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Libera d'amare: Harmony Collezione
Libera d'amare: Harmony Collezione
Libera d'amare: Harmony Collezione
E-book153 pagine2 ore

Libera d'amare: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Dalla Grecia agli Stati Uniti, dall'Italia all'Inghilterra, innamorarsi di un milionario non è poi così difficile. Ma riuscire a rapirne il cuore non è un'impresa da tutti.



Nico Cavelli, principe di Montebianco, non è solito perdere il proprio tempo visitando i turisti rinchiusi nelle celle del suo paese. Ma per Lily Morgan ha deciso di fare un'eccezione. Lei, infatti, ha rubato qualcosa di molto prezioso: suo figlio, erede al trono di Montebianco.

Lily non ha commesso il crimine di cui l'accusano, ma sa che dovrà concedere qualcosa in cambio della libertà che Nico le ha accordato.
LinguaItaliano
Data di uscita8 set 2017
ISBN9788858972304
Libera d'amare: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Libera d'amare - Lynn Raye Harris

    1

    Nico Cavelli, principe ereditario di Montebianco, sedeva alla sua scrivania antica, intento a studiare i documenti che l’assistente gli aveva portato un’ora prima. Un’occhiata all’orologio lo avvertì che mancavano diverse ore alla cena di stato, offerta in occasione del suo fidanzamento con la principessa di un regno confinante.

    Provò un’immediata urgenza di allentarsi la cravatta... il problema era che l’aveva già allentata. Perché al pensiero del matrimonio con la principessa Antonella provava l’impressione che un cappio si stesse stringendo intorno al suo collo?

    Negli ultimi tempi la sua vita era così cambiata! Poco meno di due mesi prima era semplicemente il figlio minore, il dissoluto principe playboy che cambiava amante ogni settimana, il cui impegno principale era stabilire a quale party partecipare la sera. No, non era proprio quella la sua esistenza, ma era l’immagine che di lui offrivano i media, e Nico era sempre stato ben felice di adeguarsi. Qualsiasi cosa, pur di distogliere l’attenzione dal fragile fratello.

    Nico sospirò. Gaetano era il maggiore, il più debole, l’erede legittimo.

    Il fratello che lui aveva sempre protetto. Ma di recente gli era stato impossibile distoglierlo dalle sue scelte, o dalla decisione fatale di spingere la Ferrari a tutta velocità contro uno scoglio.

    Quanto sentiva la mancanza di Gaetano! Ed era anche furibondo con lui. Perché aveva scelto un tale destino, perché non era stato capace di combattere i propri demoni, perché non si era confidato con lui. Nico avrebbe mosso mari e monti per Gaetano, se solo avesse saputo.

    «Basta!» esclamò. Niente gli avrebbe restituito suo fratello, e niente avrebbe cambiato il suo attuale destino. Era l’unico principe rimasto e, benché illegittimo, secondo la costituzione di Montebianco era il primo nella linea di successione.

    Solo la regina Tiziana disapprovava quella situazione, ma del resto era una vita che disapprovava tutto ciò che lo riguardava. Qualsiasi cosa facesse, per lei non era mai abbastanza. Da bambino aveva fatto di tutto per compiacerla, ma lei lo aveva sempre messo in disparte. Adesso, da adulto, riusciva a giustificarla: la sua presenza gli ricordava il tradimento del marito.

    Quando, dopo la morte della madre, era stato accolto a palazzo, la regina Tiziana lo aveva considerato una minaccia, soprattutto perché era più forte fisicamente di Gaetano, benché fosse più giovane. Il fatto che fosse diventato principe ereditario, poi, acuiva la sua sofferenza. Rappresentava il ricordo costante di ciò che lei aveva perduto. E non aveva importanza che lui avesse amato profondamente il fratello, che avrebbe fatto qualsiasi cosa perché potesse tornare in vita.

    Ma, dato che niente gli avrebbe restituito Gaetano, non gli restava che fare il possibile per adempiere il proprio dovere di principe ereditario. Era l’unico modo per onorare la sua memoria. Un leggero bussare alla porta lo riscosse dalle sue riflessioni. «Avanti!» esclamò sollevando il capo.

    «Il prefetto ha inviato un messaggero, Vostra Altezza.»

    «Che entri» replicò Nico.

    Un attimo dopo un uomo in uniforme s’inchinò profondamente. «Vostra Altezza Serenissima, il prefetto invia i suoi più sentiti ossequi.»

    Nico soffocò l’impazienza, mentre l’uomo recitava il rituale. «Qual è il messaggio?» domandò leggermente irritato, quando le formalità furono esaurite.

    Benché fosse compito del principe ereditario sovrintendere alle forze di polizia, si trattava di un ruolo più simbolico che pratico. Mentre l’ufficiale lo ragguagliava, ebbe uno sgradevole presagio.

    Ridicolo! Era soltanto la consapevolezza della perdita della libertà a tormentarlo, mettendolo a disagio.

    L’uomo estrasse una busta dalla tasca. «Il prefetto mi ha incaricato di avvertirvi che abbiamo recuperato alcune delle statue del museo, e di consegnarvi questa, Vostra Altezza.»

    Nico prese la busta e l’aprì.

    Si aspettava di trovare una lettera, ma c’era soltanto la foto di una donna e di un bimbo. Riconobbe la donna all’istante - quei capelli biondi, gli immensi occhi verdi e la spruzzata di lentiggini sul naso - e provò una momentanea fitta di rimpianto: la loro relazione era stata troppo breve. Poi osservò il bambino.

    All’improvviso fu colto da una collera incontrollabile. Non era possibile! Era sempre stato attento. Non avrebbe mai fatto a un bimbo ciò che era stato fatto a lui. Non avrebbe mai generato un figlio per poi andarsene. Doveva essere un trucco, una manovra per metterlo in imbarazzo il giorno del fidanzamento, un complotto per estorcergli del denaro. Non c’era nessuna possibilità che il bambino fosse suo.

    La mente macinava a pieno ritmo. Aveva trascorso poco tempo con lei, e avevano fatto l’amore una volta sola... con suo gran rincrescimento. Se lo sarebbe ricordato se qualcosa fosse andato storto, no? Certo... eppure il bimbo aveva tutti i tratti somatici dei Cavelli. Nico non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi che erano l’immagine dei suoi. Solo dopo qualche istante, colse le parole confuse dell’ufficiale.

    Lasciò cadere la busta. «Mi accompagni subito alle carceri.»

    Lily Morgan era disperata. Sarebbe dovuta restare a Montebianco un paio di giorni, ma ne erano ormai passati tre. Il cuore le batteva rimbombandole nelle orecchie, al punto che aveva temuto di avere un attacco cardiaco. Doveva tornare a casa, dal suo bambino. Ma le autorità non le permettevano di andarsene, e la supplica per essere ricevuta dal console americano era stata ignorata. Da quattro ore non vedeva anima viva. Questo lo sapeva per certo, perché l’orologio glielo avevano lasciato, dopo averle sequestrato il cellulare e il portatile quando l’avevano condotta in quel posto.

    «Ehi!» gridò. «Non c’è nessuno?»

    Nessuno rispose. Soltanto l’eco della sua voce che rimbalzava all’interno delle mura della vecchia fortezza.

    Disperata, si sedette sullo scomodo materasso. No, non avrebbe pianto. Doveva essere forte per il suo bambino. Il piccino ha già sentito la mia mancanza? Non lo aveva mai lasciato, in passato, e non lo avrebbe fatto neppure in quella circostanza, se il suo capo le avesse lasciato una possibilità di scelta.

    «Julie non sta bene» l’aveva informata qualche giorno prima. «Dovrai recarti tu a Montebianco e buttare giù quel pezzo sul quale lei stava lavorando per l’edizione straordinaria.»

    Lily, confusa, aveva protestato. «Ma non ho mai scritto un articolo!» In effetti, nei tre mesi in cui aveva lavorato al giornale, aveva redatto soltanto necrologi. Non poteva neppure definirsi una giornalista, anche se le sarebbe piaciuto diventarlo, con il tempo. Era stata assunta nel reparto pubblicità, ma, poiché il personale era scarso, tutti si adattavano alle mansioni più diverse.

    L’unico motivo per cui il Port Pierre Register aveva una corrispondente dall’estero era perché non solo Julie era la nipote dell’editore, ma anche perché i suoi genitori possedevano l’unica agenzia di viaggi del paese. Se stava lavorando su Montebianco, probabilmente era in vista qualche viaggio organizzato.

    Ma il solo pensiero di recarsi in quel posto l’aveva sconvolta. Come poteva andare in quel regno del Mediterraneo, sapendo che Nico abitava lì?

    Ovviamente, il suo capo lo ignorava. «Non è necessario che tu scriva l’articolo, mia cara, Julie ha fatto la maggior parte del lavoro. Vai a fare qualche foto, scrivi le tue impressioni... cose del genere. Fermati un paio di giorni e poi torna qui a lavorare con lei per la stesura definitiva.»

    Lily aveva obiettato, ma l’altro aveva insistito. «Il tempo stringe, Lily, e se non posso contare su di te quando mi servi, dovrò trovare qualcuno più disponibile. Questa è la tua occasione.»

    Lei non poteva permettersi di perdere il lavoro. A Port Pierre un impiego non si trovava dietro l’angolo, e se avesse perso quello al giornale non sarebbe più stata in grado di pagare l’affitto e l’assicurazione sanitaria. Quando era rimasta incinta aveva lasciato il college, ed era passata da un lavoro sottopagato all’altro, pur di provvedere al bambino. L’impiego al giornale era stato un notevole passo avanti.

    Non poteva mettere a rischio il futuro di Danny rifiutando quel viaggio. Lei stessa, da piccola, aveva subito molte privazioni quando sua madre era rimasta disoccupata o, peggio ancora, ogni volta che abbandonava tutto per correre dietro a quello scapestrato di suo padre. Non voleva che succedesse la stessa cosa al suo bambino. Aveva appreso la dura lezione che bisogna fare affidamento solo su se stessi.

    Quindi aveva dovuto accettare l’incarico. Si era consolata pensando che ci sarebbero state ben poche possibilità di incontrare un principe. Così avrebbe lasciato Danny con la sua miglior amica, avrebbe trascorso due giorni come turista al Castello del Bianco e poi sarebbe tornata. Nessun problema.

    Ma non avrebbe mai immaginato di finire in una prigione. Qualcuno si sarebbe preso la briga di informare le autorità, vedendo che non tornava? O forse lo avevano già fatto? Era la sua unica speranza: che qualcuno riferisse del suo mancato ritorno, e il Consolato americano intervenisse presso le autorità locali.

    Una porta che sbatteva la fece balzare in piedi. Possibile che finalmente qualcuno venisse a liberarla? O si trattava solo di un nuovo prigioniero trascinato nelle segrete di quella vecchia fortezza?

    Lily si aggrappò alle sbarre e cercò di scrutare nell’oscurità. Passi pesanti riecheggiavano nei corridoi. Una voce subito zittita da un tono autoritario. Dopo una vita, un uomo entrò nel suo campo visivo, ma le tenebre erano troppo fitte per individuarne i tratti. Si fermò a qualche metro da lei, in silenzio.

    Lily rimase con il cuore sospeso, mentre le lacrime le pungevano gli occhi. Oh, Dio, non lui!, gemette fra sé. Il destino non poteva essere tanto crudele.

    Non riuscì a emettere una sola parola mentre il principe - perché così doveva considerarlo - entrava nel raggio di luce. Ed era ancora più affascinante di come appariva nelle foto sulle riviste.

    Buon Dio, aveva davvero pensato che fosse semplicemente uno studente di Tulane quando lo aveva conosciuto, quel martedì grasso? Come aveva potuto essere così ingenua? Quell’uomo era ricco, privilegiato, potente, lontano anni luce da lei.

    «Lasciaci» ordinò l’uomo alla guardia che aveva al fianco.

    «Ma, Vostra Altezza, non credo...»

    «Vattene via!»

    «Sì, mio principe» rispose l’uomo in italiano, la lingua parlata a Montebianco. Lily trattenne il respiro.

    «È accusata di aver tentato di trafugare reperti storici» esordì freddamente, non appena l’eco dei passi della guardia si perse nel nulla.

    Lily batté le palpebre. «Scusi?» Erano tutti impazziti, in quel paese?

    «Due statuette, signorina. Un lupo e una ragazza. Sono state rinvenute nel suo bagaglio.»

    «Ma so... sono dei souvenir!» farfugliò lei, incredula. «Li ho acquistati da un venditore ambulante.»

    «Sono tesori inestimabili del mio paese, rubati tre mesi fa dal museo di stato.»

    A Lily cedettero le ginocchia. Oh, mio Dio! «Non ne so niente. Voglio solo tornare a casa.»

    Il cuore le rimbombava nelle orecchie. Era tutto così incredibile, sia l’accusa sia il fatto che pareva che lui non la riconoscesse. D’altra parte era ovvio che non la riconoscesse! Si era forse aspettata qualcosa di

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