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Una notte col chirurgo: Harmony Bianca
Una notte col chirurgo: Harmony Bianca
Una notte col chirurgo: Harmony Bianca
E-book170 pagine2 ore

Una notte col chirurgo: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

La relazione tra l'ostetrica Addie e il chirurgo Noah è sempre stata complicata, a cominciare dal giorno in cui lui le aveva annunciato che il fidanzato l'aveva mollata all'altare! Così, quando si ritrovano a dover lavorare e vivere insieme, decidono di mantenere il loro rapporto sul piano professionale...
Fino a quando una giornata particolarmente intensa si conclude in una notte magica, che entrambi non potranno dimenticare. Soprattutto perché porta a una conseguenza che nessuno dei due avrebbe mai creduto possibile.
Adesso l'unica cosa che devono fare è cercare di gettarsi il passato alle spalle, se desiderano davvero costruire un futuro insieme, quel futuro che entrambi sognano da tempo.
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2020
ISBN9788830510418
Una notte col chirurgo: Harmony Bianca
Autore

Marion Lennox

Marion Lennox is a country girl, born on an Australian dairy farm. She moved on, because the cows just weren't interested in her stories! Married to a `very special doctor', she has also written under the name Trisha David. She’s now stepped back from her `other’ career teaching statistics. Finally, she’s figured what's important and discovered the joys of baths, romance and chocolate. Preferably all at the same time! Marion is an international award winning author.

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    Anteprima del libro

    Una notte col chirurgo - Marion Lennox

    successivo.

    1

    Felice è la sposa sulla quale splende il sole.

    Ma ancora più felice era sua madre.

    La madre di Addie sorrideva da quando aveva letto le previsioni meteorologiche. In verità, era raggiante da quando Addie e Gavin avevano annunciato il loro fidanzamento.

    Anche la sposa avrebbe dovuto sorridere, ma in quel momento stava lottando. A dire il vero, Addie era completamente diversa da com'era di solito, nei giorni di lavoro. Era come se fosse entrata nel corpo di qualcun altro.

    Cosa ci faceva lì?

    Perché? Tutto era perfetto. Stava per sposare l'uomo che amava da quando era bambina. Stava rendendo sua madre infinitamente felice. Con un po' di fortuna, lei e Gavin avrebbero avuto un figlio prima...

    No, smettila. Non oggi.

    Lanciò un'occhiata di traverso a sua madre, seduta accanto a lei sulla limousine. Cancro. Metastasi. Quel giorno Maeve sembrava in forma, ma in futuro...

    No.

    «Oggi è il giorno più felice della mia vita» sospirò Maeve e Addie l'abbracciò. Considerata la quantità di tulle che indossava, oltre al velo, non fu cosa da poco.

    L'auto si fermò. La chiesa era perfetta, come in una cartolina. Un arco di rose incorniciava l'ingresso. Gli ospiti probabilmente erano già tutti accomodati in attesa della sposa. Un fotografo faceva da sentinella.

    Addie non sarebbe stata accompagnata all'altare da suo padre né avrebbe avuto damigelle o testimoni. Al suo fianco c'era sua madre e le faceva anche da testimone.

    Sembrava quasi il matrimonio di sua madre.

    «Oh, Addie.» Quando l'autista aprì la portiera, gli occhi di Maeve brillavano come stelle. «Non riesco a credere che stia davvero accadendo.»

    Addie finalmente si rilassò. Sua madre era felice. Gavin l'aspettava. Lei sapeva di amarlo, l'aveva sempre amato. Le riserve che avevano impedito che tutto questo accadesse anni prima erano solo sciocchezze. Eppure...

    Si prese i numerosi strati di tulle in mano, scese dall'auto... e si ritrovò davanti Noah McPherson.

    Noah. Chirurgo del Sydney Central. Il capo di Gavin.

    Il testimone di Gav.

    Noah era alto, scuro, magnifico nell'abito di taglio sartoriale. Era sulla trentina ma la sua serietà e il suo ruolo lo facevano sembrare più grande. In quel momento Addie notò che era estremamente serio.

    Perché non era con Gav?

    «Cosa... cos'è successo?» riuscì a chiedere, ma era come se conoscesse già la risposta alla sua domanda.

    «Gav non se la sente.»

    «Cosa non si sente?»

    Non riusciva a crederci. Il sole splendeva, lei indossava un abito da sposa da favola e stava ponendo una domanda di cui conosceva già la risposta. L'aveva capito nel momento stesso in cui aveva scorto Noah.

    «Gav dice che non può sposarti» le spiegò lui. «Mi dispiace tanto.» Silenzio.

    Avrebbero dovuto suonare le campane, pensò Addie, quasi isterica. Sua madre e la madre di Gav avevano incaricato dei suonatori. Li aveva pagati Addie.

    Forse le campane stavano suonando soltanto nella sua testa. Le sembrava che stesse per esploderle.

    Gavin la stava... piantando in asso? Non poteva essere vero. Non stava accadendo sul serio.

    «Io... cosa ti ha detto? Ti ha dato una spiegazione?»

    «Sì, ma non credo che tu voglia sentirla ora.»

    «Parla!» Gli ordinò.

    Per l'amor del cielo...

    Una volta Adeline Blair aveva un bel caratterino, ma non più. Per anni aveva vissuto in una casa in cui ogni scatto sarebbe stato accolto con un Oh, Addie, cosa direbbe tuo padre? Così mi farai stare ancora peggio. Le lacrime di sua madre avevano scacciato gli scatti di collera di Addie in una sorta di gabbia in cui erano rimasti incatenati.

    Adesso era come se sentisse quelle catene dondolare. «Voglio saperlo» sibilò ancora e Noah si tirò indietro.

    «Addie, magari più tardi, da soli...»

    «Adesso.»

    Lui inspirò profondamente. «Gav dice che è tutta la vita che delle donne gli dicono cosa fare. Donne che hanno scaricato su di lui il loro dolore e che hanno solo avuto bisogno di lui. Adesso la malattia di tua madre... Non se l'è sentita di dirtelo. Non voleva che tu o tua madre o la sua foste infelici, ma non ce la fa più a vivere per assecondare i bisogni degli altri. Rivuole la sua vita.»

    «La sua vita.»

    «Ha detto così.»

    «E ha deciso...» Addie riprese con un filo di voce. «Ha deciso di dirmelo cinque minuti prima dell'inizio della cerimonia? E neanche di persona?» Sentiva la collera salire. Stai calma, si disse, ma era come se si rifiutasse di ascoltarsi.

    «Credo che... Ascolta, perché non andiamo da qualche parte?»

    «Non ha neanche avuto il coraggio di telefonarmi?»

    «Temeva che lo avresti dissuaso e convinto a tornare sui suoi passi.»

    «Adesso mi vede come cosa... una nemica?»

    «Forse dovresti metterti nei suoi panni.» Noah ce la stava mettendo tutta per fare sembrare logico quello scenario. «Dice che dipendi da lui. Non vuole ferirti, ma si sente come se lo avessi ricattato con la malattia di tua madre. Con il tuo bisogno impellente.»

    «Lui vo... voleva spo... sposarmi» balbettò lei. «Me lo chiede da quando ho sette anni.»

    «Forse pensava che non avresti mai accettato. Non lo so. So solo che alla fine si è reso conto di non poterlo fare. Dice che non se la sente più di essere controllato da quella che definisce...»

    «Definisce come?» Non si riconosceva più. Non riconosceva la propria collera.

    «Addie...»

    «Come mi ha definita?»

    «Non si tratta solo di te. Penso che ce l'avesse anche con tua madre, e con la sua.»

    «Allora? Come ci ha definite?»

    «Lasciamo perdere, è inutile.»

    «Dimmelo!»

    Lui sospirò. «Vi ha definite una mostruosa genia.» Silenzio.

    Gli invitati stavano iniziando a uscire dalla chiesa, chiedendosi cosa fosse accaduto. Rebecca, la moglie di Noah, sulla sedia a rotelle, più bella che mai, era già fuori. Era lei che alimentava la fonte di pettegolezzi al vetriolo che giravano in ospedale. E adesso sul suo viso aleggiava un'espressione curiosa. Piacere?

    Tutti i loro colleghi dell'ospedale erano alle sue spalle.

    Lorna, la madre di Gavin, era seduta fra loro e la fissava incredula.

    Sua madre, invece, accanto a lei, era cadaverica.

    «Sei stato tutta la mattina con Gav ad ascoltare le sue stupidaggini» concluse Addie. «Non vuole sentirsi necessario? E pensare che mi sono sempre presa cura anche di sua madre, oltre che della mia. E adesso... Tu e io lavoriamo insieme e non hai neanche avuto la decenza di avvisarmi...»

    Adesso le catene erano spezzate e non aveva più remore. Era furente.

    «Addie, mi dispiace.»

    «Certo che ti dispiace» rispose con distacco. «Per questo adesso vengono tutti da questa parte. Sono dispiaciuti. C'è anche Rebecca, che non vede l'ora di conoscere tutti i dettagli. Ci pensi tu ad aggiornare tua moglie, vero? E anche tutti gli altri. Una mostruosa genia... Sua madre, mia madre e io?»

    «Addie...» Le posò la mano sulla spalla.

    Poi Addie fece ciò che non aveva mai fatto in vita sua e che non avrebbe più rifatto.

    Gli scostò con furia la mano, e, poiché lui non la lasciava, la allontanò con rabbia. Ma lui istintivamente continuò a stringerle la spalla, forse pensando di esserle di conforto, e allora lei allungò la mano e lo colpì sul viso, con una tale forza che lo schiaffo risuonò in tutta la piazza.

    Così la dottoressa Adeline Blair, figlia devota, fidanzata premurosa, ora ex fidanzata e sposa abbandonata, nonché ostetrica, si prese la gonna di tulle in mano, si strappò il velo e gettò via le stupide scarpe di satin.

    «Occupati tu di mia madre» gridò da dietro la spalla alla madre di Gavin, perché anche in quel momento era una figlia premurosa.

    Poi corse via.

    2

    Tre anni dopo

    «Siamo molto lieti di accoglierti nel nostro staff. È fantastico che resti per sei mesi. Hai già fatto un giro dell'ospedale? Hai visto che meraviglia? Ti accompagno alla residenza per i medici così ti sistemi.»

    Noah aveva già visto tutto in Internet e gli era piaciuto. Dal vivo, tuttavia, si rendeva conto che quell'ospedale andava ben oltre le aspettative. Era piccolo, ma eccellente.

    Currawong Bay, a un'oretta di guida da Sydney, era incastonata tra le montagne e il mare sulla costa meridionale del New South Wales. L'ospedale più grande distava parecchio e le strade erano pericolose. Anche il volo in elicottero era possibile solo in determinate condizioni meteo. Per questo motivo l'ospedale era organizzato in modo da essere autonomo. Nelle ultime settimane, tuttavia, la sua autosufficienza era stata compromessa. Mancava un chirurgo.

    Per fortuna il ruolo di chirurgo a tempo determinato era il lavoro che serviva a Noah. Mancavano sei mesi all'udienza. Fino ad allora non avrebbe potuto vedere sua figlia.

    No. Sophie, la bambina di sette anni, non era sua figlia, si ripeté per la millesima volta. Era la figlia della sua ex moglie e lui non aveva alcun diritto su di lei.

    Ma come faceva a smettere di volere bene a una bambina che aveva amato sin da quando era piccola? Era impossibile, e per questo aveva dovuto lasciare Sydney. Doveva pensare al lavoro e tenersi occupato.

    «C'è solo un altro medico che vive nella residenza.» Henry, l'amministratore di mezza età dell'ospedale, era un tipo schietto e geniale. «Ma è una casa comoda. Considerato che siamo in una zona piuttosto isolata, spesso ci capita di ospitare dei medici per le sostituzioni e loro apprezzano che forniamo un alloggio. Ognuno ha la propria camera, mentre sono in condivisione salotto e cucina.»

    «Chi ci vive ora?» Lui non aveva alcuna voglia di condividere gli spazi. Sull'annuncio si parlava di abitazione privata. Evidentemente non era così.

    «La nostra ostetrica.» Henry esitò. «È qui da noi da quasi tre anni e, proprio per l'attività che svolge, è un bene che sia facilmente reperibile. Ti accompagno così facciamo le presentazioni.»

    In quel mentre squillò il telefono di Henry. Lui rispose, guardando fuori dalla finestra la meravigliosa giornata, e quando terminò la conversazione, tirò un profondo sospiro, anche se era chiaro che non fosse particolarmente preoccupato. «Scusa, Noah, ma c'è stato un imprevisto. Uno dei miei compagni di golf si era dimenticato che stasera festeggia il suo compleanno, perciò abbiamo dovuto anticipare la partita.»

    Era sabato pomeriggio. La baia brillava come uno zaffiro prezioso e il campo da golf in lontananza era quanto mai invogliante.

    «Attraversa la veranda e prosegui lungo il viale, fino alla terza porta a sinistra. Fa' come se fossi a casa tua» gli spiegò in fretta. «Ti aspettano. Sistemati, fatti un giro, fa' tutto quello che ti pare fino a lunedì. A proposito, giochi a golf? No? Peccato. Bene, io vado. Benvenuto a Currawong.»

    Noah rimase solo, ma non gli dispiacque.

    Uscì in veranda e si prese qualche istante per ammirare il panorama. Aveva fatto bene ad andare lì. Un ospedale pieno di attività in un luogo incantevole. Il posto ideale dove vivere fino a che il tribunale non avesse deciso di stare dalla sua parte.

    Nel frattempo, c'era la coinquilina da conoscere. Avrebbe preferito essere solo. Aveva bisogno di riflettere.

    Di prepararsi a perdere Sophie?

    Si avviò lentamente, osservando le sedie di vimini per i pazienti in convalescenza che volevano prendere un po' di sole e godersi la vista. L'alloggio dei medici era collegato all'ospedale da un passaggio coperto, un edificio semplice, di legno, con ampie portefinestre che si affacciavano sull'oceano.

    Una finestra in fondo era aperta e le tende ondeggiavano alla brezza leggera.

    Raggiunse la porta e fece per bussare, ma esitò.

    Udì un gemito... Veniva dalla finestra in fondo.

    La sua coinquilina era malata?

    Bussare per farsi aprire non sarebbe stato carino se era in bagno che rigettava.

    Dalla portafinestra si accedeva a quello che doveva essere il salotto. Provò ad aprirla ed entrò.

    La

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