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Notti di desiderio
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E-book193 pagine2 ore

Notti di desiderio

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Info su questo ebook

Avrebbe fatto l'amore con lui.

Taylor Hanson non ha mai dimenticato quel weekend di passione con Ben Bowman, il miglior amico di suo fratello Steve. Il sesso era stato incredibile, ma Ben aveva lasciato la città all'improvviso e lei non era mai riuscita a dimenticarlo. Ora si sono ritrovati a Las Vegas per il matrimonio di Steve e Taylor ha preso una decisione: per una settimana Ben sarà il suo compagno di letto. Prima di voltare pagina.

Per sette giorni.

Una maratona sessuale di sette giorni? Ben sente che può farcela. Dopotutto quella è la città del peccato! Ma con il passare delle notti, sempre più focose, Taylor comincia ad allentare le corde del suo cuore e Ben si trova di fronte a un dilemma. Taylor è la donna giusta per lui, ma come farà a convincerla a non uscire dal suo letto e dalla sua vita?
LinguaItaliano
Data di uscita9 mag 2016
ISBN9788858948484
Notti di desiderio
Autore

Jo Leigh

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Notti di desiderio - Jo Leigh

    Taylor

    1

    Solo a Las Vegas

    Mentre si avviava al ritiro bagagli dell'aeroporto, Ben scrutò la folla davanti alla slot-machine. Una dozzina di turisti guardò rallentare la ruota della fortuna che si fermò sul numero 20. Un gemito collettivo manifestò la delusione e Ben si meravigliò ancora una volta dell'ingenuità degli esseri umani.

    Bastava dare uno sguardo allo Strip per capire che a Las Vegas non regalavano soldi. Ma la maggior parte della gente vi veniva in cerca di magia. Per il giro della ruota, la carta giusta che li avrebbe liberati dalla fatica quotidiana di dover lavorare per guadagnarsi da vivere. Volevano sognare e non c'era posto sulla terra capace di vendere meglio quel sogno.

    Certo, anche a lui piaceva fare una partita a poker di tanto in tanto, ma non si faceva illusioni su possibili colpi di fortuna. Credeva nel lavoro duro e nella perseveranza. La fortuna avrebbe potuto essere quella di trovarsi al posto giusto nel momento giusto.

    Superò i negozi che vendevano a prezzi esorbitanti giacche di pelle, ciondoli pacchiani e magliette, e alla fine arrivò all'ascensore che lo avrebbe portato alla zona del ritiro bagagli.

    Qualche minuto dopo era già in taxi diretto all'Hard Rock Hotel.

    Durante il tragitto guardò fuori dal finestrino il panorama di Las Vegas. L'Hard Rock non si trovava sullo Strip, ma due isolati a est. Restava tuttavia uno dei più alla moda dei grandi alberghi. Non vi aveva mai alloggiato, ma aveva cenato al Nobu e al Pink Tako. Bel posto, se a uno piaceva quel genere di cose. A lui no. Preferiva di gran lunga un lago di montagna e una canna da pesca. L'ostentazione e il glamour lo irritavano, ma quello era il matrimonio di Steve e per lui sarebbe andato anche sulla luna.

    Tuttavia, era perplesso. Steve Hanson era stato il suo miglior amico fin dalla quinta elementare e, anche se dopo il college non avevano vissuto nella stessa città, si ritrovavano due volte l'anno per andare a pesca d'alto mare. Il fatto che Steve avesse le barche rendeva le cose più facili. In verità, cinque erano ormeggiate a San Diego, la loro città natale. Steve si era rifiutato di seguire il genere di vita impiegatizia del padre per fare ciò che più gli piaceva. Aveva cominciato con una barca, la Golden Mermaid, e nel corso di dieci anni aveva accresciuto la sua flotta e dava l'impressione di essere un uomo davvero felice. Quello che Ben non capiva era perché fosse sul punto di cambiare tutto.

    Non aveva parlato con Ben della sua decisione. C'era stata solo una telefonata con cui Steve gli aveva chiesto di andare a Las Vegas a fargli da testimone. Aveva detto che la sua fidanzata si chiamava Lisa e che era la cosa migliore che gli fosse mai capitata. Aveva detto anche che intendeva tenere la flotta, ma trasferirsi nel Kansas a lavorare per il padre di lei che aveva una industria aerospaziale. Era quello che lo lasciava perplesso. Steve odiava la vita aziendale e aveva sempre rifiutato le proposte del padre di entrare nell'organico della sua società di assicurazione. Perché adesso sì? Perché quel matrimonio?

    Il taxi entrò nel passo carraio sotto la grande chitarra che era il logo dell'Hard Rock. Il parcheggio era al completo e all'entrata un portiere in uniforme cercò di aiutarlo, ma Ben portò personalmente la valigia alla reception. La sua camera, al quattordicesimo piano, era già pronta e lui salì subito.

    L'atrio della lussuosa suite aveva pareti dorate, moquette verde, un divano semicircolare con un tavolino nero rotondo, un mobile bar e, dietro le tende rosso scuro delle portefinestre, si godeva della vista favolosa dello Strip. La camera da letto non era altrettanto elegante, ma comunque bella. Due grandi letti con la testata in pelle e TV integrata al posto del solito armadio.

    Buttò la valigia sul letto, poi notò la luce lampeggiante sul telefono. Premette il pulsante per avere il messaggio. Era Steve che lo invitava a cena. Si sarebbero incontrati alla reception fra tre ore, il tempo necessario a Ben per fare una doccia e un pisolino. Steve concludeva il messaggio dicendo che ci sarebbe stata anche Taylor e che la sorella aveva molta voglia di rivederlo.

    Taylor.

    Ben riattaccò, ma non si mosse. L'aveva conosciuta da bambina, era la sorellina di Steve. Lei li seguiva sempre, voleva essere al centro della loro attenzione e divertirsi insieme a loro. Quando la evitavano, scoppiava a piangere.

    Ma soprattutto ricordava l'ultima volta in cui l'aveva vista. Era stato dieci anni prima, quando lei aveva preso il diploma di maturità. Lui era stato a casa dei suoi per il loro trentesimo anniversario di matrimonio e si era fermato una settimana mentre loro partivano in crociera per una seconda luna di miele. Un venerdì pomeriggio Taylor era andata a trovarlo e vi era rimasta fino alla domenica.

    Era diventata una vera bellezza e quando gli si era offerta, lui non aveva avuto la forza di volontà per respingerla.

    Era stato uno dei finesettimana più eccitanti della sua vita. Al momento degli addii, lei aveva pianto, ma probabilmente più per la fine di un sogno che non di crepacuore.

    Taylor era poi partita per il college e una nuova vita in cui non ci sarebbe stato più spazio per le cotte adolescenziali. Lui era tornato a New York, nelle forze di polizia, determinato a diventare sergente. Qualche tempo dopo, era stato assolutamente certo che Taylor si fosse dimenticata di lui.

    Sarebbe stato bello rivederla. Secondo Steve, non si era mai sposata. Ragazza in gamba.

    Guardò l'ora e si alzò. Non voleva essere in ritardo per la cena.

    Prima di uscire, Taylor si controllò un'ultima volta. I capelli non erano troppo raccapriccianti, si era truccata con cura e dopo essersi provata tutti i vestiti che aveva portato con sé aveva finito con il mettere un delizioso abitino di Michael Kors preso in un costoso negozio di vestiti usati. Era nero, senza maniche e aderente come un guanto e faceva sembrare il suo seno più grosso di quanto fosse. Avrebbe dovuto tirare in dentro lo stomaco per tutta la sera, ma ne sarebbe valsa la pena. Voleva che Ben restasse a bocca aperta vedendola. Tirò in dentro lo stomaco, ma rendendosi conto di non poter passare tutta la notte senza respirare, vi rinunciò augurandosi che a lui piacessero le maniglie dell'amore.

    Prese la borsa, controllò di avere la chiave della camera e si avviò all'ascensore, il cuore che le batteva più forte a ogni passo.

    Quando raggiunse il piano del casinò, stava praticamente iperventilando. Che cosa si era messa in mente? Non lo vedeva da dieci anni, non aveva idea di che vita lui conducesse. Per quanto ne sapeva, poteva essersi fatto accompagnare da una ragazza. Steve non aveva accennato a eventuali fidanzate di Ben, ma Steve era notoriamente poco portato al pettegolezzo. Sulle sue barche aveva ospitato un sacco di gente famosa e quando mai le aveva raccontato qualche dettaglio piccante? Lo odiava per quello.

    E odiava sentirsi agitata. Non avrebbe funzionato. Si appoggiò a una vetrina in cui erano esposti i costumi di scena di Shania Twain. Poi raddrizzò le spalle e inalberò un sorriso stereotipato. Quella serata era in onore di suo fratello. Insomma, non aveva ancora conosciuto Lisa, la sua futura cognata. Con quel pensiero in mente, si diresse di nuovo verso l'atrio fra un suono di campanelli, monete, musica e chiacchiere.

    E se non fosse riuscita a conquistare il suo uomo? Be', in fondo era a Las Vegas, no? Qualcosa avrebbe rimediato.

    Ben individuò Steve di fianco al poster di Jimi Hendrix. Teneva il braccio intorno a una bionda alta e sottile. Anche se accigliata, era comunque carina. Non il solito genere frequentato da Steve, che tendeva al tipo Coniglietta di Playboy. Portava dei pantaloni bianchi, un top azzurro e una giacca bianca dal taglio molto classico. Più Midwest che sud California. I capelli ordinati non le arrivavano alle spalle e anche le scarpe e la borsa erano bianche e classiche. Si sarebbe sentita a proprio agio al circolo del golf, non su una delle barche di Steve.

    Ben continuò a camminare scuotendosi di dosso le sue prime impressioni. Se c'era una cosa che aveva imparato era che le apparenze non contavano niente. Avrebbe giudicato Lisa per quello che celava dietro il look Ralph Lauren.

    Steve si voltò e sorrise come se avesse appena pescato un pesce spada di cento chili. «Ben, vecchio bastardo!»

    Ben scosse la testa. Grazie al cielo, c'erano cose che non cambiavano mai. «Non sapevo che facessero entrare gente come te. Dov'è la sorveglianza?»

    Steve lasciò andare la sua ragazza e abbracciò Ben. «Grazie per essere venuto.»

    «Oh, non c'è di che. Non potevo certo permettere che ti sposassi senza di me, no? Qualcuno deve pur dire alla tua fidanzata in che guaio sta per cacciarsi.»

    Steve rise. «Lei è Lisa» disse muovendosi verso la sua ragazza.

    Ben amò il sorriso di Lisa. Vista da vicino era bella, ma di una bellezza discreta. Gli occhi azzurri parvero un po' esitanti, come se lo stesse giudicando. «Piacere di conoscerti, Lisa.»

    «Steven mi ha parlato molto di te.»

    «Ah! Ricorda, sono innocente fino a prova contraria.»

    Ridendo, lei prese Steve per il braccio. «Pensi che dovremmo chiamare tua sorella? Non vorrei perdere la nostra prenotazione.»

    «Concediamole altri... Aspetta. Ecco che arriva.»

    Ben seguì la direzione dello sguardo di Steve. Non era affatto preparato a quello che stava per vedere.

    Vedendo Ben Bowman, Taylor rallentò. Accidenti. Era decisamente cambiato. Era diventato l'uomo più bello su cui avesse mai posato gli occhi.

    Le ginocchia minacciarono di cederle, ma si concentrò su come mettere un piede davanti all'altro senza cadere sul sedere. Non seppe che cosa guardare per prima cosa. No, non era vero. Gli zigomi. Erano ancora più cesellati di come li ricordava. Gli occhi sembravano più scuri, ma doveva avvicinarsi per esserne sicura. Portava ancora i capelli lunghi, appena sotto le orecchie, e non erano ben pettinati. Anzi, sembrava uno appena sceso dal letto.

    Morì dalla voglia di infilargli le dita in quelle ciocche scure, di vedere quelle labbra familiari incurvarsi in un sorriso malizioso.

    Bene, era tornata al suo piano originale. Andare a letto con lui o morire provandoci. Poteva farcela. Doveva farcela. Accidenti, c'era un lungo divano su quel lato dell'atrio che aveva l'aria molto comoda.

    Alla fine, qualche secondo prima di essergli abbastanza vicina da potergli parlare, abbassò lo sguardo. Il corpo era meraviglioso come nei suoi ricordi. Forse non altissimo, ma perfettamente proporzionato. Portava dei jeans consunti con stivali da cowboy, camicia bianca, niente cravatta, giacca verde bosco. Delizioso.

    Non era possibile che non avesse una ragazza.

    «Taylor?»

    Trasalendo, lei guardò il fratello. «Ciao.»

    Steve rise scuotendo la testa. «Vedo che ti ricordi di Ben.»

    Lei avvampò in viso e cercò di concentrarsi sul fratello e sulla futura cognata. «Allora, non vuoi presentarmi?»

    Steve cinse le spalle della donna con il tailleur bianco. «Taylor, lei è Lisa. La donna che mi ha cambiato la vita.»

    Sorridendo, Taylor si mosse per darle un lieve bacio impacciato. Dire che era sorpresa era minimizzare. Così quella era Lisa? Quella ragazza elegante e per bene? Non era possibile. Guardò Ben e capì di non essere l'unica a trovare la cosa strana.

    Ma non era giusto da parte sua. Non le aveva nemmeno parlato, perciò forse Lisa nascondeva l'anima di una donna sfrenata.

    «Avete fame?»

    Taylor si rivolse al fratello. «Da lupi. Dove mangiamo?»

    «Pensavo di andare al Grand Luxe

    «Bene.»

    Steve guardò Lisa con espressione adorante. «Vado a chiamare un taxi» disse.

    «Ti accompagno. Diamo a Taylor e Ben la possibilità di riprendersi.»

    I due si allontanarono, lasciandola sola con lui in preda a un grande imbarazzo.

    «È passato un po' di tempo» iniziò Ben. «Sei in gran forma.»

    «Grazie. Anche tu.»

    Nel momento in cui i loro occhi si incontrarono, lei fu persa... tornò diciottenne, spaventata ed elettrizzata allo stesso tempo.

    Ben la squadrò da capo a piedi. La sua figura era cambiata, ma in meglio. Adesso i fianchi erano più femminili, il seno perfetto. Ma aveva ancora la pelle serica di una ragazzina.

    Quel finesettimana di tanto tempo prima lo aveva sconvolto, gli aveva fatto capire che cosa significasse fare davvero l'amore e non solo sesso. Ma mai una volta aveva pensato di poter ripetere l'esperienza. Ora sarebbe stato disposto a implorare, se necessario.

    2

    «Sarà meglio andare» disse Taylor. «Probabilmente il taxi sarà già arrivato.»

    «Giusto.» Ben aspettò che lei si avviasse prima di seguirla e metterle la mano sul fondoschiena. La sentì fremere al contatto.

    Lei si schiarì la gola. «Così vivi a New York.»

    «Già. Manhattan.»

    «Amo quella città. Dove stai esattamente?»

    «Un tempo la chiamavano Hell's Kitchen, la cucina dell'inferno, adesso è quasi trendy come Tribeca.»

    «Il che non ti rende felice, immagino.»

    «Infatti. Ma non ci posso fare niente. Ho l'ufficio nello stesso palazzo, due piani più sotto. Non mi va di traslocare.»

    «Com'è il lavoro dell'investigatore privato?»

    «È proprio come nei film. Bar fumosi, musica jazz in sottofondo, donne peccatrici, uomini dal passato oscuro e con pistole non denunciate.»

    «Carino» disse lei mentre uscivano.

    Il caldo lo colpì di nuovo come al suo arrivo all'aeroporto. Non che a Manhattan

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