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La scoperta di Miss Bailey: Harmony History
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E-book267 pagine5 ore

La scoperta di Miss Bailey: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1820
La vita della domestica Jane Bailey viene completamente stravolta dall'arrivo di Robert Kendal, un gentiluomo incaricato di accompagnarla nello Yorkshire a conoscere il suo benestante e fino a quel momento sconosciuto nonno. Per Jane, orfana di padre, la notizia è un fulmine a ciel sereno e quella proposta inaspettata la spaventa e incuriosisce al contempo. Decide così di accettare l'invito, consapevole di avere il diritto di conoscere la storia della propria famiglia. Il viaggio si rivela piacevole e, insieme all'intesa reciproca, tra i due cresce anche l'attrazione, ostacolata però dalle umili origini di Jane. Al suo arrivo a Beechmount Hall, tuttavia, la giovane troverà le risposte che cercava e scoprirà che il nonno ha dei piani ben precisi per il suo futuro, piani che comprendono anche un matrimonio!
LinguaItaliano
Data di uscita20 apr 2020
ISBN9788830513075
La scoperta di Miss Bailey: Harmony History

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    Anteprima del libro

    La scoperta di Miss Bailey - Catherine Tinley

    successivo.

    Prologo

    Gennaio 1800, Duxford, Cambridgeshire

    «Il tuo papà ci ha lasciati.»

    «Cosa? Non capisco.» Le parole del dottore erano come una nube nera che l'avvolgeva interamente. «Ci ha lasciati?»

    Il medico sembrava addolorato. «Mi dispiace tanto, piccolina. Ho tentato di salvarlo, ma la febbre era troppo alta.»

    Dietro di lui, la sua assistente, una donna di mezza età, emerse dalla camera da letto con un piatto colmo di sangue.

    Lo hanno salassato ed è morto lo stesso? È morto. Papà è morto.

    «Impossibile!» La sua voce suonava strana, come se non le appartenesse. «Voglio la mamma!»

    Prima che il dottore potesse fermarla, corse avanti, poi si fermò bruscamente sulla soglia. Quella era la camera dei suoi genitori, il posto che era stato sempre il suo rifugio. Quando era agitata o aveva un incubo, a volte le permettevano di dividere il loro letto. Accoccolarsi accanto a mamma e a papà era il suo momento di perfetta felicità, anche se aveva di recente celebrato l'ottavo compleanno e aveva una piccola camera tutta sua.

    Fissò il letto. Lui era lì e appariva pallido e strano, immobile e del tutto diverso da com'era. «Papà?»

    «Oh, mia adorata Jane!» La mamma si alzò dalla sedia e le andò accanto. I suoi occhi erano rossi per le lacrime e la mancanza di sonno. «Se ne è andato. Papà se n'è andato.»

    Si abbracciarono, piangendo insieme. Il dottore chiuse piano la porta.

    Nei giorni seguenti, a poco a poco Jane capì che perdere suo padre aveva altre implicazioni, oltre a essere causa di un immenso dolore. Senza il suo stipendio da impiegato da Mr. Simmons – il miglior avvocato di Duxford – non sarebbero più potute restare a Rose Cottage, la loro piccola casa in affitto.

    «Ma, mamma, come vivremo? E come ci procureremo il denaro per il cibo?»

    «Ssh... Ce la caveremo.»

    Tuttavia, la mamma appariva preoccupata, come se non fosse del tutto sicura di cosa sarebbe accaduto. Jane ci rifletté qualche istante, prima di chiedere: «E la famiglia di papà? Lui mi parlava del nonno, e mi diceva che si erano allontanati. Non potremmo scrivergli? Forse...».

    «È fuori questione!» Il tono della mamma era stato tagliente. «La famiglia di tuo padre non voleva aver niente a che fare con lui. Questo non è cambiato... Anzi, è ancora meno probabile, adesso che lui è morto. La crudeltà di tuo nonno verso il mio Ned è stata implacabile. Non si torna indietro. Non parlarne di nuovo!»

    Jane deglutì. «Sì, mamma.»

    Il volto di Mrs. Bailey si ammorbidì. «Quando incontrai il tuo papà ero una domestica, ed ero molto brava. Troveremo una sistemazione, tesoro, e lavoreremo duro, così staremo bene.»

    Senza papà?, pensò Jane. Io non starò bene mai più.

    1

    Gennaio 1815, Beechmount Hall, Yorkshire

    Robert percorse il corridoio fino alla biblioteca di suo zio.

    Entrò senza bussare, la mente ancora immersa nei libri contabili che stava revisionando con l'intendente. Le finanze della tenuta erano in buone condizioni, così forse sarebbe stato l'anno giusto per costruire dei nuovi cottage di fianco al campo a est...

    «Che cosa ti ha trattenuto?»

    Il tono sferzante dello zio gli fece arruffare le penne ma, reprimendo una replica brusca, si limitò a rispondere: «Ero con l'intendente».

    «Quando ti mando a chiamare, mi aspetto che tu arrivi immediatamente!»

    Suo zio sedeva rigido sulla poltrona. Il fuoco nei suoi occhi strideva con la sua età avanzata. Il bastone da passeggio riposava accanto al camino, a portata di mano, e sul tavolo di lato era poggiato il suo brandy del mattino, vicino al campanello. Il suo valletto non si allontanava mai molto, pronto a rispondere all'istante ai bisogni del padrone.

    Robert sedette nella poltrona di fronte, stendendo le lunghe gambe. «Ed eccomi qui.» Trasse un profondo respiro e ricordò a se stesso che discutere con suo zio non portava mai a niente. «Perché mi hai mandato a chiamare?»

    «Ho una commissione per te.» Mr. Millthorpe sollevò uno dei fogli che teneva sulle ginocchia. «Ho appena ricevuto un'interessante informazione e devo... Ma no, meglio non parlarne... La relazione è ben scritta, e tuttavia non posso essere sicuro... non finché non l'avrò vista.»

    Robert attese pazientemente. Negli ultimi mesi lo zio sembrava essersi chiuso in se stesso, senza tuttavia perdere niente del suo fuoco e della sua irascibilità.

    «L'autunno scorso ho assunto un Bow Street Runner.»

    Robert inarcò un sopracciglio. Un poliziotto? Che diavolo stava combinando?

    «L'ho pagato in monete, in modo che tu e quel nuovo intendente non poteste scoprirmi.» Lo zio ridacchiò felice per la propria ingegnosità.

    «Ma zio, tu puoi spendere il tuo denaro come vuoi. Sei il padrone, qui.» Robert evitò di puntualizzare che il nuovo intendente lavorava per loro da quasi dieci anni.

    La sua impertinenza gli guadagnò un'occhiataccia. «Che tu dica così dimostra proprio che non lo sono più!»

    «Questo non è giusto. Mi sono assunto alcuni dei tuoi compiti solo per aiutarti, non per sminuirti.»

    Lo zio agitò una mano. «Credimi, non li rivorrei indietro. Che mi importa ormai delle preoccupazioni dell'intendente o degli affittuari, o della mia fortuna? I miei giorni volgono al termine, e ho altre gatte da pelare.»

    «Sciocchezze! Vivrai più a lungo di tutti noi... solo per farci dispetto!»

    Il commento provocò una risata fragorosa. «In ogni modo, ci sono cose che devo fare.» Abbassò gli occhi sulle carte, poi tornò a incrociare lo sguardo di Robert. «Voglio che tu vada a prendere qualcuno. Un'ospite.»

    I sensi di Robert si misero di colpo all'erta. «Quale ospite?»

    «Il suo nome è Miss Bailey... Jane Bailey... e può essere trovata a... o vicino a...» Lo zio consultò la relazione. «Ledbury House, vicino al villaggio di Netherton, nel Bedfordshire.»

    «Bedfordshire! Aspetta... Tu vorresti che io viaggiassi fino al Bedfordshire e ritorno? Non puoi mandare un domestico?»

    Lo zio annuì. «Proprio così. E no, ho deciso che devi andarci tu.» Un'espressione astuta gli guizzò sul volto.

    «Chi è lei?»

    «Buona domanda. In verità, non lo so con sicurezza... Il Bow Street Runner l'ha indicata come una possibilità, ma lo saprò per certo solo quando la vedrò.»

    Di che stava parlando? «Cosa puoi dirmi? Perché hai assunto un investigatore?» lo incalzò Robert, lottando per comprendere la situazione. Lo zio era impazzito, alla fine?

    Il vecchio ci pensò su per un momento, poi annuì. «Posso dirti che non intendo farle del male. E quanto al resto... è meglio che tu non sappia. Potresti dirle qualcosa che complicherebbe la situazione.»

    Inaccettabile. «Allora non posso andare. Non mi stai chiedendo di viaggiare per poche miglia, ma di andare fino al Bedfordshire... quattro o cinque giorni all'andata e altrettanti al ritorno. Prima che io accetti di fare una cosa simile, ho bisogno di capirne i motivi.»

    «Cerchi di mercanteggiare con me, ragazzo? Come osi!» L'ira del vecchio montò, i suoi occhi mandarono lampi di fuoco sul nipote. «Tu lo farai perché io te lo ordino!»

    «Davvero?» Robert si appoggiò contro lo schienale, adottando una posa languida. «Dovrà essere una mia decisione, non tua.» A volte sentiva il bisogno di opporsi a suo zio.

    Mr. Millthorpe si alzò a mezzo dalla poltrona, la faccia chiazzata dalla rabbia. «Tu...» I fogli gli scivolarono dalle ginocchia e si sparsero sul tappeto riccamente colorato. Lui afferrò i braccioli della poltrona, le nocche sbiancate, poi affondò di nuovo sui cuscini.

    Dopo una breve pausa, Robert si piegò per sollevare i fogli. Resistette alla tentazione di leggerli, tuttavia colse un nome: Lord Kingswood. A quanto ne sapeva, non c'era alcun legame tra suo zio e Lord Kingswood. La sua curiosità crebbe ulteriormente. Nel porgergli i fogli, esaminò il vecchio. Appariva più piccolo, come sconfitto.

    Non avrei dovuto spingerlo fino a questo punto.

    «Robert.» Una mano simile a un artiglio afferrò la sua. «È importante, per me. Non posso dirti perché, non ancora.» Lo zio deglutì. «Ti sto facendo una richiesta. Per piacere, acconsenti.»

    Cinque giorni per l'andata, cinque giorni per il ritorno. In inverno. Locande e una vettura sussultante, e fastidi senza fine. «Molto bene» si udì rispondere. «Andrò a prenderla.»

    2

    Due settimane più tardi, Ledbury House, Bedfordshire

    Il giorno in cui la vita di Jane cambiò era iniziato proprio come tutti gli altri.

    Era una di quelle precoci mattine di febbraio che sembravano non sapersi decidere tra indugiare nell'inverno o guardare avanti verso la primavera. Il pallido cielo azzurro manifestava una promessa di sole, ma il vento burrascoso inclinava a favore di scialli caldi e camini fumosi.

    Come cameriera personale di Marianne Ashington, Lady Kinsgswood, era responsabilità di Jane anticipare i bisogni della sua signora, e prevedere il clima del giorno ne faceva parte.

    Miss Marianne poteva voler camminare in giardino o andare a trovare degli amici, o accontentarsi di leggere o ricamare all'interno della casa. Jane, perciò, doveva preparare sia un leggero abito di seta sia uno più pesante di lana, da passeggio. Normalmente la contessa passava molto del proprio tempo con il figlio, John, e la vita di Jane era complicata dall'impatto che i segni di mani sudice e cibo avrebbero prodotto sui vestiti della padrona.

    «Buongiorno, milady» esordì in tono allegro, entrando nella camera della contessa poco dopo le nove, come al solito. Una delle sguattere la seguì, iniziando subito a pulire il camino.

    La contessa sbadigliò e si stiracchiò, mormorando un ringraziamento assonnato.

    «Spero abbiate dormito bene, milady.» Jane sollevò il pitale e lo passò a Aggie, la sguattera, che lo portò via. Ognuno, nella grande casa, conosceva il suo posto e il suo compito.

    «Ho dormito molto bene, grazie.» La contessa si sollevò in posizione seduta. «Anche se ho avuto compagnia.» Indicò la piccola testa arruffata al suo fianco.

    Il conte era a Londra, impegnato in faccende di affari, così il piccolo John doveva essersi assunto il compito di fare compagnia alla sua mamma. Jane sorrise. «Buongiorno, Padron John.»

    Il bambino era sveglio e la fissò con solennità. Nel giro di pochi minuti sarebbe stato in piedi, impegnato a correre in giro come una trottola.

    «Eccoti, agnellino!» La bambinaia entrò nella camera, avvolta in indumenti di rigido cotone bianco e con gentile efficienza. Sollevò John tra le braccia, e lui si accoccolò sul suo ampio seno. «Vieni, andiamo a cambiarci.»

    La madre sorrise indulgente al suo bambino che stava uscendo e accettò una tazza di tè con un mormorio di ringraziamento.

    «Volete fare un bagno, stamattina?»

    La contessa rabbrividì. «Forse più tardi, quando la stanza sarà più calda. Per adesso, mi alzerò.» Gettò indietro le coperte.

    Dopo che la sua signora si fu lavata, Jane l'aiutò a indossare una sottoveste pulita e, dopo qualche discussione, un pesante abito da passeggio di fine lana merino. La camicia da notte preferita di Lady Kingswood aveva bisogno di essere lavata, così la piegò per portarla poi al piano inferiore.

    Aggie tornò, e accese un fuoco nel camino. Mentre il freddo del mattino iniziava lentamente ad attenuarsi, la contessa prese posto davanti allo specchio, sorseggiando il tè e permettendo alla sua cameriera di sistemarle i capelli.

    Jane sorrise dentro di sé. Amava quella parte della giornata. I capelli della contessa erano lunghi, scuri e splendenti, e lei adorava spazzolarli e acconciarli.

    Assisteva Lady Kingswood da quasi dieci anni, fin da quando era stata soltanto Miss Marianne Grant e lei, allora tredicenne, era stata assegnata a servirla. Dentro di sé, e a volte anche a voce alta, la chiamava ancora Miss Marianne.

    Dopo la morte del padre, Jane aveva dovuto adattarsi in fretta a una nuova vita in cui era costretta a guadagnarsi il pane. Il primo anno era stato particolarmente penoso.

    Una volta che i loro magri risparmi erano svaniti, Jane e sua madre avevano lasciato il loro piccolo cottage e cercato un lavoro temporaneo in una serie di taverne. Avevano fatto spesso la fame, quell'inverno, e i loro abiti erano diventati decisamente cenciosi. Grazie al cielo, l'estate seguente la mamma si era assicurata una posizione nella casa dei Grant e alla fine era salita alla elevata posizione di governante.

    Anche lei si era comportata bene. In seguito a un inizio come sguattera nella stessa casa, grazie alle sue maniere gentili era stata promossa al ruolo di cameriera ai piani superiori. A tredici anni le era stata offerta l'opportunità di addestrarsi come cameriera personale di Miss Marianne, e da allora era sempre stata devota alla sua signora.

    Più di recente, quando la donna si era sposata, Jane e sua madre l'avevano seguita a Ledbury House, occupando le medesime posizioni. A parte pochi mesi bui, Miss Marianne era stata al centro della vita di Jane da quando aveva tredici anni.

    «Su, Jane. Un po' di francese, che ne dici?»

    «Sì, Miss Ma... Voglio dire, milady.»

    Miss Marianne, scoprendo che fino agli otto anni era stata cresciuta come la figlia di un gentiluomo, aveva deciso di continuare la sua educazione. Nel corso degli anni Jane aveva sviluppato una lodevole conoscenza del francese, del tedesco e dell'italiano, oltre ad aver avuto un'infarinatura di storia e filosofia. La contessa aveva talento per l'insegnamento, e aveva usato le proprie abilità come istitutrice, quando aveva dovuto lasciare la sua casa in seguito alla morte dei genitori.

    Jane si accigliò, ricordando quei tempi bui. Il fratellastro di Miss Marianne, Henry Grant, l'aveva importunata, costringendola a lasciare la sua casa nel mezzo della notte. Due mesi più tardi lei e sua madre erano state costrette a fare altrettanto, dopo che Henry aveva tentato di violentare Jane stessa.

    Rabbrividì. Non pensarci!

    Grazie al cielo Henry Grant era morto quattro anni prima, lasciando Miss Marianne libera di sposare l'uomo che amava, e Jane e la madre al sicuro al suo servizio.

    Non ha più il potere di farci del male, ricordò a se stessa mentre rispondeva alla conversazione in francese di Miss Marianne. E tuttavia Henry Grant era sempre con lei, appostato nelle ombre del suo cuore. Ridendo di lei.

    Lei e sua madre erano al sicuro, a Ledbury House, ma per quanto tempo? Dal giorno in cui la febbre si era portata via suo padre, Jane aveva avuto la sensazione che il terreno sotto i suoi piedi fosse fragile, insicuro. Durante quell'anno di lutto, di miseria, senza una casa, la fame e l'incertezza si erano fatte strada nelle sue ossa. Lei e sua madre avevano lavorato duro, però, e il loro impegno era stato ricompensato.

    Jane aveva appena iniziato a credere che avessero trovato una nuova casa, quando tutto era cambiato un'altra volta. Il signore e la signora che avevano servito erano morti in un terribile incidente di carrozza, lasciando Miss Marianne orfana e sotto la tutela del fratellastro. Ancora una volta la casa che Jane aveva preso ad amare le era stata sottratta. Una volta ancora lei e sua madre si erano trovate senza un tetto e nella necessità di ricominciare daccapo. Poi, però, avevano seguito Miss Marianne lì, a Ledbury House, e ormai vi vivevano da quasi cinque anni.

    Nel suo cuore, però, Jane non riusciva a sentirsi del tutto al sicuro. Aveva la sensazione che potesse accadere un qualche disastro che le avrebbe fatto perdere di nuovo la sua casa. Aveva la sensazione che la sua esistenza sarebbe stata sempre così, sottoposta al capriccio di altri, e che non sarebbe mai stata padrona del proprio destino.

    Quando aveva espresso le proprie preoccupazioni alla madre, lei non aveva compreso. «Siamo al sicuro, qui, con Lady Kingswood. Finché continua a essere contenta di noi, non abbiamo di che preoccuparci.»

    «Ma se dovesse ammalarsi o... o morire? Se succedesse qualche disastro e Lord Kingswood perdesse le sue ricchezze? E se...?»

    «Oh, Jane! Non permettere alla tua mente di fantasticare troppo. Hai perso il buonsenso. Perché dovrebbero succedere cose simili? Ora, smetti di pensare a fatti che non sono reali e concentrati a mantenere il favore di Miss Marianne!»

    Le parole della madre avevano senso. Jane sapeva quanto fosse vicina alla sua signora, e non poteva immaginare di commettere qualcosa che l'avrebbe fatta cacciare via, ma esistevano tante altre possibilità in grado di ridurle di nuovo senza un tetto sulla testa. Quel timore non l'aveva mai abbandonata.

    Jane sollevò la camicia da notte della contessa e andò al piano inferiore. Aveva stabilito che nessuno dovesse occuparsi dei vestiti della sua signora, a parte lei. Lei lavava, stirava e rammendava ogni cosa, assicurandosi che i bisogni di Miss Marianne fossero soddisfatti. Le dava anche consigli sulla moda, studiando le riviste del settore senza mai desiderare che quegli eleganti indumenti le appartenessero.

    Lei e Miss Marianne avevano un rapporto insolito. Se non fosse stato per la differenza di condizioni sociali, si sarebbero potute definire amiche. A volte la contessa le dava un vecchio abito che non voleva più ma, nonostante le sue proteste, Jane rimuoveva tutti i merletti e le decorazioni, prima di indossarlo.

    Si atteneva agli avvertimenti della madre. Sei una domestica, adesso. Non dimenticarlo mai. E, come domestica, si sarebbe sempre vestita in modo semplice e ordinato.

    In quei primi anni nella casa natale di Miss Marianne Jane non avrebbe mai sognato di raggiungere il livello di cameriera personale. E invece eccola lì. Gli altri membri della servitù la trattavano con rispetto, divideva una stanza confortevole e un salottino privato con sua madre, aveva una paga sicura e la sua quota di tè, e aveva la più dolce e gentile padrona che si potesse desiderare.

    Il che faceva apparire ancora più assurde le sue paure.

    La mia è un'ottima situazione, ricordò a se stessa. Quante domestiche avevano le opportunità che Miss Marianne le aveva offerto?

    Jane andò nel retrocucina per lavare la camicia da notte, insieme a due sottovesti e ad alcune calze. La lisciva rendeva ruvide le sue mani, che erano sempre rosse e screpolate. Sapeva che la lavandaia avrebbe svolto alla perfezione quel compito, ma non aveva intenzione di cedere gli indumenti di Miss Marianne a nessun altro.

    Mentre lavorava, cantava piano, consapevole di avere uno scopo, nella vita. Per quel giorno le sue più profonde paure sembravano lontane, e la voce ansiosa dentro di lei taceva.

    «Jane, giuro che hai la voce più dolce che abbia mai sentito.» La madre si chinò a baciarla sulla guancia.

    Lei rise. «Lo dici sempre, mamma, e io ti ripeto sempre che è solo perché sei abituata alla mia voce. Vedo che sei vestita per uscire. Hai bisogno che faccia qualcosa mentre sei via?»

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