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Il milionario dei miei sogni: Harmony Jolly
Il milionario dei miei sogni: Harmony Jolly
Il milionario dei miei sogni: Harmony Jolly
E-book175 pagine2 ore

Il milionario dei miei sogni: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Attraente, brillante, spietato negli affari, adulato e bramato da ogni donna, questa è la descrizione che in apparenza si adatta maggiormente a Finn McKenna, soprannominato Falco dai suoi concorrenti per il fiuto e la rapacità con cui si butta in ogni nuova sfida lavorativa. Eleanor Winston però è sicura di sapere come tenergli testa sotto ogni punto di vista e frequentandolo scopre che dietro quel modo di essere freddo e riservato Finn ha molte altre doti che potrebbero fare di lui l'uomo dei suoi sogni. E se quei sogni si trasformassero in realtà? Ellie, tentare non nuoce.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2018
ISBN9788858982365
Il milionario dei miei sogni: Harmony Jolly
Autore

Shirley Jump

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il milionario dei miei sogni - Shirley Jump

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    One Day to Find a Husband

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2012 Shirley Kawa-Jump, LLC

    Traduzione di Laura Polli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-236-5

    1

    Boston, primavera

    Finn McKenna osservò la splendida bionda a poca distanza da lui. La classica donna con cui ogni uomo sognava di cenare, ballare e baciare alla fine di una lunga giornata, pensò. E in quel momento non poté che augurarsi che il suo piano funzionasse.

    Di sicuro aveva riflettuto parecchio su quel progetto, ponderato tutti i pro e i contro. Eseguito ricerche, studiato ogni dettaglio e convinto se stesso che alla fine la donna in questione gli avrebbe detto...

    .

    «Sei completamente pazzo» disse una voce maschile alle sue spalle.

    Finn si voltò. Riley era bruno con gli occhi azzurri, come tutti i fratelli McKenna, ma l’espressione allegra e vivace era una sua caratteristica personale.

    Lui, infatti, aveva ereditato il carattere più serio e riservato del padre, mentre Riley quello più solare e spiritoso della madre.

    «Non sono pazzo, Riley. Gli affari sono affari, e il rischio fa parte del gioco.»

    «Tieni» replicò suo fratello, porgendogli un bicchiere. «Ho chiesto al barman di servirci della birra irlandese di qualità.»

    «Grazie» rispose Finn.

    Intorno a loro, gli invitati a quella serata chiacchieravano e socializzavano a champagne, martini e cocktail dai nomi esotici e fantasiosi.

    In quel contesto sofisticato, una birra faceva la figura di una margherita vicino a un cespuglio di rose. A lui però non era mai importato granché di ciò che pensava la gente o di trasgredire certe regole.

    Un atteggiamento che si era spesso rivelato vincente, ma al quale doveva anche un recente fallimento.

    Situazione temporanea, rammentò a se stesso.

    Quella sera avrebbe compiuto una mossa che avrebbe ristabilito l’equilibrio.

    Aveva intenzione infatti di riorganizzare la sua impresa con l’aiuto di Ellie Winston, amministratore delegato temporaneo della WW Architectural Design.

    Il problema era che lei non lo sapeva ancora.

    Eleanor Winston, Ellie per gli amici, era il nuovo capo della WW, la compagnia fondata dal padre.

    Finn ripassò mentalmente tutto ciò che sapeva di Eleanor Winston.

    Ventinove anni, laurea e master in architettura conseguiti presso una prestigiosa università, tre anni di lavoro ad Atlanta presso un’altra azienda prima di tornare a Boston poco prima della malattia del padre.

    Recentemente si era dedicata alla progettazione e realizzazione di alcuni edifici industriali, i classici pachidermi edili tanto odiati dagli architetti, e lui aveva sentito dire che Ellie non era per nulla soddisfatta di passare le giornate a progettare fabbriche e uffici.

    Una ragione in più per accettare la sua proposta con gratitudine, si era detto. Per settimane aveva valutato con attenzione la concorrenza prima di decidere che la WW Architectural Design era la scelta migliore.

    A un direttore alle prime armi come Ellie, costretto a occuparsi di una compagnia in grande espansione, con attività diversificate, avrebbe fatto di sicuro comodo... una mano.

    Sì, era così, gli piaceva immaginare il loro futuro accordo.

    Mutuo soccorso.

    Al cinquanta per cento per entrambi.

    «Allora, quale sarebbe il tuo grande piano? Parlare con Ellie Winston? Qui? Adesso?» gli domandò Riley. «Vestito in questo modo?»

    Finn diede un’occhiata all’elegante completo grigio scuro giacca e pantaloni che indossava, camicia bianca e cravatta di seta blu completavano il tutto.

    «Che c’è che non va nel mio abbigliamento?»

    «Niente, se devi partecipare a un funerale» rispose suo fratello, senza cravatta e con la camicia sbottonata, come al solito. «Non certo il look adatto se devi sfoderare un po’ di fascino.»

    Finn decise di ignorare quel consiglio.

    «Questa è l’occasione giusta» dichiarò, accennando alla bionda. «Ha bevuto un paio di bicchieri di champagne, è rilassata, su di giri e soprattutto non si aspetta l’offerta che sto per farle.»

    «Su questo non ci piove» convenne Riley con una risatina.

    Mentre sorseggiava la birra, lo sguardo di Finn si appuntò di nuovo su Ellie Winston. In quel momento stava ridendo per qualcosa che il tale al suo fianco le aveva detto.

    Una risata vellutata, profonda, accompagnata da un’espressione nei begli occhi verdi di lei che accese in Finn un interesse inaspettato. Per un istante si scoprì a invidiare lo sconosciuto al suo fianco, e a desiderare che fosse lui a farla ridere e sorridere in quel modo.

    Sì, Ellie Winston non era solo bellissima, ma anche dotata di fascino.

    In altre parole, una distrazione, concluse fra sé. Una di quelle che non poteva permettersi. Possibile che dai suoi precedenti errori non avesse ancora imparato la lezione?

    «Una donna come quella...» Riley scosse il capo. «La partita si prospetta alquanto movimentata, Falco.»

    «Detesto quando mi chiami così» replicò Finn, fra il seccato e il divertito.

    «Lo so, ma ti si addice... Tu, grande fratello rapace, individui i deboli e li spenni per farti il nido... Nel modo più indolore possibile, naturalmente» ritorse Riley in tono scherzoso.

    «Grazie per la fiducia» ribatté Finn, asciutto.

    Alcuni anni prima una rivista lo aveva soprannominato Finn il Falco quando aveva rilevato la società di un suo concorrente in affari. Sei mesi dopo ne aveva assorbite altre, diventando così la maggiore impresa edile del New England.

    Per un po’, almeno...

    Ovvero fino a quando il tradimento della sua ex fidanzata gli aveva rovinato la reputazione e ridotto quasi sul lastrico.

    La sua impresa era quindi inevitabilmente calata di rango, di certo non dettava più legge nel settore e lui più che un falco si era sentito un fallito.

    Un cameriera si avvicinò in quel momento per offrire loro crudités e tartine.

    Finn declinò l’offerta mentre Riley scelse delle tartine al salmone e sorrise alla ragazza.

    Finn alzò gli occhi al cielo. Cercare di mantenere suo fratello concentrato su un argomento era sempre un’impresa sovrumana.

    «Non pensi ad altro che alle donne?» gli domandò in tono pungente.

    «E tu non pensi altro che agli affari?» ritorse Riley.

    «Sono il titolare di un’azienda ed è mio dovere impegnarmi perché le cose vadano bene» rispose Finn. Una distrazione sentimentale gli era costata molto cara. Mai più, aveva giurato a se stesso.

    «Abbiamo sempre una possibilità di scelta» asserì Riley, accennando un sorriso. «E io preferisco le serate in compagnia femminile.»

    «Riguardo a questo non avevo dubbi» commentò Finn. La fama di playboy di Riley era ben documentata sui giornali scandalistici di Boston. Era il minore dei tre fratelli McKenna e al contrario di lui, impegnato a dirigere la McKenna Designs, e di Brody che svolgeva la professione medica, Riley conduceva un’esistenza quasi del tutto priva di responsabilità.

    «Carpe diem, Finn. Questa è la mia filosofia» dichiarò Riley. «Ogni tanto dovresti provare anche tu a lasciarti un po’ andare... Smetterla di pensare agli affari ed esci a divertirti.»

    «È quello che sto facendo.»

    «Oh, sì, certo» rise Riley.

    «Come titolare di un’azienda ho delle responsabilità ben precise» replicò Finn. A poca distanza, la donna con la quale desiderava parlare stava chiacchierando con altri invitati.

    Tacchi alti, gambe lunghe, ben fatte e...

    Concentrati, si ordinò Finn.

    Certe distrazioni non l’avrebbero certo aiutato a raggiungere l’obiettivo che si era fissato.

    «Un conto sono le responsabilità e un altro è vivere come un eremita» obiettò Riley. «Che mi dici del divano letto che hai in ufficio? È la prova che stai diventando uno scapolo solitario, senza uno straccio di vita privata... A meno che ci pensi la signorina Marstein a farti compagnia di notte.»

    A Finn andò per traverso il sorso di birra che stava bevendo. La sua assistente era una sessantenne giovanile ed efficiente, che svolgeva il suo incarico con la precisione di un orologio svizzero.

    «Sciocchezze» mormorò, schiarendosi la voce. «Per età la signorina Marstein potrebbe essere nostra madre.»

    «E tu, invece, fai la vita di un monaco» insistette Riley. «Dimentica ogni tanto le scartoffie, Falco, e torna a vivere.»

    Finn sospirò, per nulla stupito dall’incomprensione di suo fratello, un irresponsabile che si accontentava di vivere con la rendita che aveva ereditato alla morte dei loro genitori, invece che mettere a buon frutto i suoi talenti lavorando nell’azienda di famiglia.

    Probabilmente Riley non capiva neppure in quale delicata situazione versasse attualmente la McKenna Designs, di come il minimo passo falso da parte sua avrebbe potuto portare l’azienda al tracollo. Di quante persone dipendessero da lui... I suoi impiegati avevano tutti una famiglia da mantenere, mutui e rate da pagare.

    «Lavoro un mucchio di ore di giorno e qualche volta anche di notte. Per questa ragione mi fa comodo un divano letto in ufficio» ribatté, in tono un po’ brusco.

    «Comodo? Di’ pure deprimente» puntualizzò Riley. «Lavori come uno schiavo e a fine giornata non hai più nemmeno la forza di goderti un po’ la vita.»

    «In questo periodo non ho tempo per divertirmi. L’azienda ha sofferto molto per i recenti alti e bassi della Borsa e...» Si interruppe, scuotendo il capo. «Non avrei dovuto fidarmi di lei» concluse, accennando all’ex fidanzata.

    «Smettila di sentirti in colpa. Tutti facciamo degli errori» disse Riley in tono comprensivo.

    «Lo so, ma non avrei dovuto ugualmente fidarmi di Lucy» ribadì Finn. Quante volte si era detto e ripetuto la stessa cosa? Cento? Duecento? Anche se lo avesse fatto mille volte, non sarebbe servito a nulla, concluse.

    «Eri innamorato, e spesso gli uomini innamorati si comportano come degli idioti.» Riley abbozzò un sorriso. «Lasciatelo dire da un esperto.»

    «E quando mai tu lo sei stato? Intendo dire sinceramente e profondamente

    «A volte ho creduto di esserlo» rispose Riley, alzando le spalle.

    «Per quanto mi riguarda, non ripeterò lo stesso errore» dichiarò Finn.

    «Una storia finita male non è una buona ragione per mettere per sempre il cuore in frigorifero» obiettò Riley.

    La sua recente delusione sentimentale era molto più di questo, pensò Finn. Si era innamorato di una donna che gli aveva sottratto i suoi clienti più facoltosi, infangato la reputazione e spezzato il cuore.

    Quella non era una storia finita male, era il naufragio del Titanic.

    Il matrimonio dei loro genitori non era stato dei più felici e lui non ci teneva affatto a garantirsi la stessa infelicità.

    «Non è il momento di discutere di questo argomento» disse, mentre il suo sguardo si appuntava nuovamente su Ellie Winston, che sembrava non avere alcun problema a socializzare nel suo nuovo ambiente. Trasferita da poco da Atlanta, stava facendo in fretta molte amicizie.

    Intelligente, brillante, disinvolta... Sì, lei sarebbe stata un vero e proprio asso nella manica per la McKenna Designs e i progetti che aveva per il futuro, concluse fra sé. «Devo concentrarmi sul lavoro.»

    «Mi sembri più concentrato su Ellie» precisò Riley ridendo.

    «Lei è solo il mezzo per raggiungere determinati obiettivi, niente di più.»

    «Obiettivi che ti faranno invecchiare prima del tempo e continuare a dormire da solo in quel divano letto, circondato da un mucchio di scartoffie» previde Riley.

    «Ti sbagli.»

    C’era stato un tempo in cui aveva pensato di potere avere tutto, sia il proprio lavoro che una vita privata soddisfacente, si disse Finn. Aveva persino comprato a Lucy l’anello di fidanzamento e una casa nel migliore quartiere residenziale di Boston. Insomma, più giovane e ingenuo, aveva perso la testa per una donna che lo aveva crudelmente tradito. Per quella ragione, dopo Lucy aveva avuto solo avventure, rigidamente superficiali e a termine. Nessun coinvolgimento sentimentale, nessun pericolo di brutte sorprese.

    Anche se, guardando Eleanor Winston nel suo fiammeggiante abito rosso, l’intuito gli diceva che un’avventura con lei non sarebbe stata affatto una faccenda tranquilla e poco coinvolgente. Qualcosa, nel suo sguardo vivace, nei suoi modi disinvolti e spontanei, suggeriva che una storia con Ellie poteva lasciare un uomo...

    Senza fiato.

    Cioè esattamente l’opposto di quanto lui desiderava. Insomma, per evitare di farsi certe idee e raggiungere lo scopo che si era fissato, avrebbe dovuto mantenere

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