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La volontà dello sceicco: Harmony Destiny
La volontà dello sceicco: Harmony Destiny
La volontà dello sceicco: Harmony Destiny
E-book170 pagine3 ore

La volontà dello sceicco: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

La loro relazione non poteva finire in maniera peggiore. Per questo Lujayn Morgan non aveva mai immaginato che lo sceicco Jalal Aal Shalaan potesse ritornare nella sua vita, non dopo che lo aveva lasciato in quel modo. Sono trascorsi due anni, ma la passione che ancora li anima li porta a condividere una notte indimenticabile, che presto viene oscurata dall'ombra di uno scandalo che potrebbe far perdere a Jalal il diritto di successione al trono. Per un principe del deserto anche l'amore è una questione d'onore, e il matrimonio, in questo caso, sembra l'unica soluzione.
LinguaItaliano
Data di uscita9 set 2018
ISBN9788858986738
La volontà dello sceicco: Harmony Destiny
Autore

Olivia Gates

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La volontà dello sceicco - Olivia Gates

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Sheikh’s Claim

    Harlequin Desire

    © 2012 Olivia Gates

    Traduzione di Roberta Canovi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    HHarlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-673-8

    1

    Ventisette mesi prima

    «Così questa volta sei riuscita a passarla liscia con un omicidio.»

    Jalal Aal Shalaan storse la bocca nel pronunciare quelle parole ad alta voce. Era in piedi sulla porta di un opulento soggiorno in una delle tenute più rinomate negli Hamptons, dove per anni era stato accolto come stimato ospite. Aveva pensato che non ci avrebbe mai più rimesso piede, a causa della donna che ora gli dava le spalle. La donna che era diventata la padrona di casa.

    Lujayn Morgan. La sua ex amante.

    Stava impilando delle lettere su un antico tavolo di marmo quando le sue parole l’avevano colpita; dopo un sussulto, era rimasta impietrita.

    Anche Jalal era teso allo spasimo. I pugni e la mascella erano serrati, ogni muscolo all’erta, vibrante.

    B’haggej’jaheem – per la miseria, perché aveva detto una cosa simile?

    Non era stata sua intenzione mostrarle ostilità – né qualunque altro sentimento, se per questo: si era convinto di non provare più niente, per lei. Si era recato in quel posto solo per studiarla senza essere accecato dalla passione che gli aveva annebbiato la vista per i quattro anni della durata della loro relazione. Voleva una conclusione, qualcosa di cui lei lo aveva privato quando era uscita dalla sua vita in fretta e furia, senza concedergli la possibilità di difendersi, di negoziare, lasciandolo in balia dello stupore, poi della collera, a brancolare nel buio alla ricerca di una spiegazione.

    Ma aveva pensato che la soluzione di cui era andato in cerca fosse strettamente intellettiva. Aveva pensato di essersi ripreso, nei due anni trascorsi da quel giorno, di aver superato la cosa fino a non provare altro che una fredda curiosità e un’avversione mentale.

    Si era illuso. Ciò che aveva provato per lei, anche se aveva cambiato natura, rimaneva altrettanto fiero.

    Si era sempre presentato al mondo come quello al quale non importa niente di nessuno – in parte per carattere, in parte per autodifesa. Con una madre come la notoria regina Sondoss, e un gemello come quell’enigma che era Haidar, che lo tormentava dall’infanzia, le difese erano diventate necessarie. Erano le uniche due persone che fossero mai riuscite a superare le sue barriere.

    E poi era arrivata Lujayn.

    Era ancora vulnerabile al solo vederla. E lei non si era neanche girata.

    Ma poi lo fece.

    L’aria gli abbandonò i polmoni, il cuore cominciò a cavalcare.

    La sua bellezza l’aveva sempre stregato. L’origine per metà mediorientale e per metà irlandese aveva cospirato a creare la personificazione del meglio di entrambi quei mondi. Era sempre stata contesa dai migliori marchi che volevano quel viso indimenticabile con quegli occhi unici per pubblicizzare i propri prodotti.

    Nel corso della loro relazione, però, lei aveva continuato a perdere peso. In un primo tempo Jalal si era allarmato, e poi incollerito per quell’ossessione che, per progredire in carriera, le faceva sorvolare sui rischi alla propria salute nel perseguire una perfezione che già possedeva.

    Tuttavia, la donna scarna che lo aveva lasciato era scomparsa, e al suo posto si trovava ora l’epitome della salute, della femminilità con curve e forme che nemmeno il severo abito nero riusciva a celare, e che aizzò all’istante ogni suo istinto virile.

    Il matrimonio le aveva fatto molto bene. Il matrimonio con un uomo che Jalal un tempo aveva considerato un buon amico – un uomo morto meno di due anni dopo le nozze, e della cui morte lui l’aveva praticamente appena accusata.

    Lujayn inclinò la testa mentre si raddrizzava, il movimento che enfatizzava l’eleganza del collo da cigno, la perfezione dei capelli corvini raccolti in uno chignon.

    Il suo freddo distacco era presentato alla perfezione, ma lo stupore riflesso negli occhi andava oltre la sua capacità di recitazione. Le pupille, circondate da quelle iridi argentate che richiamavano il significato del suo nome, si contraevano e si dilatavano come avevano sempre fatto quando lei era agitata o eccitata, dando l’illusione che gli occhi emettessero raggi di luce.

    Il bisogno di guardare più a fondo in quegli occhi lo spinse in avanti, ma dalla bocca gli uscirono parole che non si era reso conto di pensare. «Non che la cosa mi sorprenda. Hai saputo ingannare le persone più sagaci che conosca, incluso il sottoscritto. Non dovrebbe stupire che nemmeno la crème de la crème di New York sia stata in grado di pareggiare il tuo acume.»

    «Che cosa ci fai qui?»

    La sua voce lo trafisse. Un tempo carezza di rossa passione, si era addensata di echi oscuri. Poi lei scosse il capo, quasi esasperata dalla stupidità della propria domanda. «Lascia stare. Come sei entrato?»

    Jalal si fermò a due passi di distanza, anche se ogni istinto che possedeva lo spingeva a proseguire finché non avesse pressato ogni centimetro del proprio corpo al suo. Come quando erano stati amanti. Quando lei gli era sempre andata incontro, impetuosa, tempestosa...

    Imprecando tra i denti, infilò le mani in tasca fingendo disinvoltura. «Mi ha fatto entrare la tua governante.»

    Lujayn spalancò gli occhi. «Vuoi dire che l’hai minacciata.»

    In passato, lei gli aveva fatto credere di pensare che camminasse sulle acque; ora, la prima cosa che le era venuta in mente era che avesse fatto qualcosa di deplorevole – peggio, di criminale.

    Ma perché avrebbe dovuto stupirsi? Jalal aveva accettato da tempo che quella presunta adorazione da parte sua era stata solo una finta che lei non era stata in grado di portare avanti quando aveva scoperto che non sarebbe servita allo scopo. La sorpresa, in realtà, era che fosse riuscita a resistere due anni.

    E anche a quel punto lui si era rifiutato di vedere le cose per quello che erano; l’aveva giustificata imputando la colpa allo stress dovuto alla competitività del suo lavoro, e alla natura dominante che lui tirava fuori quando era con lei. Aveva pensato che l’attrito non facesse altro che aizzare le fiamme della loro relazione già esplosiva, ne aveva goduto fino al punto di istigarle, di quando in quando. Si era talmente illuso che l’ultimo, decisivo confronto l’aveva lasciato a dir poco scioccato.

    Ma dopo due anni passati a dissezionare il passato, ora percepiva tutto con chiarezza. Non aveva voluto vedere le prove della verità per mantenere l’illusione, perché non poteva vivere senza la sua passione. O così aveva creduto. Eppure era sopravvissuto, no?

    Avvalendosi della sua notevole statura, Lujayn lo fronteggiò a testa alta. «Puoi anche aver spaventato Zahyah, ma devi aver scordato tutto di me se pensi che le tue tattiche intimidatorie funzionino anche con me. Puoi andartene come sei arrivato, oppure chiamo la sicurezza. Meglio ancora, la polizia.»

    Jalal accantonò la minaccia, il sangue che si surriscaldava per la sfida e l’ardore che lei aveva sempre suscitato in lui con un’occhiata, una parola. «E che cosa gli diresti? Che la tua governante mi ha lasciato entrare senza consultarti e ti ha lasciata sola con me in una casa vuota?» In qualunque altra occasione, si sarebbe raccomandato che la governante fosse ripresa severamente per aver ignorato a tal punto le norme basilari del protocollo e della sicurezza; in quel momento, però, non poteva che essere grato che l’avesse fatto. «Interrogata, giurerebbe che non c’è stata alcuna intimidazione da parte mia. Da ex collega di tua madre, è stato naturale per lei lasciarmi entrare.»

    «Vuoi dire che, visto che è un’ex collega di mia madre, anche Zahyah era una delle serve di tua madre.»

    Alla menzione della madre, Jalal si irrigidì. L’essere venuto a conoscenza della cospirazione che aveva ordito per deporre suo padre, re Atef, ed eliminare i suoi fratellastri dalla successione al trono di Zohayd era un pugnale che si rigirava in continuazione dentro di lui.

    Ma Lujayn non ne sapeva niente. Solo lui, i fratelli e il padre ne erano al corrente. Il segreto era stato mantenuto a tutti i costi, finché la situazione non era stata risolta – ossia fino a quando non avevano scoperto dove la madre aveva nascosto i gioielli dell’orgoglio di Zohayd. Era stata una situazione assurda e frustrante, dettata dalla leggenda e ora diventata legge: il possesso dei gioielli conferiva il diritto di governare Zohayd. Invece di punire chiunque li avesse rubati, il popolo aveva sostenuto che il re e i suoi eredi non erano degni del trono, perché li avevano persi. La convinzione che i gioielli facessero in modo di essere posseduti da chiunque meritasse di governare il regno era assoluta.

    Ma neanche sotto la minaccia dell’ergastolo la madre aveva confessato il nascondiglio; tutto ciò che aveva detto a lui e a Haidar era che avrebbe continuato a distruggere il padre e i fratellastri dalla prigione, e che quando il trono fosse diventato di Haidar, con Jalal come principe ereditario, l’avrebbero ringraziata.

    Cercò di scrollarsi di dosso l’eterna frustrazione, focalizzando l’attenzione sulla sua fonte attuale. «Volevo dire che Zahyah, da azmahariana che ha passato anni nel palazzo reale di Zohayd...»

    «Come schiava di tua madre – come lo era la mia.»

    Il nodo in gola si strinse ulteriormente; un altro crimine della madre per cui non poteva che provare vergogna.

    Da quando la cospirazione della regina Sondoss era venuta alla luce, pian piano i familiari avevano scoperto la portata della sua malvagità. Schiava poteva essere un’esagerazione, ma non si poteva negare che avesse maltrattato e abusato dei suoi servitori. La madre di Lujayn, da dama di compagnia, sembrava aver patito il peggio dei suoi brutali capricci. Ma Badreyah aveva abbandonato il servizio della regina non appena Lujayn aveva lasciato lui; evidentemente aveva potuto permetterselo, quando la figlia aveva sposato Patrick McDermott.

    Probabilmente, quello era uno dei motivi per cui Lujayn l’aveva sposato. Non che questo mitigasse l’amarezza: avrebbe dovuto dirle che Badreyah soffriva per opera di sua madre; era da lui che avrebbe dovuto andare in cerca d’aiuto.

    Rispose alla sua fredda collera con la propria. «Qualunque cosa pensi Zahyah di mia madre, evidentemente mi considera ancora suo principe, e mi ha accolto di conseguenza.»

    «Non dirmi che sei convinto che la gente si beva davvero questa storia del principe di due regni

    Dato che erano mezzi azmahariani e mezzi zohaydiani, lui e Haidar erano stati chiamati così. Non poteva parlare per il fratello, ma lui non si era mai sentito principe di niente. In Zohayd era tagliato fuori dalla linea di successione perché era di razza impura, e in Azmahar... be’, c’erano un centinaio di ragioni perché nessuno del popolo l’avrebbe considerato suo principe.

    Il grandioso slogan era stato appioppato loro dalla nascita, ma a lui era sempre sembrato una stupidaggine. Poi la madre aveva stabilito di farlo diventare realtà, a costo di rovinare e riformare l’intera regione.

    Sospirò. «Comunque sia, Zahyah mi ha accolto, come le guardie prima di lei, perché in questa casa sono stato accolto innumerevoli volte prima di oggi.»

    «Li hai manipolati sfruttando il defunto rapporto con Patrick...»

    «Che non è più con noi, grazie a te» la interruppe, sopraffatto dalla bile della collera trattenuta a stento. «Ma non ti sei preparata per gli sviluppi come pensavo avresti fatto; non hai preparato delle contromosse per la mia ricomparsa, non hai revocato il mio invito aperto.»

    «Come si fa con un vampiro, eh? In effetti, avere un vampiro in casa sarebbe preferibile, visto che tu sei un succhia-anime. E sei più difficile da bandire. Ma rimedierò all’istante.»

    Jalal l’afferrò per il braccio mentre gli passava accanto, provò un brivido in tutto il corpo. Digrignò i denti a quella risposta, inspirò appena in modo che il suo profumo – quello del crepuscolo inebriato di gelsomino e di notti di intenso piacere – non istigasse una reazione ancora meno benvenuta.

    «Non disturbarti: questa deliziosa visita non sarà ripetuta.»

    Lujayn liberò il braccio con uno scatto. «Non comincerà neanche. Hai un bel fegato a venire qui, dopo quello che hai fatto.»

    Si riferiva ai contrasti d’affari con Patrick, che avevano provocato ingenti perdite a entrambi; altri danni che lei aveva causato.

    Decise di fraintenderla di proposito. «Non sono io quello che ti ha scaricato per sposare una delle tue migliori amiche e rivoltarla contro di te.»

    «Dai ben poco credito a Patrick se pensi che io abbia influenzato la sua decisione di tagliare qualsiasi affare con te.»

    «Tu riusciresti a influenzare il diavolo in persona. E sappiamo entrambi che Patrick era fin troppo angelico. Era la preda perfetta per la vedova nera che ti sei rivelata essere.»

    I suoi occhi lo inondarono

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