo sulle proprie emozioni, finché riuscì a sollevare le spalle e ad allontanarsi da quell'uomo così familiare e nello stesso tempo così estraneo.

    «Mi di... dispiace!» esclamò con voce tremante mentre cercava un fazzoletto di carta nella borsa.

    Michael la osservava con sguardo comprensivo ma non partecipe. «Non devi scusarti di nulla» disse. «E poi non piangere, ti prego» aggiunse con la sensazione che anche la sua voce tremasse un poco.

    Amy sollevò lo sguardo e vide che quel debole tentativo di umorismo di dare leggerezza alla situazione era del tutto scomparso. Al suo posto, adesso, i suoi occhi avevano il colore del rame; e un'ombra più scura, quasi disperata.

    «Mi riprenderò, vedrai...» ribadì lui con più determinazione. «Su, andiamo...» aggiunse prendendola per mano.

    Melissa le aveva detto che Michael si era trasferito nell'Oregon perché aveva accettato di dirigere un importante albergo. All'esterno dell'aeroporto, li aspettava infatti un'auto dell'Aurora Resort Hotel. Alla guida c'era un autista in divisa blu e verde. Forse sono i colori dello staff dell'hotel, pensò Amy ancora stordita da quanto stava accadendo.

    Michael si sedette accanto a lei, sul sedile posteriore. «Melissa non mi aveva detto che avevi tagliato i capelli...» osservò appena partirono.

    «Non mi ha ancora vista coi capelli corti.» Era la pura verità. «Posso vedere la foto che ti ha mandato?»

    Michael estrasse la fotografia di tasca e gliela porse.

    Era una foto del loro matrimonio. Guancia a guancia, sorridevano felici, come se al mondo non esistessero che loro.

    Era un'altra vita. Un altro mondo.

    «Mi piace» commentò lui osservando l'immagine. «Sembriamo follemente innamorati.»

    «Sì» mormorò lei stringendo i pugni. Lo erano stati veramente, ma quando lei aveva deciso di lasciarlo, non erano più felici insieme. Michael non era più l'uomo che aveva sposato,

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