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Sogni proibiti: Harmony History
Sogni proibiti: Harmony History
Sogni proibiti: Harmony History
E-book235 pagine4 ore

Sogni proibiti: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1818
Costretto a dimenticare l'unica donna che abbia mai amato, Samuel Hastings ha lasciato Londra per dedicarsi alla medicina, ma nulla ha potuto alleviare il dolore che gli corrode l'anima. E quando infine torna e apprende che Eve sta per sposarsi con un elegante e raffinato gentiluomo, la sua tristezza e il suo senso di colpa peggiorano. Proprio nel momento in cui la speranza di trovare un po' di felicità sembra svanita, però, riceve una sconvolgente confessione, grazie alla quale scopre che la sua vita è stata fondata su una menzogna. E così, inaspettatamente, si spalancano davanti a lui le porte di una nuova esistenza. Forse non è troppo tardi per realizzare il sogno di una vita...
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2019
ISBN9788830506442
Sogni proibiti: Harmony History
Autore

Christine Merrill

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Sogni proibiti - Christine Merrill

    Immagine di copertina:

    Gian Luigi Coppola

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Greatest of Sins

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2013 Christine Merrill

    Traduzione di Elena Rossi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-644-2

    1

    Sam stava tornando a casa!

    Parole semplici che però avevano un forte impatto su di lei.

    Evelyn Thorne si portò una mano al cuore e sentì accelerare il battito al solo pensiero del nome di lui. Da quanto tempo aspettava il suo ritorno? Da quasi sei anni, da quando era partito per Edimburgo. Da allora non vedeva l’ora che arrivasse quel giorno.

    Era sempre stata sicura che sarebbe tornato da lei, una volta completati gli studi. Un giorno avrebbe sentito i suoi passi leggeri che correvano sul pavimento di legno dell’ingresso. Lui avrebbe salutato Jenks, il maggiordomo, e avrebbe chiesto allegramente di suo padre. Ci sarebbe stato un saluto di benvenuto dall’ufficio in cima alle scale, perché sicuramente Lord Thorne sarebbe stato ansioso quanto lei di udire che cosa era diventato il suo pupillo.

    Terminati i saluti, tutto sarebbe tornato come un tempo. Si sarebbero seduti insieme in salotto e in giardino. Lei l’avrebbe costretto ad accompagnarla ai balli e agli incontri mondani, che sarebbero stati meno noiosi se poteva parlare con Sam, danzare con lui e proteggerlo dalle ambizioni matrimoniali delle altre giovani donne.

    Alla fine della Stagione, sarebbe tornato con loro in campagna. Lì avrebbero passeggiato nell’orto e seguito il sentiero che conduceva al laghetto, per osservare gli uccelli e gli altri animali, sedere sulla coperta che avrebbero portato e mangiare dal cesto di viveri che lei stessa avrebbe preparato con le sue mani, non fidandosi che la servitù riservasse i bocconi migliori a un giovane che non era un vero Thorne.

    A conferma dei suoi pensieri, Mrs. Abbott si schiarì la voce alle sue spalle. «Lady Evelyn, non sareste più comoda in soggiorno? Fa freddo nell’ingresso. Se aspettate degli ospiti...»

    «... sarebbe più appropriato farsi trovare lì.» Evelyn completò la frase con un sospiro.

    «Se sta arrivando Sua Grazia...»

    «Non è lui che aspettiamo, Abbott, come sapete bene.»

    La governante fece un piccolo verso di disapprovazione.

    Evelyn si voltò, mettendo da parte l’eccitazione infantile. Pur avendo solo ventun anni – che avrebbe compiuto dopo un mese – era la padrona di casa e pretendeva obbedienza. «Non voglio sentire una parola, né da voi né dagli altri membri della servitù. Il Dr. Hastings fa parte della famiglia quanto me. Forse di più. Mio padre lo tolse dall’orfanotrofio tre anni prima che nascessi. Fa parte di questa casa sin dai miei primi ricordi ed è l’unico fratello che avrò mai.»

    Naturalmente era passato molto tempo da quando considerava Sam un fratello. Senza pensarci, si portò una mano alle labbra.

    Abbott increspò leggermente la fronte, come se avesse notato il gesto.

    Per un istante, Eve considerò la possibilità di ritirarsi diplomaticamente in salotto. Il suo comportamento sarebbe apparso meno evidente ai domestici. Ma quale messaggio avrebbe inviato a Sam se l’avesse accolto come un comune ospite?

    Chinò il capo, come se avesse considerato la saggezza del consiglio della governante, e disse: «Avete ragione. C’è uno spiffero. Meglio che non stia alla finestra, sarà più comodo aspettare sulla panca accanto alle scale». Da lì poteva tenere d’occhio il portone d’ingresso senza farsi vedere da chi entrava. Così la sua presenza sarebbe stata una piacevole sorpresa.

    Passando davanti allo specchio, si fermò a guardarsi; sistemò i capelli e il vestito, dando volume alle balze.

    Sam l’avrebbe trovata graziosa, ora che era cresciuta? Il Duca di St. Aldric l’aveva proclamata la più bella di Almack’s, un diamante di prima purezza, ma era così prodigo di complimenti che Eve si chiedeva se fosse sincero. I suoi modi l’avrebbero obbligato comunque a complimentarsi, dopo aver posato gli occhi su di lei.

    Nella stessa situazione, Sam non le avrebbe rivolto un falso complimento. Forse l’avrebbe definita graziosa. Se gli avesse chiesto di più, desiderando che la trovasse bella, l’avrebbe accusata di essere vanitosa e avrebbe citato diverse giovani che trovava più attraenti. Poi avrebbe addolcito la frecciata dicendo che era abbastanza bella per un uomo nella media, aggiungendo che per uno umile come lui era una visione paradisiaca. Infine le avrebbe sorriso per dimostrare che si capivano l’un l’altra e il suo commento avrebbe fatto sembrare indegni di attenzione quelli degli altri corteggiatori.

    Ma non aveva avuto la possibilità di fare niente di tutto quello perché non era tornato per la sua prima Stagione. Dall’università era passato direttamente alla Marina. Da allora erano trascorsi diversi anni. Lei li aveva impiegati scorrendo i giornali in cerca di notizie della sua nave e cercando di diventare il tipo di donna che Sam avrebbe voluto trovare al ritorno. Staccava i fogli del calendario dicendosi ogni dicembre che l’anno successivo l’attesa sarebbe finita. Lui sarebbe tornato a casa e l’avrebbe trovata pronta.

    Ma l’unico contatto che aveva avuto con Sam era una breve lettera indirizzata a suo padre, dove dichiarava la propria intenzione di accettare un posto sulla Matilda.

    Non le aveva scritto una sola parola da quando era partito. Evelyn non aveva nemmeno saputo che era stato preso come chirurgo di bordo finché non era salpato. Non aveva avuto la possibilità di convincerlo a fare una scelta meno rischiosa. Se n’era andato, e quello era tutto.

    Per tre anni aveva temporeggiato sul mercato del matrimonio. Non poteva pensare di sposarsi finché non l’avesse rivisto. Tutti trovavano strano che non avesse accettato ancora una proposta. Se rifiutava St. Aldric, sarebbe rimasta irraggiungibile da qualsiasi uomo. A eccezione di uno, naturalmente.

    All’improvviso un colpo deciso alla porta la fece sobbalzare sulla panca. Il suono non era come se l’era immaginato e, anche se era difficile indovinare la personalità di un uomo dal modo in cui bussava, la colse comunque di sorpresa.

    Invece di precipitarsi ad aprire, si ritirò nello spazio angusto sotto la curva delle scale. Era un atto di codardia, ma dentro di sé sperava di poter cogliere la prima occhiata senza che lui se ne accorgesse, e tenere per sé quel momento. Si sarebbe beata della sua vista, pensando a cose che non avevano niente a che vedere con le passeggiate in giardino e i picnic sulle rive del laghetto.

    Jenks andò ad aprire e con la sua figura alta e diritta nascose alla vista l’uomo sugli scalini. La voce che chiese di entrare era ferma e cortese, ma non roca e impulsiva come aveva immaginato Evelyn. Stava ancora pensando al giovane che era partito, si disse, non all’uomo che era diventato. Era sempre Sam, naturalmente, ma era cambiato, proprio come lei.

    La persona che apparve sulla soglia era una strana combinazione di nuovo e familiare. Entrò con il passo rigido di un militare, eppure non mostrava segni di ferite o di menomazioni, come molti altri reduci. Naturalmente lui aveva passato il suo tempo lontano dai campi di battaglia, intento a curare i feriti sotto coperta.

    Era ancora biondo, anche se i riflessi rossastri dei capelli erano più scuri, quasi castani. La morbidezza giovanile delle guance era stata sostituita da una mascella decisa, rasata di fresco. Gli occhi erano ancora azzurri, naturalmente, acuti e penetranti come sempre; abbracciarono la sala d’ingresso con un solo sguardo, notando cambiamenti e similitudini, proprio come Evelyn stava facendo con lui. Completò l’esame con un breve cenno del capo prima di chiedere se Lord Thorne fosse in casa e ricevesse visite.

    Il giovane che ricordava Eve aveva un carattere solare, un sorriso pronto e una mano sempre disponibile a offrire aiuto e conforto; l’uomo che le stava davanti, con un soprabito blu scuro, era austero. Qualcuno lo avrebbe definito addirittura severo. Probabilmente era una necessità nella sua professione. Nessuno voleva un medico che comunicava brutte notizie con il sorriso sulle labbra. Ma c’era di più. Anche se i suoi occhi esprimevano una grande compassione, erano tristi, come se soffrisse anche lui insieme a tutti i feriti.

    Eve voleva chiedergli se la vita in Marina era stata orribile come aveva immaginato. Si era tormentato vedendo tanti corpi mutilati, sapendo di poter fare così poco per loro? Le sue vittorie sulla morte erano state sufficienti a compensare la brutalità della guerra? Quella vita l’aveva cambiato davvero molto o restava ancora qualcosa del giovane che l’aveva lasciata?

    Ora che era tornato, aveva così tante cose da chiedergli! Dov’era stato? Che cosa aveva fatto laggiù? E, cosa più importante, perché l’aveva lasciata? Quando avevano superato l’età per essere compagni di giochi, aveva pensato che sarebbero diventati qualcosa di più.

    Il suo atteggiamento, mentre passava davanti al nascondiglio e seguiva Jenks lungo le scale, era in netto contrasto con quello di St. Aldric, che era sempre sorridente. Anche se il duca aveva molte responsabilità, il suo viso non era segnato dalle preoccupazioni come quello di Sam. Affrontava gli ostacoli con ottimismo e aveva tutte le ragioni per farlo; sembrava ci fosse ben poco che non riuscisse a ottenere.

    Fisicamente poteva cogliere molte somiglianze fra i due. Entrambi erano biondi, con occhi azzurri, ma St. Aldric era più alto e più bello. Era nettamente superiore non solo sul piano fisico: aveva più potere, più denaro, un rango e un titolo.

    Ma non era Sam. Eve sospirò. Non c’era buon senso che potesse distogliere il suo cuore dalla scelta che aveva fatto. Se avesse accettato l’offerta del duca, sarebbe stata discretamente felice, ma non l’avrebbe mai amato.

    Tuttavia, se l’uomo che amava più di ogni altro non era interessato a lei, che cosa doveva fare?

    Si era diretto spedito da suo padre, senza informarsi dove si trovasse Lady Evelyn. Forse non gliene importava. Nel suo silenzioso distacco, Samuel Hastings sembrava dire che non la ricordava come lei ricordava lui. Forse pensava a lei come a un’amica d’infanzia e non a una giovane donna in età da marito, che poteva aver sviluppato un attaccamento nei suoi confronti.

    Non ricordava il bacio?, si chiese. Quando era successo, lei era stata sicura dei propri sentimenti.

    A quanto pareva, lui no. Dopo si era mostrato freddo e distante. Eve non riusciva a credere che fosse il tipo d’uomo che rubava un bacio solo per dimostrare di esserne capace. Lei aveva fatto qualcosa che l’aveva offeso?, si era chiesta. Forse si era mostrata troppo impaziente. O non abbastanza entusiasta. Ma come poteva aspettarsi lui che una giovane sapesse come fare? Era il suo primo bacio.

    Aveva cambiato tutto tra loro. Dalla notte al giorno, il suo sorriso era sparito. E, poco dopo, lui si era allontanato, fisicamente come nello spirito.

    Anche se lei avesse frainteso il suo gesto, si era aspettata che le scrivesse un biglietto d’addio. O almeno avrebbe potuto rispondere alle lettere che gli aveva inviato regolarmente, ogni settimana. Forse non le aveva ricevute, si era detta. In una delle sue brevi visite a casa, al tempo della scuola, gliel’aveva chiesto. Lui aveva ammesso di averle lette con un brusco cenno del capo e un rigido sorriso. Ma non aveva aggiunto altro, a indicare se gli avevano trasmesso conforto o piacere.

    Ormai quelle considerazioni erano irrilevanti. Quando una donna godeva delle attenzioni di un duca, che non solo era ricco e potente, ma anche bello, gentile e affascinante, non doveva lamentarsi per l’affronto subito da un medico di umili origini.

    Fece un sospiro. Tuttavia ultimamente ci aveva pensato spesso. Nel caso in cui lui non l’avesse amata, restava comunque suo amico. Il suo compagno più intimo e caro. Voleva la sua opinione su St. Aldric, sull’uomo e sulla decisione che doveva prendere. Se ci fosse stato un motivo per cui Sam lo disapprovava...

    Naturalmente era impossibile. Non avrebbe fatto ammenda all’ultimo minuto, facendole una proposta lui stesso. E lei doveva tenere a mente che non era una marcia verso il patibolo diventare Sua Grazia la Duchessa di St. Aldric.

    Ma, se non la voleva, il minimo che poteva fare il Dr. Samuel Hastings era porgerle le congratulazioni. Solo così le sarebbe stato possibile andare avanti.

    «Chirurgo di bordo.» Il tono di Lord Thorne era di aperta disapprovazione. «Non è un mestiere che può fare un carpentiere? Certamente un dottore che ha studiato all’università può trovare di meglio.»

    Sam Hastings affrontò l’espressione cupa del suo benefattore con postura militare e volto impassibile. Poteva ricordare un tempo in cui le sue azioni venivano accolte con approvazione da quell’uomo. Da parte sua, lui era ansioso di fargli piacere e temeva sempre di deluderlo. Ma, a quanto pareva, gli sforzi fatti per attenersi alle ultime istruzioni di Thorne di farsi onore sollevavano solo dubbi e discussioni.

    E sia, si disse. Il bisogno di mettersi alla prova si era raffreddato insieme all’affetto del gentiluomo. «Al contrario, milord. Sulla maggior parte delle navi, in mancanza di personale esperto, sono costretti ad accontentarsi di ogni uomo disponibile. Se è vero che spesso impiegano il carpentiere, è anche vero che nessuno vuole essere il suo primo paziente. Sono certo che sia il capitano sia l’equipaggio apprezzino il mio aiuto. Ho salvato più arti di quanti ne abbia amputati e ho fatto esperienza di molte malattie che non avrei mai visto se fossi rimasto a terra. Ci sono delle febbri tropicali che rappresentano una sfida interessante. E il tempo che non ho passato in azione, l’ho dedicato allo studio. Nella normale routine di una nave ci sono molte ore che possono essere riservate all’istruzione.»

    «Hmmpf.» Il malumore del suo tutore si trasformò in rassegnazione di fronte a quegli argomenti ragionevoli. «Se non hai trovato altro modo di fare esperienza, allora suppongo che non avessi scelta.»

    «Inoltre il lavoro mi ha portato lontano» aggiunse, sottolineando le parole. «Quando partii, mi incoraggiaste a viaggiare.»

    «Questo è vero.» Ora Thorne era guardingo, l’atteggiamento che più si avvicinava all’approvazione. «E non hai pensato al matrimonio? Ti ho incoraggiato anche in quel senso.»

    «Non ancora, milord. Ho avuto poche opportunità, vivendo in compagnia maschile. Ma ho messo da parte abbastanza denaro da aprire uno studio.»

    «A Londra?» chiese Thorne, aggrottando le sopracciglia.

    «Al nord. Posso mantenere una moglie e una famiglia. Sono certo che troverò una donna disposta a...» Lasciò in sospeso la frase perché non voleva mentire del tutto. Che Thorne pensasse quello che voleva. Non ci sarebbero stati né matrimonio né figli, nessun futuro di quel genere.

    «Naturalmente Evelyn è sul punto di fare un gran matrimonio» annunciò il gentiluomo, come se fosse sollevato di poter cambiare argomento. Sorrise, evidentemente orgoglioso dell’unica figlia.

    Per il bene di Sam, le parole erano state pronunciate in un tono di irrevocabilità. Annuì. «Così avevo inteso dalle vostre lettere. Sposerà un duca?»

    Ora Thorne gongolava di soddisfazione. «Nonostante il rango, St. Aldric è il più magnanimo dei gentiluomini. È così dotato di senso dell’umorismo e di generosità che i suoi amici lo chiamano confidenzialmente il Santo

    Così Evie aveva conquistato un santo? Non meritava di meno. Meglio che lui si tenesse il più possibile lontano, visto che era ben lungi dall’avvicinarsi a quella nobile perfezione. «Evelyn è la più fortunata tra le giovani donne ad aver trovato un simile marito.»

    «È un peccato che tu non possa trattenerti per conoscerlo. Lo aspettiamo nel pomeriggio.»

    Brutale come una porta in faccia. Essere considerato come un membro della famiglia non era la stessa cosa di una vera parentela. Ora che era cresciuto e che aveva un lavoro, non aveva più bisogno del tutore, che dunque non si sentiva più responsabile per lui.

    «Un vero peccato. Ma naturalmente non posso restare» convenne. Meglio così. Non aveva un vero desiderio di incontrare quel santo che avrebbe sposato Evie, né di restare sotto il tetto di Thorne un attimo più del necessario. «Porterete i miei omaggi a Lady Evelyn.» Aggiunse il titolo per evitare qualsiasi accenno di confidenza.

    «Certamente. Ora, non voglio trattenerti oltre.»

    «No, certo.» Sam si sforzò di sorridere mentre si alzava, come se avesse avuto intenzione fin dall’inizio di fare una visita breve e la sua partenza non avesse nulla a che vedere con un brusco congedo. «Desideravo solo ringraziarvi, milord, e ricordarvi come la vostra protezione abbia cambiato la mia vita. Non mi sembrava appropriato esprimervi la mia riconoscenza per lettera.» Si produsse in un rigido inchino all’uomo che si riteneva il suo benefattore.

    Thorne si alzò dalla scrivania e gli batté una mano sulla spalla, sorridendo come un tempo. Che la sua approvazione venisse solo perché se ne andava era un altro segnale di quanto fossero cambiate le cose. «Sono commosso, figliolo. E sono felice di sapere che le cose ti vanno bene. Ci rivedremo, finché resterai a Londra? Forse per le nozze?» Quando ormai non avrebbe più potuto recare danni.

    «Non lo so. Non ho ancora fatto progetti.» Se avesse trovato una nave che aveva bisogno dei suoi servigi, sarebbe partito con la marea. Altrimenti? Forse, in qualche

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