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Sposa di primavera (eLit): eLit
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E-book294 pagine5 ore

Sposa di primavera (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1461 - Alla morte improvvisa del padre, la bella Raine Blanchett rimane sola con un fratellino, così si fa coraggio e parte per Londra in missione: trovarsi un marito alla corte del re. Per impedire al cugino Denley di sposarla per forza ha infatti bisogno di un uomo che faccia da tutore al piccolo William, erede delle proprietà di famiglia. Ma Den si fa sempre più pericoloso e il tempo stringe. Quando mette gli occhi sul nobile e onesto Benedict Answorth, Raine non esita a escogitare un trucco per costringerlo a sposarla. Ma il potente lord Benedict è anche un uomo bello e affascinante...
LinguaItaliano
Data di uscita28 set 2017
ISBN9788858976029
Sposa di primavera (eLit): eLit
Autore

Catherine Archer

Innamorata dei romanzi storici dall'età di dodici anni, è una grande appassionata di storia, in particolare del Medioevo. Abita con il marito e i tre figli ad Alberta, in Canada.

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    Sposa di primavera (eLit) - Catherine Archer

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Bride of Spring

    Harlequin Historical

    © 2000 Catherine J. Archibald

    Traduzione di Pier Paolo Rinaldi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A..

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2002 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-602-9

    1

    Inghilterra, 1461

    Raine Blanchett attendeva insieme agli altri cortigiani davanti alla soglia della stanza delle udienze di Re Edoardo. Lei, però, al contrario degli altri nobili ben vestiti, non si trovava lì per vedere il re.

    Raine era in cerca di un marito. L’idea di doverne trovare uno in fretta si faceva sempre più pressante col passare dei giorni, però la sua lunga permanenza a corte non sembrava aver dato frutti.

    Eppure, quando ne aveva parlato a suo fratello William e ad Aida, la loro nutrice, le era sembrata una buona decisione da prendere. Il suo arrivo in quel luogo le aveva dimostrato, però, che anche le migliori idee potevano essere di difficile realizzazione.

    Raine era abbastanza onesta con se stessa da ammettere che era colpa sua se le cose non andavano bene. Lei non poteva accontentarsi di un uomo qualsiasi. Un bel volto e una lingua pronta non sarebbero stati sufficienti. L’uomo prescelto avrebbe dovuto badare al suo fratellino undicenne e ai suoi possedimenti fino al giorno della sua maggiore età. E lei voleva anche che lo facesse senza cedere alla tentazione di accantonare per sé una parte di quella enorme ricchezza.

    Il suo aspetto e l’età non erano importanti quanto il fatto che lui fosse giusto, onesto e forte. Forte abbastanza, innanzitutto, da convincere il cugino Denley che era arrivato il momento di smetterla con le sue prepotenze. Nelle settimane precedenti il suo arrivo a corte, le reiterate proposte di matrimonio del cugino si erano trasformate in minacce ben poco velate, che sarebbero state messe in atto nel caso in cui lei non si fosse decisa alle nozze di sua spontanea volontà.

    Raine sapeva che sotto il controllo del cugino la vita di William sarebbe stata dura. Non era un segreto per nessuno che Denley volesse sposarla solo per mettere le mani sui vasti possedimenti che suo fratello aveva ereditato sei mesi prima, quando il loro padre era morto.

    Il pensiero di quel lutto così vicino le fece provare l’ormai familiare dolore al petto, ma Raine si rifiutò di cedere alla pena. Sapeva che suo padre avrebbe voluto vederla andare avanti, badare a suo fratello e alla loro eredità. Anche se non aveva mai accennato alla sua disperazione per la morte della moglie, la fiducia di suo padre in lei era cominciata quel giorno. E Raine sentiva di dover fare in modo che qualcuno badasse a William e alle sue terre.

    Quando era arrivata a corte, aveva cominciato la ricerca del pretendente più adatto nel solito modo. Si era resa presentabile indossando i begli abiti che si era fatta tagliare. Aveva sorriso e danzato e cercato di sembrare attraente. Il problema non era stato la carenza d’interesse maschile, ma il genere di uomini che aveva finito per attirare.

    Tutti quelli che l’avevano in qualche modo interessata si erano rivelati una delusione, compreso Lord Henry Wickstead. Aveva creduto che, per via della sua età avanzata, il vecchio aristocratico non fosse avido di terre e di denaro. Ma anche lui, proprio come gli altri, si era rivelato essere ben lontano dal suo ideale di marito. Tutti quegli uomini non sembravano preoccuparsi del fatto che Raine non fosse una grande ereditiera. Era chiaro che miravano a ciò che possedeva il giovane William.

    Così aveva perso tempo prezioso cercando di scoprire le vere intenzioni di quegli aspiranti pretendenti. Raine si era detta che doveva esserci un modo per conoscere qualcosa di un uomo senza impiegare tutto quel tempo e qualche sera prima aveva avuto un’idea. Perché non recarsi direttamente nella sala delle udienze del re? Lì sarebbe potuta venire a conoscenza di quello che i cortigiani speravano di ottenere dal sovrano, scoprendo qualcosa della loro situazione finanziaria. Nessuno vedendola lì giorno dopo giorno aveva fatto domande. Tutti, evidentemente, erano troppo occupati a cercare di risolvere i loro problemi. Il suo sistema si era rivelato valido, si era detta Raine, ma le aveva anche fatto capire che lo scopo che si era prefissa non era certo facile da raggiungere.

    Nessuno, fino a quel momento, aveva superato la prova preliminare.

    Solo la disperazione le impediva di tornarsene a casa in preda alla delusione. Non poteva contare sul fatto che Denley continuasse ad accettare di buona grazia il rifiuto delle sue goffe offerte di matrimonio. Raine temeva che presto si sarebbe deciso a sposarla con la forza o, peggio ancora, a progettare qualcosa di nefando nei confronti di William per ereditare i suoi possedimenti. Denley era il loro unico parente ancora in vita.

    Raine si affrettò a scacciare quei cupi pensieri. A William non doveva accadere nulla. Da quando era morto il loro padre, al mondo non aveva altri che lui.

    Lanciò un altro sguardo speranzoso e al contempo disperato verso i cortigiani raccolti nell’anticamera e sospirò.

    Qualche momento più tardi l’attendente del re aprì la porta e fece un inchino ai convenuti. «Ora potete entrare, signori» disse loro. «Sua Maestà vi riceverà.»

    Raine entrò con gli altri e guardò verso la pedana: Re Edoardo IV, riccamente vestito, sedeva sul trono e li osservava pensoso e non per la prima volta lei rifletté sul giovane sovrano. C’era chi diceva che Edoardo possedesse intelligenza e decisione, ma che gli mancasse la forza di carattere di suo padre. Raine si disse che col tempo lo si sarebbe scoperto. Aveva appena vent’anni. Si chiese se sentisse la mancanza di suo padre Riccardo di York, morto nella battaglia di Wakefield, combattuta l’anno precedente per assicurare la corona al ramo della famiglia reale che faceva capo alla Rosa Bianca. O forse le responsabilità e le preoccupazioni che la Corona portava con sé avevano derubato quel giovane bruno della libertà di piangerlo, un po’ come era accaduto a lei? Osservando lo sguardo cauto del sovrano, Raine si disse che doveva essere così.

    Eppure Edoardo e il suo dolore, come ogni altra cosa, dovevano essere messi da parte. Lei doveva proteggere William. Doveva pensare a se stessa.

    Le ore del mattino si trascinarono stancamente. A mano a mano che ogni uomo presente sottoponeva il suo caso al re, Raine lo eliminava dalla lista dei potenziali mariti. Qualcuno era sposato, qualcun altro... Be’, semplicemente non era adatto.

    Raine stava cominciando a pensare che anche quel giorno avrebbe dovuto abbandonare ogni speranza di trovare il candidato adatto, quando notò un po’ di agitazione all’ingresso. Nonostante non fosse lontana, non riuscì a vedere al di sopra della folla. Tutti si voltarono per scoprire di chi si trattasse.

    Fu solo quando il re si alzò e sorrise con un piacere e un entusiasmo che fino al quel momento non aveva mai esibito, che Raine si rese conto che stava accadendo qualcosa d’importante. Il giovane re agitò una mano ingioiellata. «Venite avanti, Benedict.»

    Molti dei presenti, compresa Raine, si voltarono e seguirono l’avanzata di una testa dai capelli neri come il carbone e di due ampie spalle avvolte da una cappa di velluto color borgogna. Lo sconosciuto avanzò con sicurezza attraverso la folla. Raine si alzò in punta di piedi, ma non riuscì a vedere di quell’uomo altro che la schiena e la nuca, anche quando raggiunse la pedana ed Edoardo gli tese la mano. Al gesto di benvenuto del re, le persone che si trovavano di fronte a lei allungarono il collo per vedere meglio.

    Per un momento il re e l’uomo che aveva chiamato Benedict si limitarono a parlare con calma tra loro. Poi, all’improvviso, il re aggrottò la fronte e si alzò conducendo l’uomo poco distante, dove continuò a discorrere con lui.

    Un mormorio, nato da ciò che Raine poteva solo definire come invidia, percorse la folla.

    Una ruga le si disegnò sulla fronte quando si chiese chi potesse essere il nuovo arrivato. Che genere di uomo poteva considerarsi amico del Re d’Inghilterra? Perché solo così poteva descrivere il loro rapporto.

    Raine cercò di spingersi in avanti, ma non riuscì a procedere. La folla era troppo fitta.

    Un giovane biondo dall’aria altezzosa che stava fissando lo sconosciuto mormorò qualcosa al suo altrettanto altezzoso vicino. «Arrogante bastardo» furono le parole che colpirono le orecchie di Raine. Entrambi indossavano giubbe scandalosamente corte.

    «Chi è?» gli chiese Raine, trattenendosi dal discutere su chi fosse davvero arrogante.

    Il giovane la squadrò dall’alto in basso. «Benedict Ainsworth, Barone di Brackenmoore» le rispose, e il disprezzo nella sua voce era palese. «Era un grande amico del padre di Edoardo, e il suo contributo è stato fondamentale per assicurargli il trono.»

    Raine annuì. «E senza dubbio è stato ben ricompensato per i suoi sforzi» aggiunse stancamente. In quella stanza aveva visto molta avidità, nei giorni precedenti, anche se mascherata con abilità da un’aria umile.

    Il giovane si strinse nelle spalle. «Non che io sappia, ma chi può mai affermarlo? Si dice che Riccardo di York e Ainsworth fossero amici d’infanzia e che lui abbia appoggiato il duca per amicizia. Ma, come dite voi, può darsi che abbia ricercato un qualche vantaggio personale di cui noi non sappiamo nulla.» Il suo volto mostrava quanto poco fosse impressionato da quell’Ainsworth.

    Benedict Ainsworth non aveva guadagnato nulla dalla Corona. Raine, colpita da quella rivelazione, si trovò a insistere. «Ma forse» replicò, «proprio come avete detto voi, nessuno sa quale vantaggio abbia ricavato dall’appoggiare Riccardo. Forse lo ha fatto davvero per amicizia.»

    Fu solo allora che il giovane aristocratico sembrò vederla davvero. Lo sguardo dell’uomo si soffermò sul suo bell’abito di velluto bordato di ermellino e sui gioielli che portava. «Che cosa vi importa di tutto questo, mia giovane bellezza?»

    Raine voltò il capo perché l’uomo non la vedesse alzare gli occhi al cielo. Un altro interessato al suo denaro! «Ero solo curiosa di sapere qualcosa sul conto di una persona tanto cara al re, tutto qui. È sposato?»

    Il giovane sorrise con grazia, per sedurla. «Non credo, ma non pensateci. Sono Sir Robert Fullerton, e io non sono sposato. Sarei molto desideroso di conversare con voi su argomenti più interessanti di Ainsworth...»

    «Sì, forse più tardi, a cena» gli rispose distrattamente. Raine stava già pensando a come avrebbe potuto scoprire qualcosa di più sul conto di quel Benedict Ainsworth, quando il re richiamò l’attenzione dei convenuti.

    «Sono costretto a chiedervi di tornare domani» dichiarò Re Edoardo con un sorriso. «Ora devo affrontare un problema molto importante.»

    Raine provò una violenta delusione. Aveva tanto sperato di scoprire il motivo per cui quell’uomo era venuto a chiedere udienza al re e invece, come tutti gli altri, doveva lasciare la stanza. Non c’era niente da fare.

    Si voltò e si diresse sospirando verso la porta fra i mormorii di delusione dei cortigiani. Non era l’unica a dispiacersi di doversi allontanare, anche se era certa che i motivi degli altri fossero molto diversi dai suoi.

    La frustrazione e il desiderio di vedere meglio quell’uomo rallentarono i suoi passi, e così Raine si lasciò superare dagli altri. Ma prima che avesse l’opportunità di voltarsi e guardare verso Ainsworth, l’attendente fece loro fretta.

    Raine aggrottò la fronte. Ah, se avesse potuto farsi piccola piccola, in modo da riuscire a rimanere senza essere notata! La sua spalla sfregò contro uno dei pesanti drappi di velluto appesi alle pareti di pietra per tenere lontano il freddo. In quell’istante le venne un’idea.

    Forse non poteva rendersi tanto piccola da essere invisibile, ma poteva nascondere la sua presenza. In fretta, senza darsi il tempo di riflettere, Raine sgattaiolò dietro il drappo e trattenne il fiato aspettandosi di sentire una voce che denunciava la sua azione.

    Benedict Ainsworth, Barone di Brackenmoore, fissava risoluto Re Edoardo, mentre aspettava che i cortigiani lasciassero la stanza.

    Sapeva che la decisione che aveva preso prima di recarsi presso il sovrano gli sarebbe costata cara. Il conte Maxim Harcourt era morto, e per mano di suo fratello Tristan. Non c’era modo di negarlo, proprio come non poteva negare che il fratello di Harcourt, che nessuno di sua conoscenza aveva mai visto, avrebbe avuto ragione di pretendere una qualche sanzione.

    Benedict sapeva anche che Tristan aveva avuto un buon motivo per uccidere Harcourt, ma lo avrebbe rivelato soltanto al re. Era per questo che si era azzardato a chiedere a Edoardo una udienza privata, favore che il sovrano non avrebbe concesso per una ragione meno importante. Percepiva su di sé molti sguardi, mentre la stanza si svuotava.

    Quando l’ultimo dei cortigiani ebbe superato la soglia, il sovrano si voltò verso il suo attendente. «Potete lasciarci anche voi» gli disse.

    L’uomo fissò Ainsworth e aggrottò la fronte, ma a Benedict non importava nulla della sua opinione. Aveva cose più importanti cui pensare.

    Quando rimasero soli, il re si voltò verso di lui e sorrise. «Ci sediamo?»

    Benedict aspettò che il re si sedesse e si accomodò alla sua sinistra. «Avete espresso il desiderio di parlarmi in privato» incominciò allora Edoardo. «Che cosa volevate dirmi?»

    Il giovane re assomigliava molto a suo padre Riccardo, si disse Benedict fissandolo, e solo il tempo avrebbe detto se possedeva la sua stessa saggezza, la stessa devozione verso l’Inghilterra.

    Benedict si riscosse. Non stava a lui valutare il re né si era recato a corte per questo motivo. «Vostra Maestà...» esordì.

    «Vi prego» fece il re interrompendolo. «Eravate amico di mio padre, e quando ero un ragazzo mi sembravate quasi uno zio. Non fate cerimonie per tutto questo» aggiunse indicando con un gesto il lussuoso arredo della stanza. «Potete chiamarmi Edoardo come avete sempre fatto.»

    Benedict annuì. «Vostro padre e io eravamo amici, Vostra Maestà, ma non per questo ritengo di potermi prendere certe familiarità con voi. Siete il Re d’Inghilterra, ora.»

    Edoardo gli sorrise. «Sono re, ma spero che nonostante questo mi rimaniate amico, proprio come avreste fatto con mio padre se fosse vissuto abbastanza da prendere il trono.»

    Benedict non poté fare altro che chinare il capo e accettare quell’onore. «Sarei lusingato di potermi considerare tale, Vostra Maestà, ma per via della sua natura sono costretto a mantenere questo colloquio su basi più formali. Come vi ho detto quando sono arrivato, sire, devo chiedervi una grazia.»

    Edoardo annuì, vedendo con quanta serietà il Barone Ainsworth gli si stava rivolgendo. Un’espressione grave, più adatta a un governante, gli si disegnò sul volto giovane e intelligente.

    «Qualche mese fa» proseguì Benedict, «mio fratello Tristan ha ucciso Maxim Harcourt.»

    Edoardo intrecciò le dita, pensoso. «Sono stato in corrispondenza con suo fratello, Alister Harcourt, su questo argomento.»

    «Proprio come me, sire, anche se la sua esistenza è stata da tutti considerata una diceria, finché la prima lettera non è arrivata. Quell’uomo è comprensibilmente in collera per l’atto compiuto da Tristan e io non posso dargli torto. Devo anche dirvi, sire, che Alister Harcourt non conosce a fondo gli eventi che hanno portato alla morte di suo fratello. Eventi che, credo, assolvono Tristan da ogni colpa.»

    «Perché non glieli avete illustrati?»

    Benedict esitò. «La situazione è delicata, sire. Capite, in essa è coinvolta la moglie di mio fratello, Lillian, nata Lady Gray.»

    Edoardo si strinse nelle spalle, ma dal suo sguardo era chiaro che quel nome non gli era del tutto nuovo. Benedict cominciò a rendersi conto che il re non era poi così all’oscuro di quella faccenda, come dapprima gli era sembrato. Anzi, probabilmente conosceva gran parte dei fatti. «Nelle lettere di Alister Harcourt questo nome era citato come quello della promessa sposa di suo fratello. Lui sembra credere che Tristan l’abbia condotta lontano dal futuro sposo in gran segreto, causando così lo scontro in cui suo fratello è morto.»

    Benedict fu contento di aver deciso di non nascondere nulla al re. Certo, Edoardo era giovane, ma non era per niente stupido. «Questo è vero, almeno in parte. Ci sono circostanze attenuanti che, come vi ho detto, assolvono Tristan da ogni vera colpa.»

    Edoardo si appoggiò allo schienale e inarcò un sopracciglio. «Ve lo ripeto. Perché vostro fratello non ha fatto conoscere le sue ragioni?»

    Benedict aggrottò la fronte. «Perché questo avrebbe significato raccontare ad Alister Harcourt una storia di natura privata e, per giunta, molto complicata. Una storia che lui potrebbe raccontare a chiunque volesse porgergli orecchio. Non conoscendo nulla del suo carattere, esito a dargli su mio fratello e sua moglie quel potere che gli verrebbe dalla conoscenza di questo segreto. Dovete sapere, sire, che Lily e Tristan erano amanti, tre anni prima del fidanzamento della donna con Maxim. Questa unione ha prodotto anche un frutto, mia nipote Sabina.»

    Edoardo si sporse in avanti. «Comincio a capire. Non volete che venga al corrente di questi fatti qualcuno che potrebbe parlarne in giro.»

    «È così, sire. Lily e Tristan hanno già dovuto sopportare abbastanza. Non era loro intenzione che la bambina nascesse fuori del vincolo del matrimonio. A causa di un incidente, Lily e Tristan sono stati separati e quando lei si è svegliata da un lungo e profondo sonno, non ricordava più nulla di lui e della piccola. Non solo, la famiglia della ragazza ha pensato che fosse meglio tenerla all’oscuro di quella parte del suo passato. È stato solo quando Lily era in viaggio per sposare Maxim Harcourt che Tristan l’ha vista e l’ha rapita, del tutto ignaro del fatto che avesse dimenticato lui e tutto ciò che c’era stato fra loro. Capisco Tristan, anche se non approvo i suoi metodi. Il loro impegno reciproco era precedente a quello con Harcourt, e quell’uomo è stato ucciso in un combattimento leale contro mio fratello.»

    Edoardo annuì di nuovo. «Dunque, cosa mi chiedete, Benedict? Volete che spieghi la situazione ad Alister Harcourt, così da mitigare il suo rancore nei vostri confronti?»

    Benedict scosse la testa. «Come vi ho già detto, non conosco il carattere di quell’uomo e non desidero che venga a conoscenza delle sfortune della mia famiglia. Né desidero che la Corona si scusi al mio posto. Ciò che propongo è il pagamento di una penale. Intendo destinare ad Alister Harcourt terre e denari per ripagare in qualche modo il torto che ritiene di avere subito.»

    Il re annuì, pensoso. «Voi volete che la Corona soprintenda a questa transazione, dunque.»

    «Sì, se sarete così gentile da concedermi un simile onore. In questo modo la penale sembrerebbe stabilita da voi. Vorrei avere anche la vostra approvazione riguardo al trasferimento delle terre e delle altre proprietà. In tal modo voi non dimostrereste nessun indebito favore a me, in quanto amico di vostro padre, e io non dovrei offrire a mio fratello Tristan alcuna spiegazione. È un uomo orgoglioso e si occuperebbe in prima persona della faccenda, se ne fosse al corrente. Sono certo che lo farebbe in modo onorevole, ma desidero solo che lui e la sua novella sposa abbiano finalmente un po’ di pace. Come vi ho detto, hanno dovuto affrontare grandi difficoltà per potersi ritrovare.» Benedict notò il tono malinconico della propria voce e ne fu sorpreso. Nonostante fosse felice per la nuova coppia, non aveva alcun vero desiderio di sperimentare in prima persona un amore così intenso. Brackenmoore e la sua famiglia erano tutta la sua vita e gli andava bene così. Forse erano stati il recente matrimonio e tutte le gioiose emozioni che aveva portato con sé a lasciarlo così poco disponibile ai sentimentalismi.

    Edoardo lo stava fissando con aria pensosa. «Che ne direste di vivere a corte, Benedict?» gli chiese il re con un sorriso. «La vostra abilità di diplomatico potrebbe esserci utile.»

    Benedict scosse la testa. «Sono troppo occupato ad amministrare i miei possedimenti, Vostra Maestà. Preferisco lasciare le glorie della diplomazia a chi le ricerca.»

    Edoardo sorrise ancora, un po’ dispiaciuto, e tirò il cordone del campanello. Il suo attendente entrò da una piccola porta dissimulata nel muro. «Vostra Maestà?»

    «Chiamatemi uno scrivano.»

    L’uomo fece un inchino e sparì. Il re si alzò e si avvicinò al tavolo accanto alla finestra, versò del vino in due calici color rubino e ne porse uno al suo ospite. «Ditemi, Benedict, sarò generoso nei confronti di Alister Harcourt?»

    Benedict sorrise per la prima volta. «Oh, in modo ragionevole, mio signore» gli rispose sollevando il calice.

    Dal suo nascondiglio Raine non poté vedere nulla, ma sentì ogni cosa. Lo scrivano venne e se ne andò, e il desiderio che Raine provava di sapere di più sul conto di quell’Ainsworth non fece che crescere. Avrebbe voluto vederlo, ma non osava neppure sbirciare perché col passare dei minuti si era resa conto del rischio che stava correndo. Nascondersi per ascoltare un colloquio privato del re era un crimine.

    In pochi avrebbero creduto che si era celata dietro le cortine solo per scoprire qualcosa sul conto di un uomo che non conosceva neppure. Ma Raine non voleva preoccuparsi di quell’eventualità. Tutto ciò che aveva sentito aveva stimolato il suo interesse nei confronti del Barone Benedict Ainsworth. Le era sembrato un uomo buono, onesto e disposto a cedere proprietà e denaro per proteggere la reputazione della moglie di suo fratello e la pace della loro bambina.

    E mentre ascoltava Ainsworth spiegare dettagliatamente ciò che intendeva offrire a Harcourt come riparazione per il torto subito, Raine fu ancora più impressionata dal suo amore per la famiglia. Oh, se avesse goduto della protezione di un uomo come quello, di un uomo come Ainsworth! Le cose sarebbero state diverse, se nella sua famiglia ci fosse stato qualcuno ad appoggiare William e lei.

    Ma c’era solo Denley, cui non importava nulla di loro. Ne era certa. Fingeva di interessarsi a lei, ma Raine sapeva della sua amante, dei loro figli.

    Abitavano con lui, nel suo maniero. Denley non si preoccupava di tenere nascosta questa situazione, e Raine ne era sorpresa. Forse suo cugino non badava a cose del genere. In molti avevano una moglie e un’amante, ma nessuno ostentava la seconda in modo così spudorato.

    Se Raine avesse sposato un uomo con l’intenzione di vivere davvero con lui, non gli avrebbe permesso di disonorarla tanto apertamente. Se non avesse dovuto sposarsi per proteggere William e i suoi possedimenti... Nella sua mente prese a scorrere una lista delle qualità che avrebbe desiderato trovare in un uomo.

    Le avrebbe dimostrato almeno un po’ di rispetto.

    Sarebbe stato gentile.

    Avrebbe posseduto una propria ricchezza così da non desiderare di impossessarsi di quella di William.

    Si sarebbe comportato con onore.

    Avrebbe capito l’importanza della famiglia.

    Le voci dei due uomini la distolsero da quei pensieri. Quella di Benedict Ainsworth, non poté non notarlo, era più

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