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Destinazione Barbados (eLit): eLit
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E-book144 pagine1 ora

Destinazione Barbados (eLit): eLit

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Info su questo ebook

UNA VALIGIA PER...BARBADOS - In partenza per le agognate vacanze, proprio in prossimità dell'aeroporto, Lisa viene investita da un'auto ed è costretta a rinunciare al viaggio! Che sfortuna! Mai disperarsi, però, infatti l'uomo che l'ha travolta, forse per rimorso o forse perché attratto da lei, le propone come riparazione una crociera a bordo del suo yacht... destinazione Barbados. Lisa è al settimo cielo, accetta subito e prepara una valigia piena di sogni e d'amore!
LinguaItaliano
Data di uscita31 mar 2016
ISBN9788858951521
Destinazione Barbados (eLit): eLit
Autore

Cathy Williams

Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.

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    Anteprima del libro

    Destinazione Barbados (eLit) - Cathy Williams

    successivo.

    1

    Stava diluviando. Lisa Freeman si allacciò il cappotto di lana blu rammaricandosi di non aver avuto il buonsenso d'indossare un impermeabile invece di quell'indumento che sembrava inzupparsi sempre più a ogni minuto.

    E inoltre si rammaricava di non aver avuto l'intelligenza di prendere un taxi per arrivare all'aeroporto invece che contare gli spiccioli decidendo a favore dell'autobus. Infatti l'autobus era arrivato in ritardo e lei aveva trascorso tutto il viaggio agonizzando sull'orologio e consultandolo ogni cinque minuti per essere certa di non perdere il volo. Inoltre la fermata era lontana dal terminal più di quanto si fosse aspettata: perciò aveva dovuto affrontare la pioggia battente senza cappello e impermeabile, carica della valigia e del bagaglio a mano.

    Lasciò cadere a terra i bagagli per guardare per la milionesima volta l'orologio e anche per riposare un po' il braccio, confortandosi con il pensiero che presto avrebbe lasciato alle spalle quella pioggia terribile. Entro breve tempo sarebbe stata diretta verso il clima soleggiato e tiepido della Spagna dimenticando il gelo che stringeva nella sua morsa l'Inghilterra.

    Davanti a lei, oltre la cortina della pioggia, apparve la sagoma del terminal e Lisa cominciò a sentirsi un po' in ansia. Era la prima volta che volava oltre mare: era difficile ripensare al momento esatto in cui aveva deciso quella vacanza all'estero. Certamente da bambina non lo aveva mai fatto. Insieme ai genitori aveva viaggiato parecchio mentre suo padre passava da un lavoro all'altro, accontentandosi di sistemazioni modeste, solo per esserne strappata quando la loro vita sembrava aver messo radici.

    Non era un fatto che l'avesse disturbata, almeno non fino al momento in cui era stata abbastanza grande da capire che gli amici per lei non sarebbero mai stati un punto di riferimento e che la sola compagnia sulla quale potesse contare era la propria.

    Adesso entrambi i genitori erano morti, ma l'eredità di quella infanzia nomade, cui era stata costretta, doveva essere più tenace di quanto avesse mai creduto possibile. Infatti solo negli ultimi tre anni il feroce desiderio di essere fissa in un posto, tranquilla e sicura, si era attenuato al punto di permetterle di sognare di visitare nuovi luoghi.

    E fino ad allora, ormai ventiquattrenne e in un'epoca in cui tutti viaggiavano, Lisa non aveva mai organizzato un viaggio all'estero, sicura che ci fosse un modo migliore per spendere il denaro duramente guadagnato.

    Ma alla fine il destino era intervenuto e lei aveva avuto finalmente l'opportunità di passare due settimane alle Canarie.

    Sollevò di nuovo la valigia che le sembrò ancora più pesante di prima e ripensò alla busta che aveva trovato nella cassetta delle lettere tre mesi addietro.

    Non avendo mai vinto uno spillo in vita sua era rimasta frastornata e felice di essere stata scelta dalla fortuna per un viaggio.

    Sorrise al ricordo e si rimise in cammino, lo sguardo puntato sul terminal, mezzo nascosto dalla cortina d'acqua. Poi tutto accadde in una confusa sequenza.

    Era scivolata sulla strada bagnata? Aveva stupidamente dimenticato di guardare dove stesse andando? Oppure anche il conducente dell'auto era stato accecato dalla pioggia?

    Lisa si rese solo conto che la macchina le stava venendo addosso a velocità ridotta esattamente nello stesso momento in cui il guidatore sembrò accorgersi di lei. Ci fu un orribile stridio di freni e Lisa sentì un colpo doloroso mentre la macchina deviava di lato, ma non abbastanza da evitare di prenderla alla gamba.

    Rimase stesa al suolo, incapace di muoversi, con l'unico pensiero che avrebbe perduto la sua vacanza.

    La gamba le faceva male, un dolore che le fece stringere in denti: cominciò a gemere mentre la gente si raccoglieva attorno a lei e alla valigia che, cadendo, si era spalancata rovesciando a terra il suo contenuto.

    «Ho chiamato un'ambulanza con il cellulare» disse una voce accanto a lei. Lisa voltò la testa per osservare il suo interlocutore. «Arriverà qui da un momento all'altro.»

    I curiosi si avvicinarono per sentire che cosa veniva detto e l'uomo, chiunque fosse, alzò la mano con gesto autoritario: i presenti arretrarono e pochi minuti più tardi si dispersero.

    Lisa lo guardò. L'uomo aveva capelli neri incollati sul volto dalla pioggia. Il suo viso, senza ombra d'imbarazzo, rivelava tratti duri e aggressivi. Lo sconosciuto abbassò lo sguardo su di lei e Lisa fissò il volto più virile e bello che avesse mai visto in cui brillavano due penetranti occhi azzurri.

    «Lei è un ufficiale dell'aeroporto?» domandò debolmente, notando l'aria di comando che emanava da lui, e l'uomo sorrise.

    «Le sembro forse un ufficiale di aeroporto?» le chiese.

    Ha una bella voce, si disse stordita, lasciandosi ammaliare dallo strano fascino di quell'uomo.

    Poi sentì il rumore della sirena dell'ambulanza che si avvicinava.

    «Spero che si fermi in tempo» commentò facendo mostra di un barlume di umorismo e non pensando più alla sua vacanza perduta. Il pensiero dominante adesso era che presto le avrebbero iniettato un analgesico così potente da cancellare ogni dolore. «Altrimenti qui attorno ci saranno più ossa rotte di quante siano in grado di curare.»

    L'uomo, che era ancora chino su di lei, scoppiò a ridere. E Lisa, chiudendo gli occhi, si disse che anche la sua risata era bella. Calda, piena e vagamente conturbante. Ma forse era solo il dolore a stravolgere la sua visione della realtà...

    Poi, attraverso il velo dello stordimento, Lisa udì alcune voci e rumori confusi. Qualcuno cominciò a esaminare la sua gamba con tanta delicatezza che non provò dolore. Tutto accadde velocemente. Le somministrarono l'analgesico e la caricarono delicatamente sulla barella sistemandola sull'ambulanza. Poi Lisa si abbandonò a un sonno profondo e misericordioso e perse la nozione del tempo.

    Quando si risvegliò, era in un lettino situato in una stanzetta, e su di lei era chino un medico che le aveva infilato un termometro in bocca.

    «Sono il dottor Sullivan» annunciò il medico sorridendo, mentre l'infermiera che gli stava a fianco prendeva il termometro, lo osservava e cominciava a scuoterlo con vigore. «Si ricorda come è arrivata qui?» le chiese.

    Lisa distolse con molta fatica l'attenzione dall'infermiera che nel frattempo stava prendendo appunti. «Sono stata investita da un'auto» rispose con un debole sorriso. Mentre stringevo il manico della mia valigia logora, terribilmente elettrizzata all'idea di un viaggio all'estero, avrebbe voluto aggiungere.

    «Lei ha riportato una frattura alla gamba» le spiegò il medico. «Ha anche alcuni lividi, più brutti nell'aspetto che nella sostanza. Non ho bisogno di dirle che è stata abbastanza fortunata.»

    «Mi sentirei più fortunata se tutto questo non fosse accaduto» replicò seria Lisa e il giovane medico le rivolse uno sguardo pensieroso prima di sorriderle educatamente.

    «Ma questo mi sembra ovvio, mia cara» disse raddrizzandosi per consultare l'orologio. «Ma sfortunatamente queste cose accadono. Questo significa, tuttavia, che lei resterà con noi per un paio di settimane mentre la situazione si assesta. Ora l'infermiera le mostrerà tutto il necessario: io tornerò più tardi per darle un'occhiata.»

    L'infermiera stava sorridendo con aria efficiente e, non appena il dottore uscì, si affrettò a raggiungere il letto per mostrarle dove fosse il campanello d'allarme, l'interruttore della luce, quello del televisore. «A proposito, ha un visitatore» le disse prima di andarsene.

    «Un visitatore? Quale visitatore?»

    L'infermiera sorrise timidamente, riuscendo solo ad aumentare lo sconcerto di Lisa.

    «In effetti pensavo che fosse il suo fidanzato. Ha seguito in auto l'ambulanza ed è rimasto in attesa in sala d'aspetto.»

    Lisa avrebbe voluto rivolgerle altre domande, sapere soprattutto che cosa era accaduto alla sua valigia, che l'ultima volta aveva visto spalancata a terra con tutto il contenuto inzuppato dalla pioggia. Ma già l'infermiera si stava allontanando per lasciar posto all'uomo che l'aveva investita. Il suo visitatore, un individuo senza nome che aveva tenuto la situazione sotto controllo fino all'arrivo dell'ambulanza.

    Lisa lo guardò mentre chiudeva piano la porta e fu attraversata da un brivido di piacere. Si sentiva anche stranamente timida e dovette compiere un notevole sforzo per dire a se stessa che si stava comportando da sciocca.

    Ormai era una donna adulta. Non era più la bambina che viaggiava al seguito dei genitori, non era più la goffa adolescente senza alcuna esperienza con l'altro sesso, e neppure la ragazza che, circondata da ridacchianti coetanee, distoglieva lo sguardo non appena un maschio tentava di attirare la sua attenzione.

    Quegli anni erano ormai alle sue spalle, ricordò a se stessa con fermezza.

    Lanciò uno sguardo furtivo al visitatore che aveva avvicinato una sedia al letto e stava per accomodarsi accanto a lei.

    «Non mi pare che abbiamo avuto la possibilità di presentarci» le disse con quella voce profonda che ricordava con tanta chiarezza. Una voce attraente che invitava l'interlocutore a concedere tutta la propria attenzione. «Come si sente?»

    Lui si era completamente asciugato e Lisa si accorse che i suoi capelli erano folti e neri. Si era tolto cappotto e giacca arrotolando le maniche della camicia e lei notò che aveva gli avambracci coperti da una fitta peluria scura.

    «Bene» rispose. «Un po' ammaccata, ma credo che rientri nell'ordine logico della faccenda.»

    «Io sono Angus Hamilton» si presentò lui con un sorriso tendendo la mano e stringendo quella di lei che provò una specie di lieve scossa elettrica. Frastornata, Lisa si affrettò a ritrarre la mano nascondendola sotto le lenzuola.

    «Lisa Freeman» rispose, arrossendo un po'. «L'infermiera mi ha detto che lei è venuto qui subito dopo l'incidente. Non era necessario, davvero.»

    «Oh, io invece penso che lo fosse.» Angus si appoggiò allo schienale della sedia che sembrava troppo piccola per essere veramente comoda. «Vede, è stato il mio autista a investirla. Temo che non l'abbia vista in tempo. Lei è comparsa improvvisamente davanti all'auto e lui ha tentato in ogni modo di frenare. Il resto lo sa» concluse, fissandola intensamente con quello sguardo azzurro e penetrante.

    «Oh» mormorò lei. «Avrei dovuto attraversare sulle strisce» rispose francamente. «Avevo una fretta terribile, però.» Pensò alla sua meravigliosa vacanza, a tutte le aspettative e ai preparativi: un nodo le strinse la gola. «Che cosa è accaduto alla mia valigia?»

    «Ho raccolto tutto e l'ho consegnata all'infermiera. Stava per prendere un aereo?»

    «Sì, dovevo andare a Lanzarote.» Di solito Lisa era una persona controllata,

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