Una notte a ritmo di jazz: Harmony Destiny
Di Lauren Canan
5/5
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Info su questo ebook
Nonostante il piacevole ricordo, il milionario vorrebbe liberarsi di lei, ma è tutt'altro che facile. I due, infatti, hanno in comune molto più di quanto pensino: sono entrambi intelligenti e determinati, ma non solo...
Nonostante la passione e i sentimenti tra loro siano più che mai vivi, un acceso scontro sembra allontanarli. Riusciranno a costruire le basi per un futuro insieme?
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Una notte a ritmo di jazz - Lauren Canan
successivo.
1
Cole Masters scese le scale dell'albergo dopo la riunione di lavoro, le guardie del corpo al seguito, e si incamminò verso la limousine che lo stava aspettando per condurlo in aeroporto, dove un aereo privato lo avrebbe riportato a Dallas.
La trattativa si era conclusa senza intoppi. Aveva sperato, in realtà, che la controparte sollevasse delle obiezioni, che gli desse del filo da torcere. E invece tutto era filato noiosamente liscio, secondo il solito copione.
Cole si fermò e si guardò intorno. Com'era piacevole il sole del pomeriggio che gli accarezzava il viso. E com'era bella New Orleans, The Big Easy, la città del jazz e del divertimento. Erano anni che non si faceva una passeggiata per il Quartiere Francese, con il suo allegro vociare, la sua musica. Che bei ricordi...
Improvvisamente, qualcosa scattò dentro di lui e Cole affrettò il passo.
«Potrebbe controllare se c'è un mercatino dell'usato nei paraggi?» chiese all'autista.
«Prego?»
«Lo cerchi e basta, per cortesia.»
L'uomo sparì all'interno della vettura e ricomparve qualche minuto dopo con un indirizzo.
«Perfetto. Mi ci porta?»
«Certo, signore.»
«Gene, lei e Marco potete andare» ordinò, rivolgendosi alle guardie del corpo. «C'è un aereo in attesa al Terminal D. Prendetelo e tornate a casa.»
«Signor Masters, non credo sia una buona idea.»
«Insisto. Dite al pilota di tornare a prendermi domani pomeriggio.»
Cole salì sulla limousine. «Si va a fare compere» annunciò all'autista mentre partivano, lasciando i due bodyguard sul ciglio della strada a fissarlo attoniti, come se fosse impazzito. E forse era così. Aveva voglia, una volta tanto, di fare follie, di godersi l'attimo, libero da doveri nei confronti di chicchessia. E di confondersi per qualche ora tra la folla dei passanti.
Era stanco. Stanco di tutti quei leccapiedi che gli scodinzolavano intorno, assecondandolo sempre e comunque, delle persone che lo usavano. Stanco delle solite richieste da parte dell'azienda, dei soliti schemi, di sapere in anticipo quali domande gli sarebbero state rivolte e di conoscere le risposte ancora prima che venissero pronunciate. E, soprattutto, era stanco di essere ostaggio della sua potente famiglia, una pedina da muovere strategicamente nell'intricata rete delle negoziazioni aziendali da essa condotte.
L'immagine che gli veniva chiesto di mantenere era diventata come una catena attorno al collo da cui non riusciva a liberarsi.
Si sentiva in trappola. E di conseguenza sapeva di essersi trasformato in una persona dura, cinica, arrogante. Dalla sua bocca uscivano parole che non riconosceva più come proprie. La gente cominciava a prendere le distanze da lui, e non poteva biasimare nessuno per questo.
No, non gli piaceva affatto l'uomo che era diventato, la vita che conduceva. Come presidente della multinazionale da milioni di dollari di proprietà della sua famiglia, non poteva certo dire di essere una persona felice e soddisfatta.
Dopo aver acquistato dei jeans, una maglietta, una giacca e un paio di scarpe da ginnastica, tutto rigorosamente usato, congedò l'autista, si cambiò e si incamminò per le strade della città, sperando che nessuno lo riconoscesse.
Era pronto a perdersi nella musica e nel fascino travolgente di New Orleans.
Da vicino quel tipo le metteva un senso di soggezione addosso così come da lontano. I lineamenti marcati del viso parevano segnati dall'esperienza e trasmettevano una conoscenza del mondo che aveva su di lei un effetto quasi intimidatorio. E tutto ciò emergeva con evidenza, nonostante le crescenti ombre della sera, rischiarate appena da fili di piccole lampadine appese sopra i tavoli del bistrot. I capelli color cioccolata con sfumature più chiare sembravano accendere il castano dorato dei suoi occhi. Occhi che la tentavano a guardarlo più da vicino, ad accostarsi a lui senza minimamente pensare alle conseguenze.
Aveva labbra piene, sensuali, fatte apposte per sedurre. E lei non riusciva a smettere di immaginarle incollate alle proprie, di pensare alle sue mani che le carezzavano il corpo.
Non sapeva perché, ma Tallie Finley era convinta che quel tipo a letto facesse scintille. Era alto, ben piantato, vestito con un paio di jeans che avevano conosciuto tempi migliori, una maglietta nera con una scritta sbiadita sul davanti e una giacca nera anch'essa che sembrava troppo grande persino per le sue ampie spalle. Le dava l'impressione di uno che aveva posseduto il mondo e lo aveva perso, non senza però combattere.
«E adesso, che si fa?» chiese Kate McAdams, detta Mac, scolandosi l'ultimo bicchiere di vino.
«Be', non possiamo tornare a casa senza esserci guadagnate la nostra collana di perline, no?» suggerì Ginger Barnes con una luce maliziosa negli occhi.
Lasciandosi dietro lo straniero – e non per la prima volta, dal momento che pareva che ovunque andasse, quella sera, lui fosse lì – Tallie seguì le due amiche per Bourbon Street per vivere in prima persona la folle tradizione delle ragazze che la sera del Martedì Grasso si scoprono il seno per ricevere in cambio una luccicante collana di perline.
Una tradizione di cui Tallie avrebbe volentieri fatto a meno.
Una volta raggiunto il terrazzo della loro camera d'albergo al secondo piano, si appoggiò alla balaustra e rivolse lo sguardo alla folla esultante. I ragazzi per strada agitavano fili di perline variopinte, invitando le ragazze in balconata a esibire il seno.
L'aria esplodeva di risate, fischi di gente ubriaca, grida gioiose, colori, odore di spezie e musica a volontà. Un mondo unico di cui Tallie avrebbe sentito la mancanza una volta tornata in Texas a iniziare il suo nuovo lavoro.
«Non startene lì impalata» gridò Ginger, sua amica dai tempi del liceo. «Ce le hai, mostrale, no?»
«Su, che aspetti?» la incoraggiò Mac, la terza del trio.
«Ve lo potete scordare» si rifiutò Tallie. «Ma non sarò io a fermarvi.»
«Oh, certo che no» rispose Mac con una strizzata d'occhio. «Se tu non hai il coraggio, comincio io. Devo assolutamente avere un po' di quelle collanine.»
«Lo sai che puoi comprarle in un qualsiasi negozio di New Orleans, vero?»
«Sì, ma che gusto c'è?»
Muovendo sinuosamente i fianchi, la biondina avanzò verso la balaustra e cominciò a sbottonarsi la camicetta. La folla sottostante batteva le mani e gridava sempre più forte.
Fu un attimo. Tuttavia evidentemente bastò perché gli uomini iniziarono a lanciarle fili di perline di vari colori.
«No, no, non se ne parla» scandì Tallie, scuotendo la testa, allorché si trovò gli occhi delle amiche puntati addosso. «E francamente mi sorprende che tutte e due vi prestiate a una tale... pazzia.»
«Stai dicendo che ti tiri indietro? Che sei pronta a entrare nel grigio mondo del lavoro con una laurea in tasca senza esserti concessa prima una piccola follia? No, non puoi lasciarti sfuggire un'occasione del genere.» Ginger dovette urlare per farsi sentire al di sopra della folla e della musica. Ridacchiando, vuotò il bicchiere.
Erano entrambe alticce, per la miseria, e non avrebbero smesso di bere finché non fossero state completamente ubriache.
«Ho detto no» ribadì Tallie, ridendo anche lei. Mai e poi mai avrebbe agitato le tette di fronte a un centinaio di persone esaltate da un balcone al secondo piano. Che diavolo era preso alle sue amiche? Non le riconosceva più. Poteva pure comprendere la loro voglia di darsi alla pazza gioia dopo le fatiche universitarie, ma c'era un limite a tutto. «Perché, invece, non ce ne andiamo da qualche altra parte?» Così dicendo, le strattonò verso le scale. «Ho voglia di ballare un po'.»
«A chi lo dici» concordò Ginger. «Dammi la musica giusta, un bel motivo accattivante... e ballo dappertutto. Ecco qua.» Ginger arrotolò alcuni fili di perline attorno al collo di Tallie. «Bisogna che tu sia agghindata nel modo giusto se vuoi che qualcuno ti inviti a ballare.»
«Ha ragione» aggiunse Mac, adornandola di altri fili variopinti. «Adesso sì che siamo pronte per scendere in pista. Si salvi chi può.»
Santo cielo, che diavolo avevano in mente quelle due matte?
«Qualcuna ha idea di dove andare? Immagino che, essendo Martedì Grasso, i locali migliori saranno stati presi d'assalto» sbuffò Ginger.
«Venendo qui, ho visto delle file interminabili davanti all'ingresso di un paio di discopub» dichiarò Mac. «Comunque ci sarà pure un posto dove poterci intrufolare.»
«Ora che ci penso, ho sentito parlare di un locale niente male alla periferia del Quartiere Francese. Il Gator Trap Bar and Grill, mi pare si chiami. Si trova in Bourbon Street, verso la chiesa di Sant'Anna. Sembra che servano un cocktail che chiamano Horny Crock, o forse Swamp Itch. Insomma, roba forte, ragazze» propose Ginger.
Dopo essersi messe d'accordo sulla tappa successiva, si scolarono un altro drink a testa da un chiosco per strada e si diressero verso Bourbon Street.
Il Gator Trap si rivelò un locale molto suggestivo, luci soffuse, atmosfera intima. C'erano candele su ogni tavolo e delle lampadine attorno al grande specchio dietro al bancone che ricordavano la stagione natalizia da poco trascorsa. Non c'erano altre fonti luminose. Un quartetto formato da sassofono, tromba, pianoforte e basso contribuiva a creare quel mood accattivante capace di catturare il cliente e tenerlo incollato lì.
Mentre Ginger e Mac si dirigevano verso il bagno delle signore, Tallie si sedette a uno sgabello davanti al bancone.
«Che cosa le servo?» chiese il barista rimuovendo due bicchieri sporchi e pulendo con uno straccio la porzione di ripiano davanti a lei.
«Due, per favore» disse un uomo alla sua destra mentre poggiava delle banconote sul bancone. «Non si può dire di aver conosciuto la vera New Orleans senza aver assaggiato il vostro Swamp Itch.»
Tallie si girò e sgranò gli occhi quando riconobbe il tipo misterioso che sembrava essere diventato la sua ombra, quella sera. C'era una luce divertita in quegli occhi ambrati. «A quanto pare, abbiamo gusti in comune.»
«Come l'acquario, per esempio?» Era lì che lo aveva visto la prima volta.
«E gli artisti di Jackson Square.»
«Oh, alcuni di loro sono molto bravi, vero? Non c'è stato il tempo, però, per visitare lo zoo o per fare il classico giro in barca lungo il fiume.»
«Infatti. Sarà per la prossima volta.»
La sua voce era profonda e sabbiata, decisamente molto sexy. Quando i loro drink furono sul bancone, lui propose un brindisi. «Alle nuove esperienze.»
«Alle nuove esperienze» echeggiò Tallie con un sorriso.
Tutta quella serata, rifletté, era un'esperienza nuova per lei. Aveva studiato a New Orleans, ma non si era mai goduta l'elettrizzante vita notturna della città. Era sempre senza soldi e aveva affrontato lo studio seriamente. L'archeologia rappresentava per lei una vera e propria passione.
Ginger aveva visto giusto quando aveva detto che in quel posto servivano degli ottimi drink. Un po' per l'aria calda e umida del locale, un po' per la vicinanza di quell'uomo, Tallie prosciugò il bicchiere tutto d'un fiato.
«Altri due» ordinò il suo compagno, sventolando una banconota. La posò sul bancone e si girò di nuovo verso di lei. «Balliamo.»
Non era una domanda e, quando la