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In fuga dalla verità (eLit): eLit
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E-book275 pagine3 ore

In fuga dalla verità (eLit): eLit

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Info su questo ebook

ROMANZO INEDITO
Chi sono in realtà? Questa domanda tormenta Allie Newman da quando ha ricevuto la visita del detective privato Joel Kennedy. La storia che lui le ha raccontato ha sconvolto la sua vita e ora il mondo rischia di crollarle addosso. Allie è la giovane canadese tranquilla, che insegna matematica ed è appassionata di triathlon, oppure è la nipote,a lungo considerata perduta, del noto trafficante americano Spiro Kostakis? Partire per conoscere il nonno non l'aiuta a far chiarezza nelle tenebre del mistero che avvolge la storia della famiglia e neppure la presenza costante del detective Kennedy le è di conforto nei momenti più difficili. L'attrazione è infatti troppo forte perché lei possa abbandonarsi ai sentimenti. Forse la sua vita è stata un grande abbaglio?
LinguaItaliano
Data di uscita3 giu 2019
ISBN9788830500501
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    Anteprima del libro

    In fuga dalla verità (eLit) - Janice Carter

    successivo.

    1

    Allie abbassò il capo fino a quando la cinghietta del caschetto non le morse la tenera pelle del collo. Il vento portava ancora il gelo dell'inverno, anche se ormai aprile era arrivato e l'estate era qualcosa di più di una lontana promessa. Si disse che bisognava essere pazzi per uscire in bicicletta in una mattina così uggiosa e cupa... le strade erano scivolose e il terreno era saturo della pioggia che era caduta nel corso della settimana... ma in tutti quei giorni non si era allenata nemmeno una volta e ormai la gara di triathlon si avvicinava.

    Pigiò con forza sui pedali della bicicletta, che sfrecciò rapidissima lungo la discesa del sentiero che costeggiava il lato orientale del fiume Cataraqui. Allie sollevò la testa per controllare il percorso che si stendeva davanti a lei e soffocò a stento un'imprecazione. Dalla nebbiolina grigia, a poche decine di metri di distanza, emerse incerta la sagoma di un uomo che stava portando a spasso il cane proprio sul sentiero. A peggiorare ulteriormente le cose, l'uomo era sul bordo esterno, quello che si affacciava sul fiume. Doveva assolutamente rallentare altrimenti avrebbe corso il rischio di urtarlo e farlo cadere così in acqua. Questo significava perdere tempo e dimenticare il record che si era prefissa di conseguire durante la fase di allenamento in bici di quella mattina.

    Allie cominciò a premere le leve dei freni, rallentando gentilmente senza compiere mosse brusche per evitare di slittare sull'asfalto reso viscido dalla pioggia, gli occhi sempre fissi sull'uomo che continuava a procedere tra i banchi di vapore che si innalzavano dal fiume sottostante. Lei suonò il campanello, ma il trillo sembrò soffocato dall'aria umida e pesante.

    La distanza tra lei e le due figure diminuì. Allie stava proprio dicendosi che da un momento all'altro avrebbe dovuto lanciare un grido di avvertimento e superare la coppia quando una vibrazione e un sordo brontolio la costrinsero a frenare di colpo. Improvvisamente una parte della riva e del sentiero cedette. Sconvolta e inorridita, Allie guardò uomo e cane scivolare silenziosamente insieme allo smottamento e scomparire sotto il sudario di nebbia che ammantava la superficie del fiume.

    La bicicletta si bloccò a pochi centimetri dalla voragine fangosa da cui spuntavano radici di alberi e pezzi di asfalto. Allie scese di corsa. Non sentiva grida di aiuto innalzarsi da sopra il rombo delle acque gonfie e turbinanti. Si guardò attorno, in preda al panico, e urlò chiedendo aiuto. Poi, si lasciò scivolare giù per il dirupo e si gettò nelle acque gelide e torbide del fiume. Quando tornò a galla, Allie lottò per riprendere fiato. L'uomo stava annaspando tra i flutti a pochi metri di distanza: con poche vigorose bracciate Allie si diresse verso di lui.

    La corrente lo aveva spinto nell'intrico di rami di un albero semisommerso e lo stava sbatacchiando da una parte all'altra. Allie gli gridò di tenere duro, ma dal modo in cui la testa dell'uomo ciondolava avanti e indietro dubitò fortemente che lui l'avesse sentita. Riuscì ad afferrarlo per il bavero del cappotto proprio nel momento in cui un ramo a cui si era aggrappato si spezzava. L'uomo, che stava per essere trascinato via dalla corrente, avvertì la sua vicinanza e tese le braccia aggrappandosi a lei e spingendola in tal modo sott'acqua. Allie bevve abbondantemente. Il materiale sintetico che fasciava il caschetto l'aiutò a tenere alta la testa, ma il peso morto del corpo dell'uomo rischiava di farli prendere tutti e due dalla corrente impetuosa del fiume. Usando tutta la sua forza, Allie respinse le sue mani staccandole dalle spalle e lo afferrò di nuovo per il cappotto in modo da poterlo tirare in salvo. Gli si avvicinò e gli gridò all'orecchio di rilassarsi, che presto lo avrebbe riportato sulla terraferma.

    A quel punto lui capì e smise di dibattersi mentre lo portava lentamente verso la riva. Una volta arrivata, Allie tese un braccio e afferrò una radice sporgente dal terreno dove la terra incontrava l'acqua. Tirò. E poi tirò ancora per quella che le parve un'eternità, scivolando, inciampando sul terreno fangoso che sembrava creta fino a quando non riuscì a issare se stessa e l'uomo sulla sottile striscia di terra.

    Lo sconosciuto cadde a faccia in giù, ansimando per ritrovare fiato. Allie si lasciò andare a terra sulla schiena, accanto a lui, e per la prima volta si rese conto che era anziano: i suoi capelli bianchi grondavano acqua ed erano pieni di fango, pezzetti di foglie e detriti. L'uomo sollevò la testa e girò attorno gli occhi coperti da una sottile pellicola biancastra.

    Il cuore di Allie cominciò a battere più in fretta. Quell'uomo era cieco.

    «Jeb?» domandò lui, la voce resa ancora più roca dalla paura. «Jeb?»

    Il cane. Un cane guida per ciechi. Allie si mise a sedere. A meno di quindici metri più avanti, nel fiume Cataraqui, riuscì a scorgere la testa scura dell'animale.

    «Dov'è Jeb?» gridò l'uomo.

    «Va tutto bene» lo rassicurò Allie. «Lo vedo.» Corse lungo la riva, scivolando e sbandando. Via via che si avvicinava al povero cane riusciva a sentire sempre più forte il suo uggiolio terrorizzato. A quanto pareva anche lui era riuscito a impigliarsi in qualcosa che gli aveva impedito di essere risucchiato dalla corrente e trascinato via. Fortunatamente il cane era a poca distanza dalla riva e Allie riuscì a raggiungerlo immergendosi solo fino alla vita. Lo speciale guinzaglio con la maniglia a U fissato al collare si era impigliato nella biforcazione di un ramo morto. Il cane, lottando per tenere alta la testa, continuava ad annaspare nell'acqua nell'inutile tentativo di tornare a riva.

    Era un giovane labrador color cioccolato e Allie si sentì pungere gli occhi dalle lacrime sentendo i suoi guaiti di gratitudine mentre si affannava per liberare il guinzaglio. Aveva le dita rigide e insensibili per il freddo, ma dopo tre vani tentativi, riuscì finalmente a sfilare la maniglia dalla biforcazione.

    Il cane abbaiò un paio di volte e poi cominciò a nuotare verso riva. Allie tenne il guinzaglio e venne in parte trascinata dall'animale verso la riva e la salvezza. Una volta usciti, Jeb si slanciò verso di lei come se volesse ringraziarla, poi si scrollò vigorosamente prima di correre lungo la riva in cerca del suo padrone.

    Quando Allie li raggiunse, sentì, in lontananza, il richiamo intermittente di una sirena dei pompieri. Probabilmente qualcuno aveva visto quello che era accaduto, pensò, magari un abitante del grosso complesso residenziale sull'altra sponda del fiume. Esausta si abbandonò sul terreno fangoso, appena cosciente degli uggiolii e delle leccate del cane che continuava a dividere il suo entusiasmo tra padrone e salvatrice per esprimerle tutta la sua gratitudine.

    Faticosamente, Allie si sfilò il caschetto e lo lasciò cadere accanto a lei, respirando a fondo per ritrovare un minimo di calma, mentre si domandava distrattamente quanto avrebbe potuto incidere quell'inaspettato episodio sull'allenamento di quel giorno.

    Allie spinse la pesante porta a vetri dell'Evergreen Natural Food e subito dopo si fermò sulla soglia per osservare la sua matrigna, Susan. Quando la vide chinarsi sopra uno dei bidoni di farina, si diresse con passo deciso verso di lei.

    «Questa faccenda dei quindici minuti di gloria è decisamente sopravvalutata» dichiarò sventolando la copia arrotolata della rivista People che stringeva in mano. «Nessuna persona sana di mente potrebbe desiderarne più di cinque minuti.» Poi vide che Susan stava lottando con un sacco di farina di circa cinque chili. «Per caso hai bisogno di aiuto?»

    Il sacco cadde con un tonfo sordo sul pavimento di legno grezzo. Susan cercò di raddrizzarsi, gemendo forte. Allie gettò a terra la rivista per darle una mano. Susan si aggrappò al suo braccio teso riuscendo finalmente a raddrizzarsi, poi si lasciò accompagnare allo sgabello sistemato vicino alla cassa.

    «Dovresti davvero andare dal dottore e riparlare con lui di quella benedetta operazione alla schiena...» borbottò Allie. Sentendosi in colpa per non aver notato le evidenti difficoltà di Susan, arrossì lievemente. Sarebbe dovuta stare più attenta invece che andarsene in giro a cercare una copia di People.

    E poi, che cosa c'è di tanto speciale nel vedersi ritratta su una rivista a tiratura internazionale?, si domandò. E come poteva giustificare la propria autoindulgenza dopo aver criticato il fenomeno dell'istantanea celebrità che le era derivata dall'aver salvato Harry Maguire e il suo cane Jeb dalle gelide acque del fiume Cataraqui? Vergognandosi, dovette ammettere di essere stata irresistibilmente attratta dai titoli cubitali della rivista in cui si parlava del salvataggio di un cieco e del suo cane guida. Anche se si era trattato solo di poche righe all'interno di un servizio più ampio riguardante diversi atti eroici.

    «Susan, perché non ti concedi qualche giorno di libertà e non rimani a casa a curarti la schiena?» le propose Allie. «Non appena avrò terminato di correggere gli ultimi test d'esame, sarò libera come l'aria. Beth e io possiamo benissimo occuparci del negozio.»

    Susan Matthews fece una smorfia. «Detesto portarti via del tempo prezioso, Allie. Hai quella gara importante di triathlon e tutti gli allenamenti. E poi anche tu ti meriti una pausa. Hai lavorato duro quest'anno, specialmente dopo che tuo padre...»

    La voce di Susan si affievolì fino a tacere del tutto. E Allie sentì un nodo alla gola. Lei e Susan avevano menzionato raramente Rob Newman dopo la sua morte, avvenuta appena dieci mesi prima. Era un argomento oltremodo penoso per entrambe. Allie lo sapeva benissimo, anche se a volte avrebbe tanto voluto parlare di lui con la donna che era stata la sua fedele compagna per vent'anni. Allie poteva anche dire che Susan era la sua matrigna, ma in realtà era l'unica madre che avesse mai conosciuto.

    Si lasciò cadere sulle ginocchia accanto a lei. «Guardami, gli esami saranno conclusi per la fine della settimana. Beth può badare da sola ai ragazzi del liceo mentre io mi alleno. Prenditi due settimane di riposo.»

    Susan sorrise. «Una settimana è tutto quello che mi serve, credimi. Impazzirei se fossi costretta a restarmene con le mani in mano per più tempo. E poi... D'accordo!» esclamò bloccando sul nascere un'ulteriore obiezione di Allie. «Prometto di non chinarmi più e di non sollevare pesi.»

    A quel punto lei sospirò sconsolata, sapendo che quello era il massimo dei compromessi che avrebbe potuto ottenere dalla sua matrigna. «Ricordati però che qui in giro c'è un sacco di gioventù che può svolgere i lavori pesanti al posto tuo.»

    «Non girare il coltello nella piaga» replicò Susan, ridendo e gemendo al contempo. «Ho solo cinquant'anni.»

    «Bene. Voglio rivederti così in forma che possiamo andarcene a ballare all'AJ's

    La battuta suscitò un sorriso sincero. «D'accordo!»

    Era un vecchio scherzo di famiglia. Ogni volta che Allie era tornata a casa tardi aveva usato come scusa il fatto che lei e Beth erano andate a ballare all'AJ's, un locale notturno a Kingston. Quella frase era entrata nel lessico familiare per Susan, Rob e Allie, e veniva sempre usata per qualsiasi ritardo o assenza.

    «Ora ti porto a casa e torno qui a chiudere. Poi potrei prendere due pizze per questa sera a cena. Va bene?»

    Susan le lanciò uno sguardo pieno di affetto. «Sarebbe magnifico, Allie. Non lo facciamo da un sacco di tempo.»

    Un'altra fitta dolorosa di rimorso... Allie si era trasferita a casa per qualche settimana dopo l'attacco cardiaco di Rob ma, in seguito all'insistenza di Susan, era poi tornata nel suo appartamento. Ora si chiedeva se per caso non avesse sbagliato presumendo che la matrigna potesse cavarsela da sola. «Affare fatto, allora. Perché non raduni le tue cose mentre io finisco qui? Beth dovrebbe tornare da un momento all'altro dal suo appuntamento con il dentista. Poi potrà occuparsene lei.»

    «D'accordo.» Susan si alzò lentamente dallo sgabello, usando il bancone per appoggiarsi.

    Allie la guardò camminare incerta verso il retro del negozio e si sentì travolgere da un'ondata di amore verso quella donna che le era sempre stata accanto con affetto e comprensione, soprattutto negli anni dell'adolescenza. Considerò che mentre lei stava appena cominciando a ritrovare il controllo della propria esistenza dopo la morte inaspettata del padre, Susan aveva qualche difficoltà in più. E perché dovrebbe essere diversamente?, si chiese. Susan era stata in tutto e per tutto una vera moglie per suo padre, anche se non legalmente. A dire il vero, lei si era spesso stupita del fatto che il padre non rendesse ufficiale quel legame.

    «Mi scusi» disse una voce interrompendo di colpo i suoi pensieri.

    Voltando bruscamente la testa, Allie vide un uomo in attesa dall'altra parte del bancone: reggeva in mano una copia di People.

    «Per caso è sua questa rivista?» le chiese.

    Allie batté le palpebre. Non lo aveva visto entrare nel negozio, a meno che non fosse arrivato poco prima e non fosse rimasto nascosto dietro gli scaffali più alti vicini all'ingresso. Arrossì all'idea che qualcuno avesse potuto sentire la sua conversazione con Susan.

    «Sì» rispose tendendo la mano per prendere la rivista.

    Ma lui non gliela consegnò subito. Invece la svolse, mettendo in mostra la pagina che lei stava guardando quando era entrata poco prima in negozio.

    «Questa è lei?» domandò indicando la foto che accompagnava l'articolo in cui era descritto il suo salvataggio di Harry Maguire.

    Non ancora abituata alle domande che la gente le rivolgeva da quando, il mese precedente, il giornale locale aveva pubblicato una sua foto in prima pagina, Allie scrollò le spalle. «Be'... sì» assentì, cercando di assumere un tono distaccato mentre tendeva di nuovo la mano.

    Lui non sembrò accorgersi dell'implicita richiesta di consegnare la rivista. I suoi occhi nocciola scuro continuarono a scrutarla con intensità. Allie si diede uno scrollone mentale e decise che era arrivato il momento di interrompere quel contatto che la metteva a disagio.

    «La mia rivista, per favore...» borbottò.

    «Oh, mi scusi» rispose lui battendo le palpebre come se si fosse svegliato da un sogno a occhi aperti. «Stavo cercando di immaginare come deve essere stato... gettarsi nel fiume per salvare un cieco.»

    A quel punto Allie sorrise e gli offrì la risposta che aveva elaborato alcune settimane prima. «Freddo.»

    A differenza delle altre persone che le avevano rivolto la stessa domanda nelle settimane precedenti, lui sembrò molto soddisfatto della risposta. Per questo motivo, Allie si raddolcì nei suoi confronti.

    «Posso esserle utile in qualcosa?»

    «A dire il vero, mi stavo guardando attorno.» A dimostrazione di quanto aveva appena detto, l'uomo girò la testa per gettare un'occhiata alle proprie spalle. «Questo posto è bellissimo. Mi ricorda i film western in cui appaiono quei particolari empori. I bidoni e i barili di legno. E soprattutto le pareti di mattoni.»

    «Questo edificio è molto vecchio. E questa parte, almeno, è autentica» tenne a precisare lei, lusingata dalle parole di quello sconosciuto.

    «È suo?» le domandò.

    «No. L'edificio è... dei miei genitori» replicò, riluttante ad addentrarsi in una lunga spiegazione sui suoi legami parentali. Il padre aveva lasciato la sua metà a Susan, insieme alla casa che avevano diviso per vent'anni. «Allora, desidera dare una occhiata attorno?»

    Lui aggrottò la fronte, un'espressione indecisa sul volto. «Oh, be'...»

    La porta d'ingresso del negozio si spalancò e Beth, l'amica di sempre di Allie e commessa di Susan, entrò come una ventata d'aria fresca. «Mi sono tolta la seccatura per altri sei mesi» annunciò dirigendosi verso il bancone. «Va tutto bene qui?» domandò dardeggiando sguardi incuriositi dal cliente ad Allie.

    «Grazie...» mormorò lui. Poi rivolse un cenno del capo ad Allie e superò Beth, diretto verso la porta.

    Mentre se la chiudeva alle spalle, Beth strizzò l'occhio ad Allie. «Non l'ho mai visto qui prima d'ora. Ricorderei sicuramente un viso come quello! Sai se è appena arrivato in città o che cosa?» Si infilò dietro il bancone e posò borsa e maglione su una sedia.

    «Non ne ho la benché minima idea...» borbottò Allie.

    «Voi due sembravate immersi in un'interessante conversazione quando sono arrivata io» scherzò Beth.

    Per qualche strano motivo, Allie si seccò per il commento. Aveva notato a malapena quanto fosse attraente quell'uomo. D'altra parte Beth era fatta così: sempre pronta a cercare di fare da Cupido con le persone che aveva accanto.

    «Ha visto la rivista.»

    «Oh...» fu tutto quello che disse Beth, ben sapendo come la pensasse Allie riguardo alla notorietà che le era piombata addosso.

    Arrivò Susan, con la borsa a tracolla e il cappotto sul braccio. «Beth, grazie al cielo sei qui. Allie mi porta a casa, poi tornerà per darti una mano a chiudere. La mia schiena» aggiunse a mo' di spiegazione davanti allo sguardo preoccupato di Beth.

    «Susan prenderà una settimana di riposo e io la sostituirò» dichiarò Allie.

    «Vuoi che cerchi un aiuto extra per la mattina?» propose Beth.

    «Sarebbe fantastico. Per caso tu ti ricordi quando incomincia il periodo del lavoro a tempo pieno estivo per gli aiutanti?» le domandò.

    «Abbiamo chiesto a due studenti universitari di iniziare a lavorare già da lunedì. I ragazzi del liceo sono impegnati il fine settimana e la sera di venerdì.»

    Susan annuì. «Allora dovremmo essere a posto per il personale.»

    «Ce la caveremo alla grande» si affrettò ad affermare Allie, temendo che la matrigna potesse cambiare idea riguardo alla settimana di riposo. «Finora è stata una giornata tranquilla, perciò credo che quando tornerò potremo senz'altro chiudere il negozio.» Detto ciò, prese Susan per il gomito e la accompagnò alla porta.

    Nell'auto, Joel abbassò la testa non appena vide le due donne girare l'angolo del negozio di alimenti biologici ed entrare nel piccolo parcheggio accanto all'edificio. Aveva trovato posto per la macchina sul lato opposto, deducendo che i proprietari dei negozi adiacenti al parcheggio avrebbero usato i quattro spazi a loro riservati.

    Osservò Allie che aiutava premurosamente Susan a salire sul furgone verde, sulle cui fiancate spiccava la scritta Evergreen Natural Food, per poi accomodarsi al posto di guida.

    Ovviamente l'aveva riconosciuta non appena era entrato nel negozio anche se lei, china sulla donna più anziana, non aveva notato il suo arrivo. Si era chiesto che cosa le passasse per la mente in quei pochi secondi in cui era rimasta a guardare la donna dirigersi zoppicando verso il retro del negozio. Preoccupazione e dispiacere, aveva pensato, perché quando si era voltata il suo viso era increspato in un'espressione tesa.

    La foto della rivista non le rendeva giustizia. Non aveva colto il lucido splendore dei capelli o le macchioline dorate negli occhi nocciola. Non aveva nemmeno rilevato la pallida cicatrice a forma di mezzaluna vicino a un occhio. Allie Newman era decisamente più interessante dal vero, pensò Joel, esattamente come accadeva per molte persone.

    Il furgone venne messo in moto e cominciò ad arretrare. Lui attese che si immettesse sulla strada principale, dando la precedenza alle macchine incanalate nel traffico. Probabilmente quella era l'ora di punta per una città come Kingston, Ontario. Poi Joel girò la chiavetta dell'accensione e seguì il furgone fuori del parcheggio, lasciando tra di loro lo spazio di almeno tre auto.

    Non che si aspettasse che lei si rendesse conto di essere seguita. Poca gente se ne accorgeva, a meno che le macchine non fossero su una solitaria strada di campagna o qualcosa del genere... a differenza di quanto accadeva nei film, in cui gli attori controllavano di continuo nello specchietto retrovisore alla ricerca di eventuali inseguitori. Ovviamente lui non avrebbe nemmeno avuto bisogno di seguirla: sapeva già dove viveva, essendo passato davanti a casa sua in Wellington Street mentre si dirigeva verso il negozio. Ma non aveva molte notizie sull'altra donna... Susan, gli sembrava che l'avesse chiamata... e così aveva deciso di andare a controllare.

    Il furgone svoltò a sinistra avviandosi verso la periferia della città. Joel si

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