Sorpresina mozzafiato: Harmony Destiny
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Peggy Moreland
Scrive storie intense ambientate in Texas, che le hanno permesso di vincere numerosi premi letterari.
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Sorpresina mozzafiato - Peggy Moreland
successivo.
1
C'era quel senso di spossatezza che si avvertiva dopo troppe notti passate quasi insonni o troppi giorni di lavoro senza sosta. Lo stato in cui versava Jase Rawley era di questo secondo tipo.
Dopo aver parcheggiato l'autocarro stipato di vitelli che aveva trasportato dal Kansas al Texas, si diresse verso la propria casa immersa nel buio. Una volta entrato, si tolse gli stivali vicino alla porta della cucina pronti per essere calzati l'indomani, si sfilò la cintura dei jeans e incominciò a sbottonarsi la camicia mentre attraversava l'anticamera per recarsi nella propria stanza da letto. Raggiunto il letto, si liberò della camicia e puntò la sveglia per le sei. Era così stanco che appena coricato si addormentò.
Tre ore più tardi fu svegliato dalla suoneria dell'orologio sul comodino. Brontolando la spense, valutando se potesse ancora concedersi un po' di riposo prima di liberare finalmente i vitelli. Ma ben presto il forte aroma di caffè nero lo strappò dal suo torpore.
Si sollevò un po' sul letto. Il profumo era davvero troppo invitante. «Brava sorellina» mormorò alzandosi infine dal letto, «sei proprio una santa.»
Facendosi guidare dalla scia dell'aroma, si diresse verso la cucina con indosso solo i jeans e le calze con cui aveva dormito. Entrando fece un ampio sbadiglio socchiudendo gli occhi e frizionandosi energicamente il petto. «Buongiorno» borbottò in direzione dell'artefice del caffè pregustando il piacere di una bella tazza bollente.
«Buongiorno. Le uova le preferisce fritte o strapazzate?»
Sorpreso, Jase si girò lentamente verso la persona che in piedi accanto al tavolo stava in tutta tranquillità impastando dei biscotti. I suoi occhi incontrarono due grandi occhi verdi che lo fissavano dall'alto di un naso sbarazzino e un po' lentigginoso. Non si trattava di sua sorella. Di fronte a lui stava una ragazza dai lunghi capelli castani che gli rivolse un sorriso davvero disarmante per quell'ora mattutina.
«E lei chi diavolo è?» le domandò stupito.
Per tutta risposta la donna gli si avvicinò e allungandogli la mano, dopo averla ripulita dalla farina, si presentò: «Sono Annie Baxter, la sua nuova governante».
Gli occhi di Jase si soffermarono sul suo grembiule, su cui erano rimaste tracce di farina, sulla maglietta e sui jeans tagliati, che il grembiule lasciava intravedere, per poi scivolare sulle lunghe gambe abbronzate fino ai piedi nudi dalle unghie smaltate di blu. Infine la fissò di nuovo senza accennare a stringerle la mano. «Governante?» ripeté lentamente.
Lei sorrise in modo curioso. «Proprio così. Mi ha assunto sua sorella. Immagino che lei ne fosse a conoscenza. O mi sbaglio?»
Ripensandoci, gli venne in mente che in effetti, alcune settimane prima, Penny gli aveva comunicato l'intenzione di trasferirsi. Aveva anche detto qualcosa circa l'opportunità di assumere qualcuno che prendesse il suo posto nel ménage di casa. Ma non l'aveva presa molto sul serio. Penny aveva sempre vissuto con lui da quando erano morti i loro genitori, quindici anni prima. Per lui era diventata poi un'ancora di salvezza dopo la morte di sua moglie. Mai avrebbe pensato che volesse realmente andarsene.
«Certo» si affrettò a precisare sbadigliando. «Mi sembra di ricordare che me ne avesse parlato.»
«Meno male» sospirò lei sorridendo. «Per un attimo ho creduto che o io o lei ci stessimo sbagliando.» Si rimise a impastare biscotti. «Penny mi aveva detto che sarebbe tornato oggi, ma non pensavo così presto.»
«Ho deciso di fare una tirata unica» mormorò Jase contrariato. Faceva fatica ad accettare che sua sorella se ne fosse andata lasciando un'estranea ad accoglierlo. «Da quanto tempo è qui?»
«Sei giorni. Ho iniziato lunedì, Penny è rimasta qui fino a giovedì per essere sicura che i ragazzi mi accettassero e poi se n'è andata.»
Jase si rese conto che sua sorella l'aveva fatto prima del suo ritorno per evitare che lui glielo impedisse. «Le ha detto dove andava? Le ha lasciato un recapito?»
«Be', certo» gli rispose sorpresa. Allungò una mano dietro di sé e gli passò un bigliettino. «Mi ha detto che avrebbe passato qualche giorno da Suzy. Penso che lei la conosca.»
Lui fu colpito dal tono un po' stupito con cui glielo disse. In fondo sarebbe dovuto essere a conoscenza delle intenzioni di sua sorella. Prese il bigliettino e se lo ficcò in tasca. Poi rivolse la sua attenzione alla caraffa del caffè.
«Non mi ha detto come vuole le uova» gli ricordò Annie. «Fritte o strapazzate?»
Jase si riempì una tazza di caffè bollente che sorseggiò con avidità sperando che lo aiutasse a recuperare un po' di lucidità. Non poteva che trattarsi di un brutto sogno!
Ma rendendosi conto che malgrado tutti i suoi sforzi lei continuava a essere lì, borbottò: «Fritte, grazie» mentre si dirigeva verso l'anticamera e aggiunse: «Devo fare alcune telefonate. Mi chiami quando è pronta la colazione».
L'unica telefonata che fece fu a Suzy e a sua sorella. Dopo quattro squilli sentì la voce assonnata dell'amica di Penny che mormorava: «Pronto?».
«Passami Penny» ringhiò.
«Be', buongiorno, Jase» gli rispose lei infastidita posando il telefono e gridando: «Penny! C'è quell'orso di tuo fratello al telefono!».
Dovette attendere qualche minuto prima che sua sorella prendesse la linea.
«Jase?»
«Ma che cosa ti è venuto in mente!» l'aggredì. «Andartene lasciando i ragazzi nelle mani di un'estranea!»
«Annie non è un'estranea» si difese Penny. «Be', almeno non completamente. Mi sono informata bene su di lei prima di assumerla. È assolutamente in grado di prendersi cura dei tuoi figli.»
«Per me potrebbe anche trattarsi di Mary Poppins in persona. So solo che tu devi tornare immediatamente qui!»
«Non ci torno, Jase. Ho già accettato un lavoro ad Austin.»
«Che cos'hai fatto?»
«Mi è stato offerto di lavorare come segretaria del proprietario in un'importante società di computer. Mi è sembrato assai interessante e quindi ho accettato.»
«Rinuncia!» esclamò Jase furente. «Dai le dimissioni. Licenziati. Fai quello che ti pare, ma devi tornare qui al più presto. Non voglio che i miei figli siano affidati a una sconosciuta.»
«Allora prenditene cura tu!»
Jase fu scioccato dal tono di sua sorella. Fuori di sé urlò nel telefono: «È Suzy che ti ha consigliato di agire così?».
Si sentì un respiro profondo. «No, Jase. Suzy non c'entra. Sono io che ho deciso di andarmene.»
«Ma non è da te, Penny. Andartene così, abbandonando i ragazzi nelle mani di una sconosciuta. Maledizione! E se decidesse di andarsene? Chi si occuperebbe dei miei figli?»
«Tu» ribadì lei con fermezza. «Sono i tuoi figli, non i miei ed è ora che tu ti assuma le tue responsabilità di padre.»
Jase fece un salto sulla sedia. «E quando mai mi sono sottratto alle mie responsabilità? Ho fatto loro mai mancare qualcosa? Mi sembra che abbiano tutto quello di cui hanno bisogno.»
«Tutto tranne te, Jase» osservò Penny sconsolata. «Ma lo vuoi capire sì o no? Loro hanno bisogno di te. Possibile che non te ne accorga! Quando è morta Claire, non hanno perso solo la madre, hanno perso anche te.»
Per calmarsi, Jase fece una doccia e si vestì. Era furioso con sua sorella che se n'era andata senza lasciargli la possibilità di discuterne. Entrando in cucina fu accolto dalla risata allegra di sua figlia minore. «Che cosa c'è da ridere?» chiese fermandosi sulla porta.
«Papà!» In un batter d'occhio Rachel si era alzata ed era corsa ad abbracciarlo.
«Ciao, tesoro» le mormorò accarezzandola dolcemente.
Lei gli prese la mano e lo sollecitò ad avvicinarsi al tavolo della colazione dove sedevano i due gemelli. «Lo sai che abbiamo una nuova governante? Si chiama Annie. È un tipo davvero in gamba.»
Doveva averlo sentito dire dai fratelli. «Sì, l'ho già conosciuta.»
Diede una pacca affettuosa a Clay e si sedette a capotavola. Fece poi un cenno di saluto a Tara evitando sistematicamente di guardare nella direzione di Annie. «Siete pronti per andare a scuola?» domandò in tono brusco.
Tara non nascose un moto di insofferenza. «Non sono neanche le sette. Abbiamo ancora un sacco di tempo.»
Jase prese un biscotto. «Non vorrei che perdeste l'autobus» borbottò. «Ho un camion pieno di vitelli da svuotare e ci mancherebbe altro che vi dovessi accompagnare a scuola.»
Tara si alzò da tavola. «Da quando in qua hai tempo di fare qualcosa con noi?» osservò in malo modo e se ne andò.
Jase la squadrò mentre usciva. Indossava dei jeans molto ampi e una maglietta così corta che le lasciava scoperta parte della pancia. «Mettiti addosso qualcosa di più decente» le urlò dietro. «Non voglio che mia figlia vada a scuola conciata in questo modo.»
La risposta di Tara gli giunse indistinta. Penny si sbagliava di grosso. Lui si era sempre assunto le proprie responsabilità nei confronti dei figli. A riprova chiese: «Avete fatto i compiti?».
«Certo, papà» rispose Rachel ubbidiente.
Addentando un biscotto, Jase guardò Clay, che era rimasto in silenzio. «E tu? Li hai fatti?»
Clay spinse indietro la sedia. «Non ne avevo» mormorò e si accinse a raggiungere sua sorella.
«Spero di non venire presto convocato dai vostri insegnanti» gli gridò dietro Jase. Poi si rivolse a Rachel che lo stava fissando sorpresa: «Che cosa c'è? Non vai a scuola oggi?».
«Certo che ci vado» gli rispose prontamente alzandosi da tavola. «Grazie per la colazione, Annie» disse poi rivolgendo un timido sorriso alla governante. «Era davvero tutto molto buono.»
Annie sorrise. «Sono contenta che ti sia piaciuta. Non dimenticare la merenda» le ricordò.
«Mi hai preparato una sorpresa come venerdì?» le domandò eccitata la bambina afferrando il pacchetto che lei le stava porgendo.
Annie la strinse a sé. «Puoi giurarci. Ma è vietato sbirciare» l'ammonì dandole un buffetto affettuoso sul naso. «Altrimenti addio sorpresa.»
«Okay» le promise Rachel sorridendo soddisfatta. «Ci vediamo nel pomeriggio, Annie» la salutò calorosamente prima di allontanarsi.
C'era della complicità nel loro rapporto e Jase si rese conto che ne era un po' geloso. Si pentì di avere allontanato così presto i figli. Adesso erano rimasti solo loro due in cucina. A disagio per il silenzio che era sceso tra loro si schiarì la gola. «Immagino che Penny le abbia spiegato i suoi compiti.»
«Sì. È stata molto esauriente.»
Non sapendo che altro dire Jase si accinse a imburrare un altro biscotto. «Sarò fuori la maggior parte del giorno, ma mi può sempre rintracciare sul cellulare. Il mio numero lo trova bene in vista accanto al telefono» aggiunse con un gesto eloquente.
«Penny mi ha già spiegato e mostrato tutto quello che mi serve.» Annie lo studiò con una certa curiosità. «I ragazzi hanno sentito molto la sua mancanza.»
Per mascherare il disagio, Jase mangiò un po' di frittata prima di precisare: «Mi assento raramente e mai per più di una settimana».
«Avevano comunque nostalgia di loro padre.»
Dopo aver bevuto un'altra tazza di caffè, si alzò da tavola. «Devo scaricare il camion» annunciò.
«Torna per pranzo?» gli chiese.
Era tentato di dirle di no. Non se la sentiva di trovarsi di nuovo da solo con lei, ma poi cambiò idea. Aveva un sacco di tempo fino a mezzogiorno. «Sì, ma non stia lì a cucinare. Mi basta un panino.»
Annie si accinse a sparecchiare. «Non mi disturba cucinare, anzi mi diverto proprio. Desidera qualcosa in particolare?»
Jase afferrò il cappello lanciandole una lunga occhiata indagatrice. Il largo grembiule lasciava intravedere più di quello che avrebbe voluto. Un po' turbato distolse lo sguardo e rispose brusco: «Non sono un tipo difficile. Mi va bene qualsiasi