Resa dei conti con il greco: Harmony Collezione
Di Lynne Graham
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Dopo un incontro turbinoso, il milionario greco Jax Antonakos lascia Penelope Dixon con il cuore a pezzi... e in dolce attesa! Per quanto decisa a rifarsi una vita con la sua bambina, senza contare sull'aiuto di nessuno, Penelope non riesce a mascherare la propria reazione istintiva al carisma di Jax, quando all'improvviso lui ricompare all'orizzonte.
Per Jax quella notizia è un pugno allo stomaco: due anni prima Penelope ha dato alla luce sua figlia! Adesso lui non ha alternative se non quella di reclamare quell'erede inaspettata... e le curve sinuose di sua madre, la donna che non è più riuscito a dimenticare. Più che mai deciso a riconquistare Penelope, e la loro bambina, Jax è pronto a giocarsi il tutto per tutto in camera da letto.
Lynne Graham
Lynne Graham vive in una bellissima villa nelle campagne dell'Irlanda del Nord.Lynne ama occuparsi della casa e del giardino, soprattutto nel periodo che lei considera il più magico dell'anno, il Natale.
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Resa dei conti con il greco - Lynne Graham
successivo.
1
Jax Antonakos fermò l'auto da corsa ai box e uscì dall'abitacolo con l'adrenalina ancora alle stelle per la tensione della gara. Una gara solo per beneficenza, ricordò a se stesso mentre si preparava all'incontro con la folla.
Tolse il casco, scoprendo i folti capelli neri un po' arruffati, poi socchiuse gli occhi color smeraldo mentre le ammiratrici trattenevano il fiato. Si liberò della tuta sotto il flash dei fotografi e ascoltò la raffica di domande dei giornalisti, senza far caso alle giovani donne che si accalcavano per uno scatto al suo fianco. Nel suo mondo dorato, quella era la norma.
A un certo punto, però, ignorò tutti e andò a grandi passi a congratularsi con il vincitore, che era anche il campione del mondo in carica.
«Per essere uno che non si mette al volante da un anno mi hai dato davvero parecchio filo da torcere» riconobbe Dirk, con allegria. «Forse dovresti smettere di nasconderti dietro a una scrivania e tornare alle gare.»
Una voce femminile si levò al loro fianco. «Niente affatto, Jax è un genio della finanza!» E prima che lui potesse sottrarsi, una brunetta spumeggiante lo prese sottobraccio con grande entusiasmo. «Grazie per aver accettato di gareggiare all'ultimo momento, dopo il forfait di Stefan. Non sai quanto te ne sono grata.»
«Dovere, Kat» replicò Jax, poi corrugò la fronte perché nel frattempo i fotografi si erano scatenati. Ma lui e Kat Valtinos non erano una coppia, a dispetto degli sforzi dei media... e anche delle rispettive famiglie, che li avrebbero visti volentieri sposati. Erano entrambi giovani, single e ricchi sfondati.
Jax si scostò da Kat con un sorriso cauto. La trovava simpatica, da sempre, ma suo padre andava incontro a una grossa delusione se sperava ancora di unire gli imperi economici delle due famiglie con un matrimonio. Purtroppo, quelle foto avrebbero incoraggiato le sue speranze.
«Ti offro qualcosa da bere» propose Kat, circondandogli la vita con il braccio. «Devo proprio ringraziarti per essere volato fin qui con un preavviso tanto breve.»
«L'ho fatto per una buona causa» ribatté lui. «E poi, tu sei un'amica.»
«Un'amica che potrebbe diventare anche qualcosa di più» gli bisbigliò lei all'orecchio, con intenzione.
Lui lasciò cadere l'argomento. «È stata una gara divertente» replicò. Non era facile trovare un modo garbato per farle capire che, con lui, stava solo perdendo il suo tempo. Erano cresciuti insieme, e nonostante tutti lo considerassero da tempo un dongiovanni, non aveva alcuna intenzione di sposare una donna che, durante la loro tumultuosa adolescenza, era andata a letto con tutti i suoi amici.
In ogni caso, lui non voleva una moglie in generale. E non era affatto pronto a sfornare il nipotino che suo padre, Heracles Antonakos, desiderava tanto. I figli rappresentavano una fonte infinita di problemi, come lui sapeva bene dopo un'infanzia costellata di cambiamenti e sbalzi emotivi.
I suoi genitori avevano divorziato quando lui camminava appena e per i venticinque anni successivi suo padre aveva praticamente ignorato il suo figlio cadetto. Ne aveva uno maggiore, Argo, nato da un precedente matrimonio. Rimasto vedovo, Heracles si era risposato troppo in fretta e non aveva mai perdonato alla seconda moglie, la madre di Jax, di averlo in seguito tradito. Lui aveva pagato il prezzo dell'infedeltà di sua madre in molti modi. Gli era mancato un porto sicuro dove rifugiarsi per sfuggire alle ricadute dei fallimenti amorosi di lei, e soprattutto gli era mancato un padre. Era sopravvissuto da solo ai vari divorzi di Mariana, ai suoi tentativi di suicidio e alle innumerevoli permanenze in centri di disintossicazione.
In uno dei suoi primissimi ricordi si nascondeva nella credenza, per sfuggire a una delle terribili esplosioni di collera cui sua madre andava soggetta quando cadeva sotto l'effetto di qualche sostanza stupefacente. Lei, una star affascinante e amatissima dal pubblico, in privato di-ventava un mostro. E suo padre aveva lasciato un bambino di pochi anni in balia di una donna simile.
Poi, quando Jax aveva già ventisei anni, la sua vita era cambiata di colpo. Il fratellastro Argo era stato assassinato in strada per un tragico scambio di persona, e al-l'improvviso Heracles Antonakos, superato in fretta il dolore, aveva ritrovato l'interesse per quel figlio minore che aveva trascurato per anni. Lui quasi non se lo spiegava, ma d'un tratto il supporto che aveva desiderato tanto nei primi anni di vita gli era stato concesso. Naturalmente, si chiedeva spesso se l'interesse di suo padre sarebbe durato... In ogni caso, con il tempo, aveva scoperto tutta una serie di nuove sfide perché la vita come erede degli Antonakos non era proprio tutta rose e fiori.
Jax era l'unico figlio di uno degli uomini più ricchi del pianeta, e aveva tanto denaro da non sapere come spenderlo. Ovunque andasse, in Europa, veniva fotografato e trattato come una celebrità. Frotte di donne adoranti, spesso anche manipolatrici e rapaci, lo inseguivano e gli davano la caccia come se lui rappresentasse una grande sfida. Però, ricordava a se stesso con incrollabile ottimismo, nel campo degli affari aveva ancora una gran quantità di progetti in grado di stimolare il suo interesse e di mettere alla prova la sua mente brillante.
Una delle guardie del corpo gli portò un telefono, con aria di scusa. Jax strinse i denti e capì che doveva trattarsi di suo padre. Heracles, su tutte le furie, lo coprì d'insulti per i rischi a cui si era sottoposto con la gara automobilistica, e lui rimase in silenzio, perché negli ultimi due anni aveva imparato che discutere con suo padre o cercare di blandirlo otteneva solo l'effetto contrario. Dopo la tragica morte di Argo, il vecchio Antonakos aveva sviluppato un odio viscerale per tutto ciò che poteva mettere a repentaglio la vita dell'unico figlio che gli era rimasto. Se solo avesse potuto, l'avrebbe avvolto nella bambagia e messo sotto la classica campana di vetro. Per quanto a Jax facesse piacere tutta quell'attenzione, detestava le restrizioni e le interferenze che quel nuovo interesse comportava.
Solo per quieto vivere aveva accettato le cinque guardie del corpo che lo scortavano ovunque. Ma rimaneva l'uomo ostinato e indipendente di sempre, e quando il de-siderio di sfuggire allo stress diventava più forte andava a sfidare il mare o scalava qualche montagna. Continuava anche a frequentare donne del tutto inadatte, proprio quelle che suo padre non avrebbe mai accettato di vedergli sposare.
Perché non avrebbe dovuto? Adorava essere single e libero come l'aria, e detestava che qualcuno gli dicesse che cosa doveva fare. L'unica volta che si era discostato da questo comportamento abituale, la storia era finita in modo disastroso. Così, ora si asteneva da qualunque relazione e si dedicava solo al sesso, senza complicazioni. Era successo che era fuggito con la fidanzata di un amico e si era salvato per un soffio, ricordò senza orgoglio.
Franca gli era scivolata nel letto una notte in cui era ubriaco, e il tradimento si era consumato ancor prima che lui riconoscesse con chi l'aveva compiuto. Franca, era chiaro, l'aveva semplicemente usato per sfuggire a una vita che ormai le andava stretta, ma lui non se n'era reso conto. Era caduto ai suoi piedi, tutto compreso nel ruolo di salvatore di una damigella in difficoltà, senza accorgersi di come lei fosse soltanto una manipolatrice alcolista e distruttiva. Così aveva tradito Rio, suo amico e socio in affari, e alla fine aveva pagato un conto molto salato per quella brutta storia. E la lezione gli era servita? No, che diavolo! Dopo Franca aveva commesso un secondo, gravissimo errore.
Uno sbaglio con sembianze di donna, chiaro. Quindi non voleva una moglie, tantomeno figli, e niente, neppure il desiderio inconscio di compiacere un padre rimasto troppo a lungo assente, avrebbe potuto fargli cambiare idea. Se lo ripeté guardando Kat Valtinos avvicinarsi di nuovo con un gran sorriso e due bicchieri tra le dita...
«Detesto vederti fare questo genere di lavoro» sbuffò Kreon Thiarkis tra i denti mentre sua figlia gli serviva da bere. «È umiliante.»
«Il lavoro onesto non è mai umiliante, papà» affermò Penelope sorridendo. «Non fare lo snob. Io non sono raffinata come te e non lo sarò mai.»
Kreon tacque per non ferire i sentimenti della figlia, tanto più che lei era entrata nella sua vita solo da pochi mesi e aveva una gran paura di farla fuggire, se si fosse comportato da padre opprimente. Dopotutto lei non aveva mai avuto dei genitori che si curassero di quel che faceva. A ventun anni era fiera e indipendente, nonostante l'aria smunta e i vestiti logori con cui si era presentata da lui, con la figlia di quasi due anni tra le braccia.
Il suo cuore di nonno si intenerì al pensiero della piccola Bella, che ormai era diventata la luce degli occhi per lui e per sua moglie Iola. Lui e Iola si erano incontrati troppo tardi nella vita per poter allargare la famiglia. Ora, però, erano entrambi felici di avere in casa Penelope e Bella... per quanto fosse fermamente convinto che ci fosse bisogno di un marito, che si prendesse cura di loro dopo di lui.
E sarebbe stato di certo facilissimo trovarlo, rifletté con un pizzico di frustrazione, se Penelope non fosse stata così insicura. Perché sua figlia era una meraviglia, e tutti i clienti del bar dell'albergo dove lavorava si fermavano a guardarla. Con una cascata ribelle di capelli biondi, la pelle candida e gli immensi occhi azzurri, era una bellezza classica, delicata come una bambola. Guadagnava di più con le mance di tutte le altre cameriere e come gli aveva assicurato il proprietario, che era anche un suo amico, era una grande risorsa per gli affari.
Penelope continuò il suo lavoro, dolorosamente consapevole che suo padre non lo approvava affatto. Peccato che essere una madre single fosse una sfida economica importante anche per chi poteva contare su un sostegno come quello che Kreon e Iola le avevano offerto negli ultimi mesi. Era molto contenta di essere venuta da loro in Grecia, e di aver finalmente ritrovato suo padre. Lui e sua moglie avevano riempito lei e Bella di affetto e di attenzioni. Kreon era cresciuto a Londra, figlio di un greco e di un'inglese, e si era dimostrato un padre molto disponibile. L'aveva accolta in casa senza una parola di rimprovero anche se lei, al momento del loro primo contatto, non gli aveva detto di avere una figlia.
Ma per quanto fosse disposta ad accettare l'alloggio gratuito e l'aiuto di Iola per badare alla bambina mentre era al lavoro, Penelope era decisa a fare di tutto per non pesare sulle loro spalle generose. Anche se scarso, il salario di cameriera le permetteva almeno di pagare le spese di abbigliamento e di prima necessità per sé e per la bambina, ed era già un buon risultato, per il suo orgoglio.
Mentre finiva di servire un cliente, Andreus, che era il proprietario dell'albergo, le fece cenno di avvicinarsi. «Domattina alle undici ospiteremo un importante incontro d'affari nella sala conferenze sul retro» la informò. «Vorrei che fossi tu a servire gli aperitivi. Il tutto durerà un paio d'ore, ma ti pagherò il turno intero.»
«Devo chiedere a Iola» rispose Penelope, «ma non credo che ci saranno problemi. Lei non esce quasi mai, di mattina.» E andò a servire un altro cliente che l'aveva chiamata con un cenno.
Il cliente la lusingò e cercò di ottenere il suo numero di telefono, ma Penelope sorrise educatamente e ignorò tutti i suoi sforzi, perché l'ultima cosa che voleva era proprio un appuntamento. Il fatto che avesse già una figlia spingeva gli uomini a crederla disponibile per incontri casuali. Ma lei c'era già passata, e il risultato era, appunto, una figlia. A diciannove anni, con tutta l'ingenuità di una ragazzina alla prima esperienza in fatto di sesso, non si era resa conto del guaio in cui si era cacciata se non quando era stato troppo tardi per proteggersi. Era stata scaricata con tanto disprezzo che la ferita le bruciava ancora nell'anima e rifiutava di rimarginarsi... Per questo si consentiva di pensare a lui molto raramente.
In ogni caso, a cosa serviva tormentarsi ancora per gli errori del passato? E soprattutto per il rifiuto più crudele che avesse mai subito? Niente avrebbe potuto cambiare quel che era successo. Penelope l'aveva imparato nel modo più crudele già nell'infanzia, crescendo in orfanotrofio. Il risultato era che adesso faceva una gran fatica a fidarsi degli altri e senza un buon grado d'indipendenza finiva inevitabilmente per sentirsi in trappola.
Però si sforzava di credere che la sua vita avesse avuto una svolta positiva. Per la prima volta da quando era nata aveva davvero la possibilità di cominciare a mettere radici.