Agli ordini di un milionario: Harmony Destiny
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Catherine Mann
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Anteprima del libro
Agli ordini di un milionario - Catherine Mann
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Millionaire in Command
Silhouette Desire
© 2009 Catherine Mann
Traduzione di Mariangela Latorre
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-722-7
1
Phoebe Slater arrivò al gran galà organizzato per festeggiare il ritorno a casa dell’eroe milionario portando con sé un bebè.
Senza dubbio buona parte degli invitati all’evento poteva permettersi di pagare una tata. Molte signore erano in grado di acquistare abiti da sera di alta sartoria e trascinarne lo strascico per il parco dell’esclusivo circolo privato che costeggiava la spiaggia. Phoebe, invece, indossava un vestituccio nero poco costoso che aveva comprato per quei pochi ricevimenti a cui doveva obbligatoriamente partecipare nella sua veste di docente di storia della University of South Carolina.
Naturalmente, quella era la prima volta che come accessorio portava sulla spalla un lattante.
Si sistemò su un fianco la bimbetta di cinque mesi e le sistemò il vestitino rosa. «Pazienza, tesoro. Ancora qualche minuto prima della pappa.»
Mentre le onde si frangevano sulla battigia, un gruppo musicale si esibiva dal vivo, suonando vecchi brani rock che attiravano gli ospiti sulla pista da ballo. Che diavolo! Perfino il preside della South Carolina ballava con la moglie sotto il baldacchino argentato. Spalancando gli occhi per la sorpresa, Phoebe inciampò sull’orlo di un tappeto.
Quella festa era fatta apposta per gli arrampicatori sociali, per i politici rampanti, tutta gente che si muoveva con grande agio in quei circoli. Lei, però, non era venuta per socializzare.
Era venuta soltanto a trovare il padre della piccola Nina.
Oh, se solo avesse avuto un’idea più precisa del suo aspetto!
La sua vecchia amica, la madre biologica di Nina, le aveva detto che Kyle Landis era il padre della bambina soltanto un paio di mesi prima, quando le aveva chiesto un aiuto per potere partecipare a un’audizione teatrale in Florida. Bianca era così eccitata all’idea di tornare a lavorare! Era convinta che fosse la sua grande occasione per garantire alla figlia una vita migliore.
Chi avrebbe potuto mai immaginare che Bianca non sarebbe tornata?
Phoebe strinse forte Nina, decisa ad assicurarle un’esistenza stabile. Il che significava trovare Kyle Landis, un uomo che non aveva mai conosciuto di persona.
Si augurava di riconoscerlo grazie alla divisa dell’aeronautica, ma il salone rigurgitava di bei militari bruni in alta uniforme. Non sarebbe stato facile individuare quello giusto grazie all’unica vecchia foto di cui disponeva.
Kyle compariva spesso sui giornali all’epoca in cui il padre era stato senatore, ma alla morte di lui, la madre e il fratello avevano fatto di tutto per tenerlo alla larga dai mass media mentre serviva la patria in svariate zone di guerra.
I volti intorno a lei si facevano più numerosi, la folla si infittiva.
Per quanto detestasse l’idea di attrarre su di sé l’attenzione, Phoebe si rese conto che prima o poi sarebbe stata costretta a chiedere aiuto per individuare il suo bersaglio.
«Posso aiutarla?»
Una voce profonda risuonò alle sue spalle come una risposta alle sue preghiere, facendola sussultare con quella nota di baritonale sensualità che le portò subito alla mente l’immagine di una camera da letto. Si guardò alle spalle per chiedere aiuto e il sorriso le morì sulle labbra.
Davanti a lei c’era Kyle Landis in carne e ossa.
Capelli cortissimi, occhi azzurri che si increspavano in piccole rughe di espressione accentuate dall’abbronzatura acquisita nel deserto mediorientale, fronte larga e mascella volitiva gli conferivano un’aria particolarmente virile.
Phoebe avrebbe dovuto immaginare che di persona sarebbe stato uno schianto. Era il fortunato rampollo di un’antica e ricca famiglia del Sud, con una voce profonda e il petto coperto di medaglie. Forse l’unico ad averne più di lui in quel consesso era il patrigno, un generale.
Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato lui a trovarla in mezzo a quella folla, anziché il contrario? Ma forse, in qualità di ospite di onore, Kyle si sentiva obbligato ad assicurarsi che tutti si divertissero.
«Posso aiutarla?» le chiese di nuovo con quella voce conturbante, un bicchiere di whisky tra le mani.
«Non avrebbe potuto aiutarmi meglio, visto che stavo cercando proprio lei.»
Una fossetta gli comparve sulla guancia quando sorrise. «Chiedo scusa. Se ci siamo già incontrati, non lo ricordo.»
Sarebbe stato facile lasciarsi conquistare da quella fossetta, da quel mezzo sorriso di sghimbescio, se Bianca non l’avesse già messa in guardia al riguardo. «No, non sono qui per me.»
Lui si guardò intorno, evidentemente alla ricerca di altri volti conosciuti. «E con quale dei miei compagni è venuta? Non ci capita spesso di conoscere le mogli dei nostri commilitoni.»
«Io non sono sposata.» Ma lo era stata. Scacciarsi dalla mente Roger prima che i ricordi si facessero dolorosi non fu facile.
Kyle spostò rapidamente lo sguardo su Nina, poi lo distolse.
Di certo non ci si poteva aspettare che la riconoscesse come sangue del suo sangue, visto che non sapeva neppure della sua esistenza.
Quando aveva scoperto di essere incinta, non essendo ancora certa di volere portare a termine la gravidanza, Bianca aveva deciso di non informare il padre di Nina. Poi si era lasciata prendere dal panico e quando finalmente aveva stabilito di informare Kyle, non era riuscita a trovarlo.
Così quella sera era toccato a Phoebe superare la barriera dei controlli e intrufolarsi al ricevimento, spacciandosi per la moglie del responsabile del catering.
Una cosa era certa: ora che Kyle era tornato a casa, nulla le avrebbe impedito di portare a termine la sua missione e di costringerlo ad accollarsi le proprie responsabilità.
Tanto valeva, dunque, afferrare il toro per le corna. «C’è un posto tranquillo in cui possiamo parlare?»
«Mi dispiace molto, ma mia madre mi trascinerebbe indietro per un orecchio, se solo provassi ad abbandonare la mia festa di bentornato.» Kyle le si avvicinò, chinandosi a parlarle all’orecchio. «Magari più tardi?»
Un lampo di innegabile interesse gli balenava negli occhi. Era chiaro che fosse interessato a lei.
Oh, santo cielo! Ci stava davvero provando?
Phoebe si era preparata a qualsiasi possibile reazione da parte sua, tranne che a quella.
Arretrò di un passo, sollevando una mano. «Ehi, no, non era quello che intendevo» protestò battendo qualche colpetto sulla schiena di Nina, pregando in cuor suo che la piccina continuasse a dormire. «Ho bisogno di parlarle qualche minuto lontano da orecchie indiscrete. Le assicuro che non la tratterrò molto, potrà tornare immediatamente al ricevimento. Magari potrebbe accompagnarmi alla porta, che ne dice? Così mi toglierò immediatamente dai piedi.»
«Perché no?» Kyle appoggiò il drink sul bancone alle sue spalle. «Le serve aiuto con la bambina?»
Lei retrocesse di un passo, tanto da strappargli una risatina.
«Ehi, non c’è bisogno di allarmarsi. Non intendo mica farla cadere. Non sono mai stato un asso, con i neonati, ma negli ultimi tempi mi sto allenando con mio nipote.»
Dunque Nina aveva un cuginetto. Era bello pensare che i due avrebbero potuto giocare insieme. Nina aveva diritto a una vita piena di gente che l’amava. «No, non mi ha allarmata. Grazie per la proposta di aiuto, piuttosto, ma non ne ho bisogno. Mi indichi la strada, invece, e io la seguirò.»
Con un cenno del capo, le volse le spalle, tolse di mano i bicchieri di champagne a due adolescenti che se n’erano impossessati di straforo, li consegnò a un cameriere che passava accanto a lui, quindi condusse Phoebe in una saletta privata, separata dalla sala principale da ampi vasi di felci disposti su mezze colonne.
Phoebe avrebbe preferito di gran lunga un rifugio più discreto, una porta da potersi chiudere alle spalle, ma si rese conto che avrebbe dovuto accontentarsi della saletta.
Allontanandosi da lui per sfuggire alla sua imponente presenza, si sfilò la tracolla della borsa dei pannolini dalla spalla e la depose sulla panchina di ferro battuto accanto a lei.
«Si ricorda di Bianca Thompson?» gli chiese senza preamboli.
L’espressione cordiale di Kyle fu sostituita da un lampo di riservatezza. «Sì. Come mai me lo chiede?»
In quel momento due giovani donne alticce si intrufolarono nel salottino, una sigaretta accesa tra le mani. «Oh, chiedo scusa!» esclamò ridacchiando una delle due, quando si accorse della loro presenza.
«Nessun problema» sorrise Kyle. «Troverete un altro salottino oltre quella palma in vaso, laggiù.»
La donna sfoderò un sorriso invitante. «La ringrazio, Capitano» civettò mostrandogli una lunghissima gamba abbronzata che fuoriusciva dallo spacco eccessivo del vestito da sera, quindi gli volse le spalle e sparì con la sua amica.
Phoebe si girò di nuovo verso Kyle. «Dunque non nega di conoscere Bianca?»
Lui si massaggiò la nuca. «Questa faccenda incomincia a farsi strana. Come ha detto che si chiama?»
«Phoebe» rispose lei sistemandosi meglio in spalla la piccola Nina. Il profumo del suo shampoo le procurò un’improvvisa tenerezza, ricordandole quanto fosse importante per lei l’esito di quell’incontro. «Phoebe Slater, sono una vecchia amica di Bianca. Eravamo nella stessa associazione studentesca all’università, ma siamo rimaste in contatto anche in seguito.»
Non quanto le sarebbe piaciuto, almeno non negli ultimi due mesi! Ancora non riusciva a credere che Bianca fosse sparita dalla circolazione senza una parola, che fosse capace di abbandonare così la figlia senza il minimo rimorso.
«Lieto di conoscerla, Phoebe» commentò Kyle sollevando un sopracciglio, quasi volesse far intendere che la sua pazienza si stava esaurendo molto in fretta.
Non c’era più tempo. Era impossibile sperare di trovare la giusta ambientazione per quel genere di rivelazione.
Phoebe resistette alla tentazione di abbracciare più forte Nina. Non era figlia sua, eppure la amava come se lo fosse. Anzi, quasi certamente Nina era per lei l’unica occasione di maternità, per quanto breve, che le sarebbe mai stata concessa.
Quando il marito che aveva amato con tutta se stessa era morto, tutte le sue speranze di diventare madre erano morte con lui.
Quindi non c’erano occhi azzurri in grado di distoglierla dalla sua missione, né di impedirle di portare a termine il compito che si era assunto. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, qualsiasi cosa per garantire un futuro a Nina.
Così sollevò la piccola tra le braccia e la girò