Voglio te: Harmony Destiny
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Il milionario Raoul Benoit decide di affidare la figlioletta alle cure della migliore amica della moglie che non c'è più. Nelle intenzioni di Raoul, Alexis Fabrini dovrebbe dare alla piccola Ruby l'affetto di cui ha bisogno, lui ha però intenzione di stare alla larga dalla donna per dissimulare l'attrazione che da sempre prova per lei.
Alexis aiuta Raoul a costruire un vero rapporto con la figlia, mantenendo sotto controllo il desiderio che anche lei prova per lui fin dalla prima volta che lo ha visto. Il problema sorge quando la passione che condividono non può più essere negata...
Yvonne Lindsay
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Voglio te - Yvonne Lindsay
successivo.
1
Alexis lo guardò dalla soglia. Il sole del tardo pomeriggio filtrava dalle finestre sul fondo del locale, tracciando raggi di polvere fluttuante nell'aria densa dei profumi dell'uva fermentata. Ma lei non vedeva la poesia del quadro, la sua attenzione era focalizzata solo sull'uomo che, ignaro della sua presenza, continuava a lavorare.
Era cambiato. Santo cielo, quanto era cambiato! Era più magro, quasi scarno, e l'aspetto sempre curato che era stato il suo marchio di fabbrica aveva lasciato il posto a un taglio di capelli approssimativo, a un paio consunto di jeans e a una semplice maglietta. Il viso evidentemente non incontrava un rasoio da diversi giorni. Del resto, il dolore di solito ha quell'effetto sulle persone: fa perdere importanza alle incombenze quotidiane e la sostituisce con l'indifferenza.
Come poteva aiutare un uomo che aveva chiaramente perso ogni interesse ad aiutarsi?
Il peso del compito che aveva accettato si fece sentire sulle sue spalle, ingombrante e difficile. Lei, che si era sempre dimostrata all'altezza quando le cose non andavano come avrebbero dovuto, cominciava a temere di avere fatto il passo più lungo della gamba.
Raddrizzando le spalle, si scrollò i dubbi di dosso. Bree si era rivolta a lei nel momento del bisogno, scrivendole una lettera in cui la supplicava di prendersi cura del marito e della figlia che stava per partorire, nel caso le fosse successo qualcosa, come se avesse già presagito il peggio. Anche se la sua migliore amica era morta prima che potesse farle quella promessa, Alexis sapeva in cuor suo che non avrebbe mai potuto rifiutare; come sapeva che, per mantenerla, avrebbe dovuto rimettere il proprio cuore sulla linea di tiro dell'uomo dal quale era stata magneticamente attratta lo stesso istante in cui l'aveva visto per la prima volta.
Raoul si bloccò. La sua attenzione si distolse dal tavolo con gli assaggi di vino preparati davanti a lui, la penna che gli cadeva di mano sulla cartelletta con gli appunti posata sulla tovaglia bianca immacolata. Sollevò il capo e si voltò verso di lei, l'espressione che registrava una breve sorpresa e qualcos'altro che lei non riuscì bene a inquadrare. Sparì in un attimo, rimpiazzato da una maschera di indifferenza.
«Alexis» esordì con un cenno secco della testa.
«Sono venuta appena ho saputo. Mi dispiace che ci sia voluto così tanto, io...» La voce si spense. Come poteva spiegargli che c'era voluto quasi un anno per sapere della nascita della figlia e della morte dell'amore della sua vita, e tutto perché aveva interrotto i contatti con Bree, la sua migliore amica fin dall'asilo, quando era diventato troppo doloroso vedere la sua felicità con lui? Che aveva scordato di darle il nuovo indirizzo mail, o che aveva cambiato il numero di cellulare quando il lavoro le aveva richiesto sempre più spesso viaggi internazionali, perché non poteva sopportare di ascoltare per l'ennesima volta quanto fossero perfetti insieme? Perché, in effetti, avrebbe voluto la gioia e il marito dell'amica tutti per sé?
E perché ancora li desiderava...
Prese un profondo respiro e deglutì il nodo di dolore che le chiuse la gola. «Ho viaggiato molto» riprese, «da quando la mia attività...» Le parole le morirono in bocca notando la sua espressione. Era palese che a Raoul non importasse un accidente del successo che aveva avuto. «Ho trovato la lettera di Bree a casa di mio padre. Deve avermi seguito per il mondo negli ultimi mesi.»
«La lettera di Bree?»
«Dove mi informava della gravidanza.»
Avrebbe dovuto dirgli anche che Bree l'aveva pregata di prendersi cura del marito e della figlia, all'epoca non ancora nata? Che aveva presagito che l'aneurisma aortico che aveva tenuto nascosto alla famiglia l'avrebbe uccisa durante il parto? Le bastò un'occhiata per avere la certezza che Raoul non fosse a conoscenza di tutto ciò.
«E così sei tornata.»
«Mia madre si è ammalata. Sono tornata poche settimane prima che morisse, a Natale.»
«Mi dispiace.»
Una risposta automatica. A Raoul non interessava davvero, perché era ancora lui stesso prigioniero della propria sofferenza, del proprio lutto.
«Ho ricevuto la lettera di Bree settimana scorsa e ho subito chiamato sua madre. Sono qui per dare una mano con Ruby.»
«La bambina ha già una tata: sua nonna.»
«Sì, ma Catherine deve farsi operare, Raoul. Non può continuare a rinviare l'intervento al ginocchio, soprattutto ora che Ruby sta diventando più attiva.»
«Le ho detto di trovare una tata se ne aveva bisogno.»
«E pare che tu abbia rigettato tutti i curricula che ti ha mostrato, che tu non abbia voluto vedere nessuna delle candidate.»
Lui scrollò le spalle.
«Non erano abbastanza brave.»
Alexis cominciò a irritarsi. Catherine, al telefono, le era parsa più che preoccupata. L'osteoartrite al ginocchio le provocava un dolore costante e rendeva sempre più difficile badare a una bambina di pochi mesi. Doveva farsi operare al più presto, il che significava che Ruby avrebbe avuto bisogno di una nuova tata. Rifiutando di prendere in considerazione il problema Raoul ignorava le proprie responsabilità verso la figlia, verso la suocera e anche verso la memoria di Bree. Lo guardò di nuovo, questa volta più duramente. Cosa diavolo gli passava per la testa?
«E io? Sono abbastanza brava?»
«No» rispose categorico. «Assolutamente no.»
Alexis mise da parte l'orgoglio ferito. «Perché? Sai che sono qualificata, ho molta esperienza nella cura dei più piccoli.»
«Però ora sei una sarta, no? Non è proprio ciò di cui una bambina ha bisogno.»
Wow, era davvero in vena di insulti. Sarta? Be', sì, confezionava ancora alcuni degli abiti di persona, perlopiù, però, li disegnava, lasciando ad altri la realizzazione. E aveva studiato da educatrice, perché i genitori avevano temuto che la carriera artistica non potesse essere sufficiente. Tre anni prima, tuttavia, quando si era concluso il suo ultimo contratto da governante, aveva stabilito che fosse arrivato il momento di inseguire il proprio sogno. Quel sogno ora era diventato una splendida realtà, e i suoi abiti firmati venivano distribuiti nelle boutique di alta moda di tutto il paese e in alcuni negozi esclusivi in giro per il mondo. Ma a Raoul non importava niente di tutto ciò.
«Ho chi mi sostituisce nell'attività» rispose, mandando un tacito ringraziamento alla sorellastra che si era resa disponibile. «Catherine mi ha già ingaggiato, Raoul.»
«Io ti disingaggio.»
Alexis sospirò. La madre di Bree le aveva anticipato che avrebbe potuto avere delle difficoltà, ma non aveva immaginato fino a quel punto. «Non pensi sia meglio che a prendersi cura di Ruby sia qualcuno che conosceva sua madre, che conosce la sua famiglia, piuttosto che un'estranea?»
«Non mi importa.»
Le sue parole furono un duro colpo al cuore; Alexis, però, sapeva che mentiva. La verità era che gli importava fin troppo. «Catherine sta preparando le cose di Ruby per portarle qui. Pensava fosse meglio trasferirla stasera, piuttosto che domani mattina.»
Raoul impallidì visibilmente.
«Ho detto di no, dannazione! Non voglio che tu le faccia da tata, e assolutamente non voglio nessuna delle due sotto questo tetto!»
«L'operazione è programmata per domani pomeriggio. Ruby non può più stare dalla nonna, ha bisogno di venire a casa, da te.»
Lui si passò tra i capelli le dita tremanti, prima di far ricadere la mano sul tavolo. Lo vide letteralmente riprendere il controllo, stringendo i pugni come se fosse aggrappato a un salvagente.
«Basta che la tieni lontana da me.»
Alexis sbatté le palpebre, allibita. Catherine le aveva detto che Raoul aveva ben poco a che fare con la figlia di nove mesi, al di là del sostegno economico. Nonostante l'avvertimento, lei non era riuscita a crederci. Ruby era nata dall'amore tra due splendide persone che avevano avuto il mondo ai loro piedi quando si erano sposate due anni e mezzo prima. Era stata invitata al matrimonio, aveva visto con i propri occhi quanto gli sposi si adorassero e, con sua grande vergogna, aveva provato invidia. Che Raoul ignorasse l'esistenza di Ruby era terribilmente triste. Incolpava forse la piccola per la morte della madre? Oppure non sopportava che gli ricordasse l'amore che aveva condiviso con Bree, e che aveva perso?
Alexis si costrinse ad annuire, accettando la sua richiesta e lasciò le cantine per incamminarsi verso la casa, un grande edificio con diverse stanze costruito in cima alla collina. Catherine le aveva già dato la chiave, oltre a una scorta di cibo e prodotti per bambini. Non doveva far altro che mettere tutto a posto prima dell'arrivo della piccola.
Ruby. Provò una fitta di dolore ripensando al suo viso da cherubino; una bambina sana e felice, chiaramente molto legata alla nonna. A guardarla, nessuno avrebbe indovinato che nella sua breve vita aveva già dovuto affrontare mille difficoltà.
Dopo un parto prematuro, aggravato da un'infezione post-natale, Ruby aveva passato le prime settimane di vita in un'incubatrice, piangendo per chiamare la mamma che non avrebbe mai conosciuto. Catherine le aveva confidato che, a suo parere, quei pianti strazianti sommati al dolore erano stati troppo da sopportare, anche per Raoul. Si era allontanato dalla figlia appena nata, lasciandola alle cure della suocera, e da allora la situazione non era cambiata.
Traslocarla a casa del padre e affidarla alle cure di un'altra persona non sarebbe stato semplice. Fare in modo che Raoul accettasse e interagisse con la figlia sarebbe stato ancora più difficile, ma assolutamente necessario.
Avevano bisogno l'uno dell'altra, di questo Alexis era più che sicura. Anche se non poteva fare altro per Bree, si sarebbe assicurata che Raoul si assumesse le sue responsabilità nei confronti della moglie defunta e della figlia che gli aveva partorito.
Alexis era tornata. Sapeva che un giorno o l'altro sarebbe successo e aveva temuto quel momento. Rivederla aveva infranto la bolla di isolamento nella quale si era rinchiuso, e ora si sentiva nudo ed esposto. Non era abituato a condividere quel luogo con nessuno, fatta eccezione per Bree o, nell'ultimo anno, con il ricordo di Bree.
Dopo il matrimonio, tornare alle origini ad Akaroa, sulla penisola di Banks, era sembrato la scelta più naturale. Aveva rilevato la rinomata azienda vinicola del padre, dando modo ai genitori di realizzare finalmente il loro sogno di visitare i vigneti più famosi in Europa e nell'America del Sud, e così facendo si era dedicato a un nuovo capitolo della sua vita e della sua carriera.
All'epoca era stato un cambio divertente ed eccitante. Raoul era arrivato fin dove poteva arrivare alla Jackson Importers di Auckland, occupando il ruolo immediatamente precedente a quello di Nate Hunter Jackson. Lavorare nella distribuzione del vino e in una rete internazionale consolidata nel corso di due generazioni gli aveva presentato delle sfide che era stato lieto di accettare e superare, ma il suo cuore era sempre stato alla fonte di tutto il processo.
Una volta tornato ad Akaroa, Raoul si era dedicato al vino, mentre Bree si era occupata della costruzione della loro nuova casa, supervisionando fino all'ultimo dettaglio nonostante l'imminente arrivo di Ruby.
All'inizio del matrimonio, il suo lavoro - la scienza del miscelare vini esclusivi - era stato un'avventura, quasi un gioco. Un mestiere ricco delle stesse speranze per il futuro che nutriva nel rapporto con Bree.
Perdere la moglie gli aveva fatto mancare la terra sotto i piedi, e il lavoro si era trasformato da passatempo in ossessione. La vita era densa di svolte e incroci impossibili da prevedere, ma questo... questo era qualcosa che riusciva a controllare. Lavorava con entità determinate, con dei vini prodotti dagli stessi grappoli che crescevano nelle vigne che serpeggiavano fino alla costa e conservati nelle botti alle sue spalle. Un procedimento che ormai gli veniva naturale quanto respirare. Il lavoro era stabile, rassicurante. E quando la giornata finiva e tornava a casa, poteva sprofondare di nuovo nei ricordi e nel dolore. Non