Il principe ribelle: eLit
Di Raye Morgan
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Info su questo ebook
BELLA LUCIA'S KITCHEN - Vol. 3. Da regina tra gli chef a... sposa regina! Emma Valentine è molto giovane, ma il suo talento in cucina è già rinomato grazie al lavoro in uno dei famosi ristoranti Bella Lucia. Per questo viene ingaggiata per organizzare il pranzo che allieterà l'incoronazione del principe Sebastian di Meridia. Un'occasione irripetibile per Emma, emozionata all'idea di conoscere di persona un vero nobile. Chissà se la sua fama di playboy è meritata o se Sebastian ha messo la testa a posto per il bene del suo regno?
I romanzi della serie:
1) Rebecca Winters - Fascino francese
2) Patricia Thayer - Sposa d'estate
3) Raye Morgan - Il principe ribelle
4) Ally Blake - Appuntamento in abito bianco
5) Linda Goodnight - Baci sotto il vischio
6) Teresa Southwick - Quel romantico del mio capo
7) Barbara McMahon - Incanto d'oriente
8) Liz Fielding - Innamorarsi a San Valentino
Raye Morgan
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Il principe ribelle - Raye Morgan
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Rebel Prince
Harlequin Mills & Boon Tender Romance
© 2006 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Rita Orrico
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-355-7
www.harlequinmondadori.it
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1
Forse poteva incolpare il jet lag.
Oppure lo stato di rabbia cocente in cui si trovava da quando era stato laconicamente informato che la sua vita, così come lui la conosceva, era finita e che si sarebbe dovuto sottomettere al volere degli altri, vivendo l’esistenza di suo fratello.
Qualunque fosse la causa, aveva sbagliato il tiro e colpito per errore quella giovane donna.
E da quel momento ogni cosa aveva cominciato a sfuggire al suo controllo.
Il principe Sebastian non era abituato a sbagliare: il suo lancio era poderoso, tanto che in passato gli avevano proposto di unirsi alla nazionale di pallanuoto del suo paese. Di certo non aveva mai ferito qualcuno, se si escludevano le normali contusioni riportate dai giocatori durante le partite di quello sport piuttosto maschio che lui amava.
Sembrava che negli ultimi tempi la sfortuna lo perseguitasse. Per una terribile frazione di secondo temette di aver ucciso la giovane donna.
Pacio, uno dei giovani valletti che giocava nella sua squadra, sembrava esserne convinto. «Pare proprio morta. Muerta» aggiunse, tanto per non lasciare dubbi.
«Non è morta» lo corresse Sebastian seccamente, malgrado i suoi nervi fossero ancora strapazzati da quel pensiero terrificante.
Uscendo dall’acqua, calciò via la palla che ancora rotolava sul bordo della piscina e si accucciò al fianco della donna, scuotendosi di dosso l’acqua.
«Respira?» domandò Pacio, imitandolo. «Si è afflosciata come una foglia.»
Sebastian non si preoccupò di rispondere. La giovane donna era priva di conoscenza: un pessimo segnale.
«Ehi» mormorò, sfiorandole la spalla. «Sta bene?»
Non ottenne risposta.
A quel punto lui le posò due dita sul collo e fu felice di constatare che il battito era forte e regolare. Poi notò che il petto si sollevava e abbassava. Respirava, ma appariva pallida e vulnerabile in un paio di jeans al polpaccio e un top senza maniche.
Sebastian avrebbe voluto sollevarla dal pavimento freddo, ma pensò che non fosse il caso di muoverla. Se aveva battuto la testa poteva essere in stato di shock.
Afferrando un asciugamano che qualcuno aveva lasciato lì accanto, la coprì e si lasciò sfuggire un sospiro di frustrazione. Perché diavolo non si muoveva? E, soprattutto, perché lui non ricordava nemmeno le nozioni base di pronto soccorso che aveva imparato?
«Andate a chiamare il dottore» ordinò ad altri due giocatori appena usciti dall’acqua.
«Vuoi dire Will?» domandò Pacio, esitando.
Sebastian sollevò lo sguardo sui tre uomini che lo stavano fissando, ammutoliti. «Certo, Will. Andate a chiamarlo. Adesso!»
I tre sembravano sorpresi, ma si affrettarono a eseguire l’ordine.
Lui provò una certa soddisfazione per essere riuscito a usare un tono di comando. Era qualcosa che si sarebbe dovuto abituare a fare più spesso, e meglio, se mai fosse diventato re di Meridia, sempre che quello non fosse un brutto sogno dal quale prima o poi si sarebbe svegliato.
Meridia, il piccolo regno che lo conosceva come Sebastian Edward Valenza Constantine Marchand-Dumontier, principe di Meridia e secondogenito del re Donatello e della regina Margherita, entrambi deceduti. E adesso che suo fratello maggiore aveva abdicato, Sebastian era diventato principe reggente ed erede al trono.
Sempre che lui permettesse loro di incoronarlo.
Abbassò lo sguardo sulla giovane donna che aveva colpito e imprecò tra i denti. Era assolutamente necessario che lei stesse bene. Se la poveretta fosse stata ferita in modo serio...
«Non sono morta» mormorò lei all’improvviso, benché senza aprire gli occhi.
Il cuore di Sebastian si gonfiò di sollievo. Se era in grado di parlare, la situazione non poteva essere così grave. Grazie al cielo, pensò, ma quello che disse ad alta voce fu meno riverente.
«Allora perché sta fingendo?» domandò, senza riuscire a nascondere una punta di esasperazione.
«Non sto fingendo» protestò lei con voce impastata. «Sto riposando.»
Accoccolandosi sui talloni, lui le scrutò il viso. «Strano posto per un riposino» le fece notare.
A quelle parole lei aprì i grandi occhi blu, che si spalancarono alla vista del suo torace nudo e muscoloso, si spostarono brevemente sul volto e subito si richiusero.
«Troppo tutto in una volta» bisbigliò lei, rannicchiandosi sotto l’asciugamano come se volesse tenere fuori il mondo esterno.
Le sue parole furono a stento udibili e lui corrugò la fronte. Quello che diceva la giovane donna non aveva alcun senso.
«Che cosa ha detto?» le domandò.
Lei non rispose. Era così immobile che per un attimo lui credette di aver immaginato di averla sentita parlare.
Avrebbe voluto passare le mani su di lei, cercare delle ferite, ma non era certo che lei avrebbe accolto con piacere l’esplorazione. E lui non poteva biasimarla. In fondo, anche se avesse trovato delle ferite, non avrebbe saputo che cosa fare al riguardo. Meglio aspettare l’arrivo di Will.
Almeno il colore stava tornando sul suo viso e lei cominciava a sembrare meno la vittima di un incidente e più una donna perfettamente sana. Allora perché se ne stava distesa lì?
Donne. Non si riusciva mai a capirle. Per fortuna in vita sua non si era mai dovuto preoccupare di farlo: le donne andavano e venivano come fenomeni climatici, un tipo diverso per ogni stagione.
Aveva imparato molto presto a tenere i sentimenti fuori dalle proprie relazioni. Relazioni occasionali, dunque, che non necessitavano di grandi sforzi di comprensione da parte sua.
Tuttavia, lei non era niente male. Sebastian non l’aveva mai vista, ma immaginava che lavorasse al castello. Dal momento che era tornato a casa da poco, non conosceva tutti i membri del personale.
Sembrava fragile e indifesa, il piccolo corpo sinuoso e privo di asperità. Niente trucco, il che a prima vista la faceva sembrare molto più giovane. Una seconda occhiata rivelava una giovane donna sui ventisette anni. I capelli color del miele si arricciavano intorno a un viso grazioso, da ragazza della porta accanto.
Non il suo tipo, questo era certo.
«Senta, deve cercare di comunicare con me» le ordinò con fermezza. «Devo sapere se è ferita in modo serio.»
Lei si stiracchiò. «Ferita?»
Aprendo di nuovo gli occhi, la donna arrischiò un’altra occhiata nella sua direzione poi si guardò attorno, come se non ricordasse dove si trovava.
«Aspetti un attimo. Dove sono? Cosa è successo?»
Non lo ricordava? Il colpo alla testa poteva aver causato un vuoto di memoria, e lui sperò che fosse solo temporaneo.
«Si trova nella piscina coperta del castello, dove si è accidentalmente messa sulla traiettoria di una palla da pallanuoto» spiegò lui. «La prossima volta, le consiglio di fare un po’ più di attenzione.»
Lei lo guardò e socchiuse gli occhi. «Capisco» mormorò, sollevando una mano sulla testa alla ricerca di bernoccoli. «E chi ha lanciato questa palla vagante?»
Sebastian ignorò la piccola fitta di rimorso. «A dire il vero, sono stato io.»
Lei batté le palpebre, come se facesse fatica a comprendere la situazione.
«Aveva mirato a me?» gli chiese con voce ancora vagamente impastata.
Lui piegò le labbra in un mezzo sorriso di scherno. «Se avessi mirato a lei, la palla non sarebbe rimbalzata prima di raggiungerla.» L’espressione confusa di lei s’intensificò e lui si affrettò ad aggiungere: «È naturale che non mirassi a lei. Stavo cercando di segnare passando sopra a un difensore, ma il tiro non è riuscito».
«Dunque è stato un incidente.»
«Ovviamente.»
Lei annuì e richiuse gli occhi. «È bello stare distesi qui» mormorò, assonnata. «Sono così stanca... non dormo da giorni.»
Nemmeno lui, se era per quello. Da quando gli era stato detto di abbandonare la propria vita e di prepararsi all’imminente incoronazione a re di Meridia, il sonno aveva deciso di disertarlo.
Era arrivato a Chadae, la capitale nella quale si trovava l’antico castello di famiglia, solo un paio d’ore prima. Un passaggio a bordo del jet privato di un amico gli aveva permesso di giungere senza essere annunciato e di rilassarsi con una partita in piscina prima di affrontare suo zio e il resto del consiglio.
«Come si chiama?» le chiese.
«Emma. Emma Valentine.»
Lei lo stava osservando da sotto le lunghe ciglia. Lui ricambiò il suo sguardo. «Lavora qui a palazzo?»
«In un certo senso. Sono uno chef. Ma sono arrivata solo ieri sera.»
Pacio tornò di corsa mentre lei stava ancora parlando e Sebastian notò che, invece di seguire ciò che si svolgeva intorno a loro, lei richiuse gli occhi, come a staccarsi di nuovo dalla realtà. Lui non poté fare a meno di chiedersi di cosa avesse paura.
«Ehi, Monty!» esclamò Pacio, chiamandolo col soprannome che usavano gli amici di Sebastian, «sembra la scena madre de La Bella Addormentata. Forse ha solo bisogno di un bacio del...»
Sebastian lanciò all’amico un’occhiataccia e lo interruppe prima che questi potesse concludere la frase.
«Dov’è il dottore?»
Pacio si fermò, stringendosi nelle spalle. «Non riusciamo a trovarlo.»
«Avete cercato nelle scuderie?»
«No, noi...»
«Prova laggiù. Puoi chiamare con il telefono della hall.»
«D’accordo.» Pacio esitò un istante, abbassando lo sguardo su Emma prima di sorridere e con le labbra mimare un bacio che gli procurò un’altra occhiataccia da parte di Sebastian.
Quando Pacio si fu allontanato di nuovo in cerca di Will, lui rivolse la propria attenzione a Emma.
«Si sta addormentando?» le domandò, incredulo.
«Solo un po’» mormorò lei. «Ho molto sonno. Mi lasci dormire, la prego.»
«Non credo che dovrebbe farlo. Sarebbe meglio se continuasse a parlare» le spiegò Sebastian.
«Ma io non ho voglia di parlare. Lo faccia lei» suggerì Emma, avvolgendosi l’asciugamano intorno alle spalle. «Mi racconti una storia. Scommetto che ne conosce un sacco.»
Lui la osservò con attenzione, chiedendosi se lei non fosse più lucida di quanto volesse far credere. Forse era troppo sospettoso, ma quel commento suonava come un tentativo di deriderlo.
«Credo di sentirmi offeso.»
Lei si strinse nelle spalle. «È un paese libero.»
«Meridia?» replicò lui, cinicamente. «Che cosa glielo fa credere?»
Lei non rispose, né lui si era aspettato che lo facesse. Sebastian provava sentimenti contrastanti nei confronti del suo paese, una specie di amore-odio. Meridia era la sua casa e ora anche la sua responsabilità, ma era pure il luogo che aveva rovinato la vita di molti suoi familiari, un luogo in cui