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Un romantico inverno al sud
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E-book143 pagine2 ore

Un romantico inverno al sud

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Info su questo ebook

Una giovane donna affronta, dopo tanti problemi, una una nuova vita in un ambiente diverso, con tutte le difficoltà che questo comporta. Imparerà che la felicità è ancora possibile.
LinguaItaliano
EditoreDominique
Data di uscita14 gen 2014
ISBN9788868852399
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    Anteprima del libro

    Un romantico inverno al sud - Dominique

    quattordicesimo

    Capitolo primo

    La giovane donna, bionda e alta, che camminava a piedi nudi sulla sabbia, sembrava troppo assorta nei suoi pensieri per godere abbastanza del bellissimo paesaggio che la circondava. Infatti le colline coperte di pini e di olivi e il mare più azzurro che si potesse immaginare, racchiudevano la spiaggia con un vivido contrasto di colori. Correvano spensierate, invece, le due bambine che la precedevano, gridando a squarciagola di voler fare il bagno.

    Il sole di settembre era ancora caldo, ma ogni tanto una folata di vento ricordava che l’estate stava per finire e l’autunno avanzava. Le villette del villaggio turistico sovrastante erano quasi tutte chiuse e pochi ombrelloni colore arancione si aprivano ancora sulla sabbia ben pettinata. Nessuno era in vista. Evidentemente gli ospiti non facevano più vita di spiaggia, preferendo a questa altre attività più interessanti. Infatti, dai campi da tennis nascosti tra i pini, giungevano smorzati i toc-toc ritmici delle palline e un grande cartello affisso alla piccola costruzione di legno che ospitava la scuola di vela, invitava gli appassionati a partecipare a un torneo di bridge.

    Le bambine si erano dirette proprio lì, sorpassando il tratto di spiaggia poco curata che precedeva.

    La giovane donna bionda chiamò di nuovo: Stefi! Leila! ma con scarsi risultati, perché le due disobbedienti si stavano già levando gli abiti. Si poteva capire facilmente che era stato negato loro il permesso di fare il bagno e perciò stavano approfittando della distanza che avevano interposto tra loro e la madre per fare ciò che desideravano.

    Erano già in mare e avanzavano correndo verso acque più profonde quando la madre giunse alla loro altezza.

    Con aria poco soddisfatta, questa si sedette sulla sabbia e osservò le onde che sembravano diventare a poco a poco sempre più agitate.

    Le poche imbarcazioni ancorate nella darsena naturale, formata dal piccolo promontorio coperto d’erba ormai secca e ingiallita, che chiudeva la spiaggia da un lato, si muovevano ballando una danza scomposta.

    Notò che su di una di esse, un uomo armeggiava con mute subacquee e fucili. Certo, pensò, era stato a pesca oltre il promontorio, dove alte falesie a picco formavano l’ambiente ideale per quello sport.

    Riguardò dalla parte del mare e balzò in piedi con un grido soffocato.

    Leila, la più piccola era troppo al largo, mentre Stefi, girata verso di lei, gridava qualcosa che il rumore delle onde le impediva di sentire. Non perse tempo a spogliarsi, correndo nell’acqua così com’era.

    Per fortuna – riuscì a pensare – ho addosso i pantaloni, con la gonna non avrei potuto nuotare.

    Anna – le disse però una voce dentro di sé – tu non sai nuotare molto bene.

    Nonostante questo, corse nell’acqua ancora bassa; cominciò a sentire le grida di aiuto quando era ancora troppo lontana. Nuotò verso le figlie, pregando tra sè che almeno la maggiore non si esponesse troppo al pericolo. Non sarebbe mai riuscita a trascinare, nuotando, più di una delle due.

    Ora vedeva distintamente che Leila non ce la faceva più. Ad ogni onda la sua testa biondissima spariva e, quando riappariva, la bambina annaspava disperatamente.

    Dio mio! Ti prego! L’angoscia le levava il respiro. In quel momento una figura agile e robusta si tuffò dall’unica barca che aveva dato segni di vita. Dopo poche bracciate di crawl era già vicino alla piccola. La riportò indietro vicino alla più grande che aspettava impaurita, sforzandosi di rimanere a galla tra le onde arrabbiate.

    Anna li raggiunse, ancora stordita dall’emozione, mentre già si stavano dirigendo verso di lei. Il mare ribolliva e il vento fischiava sempre più forte, asciugando subito le lacrime di gioia e di sollievo che le rigavano il viso.

    Vide un colore livido sul viso della figlia, che faceva contrasto con l’intensa abbronzatura del suo salvatore, ancora giovane, vedeva ora ma con qualche capello grigio che si mescolava bizzarramente ai folti capelli castani. Ora lui le sorreggeva entrambe per farle avanzare più rapidamente.

    Grazie! Grazie! disse, sentendo che qualsiasi parola era inadeguata a esprimere quello che sentiva. Uscirono dall’acqua e si sedettero sulle sedie a sdraio, soli nella spiaggia deserta.

    Riprendiamo fiato – le sorrise l’uomo – volevate battere tutti i record di nuoto nella tempesta? Anna notò sorpresa che aveva voglia di scherzare, nella sua voce si distingueva un leggero accento, simile ma nello stesso tempo diverso da quello locale.

    Leila aveva già ripreso fiato e stava dicendo: Non mi ero accorta di essere andata così lontano! Se non ci fossi stato tu…

    Secondo la sua inveterata abitudine, trattava confidenzialmente sia un vecchio amico che una nuovissima conoscenza.

    Lui replicò allegramente: Avevo giusto bisogno di una rinfrescata, con la muta subacquea dopo poco si muore di caldo.

    Anna aveva aiutato le figlie ad asciugarsi e a rivestirsi, ma i loro lunghi capelli rimanevano bagnati ed esse rabbrividivano. Quanto a lei si sentiva addosso i jeans e la camicetta fradici come una gelida corazza. L’uomo le aveva notate e disse gentilmente: Siete tutte bagnate e ormai il sole se ne va. Non vi asciugherete più. Perché non venite su da me? Io abito qui sopra – e accennò al villaggio – Le posso dare anche qualche cosa per cambiarsi.,

    Lei è molto gentile – replicò Anna – ma non vorremmo disturbarla troppo.

    Niente paura, anzi mi fare compagnia per una bella tazza di the. Vi faccio strada, venite.

    Conosciamo benissimo la strada – interloquì Stefi – siamo state qui in vacanza moltissime volte, però prima che …

    Allora accettiamo – la interruppe Anna – però almeno mi lascerà fare il the.

    Questo mai, è la mia unica specialità. A proposito – si girò e sorrise come per rassicurarla – mi chiamo Guido.

    Poi si avviò deciso per la scaletta scavata nella roccia, decorata da ciuffi di capperi, i cui piccoli frutti erano ben visibili in cima a ogni ramo di foglie carnose. Lo seguirono in fila indiana, per la strettezza del passaggio. La stradina poi saliva, lasciandosi sulla destra delle villette tutte in legno, immerse in un uliveto che cresceva da cento anni in quella piana tra le colline. Si inerpicava subito dopo in mezzo alla pineta sul promontorio, dove solo alcune graziose villette in muratura erano state erette in una posizione splendida tra pini e oleandri.

    Quasi tutte sembravano chiuse, e Anna si domandò con inquietudine se aveva fatto davvero bene ad accettare l’invito.

    Le bambine, invece, felici ed eccitate, erano già arrivate all’ultima di quelle costruzione, mentre Guido non accennava ancora a fermarsi. Infine si arrestò all’imbocco di un vialetto, delimitato da candidi muretti traboccanti di lentischi e di mirti.

    Siamo arrivati .– annunciò, salendo i pochi gradini che portavano nel patio già immerso nella penombra. Aprì la porta: la stanza che si intravedeva era molto accogliente. Delle belle poltrone chiare circondavano un caminetto rustico. Il bianco grezzo delle pareti faceva risaltare il bel tappeto colorato, a tinte molto calde che copriva il pavimento di cotto.

    Guardandosi attorno, Anna osservò meravigliata: Non sapevo che fossero arredate così confortevolmente. Ho trascorso una vacanza qui qualche anno fa, ma queste villette erano del tutto diverse.

    Questa è privata – le rispose brevemente Guido – ma accomodatevi, levatevi di dosso quella roba bagnata. Lei rimase interdetta, Stefi e Leila avevano addosso i loro abiti asciutti ma per se stessa non aveva alcun ricambio.

    Venga – continuò lui allora, indicando alle bambine il bagno, dove avrebbero trovato un phon per asciugare i capelli– la mia stanza è di qua, le darò qualcosa di mio.

    Lei lo seguì, un poco imbarazzata. Nella bella stanza spiccava inaspettatamente una bella coperta di guanaco sul letto. Si poteva pensare che l’inquilino di quella casa fosse molto freddoloso, l’estate da quelle parti durava sei mesi l’anno.

    Guido aveva preso dall’armadio una maglietta e dei pantaloni di tela e glieli aveva porti. Lei si trovò faccia a faccia, molto vicina e notò per la prima volta i suoi strani occhi azzurri, color mare in tempesta, si sorprese a pensare. Non era così giovane come era sembrato in un primo momento; il suo volto dai lineamenti decisi aveva delle pieghe che riuscivano solo, però, ad aumentare il suo fascino. Osservò con stupore che era di poco più alto di lei, mentre la sua figura muscolosa e snella dava un’impressione di forza che lo faceva sembrare più alto.

    Sorpresa, si rese conto dell’effetto che quella vicinanza produceva su di lei. Devi considerare chiuso questo tipo di discorso, almeno per ora. Hai ben altri problemi. Si rimproverò mentalmente, quasi sorridendo di sè stessa.

    Me ne vado – annunciò lui – se ha bisogno di qualcos’altro, io sono in cucina. Ah, un momento, ecco un asciugamani.

    Non so come ringraziarla, faccio in un minuto. Rimasta sola, si guardò attorno: tutto confermava, come aveva intuito, che quella era la stanza di un uomo solo. Mancava, infatti, qualsiasi oggetto di uso femminile: un profumo, una spazzola, una rivista. Un libro semiaperto era posato sul comodino, si avvicinò per leggerne il titolo. Era un recente successo di un famoso economista americano sulla futura fine dell’attuale sistema economico e sull’indirizzo da seguire per evitarla

    Sotto il volume, però, spuntava una foto: una donna molto bella era ripresa assieme a un bimbo dall’aspetto malaticcio e triste, che non le assomigliava affatto, tranne che negli occhi grandi e scuri. Un po’ sorpresa si chiese come mai i due non fossero presenti in quella casa, ma accorgendosi che stava indugiando troppo, si cambiò in fretta, con qualche problema per i pantaloni, troppo larghi per lei. In soggiorno, Stefi e Leila stavano già attaccando con entusiasmo un vassoio di pasticcini, mentre Guido stava versando il the.

    Non le tratti molto bene – disse, notando che si comportava come un uomo abituato a fare certe cose da sé – altrimenti ripeteranno la loro bella impresa, per avere il premio che ora stanno ricevendo. Le due affamate protestarono vivamente.

    E’ qui da molto tempo? Si informò poi.

    No, sono arrivato soltanto ieri.

    Ieri? Peccato che il villaggio chiuda tra pochi giorni, allora.

    Si, certo, se ne andranno tutti, per fortuna. La sola cosa spiacevole sarà che chiuderà anche il ristorante.

    "Così Lei rimane qui anche per l’ottobre – Anna era incuriosita, ma non volle essere indiscreta e riportò il discorso su di un binario più generico – Se il tempo si mantiene bello come

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