Senza memoria: eLit
Di Anne Stuart
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Info su questo ebook
È un matrimonio brevissimo, quello tra Patrick e Molly, culminato dopo poche settimane con la misteriosa scomparsa di lei e il suo successivo ritrovamento, in stato di shock, vicino al cadavere di un uomo, dopo un incidente stradale. Patrick è sospettoso, non crede all'innocenza della moglie: perché Molly è fuggita senza dare alcuna spiegazione? E poi, di chi è il denaro ritrovato sul luogo dell'incidente? Patrick vuole scoprire a tutti i costi la verità, nonostante lei l'abbia abbandonato senza un motivo apparente e allora...
Anne Stuart
Anne Stuart è nata a Filadelfia, poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Attualmente scrive romanzi ricchi di suspense per MIRA, romanzi rosa per Harlequin American Romance e anche romanzi storici.
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Anteprima del libro
Senza memoria - Anne Stuart
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Winter’s Edge
Harlequin Intrigue
© 1995 Anne Kristine Stuart Ohlrogge
Traduzione di Giulia Bancheri
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5892-810-3
www.harlequinmondadori.it
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Prologo
Sta tornando. Quella dannata donna, più astuta di una volpe, era riuscita a prenderli tutti per il naso. Era sopravvissuta al colpo in testa e al coma. Fino a quel momento non aveva cantato, ma era da escludere che quello stato di cose sarebbe durato a lungo.
Aveva i suoi motivi per tacere, questo era fuor di dubbio. In ogni caso, molto meglio che morisse, prima che potesse architettare un’estorsione. L’unico problema era come organizzare il tutto: farlo sembrare un incidente o un omicidio?
Quest’ultima sarebbe stata certo la soluzione ottimale. Avrebbe praticamente significato prendere due piccioni con una fava: lei sarebbe morta e lui sarebbe stato incolpato.
La vita poteva essere davvero bella!
Sta tornando e io non ho scelta, pensò Patrick Winters sbattendo la porta della cucina. Era stata ferita e aveva bisogno di tempo per riprendersi. L’avevano coinvolta in un caso di morte sospetta e lei si era rifiutata di rispondere alle domande. La polizia la voleva a sua disposizione ed era ovvio che fosse lui a offrirle ospitalità.
Si appoggiò al ripiano. Era appena passata l’ora del tramonto e, se fosse stato un uomo rispettabile e affettuoso, si sarebbe preparato per andare all’ospedale e riportarla a Winter’s Edge, l’unica casa che lei avesse mai conosciuto. Vi aveva vissuto sette anni e non c’era altro posto dove potesse andare. Se così fosse stato, ce l’avrebbe spedita più che volentieri.
Non intendeva rivederla mai più: il dolore e la distruzione causati dalla sua ostinazione e dalle sue ripicche infantili avevano lasciato il segno. La voleva allontanare assolutamente da casa sua e dalla sua vita, prima di commettere l’errore di pensare che ci potesse essere un barlume di speranza.
Era stato uno sciocco in passato e non aveva intenzione di farsi gabbare di nuovo da lei. Sarebbe tornata, avrebbe tessuto le sue fantasie di persecuzione e poi, una volta che la polizia fosse stata in grado di estorcerle la verità, lui l’avrebbe mandata via. Non era responsabile di quella donna. Aveva abbastanza soldi ed egoismo per poter cavarsela da sola. Non avrebbe più pensato a lei fino al giorno della firma dei documenti relativi al loro divorzio.
Non voleva sprecare il suo tempo a prendersi cura dell’ex moglie. Esistevano altri sistemi per trasportarla, senza correre rischi, all’enorme tenuta nella contea di Bucks, e sicuramente lo poteva fare qualcun altro.
Nel frattempo lui avrebbe tagliato la corda. Sarebbe tornato solo quando fosse riuscito a dimenticare il passato e a guardare di nuovo il suo viso pallido e innocente, gli occhi da gatta e la bocca morbida.
Sto tornando, lo so. Quel pensiero affiorò nella sua mente annebbiata mentre scivolava fuori e dentro il sonno. Si sentì spaventata ed emozionata al tempo stesso, riluttante e ansiosa. Tuttavia non era certa di dove stesse andando né del perché. Non sapeva ciò che avrebbe trovato una volta arrivata lì. Sapeva solo che stava per tornare nel posto a cui apparteneva, volente o nolente.
1
La tranquillità e il tepore della stanza, invece di tranquillizzarla, sortirono l’effetto contrario. Si sforzò di riscuotersi da quel sonno ristoratore, mentre sensazioni di panico, a lei fin troppo familiari, la sferzavano come ali nere di centinaia di pipistrelli.
La testa le pulsava con violenza. Allungò con fare esitante la mano per toccarsela e sentì il suo morbido cuoio capelluto sotto una chioma sorprendentemente pesante. Ritrasse la mano tremante e la guardò da vicino: abbronzata, grande, con dita affusolate, unghie corte e nessun anello. Il panico crebbe.
«Allora è sveglia.» Una voce irruppe nei suoi pensieri confusi, e gli occhi incrociarono quelli cordiali e amichevoli di una giovane infermiera. «Pensavo che non si risvegliasse più dopo l’ultima iniezione. Era alquanto sconvolta.» Si avvicinò, lo sguardo vispo e curioso dietro gli occhiali. «Come si sente, cara?»
«Dove mi trovo?» chiese lei con voce leggermente roca. Non osava rivolgere domande più serie, del tipo: chi sono?
«All’ospedale di Riverview. Qualcosa non va?»
«Da quanto tempo sono qui?»
«Due settimane. Non ricorda?»
Lei scosse il capo con fare indolente e il dolore si acuì. «Niente.»
L’infermiera schioccò la lingua con benevolenza professionale. «Cerchi di rilassarsi. Ha avuto diverse amnesie e, con un po’ di fortuna, anche questa non durerà molto. È normale, dopo la brutta commozione cerebrale che ha subito. Non ricorda davvero niente?» insistette, annotando qualcosa sul tracciato che teneva in mano.
«Niente. Quanto durano queste amnesie di solito?»
L’infermiera fece spallucce. «Vanno e vengono. Qualche ora al massimo. Si riposi mentre vado a chiamare il medico. Che peccato, avevano deciso di dimetterla oggi stesso se il tenente Ryker fosse stato d’accordo.»
«Il tenente Ryker?» fece eco lei. Fa parte dell’esercito?» Era una domanda stupida e ne era consapevole. Poteva anche non ricordare niente, ma sapeva di essere in guai seri.
«Della polizia. Si è dimenticata come è arrivata qui, vero?» L’infermiera si chinò per tastarle il polso, poi lanciò un’occhiata verso la porta, come se aspettasse aiuto. «Ha avuto un grave incidente stradale, signora Winters.»
Quel nome non le diceva niente. Si guardò le mani, ma non notò alcun anello né segno che potesse rammentarle il suo passato. «Quanto grave?» Si sforzò di apparire calma, alterando il tono della sua voce.
L’infermiera esitò. «Il passeggero è morto e lei ha subito una forte commozione cerebrale e delle brutte contusioni. È rimasta incosciente per qualche giorno, ma si sta riprendendo molto in fretta, salvo le sporadiche amnesie.»
«E cosa c’entra in questa storia il tenente Ryker? Ho commesso qualche reato?»
L’infermiera sistemò i cuscini. «Si è rifiutata di fornirci il nominativo dell’uomo che viaggiava con lei. Inoltre, i trecentocinquantamila dollari rinvenuti nel bagagliaio della macchina hanno fatto sorgere molti interrogativi... Lei, però, non ha voluto rispondere alle domande degli agenti.»
Fissò la donna che le stava di fronte con uno sguardo assente. «Se solo potessi...»
«Non si preoccupi. Vado a cercare il dottor Hobson. Nel frattempo si riposi e pensi a suo marito.»
«Mio marito?»
«Vuole dire che non si ricorda neanche di lui?» chiese l’infermiera allibita. «È quasi impossibile dimenticare il proprio compagno.»
«È... carino?»
«Carino?» La donna analizzò il concetto. «In un certo senso, credo di no. Comunque non sembra che voi due andiate molto d’accordo, anzi. Ma... santo cielo, quell’uomo è uno schianto! Meglio che vada a chiamare il medico.»
Deve trattarsi di un orribile incubo, pensò lei, alzandosi piano dal letto e meravigliandosi della debolezza delle proprie gambe. Si diresse verso lo specchio posto sopra il lavandino e si esaminò con attenzione. Una perfetta estranea la fissava di rimando.
Forse non proprio del tutto estranea, ma vagamente familiare. Osservò i lunghi capelli color miele che decisamente necessitavano di una bella lavata, gli occhi a mandorla verdazzurri, il naso troppo piccolo e la bocca troppo grande. Gli zigomi alti e un mento ben pronunciato completavano l’immagine. Doveva essere sulla ventina, molto più giovane di quanto si sentisse. Si allontanò da quel volto smarrito e tornò a letto. Aveva perso più di vent’anni da qualche parte, e un marito che detestava.
«Eccola qui, mia cara. Intende fare la birichina questa mattina?» Dedusse che l’anziano signore in camice bianco doveva essere il dottore e lo fissò con manifesta disapprovazione. «Non credo che dovrebbe alzarsi dal letto così presto.»
Lei si sedette sul bordo del materasso. «Pensavo che oggi me ne dovessi andare.»
«L’infermiera sostiene che ha avuto un’altra amnesia. Che cosa non ricorda questa volta?»
«Niente» replicò lei stancamente. «Non ho idea di chi sia.»
Il medico si accigliò. «Dovrebbero restarle comunque dei frammenti di memoria. Le sue amnesie non sono mai state così gravi. Non ci sono segni di traumi, a parte la commozione, ma forse è opportuna un’altra TAC.»
«No!» protestò lei. «Voglio solo qualche risposta.»
«È sicura di non voler soltanto tornare a casa da suo marito?»
«Certo che no, non mi ricordo neanche la sua faccia» sbottò. «Crede che questo basti per intimorirmi al punto da farmi riacquistare la memoria? Forse sto solo cercando una scusa per non identificare il morto nella macchina che ho distrutto.»
«Se ne ricorda?»
«No, me l’ha detto l’infermiera. Nella mia mente ho il vuoto più totale.» La voce le tremò appena, un altro segno di debolezza che lei respinse con feroce determinazione.
Il dottor Hobson la guardò incuriosito. «Che ne è del suo caratterino indiavolato? Ha già spaventato a morte due dei membri del personale di questo piano.»
«Sono terrorizzata» mormorò con una voce flebile. «Non posso essere sempre forte.»
«Nessuno lo pretende. Vogliamo solo che sia se stessa.» Le diede un colpetto sulla mano. «Si sente pronta per tornare a casa? Mi preoccupa quest’ultima amnesia, anche se è probabile che passi in fretta come le precedenti.»
«Se continuo a rimandare, potrei non essere più capace di fare ritorno a casa. Prima affronto la situazione, qualunque essa sia, e meglio starò.»
«Siamo dall’altra parte del fiume, nel New Jersey, non le ci vorrà più di un’ora per arrivare alla contea di Bucks.» Il medico indietreggiò di un passo per osservarla. «Probabilmente ha ragione. Nonostante i vuoti di memoria, lei sta