Natale con sorpresa: Harmony Bianca
Di Sue Mackay
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Un regalo prezioso e un nuovo, dolcissimo amore. Per le amiche Emma e Abbie questo sarà un Natale davvero speciale.
L'infermiera Emma Hayes è felice di fare da madre surrogata per la sua amica Abbie, così da permetterle di avere la bambina che tanto desidera. Lei ha già un figlio e il proprio lavoro, ed è tutto ciò di cui ha bisogno. Ma quando nella sua vita entra il dottor Nixon Wright, le cose prendono una piega inaspettata.
Nixon ha perso l'affetto della sua famiglia troppo presto e per questo non è disposto a correre il rischio di innamorarsi. Tuttavia c'è qualcosa in Emma che la rende diversa da tutte le altre, e ben presto cade vittima del suo incantesimo. Ma ogni magia è destinata a esaurirsi, prima o poi, eccetto quella più potente di tutte: l'amore.
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Natale con sorpresa - Sue Mackay
successivo.
1
«Basta che tu le voglia bene. Tutto qui» disse Emma ad Abbie, la sua migliore amica. Dopo il parto si sentiva sfinita e desiderava solo dormire. Perdersi nel sonno le avrebbe permesso di non dover affrontare almeno per un po' il senso di vuoto che provava ad avere appena avuto una bambina e non poterla tenere per sé. Era la figlia di Abbie.
Abbie non sollevò nemmeno lo sguardo dal prezioso corpicino che teneva contro il seno. «È quello che sto già facendo. Sono completamente cotta di lei. E voglio bene a te con tutto il mio cuore.»
Ancora una volta Emma non riuscì a trattenere le lacrime. «Lo so.» Era stato l'amore per l'amica che l'aveva spinta a fare quella pazza e incredibile cosa. Seduta sul bordo del letto, Abbie si piegò verso Emma attenta a non schiacciare la piccola che c'era fra loro. «Non riesco a esprimere tutto quello che provo.» Le diede un leggero bacio sulla fronte. «Posso solo ringraziarti. Ancora, ancora e ancora.»
Emma abbracciò con dolcezza la sua amica e la loro preziosa bambina. «Smettila di ringraziarmi, va bene?» Non aveva bisogno di gratitudine e di ringraziamenti. Che non avessero avuto nemmeno uno screzio per tutto il periodo della gravidanza la diceva lunga sulla solidità della loro amicizia. Ma in quel momento la sola cosa che le importava era di avere qualche minuto da dedicare a se stessa se voleva ritrovare il suo equilibrio. «Fai la mamma mentre io chiudo gli occhi per un po'.»
Provava insieme gioia e tristezza vedendo Abbie fissare la meravigliosa creatura avvolta nella coperta rosa dell'ospedale. Una bambina concepita con l'inseminazione artificiale che non avrebbe mai conosciuto suo padre.
Una delle due più belle bambine del mondo. Emma provò un moto di amore e di desiderio. Improvvisamente sentiva il bisogno di stringere fra le braccia Rosie, l'altra sua figlia, cinque anni di energia e di monelleria.
No, non doveva pensare di avere due figlie. Grace era la bambina di Abbie. Lo era e lo sarebbe sempre stata.
Prese il cellulare e digitò un SMS a sua madre.
È fatta. La bambina è splendida. Per favore, portami Rosie.
Abbie la guardò con apprensione. «Ora devo essere all'altezza della situazione ed essere una brava madre in tutti i modi, anche se non ho potuto generarla io. È per questo che tu mi hai fatto un dono così prezioso. Per permettermi di essere madre nonostante tutto.»
«Non è la cosa più bella?» chiese sussurrando Emma. Per quanto provasse un senso di svuotamento, non aveva rimpianti. Abbie meritava il meglio. C'era stato un momento in cui essere la madre surrogata era stato difficile, e si era verificato quando l'ostetrica aveva affidato la neonata alle braccia di Abbie e non alle sue. Ma era passato subito. «Grace è stata tua fin dal primo istante del concepimento» ribadì. Di Abbie e di Michael, anche se lui non avrebbe mai potuto vedere sua figlia. L'unico ruolo che il marito dell'amica aveva avuto nel concepimento era stato lasciare il suo sperma alla banca del seme poco prima di morire.
Abbie e Michael le erano stati molto vicini durante il periodo odioso e violento del suo matrimonio e con il loro amore l'avevano convinta che poteva costruirsi una vita positiva con Rosie senza bisogno che ci fosse un uomo accanto a lei. E avevano sempre cercato di non farle mancare divertimento e allegria.
Questo era il suo modo di sdebitarsi. Sapere che Grace avrebbe vissuto nell'appartamento accanto al suo rendeva le cose più facili. Tuttavia, chi poteva dire come sarebbe andata a finire se lo Scozzese avesse deciso che non poteva vivere senza Abbie? Al momento avrebbe solo voluto strangolarlo per come faceva soffrire la sua amica con tutti i suoi dubbi.
Lei e Abbie erano sempre state presenti l'una per l'altra, sia nei giorni in cui Rosie non la smetteva di piangere, ed Emma aveva bisogno di riposarsi, sia in quelli in cui Abbie non riusciva a rassegnarsi alla perdita di Michael. La loro amicizia era solida e ci sarebbe voluto un ciclone di proporzioni terribili per incrinarla. In quel momento con una neonata e il cuore spezzato, Abbie aveva bisogno di aiuto.
«Se solo io avessi condiviso con un uomo la stessa fiducia reciproca e l'amore e la gioia che tu hai provato con Michael...» sospirò Emma.
«Questo è un bel cambiamento nel tuo modo di pensare.»
«Ti ho detto che ho bisogno di dormire. Sta venendo a galla il mio lato infantile.» Non voleva un uomo nella sua vita. L'unico di cui si era innamorata senza riserve si era rivelato violento e offensivo. Non voleva più ripetere quella esperienza. Aveva comunque una vita piena d'amore grazie alla presenza di Rosie e di Abbie, alla protezione amorevole dei suoi fratelli e di suo padre e alla disponibilità sua madre.
«Ma forse c'è un uomo in particolare che ti ha spinto a dire questo? Per caso uno specialista di medicina d'emergenza?» le chiese Abbie per stuzzicarla.
«Nixon e io siamo solo amici. Una volta ho rifiutato la sua richiesta di uscire.»
«Non me l'avevi detto. Comunque, mister Freddezza non è così indifferente nei tuoi confronti come vorrebbe far credere.»
«Sarà! Ma avevo abbastanza da fare a portare avanti la gravidanza e occuparmi di Rosie per andare a complicarmi la vita con un uomo.»
Abbie fece un sorriso triste. «Credo di non poterti contraddire visto che Cal mi ha appena mollato.»
Emma non sapeva cosa rispondere. Per fortuna in quel momento le arrivò un messaggio sul cellulare.
Stiamo arrivando. La nostra principessina non poteva aspettare oltre. Mamma.
La neonata cominciò a piagnucolare e Abbie guardò Emma in preda al panico. «E adesso?»
«Devi darle cibo, calore e amore.» Sotto la coperta Emma strinse i pugni per resistere all'istinto di attaccarsi Grace al seno. Il suo corpo non accettava ancora quello che sapeva la sua testa: non era lei la mamma della piccola.
Nella stanza accorse l'ostetrica. «La piccola sta piangendo? Credo abbia fame.»
«Sì, lo penso anch'io» rispose con trepidazione Abbie.
L'ostetrica lanciò un'occhiata interrogativa a Emma che rispose con un cenno affermativo. «Andrà tutto bene, Abbie» disse la donna. «Andremo nella nursery e ti farò vedere come si deve fare a nutrirla. Emma deve riposare.»
«D'accordo» acconsentì Abbie alzandosi e dirigendosi lentamente verso la porta. Con un braccio infortunato doveva muoversi con grande cautela.
Emma la seguì con gli occhi finché non scomparve oltre la soglia. Aveva un groppo in gola. Abbie e Grace. La sua amica e sua figlia. Sua figlia? O quella di Abbie? Decisamente di Abbie, ma...
No, non c'era nessun ma.
Sentì un forte dolore al seno e sapeva di non poter fare nulla per combatterlo. Bizzarro era la parola che le veniva in mente quando pensava al fatto che Abbie potesse allattare Grace. «Ah, le meraviglie della medicina moderna» disse fra sé. Con cautela Emma si distese nel letto. L'ironia era che lei aveva a sua volta bisogno di qualcosa per bloccare la sua produzione di latte. Però i giorni difficili erano finiti e poteva tornare a vivere la sua solita vita. Occuparsi di Rosie, lavorare al Pronto Soccorso che si trovava al piano di sotto dell'ospedale, risparmiare per potersi un giorno comperare una casa e tenersi lontana dagli eventuali corteggiatori.
«Mamma, dov'è il bambino?» chiese Rosie facendo irruzione nella stanza. «Posso tenerlo in braccio? Ma non lo vedo.» Saltò sul letto e cercò di spostare la coperta.
«Piano. La mamma ha dolore» sussultò Emma. «È una bambina e si chiama Grace. Adesso è andata con Abbie nella nursery.»
«Ma volevo tenerla in braccio» protestò la bimba.
«Rosie, tesoro, ti ricordi cosa ti ho detto?» cercò di spiegare Emma alla figlioletta mentre la madre faceva la sua apparizione sulla porta. «La piccolina è stanca e solo Abbie può occuparsene ora. Presto però toccherà a te.»
Rosie sarebbe riuscita ad aspettare? Emma lanciò un'occhiata a sua madre che annuì. «Mi ha tempestato di domande appena sono andata a prenderla. Tuo fratello Daniel aveva un cliente in ufficio e non poteva muoversi» le spiegò. «Era più interessata alla neonata che alla scuola.»
«È tutto dire» rise Emma. Rosie era convinta che la scuola materna fosse stata creata apposta per lei.
«Cos'è la nursy?» chiese la piccola con aria severa.
«Nursery» la corresse Emma. «È il posto dove i neonati dormono quando sono in ospedale. Vuoi dare un bell'abbraccio alla mamma?»
La bimba le cinse il collo con le braccia. «Un abbraccio grande, grande, mamma.» E anche un bacio pieno di saliva. Senza contare il gomito che poi le affondò nella pancia...
Con dolcezza Emma si divincolò dalla figlia e la baciò sulla testa. «Grazie, tesoro. È stato un abbraccio bellissimo.» Sentì le lacrime bruciarle gli occhi. «Il migliore di sempre.»
«Tu come stai?» Sua madre la baciò sulla guancia.
«Bene. Da tutti i punti di vista.» Emma sorrise. «Anche se mi sembra di essere stata appena travolta da un tir.»
Quegli occhi che lei conosceva da tutta la vita la guardarono dubbiosi. Niente avrebbe distolto sua madre dalla sua missione. «Quando vedrai la psicologa?»
Emma sospirò. Era l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare, ma non poteva evitarla. Faceva parte del protocollo per la maternità surrogata che lei aveva firmato. «Fra un paio di giorni, se non si fa viva prima. Sto bene, mamma. Davvero. Quando Grace piange provo una stretta al cuore, ma è sempre stata la bambina di Abbie e non è cambiato nulla nemmeno ora.»
«Basta che tu ne sia sicura» tagliò corto sua madre.
«Lo sono» sussurrò lei. «Al momento ho solo bisogno di dormire un po'.»
Sua madre sorrise e le accarezzò i capelli con affetto. «Sono orgogliosa di te. Non avrei mai creduto che avresti fatto quello che hai fatto.»
Ancora lacrime. «Grazie, mamma. Mi abbracci anche tu?»
Rosie si avvicinò e mise la testolina sotto il braccio di Emma. «Anch'io, mamma. Mi piacciono gli abbracci.»
«È la giornata dell'abbraccio?» chiese una voce.
Emma spalancò gli occhi. Nixon era fermo sulla soglia, incerto su cosa fare. «Ehi, vuoi unirti anche tu alla festa?» gli chiese.
«Io? Credo di no. C'è già troppo affollamento.»
«Coniglio» si lasciò sfuggire lei senza pensarci. Nessun problema che avesse rifiutato. Le aveva proposto di uscire sei mesi prima e il suo rifiuto doveva averlo stupito parecchio, visto che tutte le femmine libere e anche qualcuna non libera gli svenivano ai piedi. Lei non era più disponibile ad avere storie, e da quel giorno aveva sempre cercato di non stare a pensare cosa sarebbe potuto succedere se avesse accettato di uscire con lui. Dopo che Nixon aveva saputo che lei era incinta, si era ripreso dallo shock del suo rifiuto e si erano trovati benissimo a frequentarsi come amici.
«Nixon, hai visto la bambina?» gli chiese Rosie con un guizzo di entusiasmo. «La mamma non mi vuole portare a vederla e io la voglio tenere in braccio.»
Emma accarezzò la testa della sua bambina. «Non è questo che ho detto, Rosie. Abbie sta allattando Grace e tu devi solo avere un po' di pazienza.»
«È come chiedere a un gatto di ignorare il topo che tiene fra le zampe» sorrise Nixon. «Specialmente con una come lei.» Conosceva Rosie da quando veniva portata in reparto dopo l'asilo nido nei giorni in cui Emma smontava tardi. Per accattivarsi le simpatie della piccola gli era bastato una tazza di cioccolata e un sorriso caldo. Facile da corrompere la ragazza!
Nixon si fece avanti e abbracciò Emma. «Hai un bell'aspetto considerato quello che hai passato.»
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