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Una donna al bivio: Harmony Collezione
Una donna al bivio: Harmony Collezione
Una donna al bivio: Harmony Collezione
E-book166 pagine2 ore

Una donna al bivio: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Che tempestività!

Sara Walkman non sa come reagire: deve ringraziare lo sconosciuto per averla sottratta alle sgradite avances del suo ex fidanzato, oppure prenderlo a schiaffi per averle procurato il licenziamento in tronco dal lavoro?

Ancora sotto choc, decide di...
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2017
ISBN9788858965795
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    Anteprima del libro

    Una donna al bivio - Rosemary Carter

    successivo.

    1

    «No!» sbottò la cameriera.

    «Andiamo, un poveretto deve pur divertirsi» insistette l'uomo.

    Lei osservò le braccia tatuate e i vestiti umidi di sudore. «Ho detto di no» ripeté.

    Sterling Tayler, che osservava la scena dal tavolo vicino, intuì che la donna era molto tesa. Per un attimo pensò che stesse per rovesciare il vassoio, su cui erano sistemati caffè, un piatto con delle uova, bacon e patatine fritte, addosso al cliente.

    Invece la cameriera sospirò profondamente, tenne ancora più saldamente il vassoio, e fece un passo indietro.

    A differenza di Sterling, l'uomo tatuato non sembrava rendersi conto di essere stato molto vicino a ritrovarsi la cena addosso e, ammesso che ne possedesse, la sua dignità umiliata.

    «E dai!» cercò di persuaderla con un'altra sonora pacca sul fondoschiena. «Non ho cattive intenzioni, voglio solo divertirmi un po' prima di ripartire» le spiegò.

    «Non con me» rifiutò lei aumentando ulteriormente la distanza che la separava da lui. Sul viso della ragazza era dipinta un'espressione di rabbia, ma gli occhi erano spaventati. Non era la prima volta che Sterling notava quello sguardo, come non era la prima volta che la osservava difendersi dalle attenzioni indesiderate di qualcuno.

    «Ho passato dodici ore al volante del mio camion, devo ancora raggiungere Sacramento per scaricare la merce. Perché non puoi essere un po' carina con il vecchio Johnny e non gli dai un bacio? Tanto me ne vado subito.»

    «Non osare mettermi le mani addosso un'altra volta o te ne pentirai, credimi» lo ammonì la cameriera.

    Era evidente che Sara, sapeva che quello era il suo nome, perché aveva sentito un'altra ragazza chiamarla, si sforzava di mantenere il controllo. Sterling si chiese se si trattasse solo di una minaccia o se lei fosse davvero pronta a reagire. Intanto il suo pranzo si freddava, ma lui continuava a osservare la scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi.

    Sara lo affascinava così profondamente che erano tre giorni di fila che pranzava lì. Durante il suo primo soggiorno in quella cittadina californiana, appena alle porte di San Francisco, aveva posteggiato per caso nei paraggi di quel locale. Vi era entrato per rinfrancarsi con una tazza di caffè, prima di proseguire per la Napa Valley dove si trovava la sua impresa vinicola. Per essere uno che non amava le tavole calde, tre giorni di fila erano un sacco di tempo. Soprattutto considerando che gli occorreva più di un'ora di strada per raggiungere il locale.

    Era tornato per Sara. All'inizio aveva notato di sfuggita il suo visetto grazioso e la bella linea. Dopo tre giorni, erano gli occhioni tristi a intrigarlo, a fargli desiderare di conoscerla.

    Il viso di Sara era perfettamente ovale ed era sostenuto da un collo incredibilmente sottile. Le labbra erano piene e avevano gli angoli girati all'insù. Erano gli occhi, però, ciò che colpiva maggiormente chi la guardava. Grigi, con una spruzzata di blu, erano grandi e a mandorla.

    Sterling desiderava vedere Sara sorridere, ma fino a quel momento non era mai capitato: l'aveva sempre colta con quell'espressione triste e turbata.

    Non era solo per il suo aspetto che tornava alla tavola calda giorno dopo giorno. Lei aveva un'aurea di fragilità che lo irretiva, lo faceva sentire preda di un'emozione sconosciuta. Era la vulnerabilità di lei a catturarlo. Sara, infatti, dimostrava una certa sicurezza, per esempio nel replicare al camionista, ma Sterling era sicuro che si trattasse di una messinscena.

    Paula, un'altra cameriera, prese Sara da parte e Sterling era abbastanza vicino da poter sentire cosa si dicessero.

    «Non sono neanche due settimane che lavori qui, cara. Col tempo capirai che i tipi come Johnny non sono cattivi.»

    «Odio essere toccata» replicò fiera Sara.

    «Allora, bellezze? Che fine ha fatto la mia roba?» urlò l'uomo tatuato.

    «Arriva subito, Johnny» lo rassicurò Paula e fece notare a Sara che aveva ancora in mano il vassoio.

    «Non me ne ero accorta» ammise lei.

    «Portagli il pranzo; non è poi così cattivo, credimi» le ripeté la collega.

    «È un perdigiorno. E non ha nessun diritto di mettermi le mani addosso.»

    «Parlare di diritto a uno come Johnny, cara mia, è come cercare un ago in un pagliaio. Gli entra da un orecchio e gli esce subito dall'altro» commentò Paula.

    Sterling sorrise per quella manifestazione di saggezza, ma notò che Sara non era affatto divertita.

    «Non lo sopporto, non permetto a nessuno, capisci? A nessuno di toccarmi.»

    «Va, bene, Sara, ho capito. Dammi il vassoio di Johnny, glielo porto io.»

    «Davvero?»

    «Ma sì, a me non importa. Dammi quel benedetto vassoio che il capo ci sta guardando. Se Johnny lascia la mancia è tua.»

    «No, non è giusto, è il mio lavoro e non posso permettere a quel tipo di spaventarmi. Grazie lo stesso, vado io» cambiò idea Sara.

    Sterling stava quasi per alzarsi e applaudire. Evidentemente Sara non si lasciava mettere i piedi in testa da un bullo. Gli occhi della ragazza esprimevano ora determinazione e desiderio di farsi valere.

    Anche quello sguardo non era nuovo a Sterling. Ciò che più lo confondeva degli occhi di Sara, infatti, era lo strano miscuglio di timore e forza, di vulnerabilità e fierezza. Quella donna rappresentava per lui un mistero, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.

    La vide deporre il vassoio sul tavolo di Johnny e allontanarsi subito. Poi, con la caraffa in mano, andò al tavolo a cui sedeva Sterling. «Desidera dell'altro caffè, signore?» gli chiese cortesemente.

    Aveva una bella voce, una voce con cui lui avrebbe volentieri conversato. E avrebbe tanto voluto sentirla ridere. Anche il suo modo di parlare si distingueva da quello delle altre cameriere che si limitavano a chiedere: «Ancora caffè?». Insomma, Sara apparteneva a una classe decisamente superiore a quella della tavola calda.

    Per qualche ragione sconosciuta, lei lo guardò dritto negli occhi come incuriosita, come se qualcosa che lui aveva detto l'avesse sorpresa. Durò solo un attimo, pochi secondi dopo gli stava versando dell'altro caffè.

    «Non fargliela passare liscia» le consigliò accennando in direzione di Johnny.

    Lei si limitò ad annuire, non sembrava aver voglia di parlare. Sterling bevve il suo caffè e indugiò ancora un po', malgrado quel giorno avesse altro di cui occuparsi. Stava appunto pensando al proprio lavoro, quando un urlo lo distrasse.

    Alzò il capo e fece in tempo a vedere Sara che scostava irritata la mano che le aveva dato un pizzicotto sul retro della minigonna nera. «Ti avevo pur avvertito! Ti avevo detto di non provarci!» urlava indignata.

    «Calmati, cara» intervenne Paula.

    «Ha ragione, vedi di calmarti» le fece eco Johnny, affatto pentito. «Rilassati, divertiti» insistette con una sonora risata.

    Sterling dovette tener controllata la propria rabbia mentre quello si alzava e si avvicinava a Sara. Lei indietreggiò tenendo lo sguardo fisso sul suo tormentatore e andò a sbattere contro la mole del suo capo, comunemente noto come Big Bill, che li aveva raggiunti. La collisione provocò uno spruzzo di caffè bollente che fuoriuscì dalla caraffa retta da Sara e finì sui vestiti di Johnny.

    «Maledetta stupida! Mi ha scottato, quella scema, Big Bill» piagnucolò Johnny.

    «Non ho fatto apposta, è stato un incidente. Tu mi sei venuto addosso, Big Bill» osservò lei.

    «Di cosa diavolo parli? E perché non stai un po' più attenta? Imbranata, non ti ho ancora visto portare più di due piatti alla volta. E poi sei lentissima» la attaccò il capo e si preoccupò del cliente. «Tutto a posto, amico?» gli chiese ansioso.

    «Neanche per idea! Sono sporco e bagnato e non sarò a casa che tra alcuni giorni, non posso nemmeno cambiarmi. Mi dici tu come faccio, Big Bill?» protestò Johnny. «Hai intenzione di mettere le cose a posto?» insistette.

    «Non farti venire un colpo, calmati, ti pago io la lavanderia» lo rassicurò il proprietario fulminando Sara con un'occhiataccia.

    «Con la paga della ragazza, voglio sperare.»

    «Ovvio. Credevi usassi i soldi della cassa?»

    «La mia paga?» impallidì Sara.

    «Hai sentito benissimo» tagliò corto Big Bill e controllò il tavolo a cui Johnny aveva mangiato. «Cos'hai preso, amico? Uova, bacon e patatine? Ottima scelta, adesso Sara te ne porta un'altra porzione, offerta dalla casa» propose.

    «Pedala!» le ordinò Johnny.

    A quel punto Sterling ribolliva di rabbia. Aveva trentaquattro anni e non ricordava quando era stata l'ultima volta che si era sentito così protettivo nei confronti di una donna. Quella scena, la ragazza fragile, i due uomini rozzi, le cameriere che stavano a guardare masticando la gomma... tutto lo invitava a portare via Sara con sé, a salvarla dall'umiliazione e dall'imbarazzo. Fu solo grazie alla sua forza di volontà che riuscì a non intervenire.

    «Vado io» propose Paula.

    «Niente da fare, ci va Sara» borbottò Johnny.

    «Ti decidi a muoverti?» intervenne Big Bill.

    «Big Bill, per piacere...» cominciò lei.

    «Lo hai sentito, no?» ritorse il viscido Johnny e, sbalordendo Sterling, si alzò per dare un altro pizzicotto a Sara.

    Era troppo! Sterling balzò in piedi e raggiunse il gruppetto. Afferrò la manaccia del camionista e la scostò da Sara, torcendogli il braccio dietro la schiena. «Lascia in pace la signorina» gli intimò.

    Johnny emise un gemito di dolore, poi alzò la mano libera a pugno, ma Big Bill lo fermò. «Non ammetto risse, conosci le regole» gli ricordò.

    «Le tue regole devi spiegarle a questo qui» protestò Johnny.

    «Lei non si immischi» lo ammonì Big Bill.

    «Vieni fuori con me e sistemiamo la faccenda» lo sfidò Johnny.

    «No, e non perché non credo di non poterti battere» rifiutò Sterling e si rivolse al proprietario. «Questa ragazza è stata molestata, perché non è intervenuto a difenderla?» gli chiese.

    «È una mia cameriera e io mi sto occupando dell'accaduto.»

    «Ho ben visto come se ne occupava» osservò ironico Sterling.

    «Lei non capisce.»

    «Capisco fin troppo bene, Bill. Capisco che quest'uomo non ha mai imparato a ricevere un no come risposta. Sarebbe ora che finalmente imparasse.»

    «Senti un po', tu...» cominciò Johnny, ma uno strattone di Big Bill che lo teneva fermo lo azzittì.

    «La prego, non crei tanta agitazione per me» gli chiese inaspettatamente Sara, pallidissima.

    Agitazione? Sterling la guardò stupito, chiedendosi di cosa mai stesse parlando. Non aveva capito che cercava di aiutarla?

    «Questa qui ha creato solo problemi dal minuto stesso in cui ha cominciato. Come cameriera non vale niente e con i clienti, poi... Se la prende a male se uno è amichevole.»

    «Non dovrà preoccuparsene ancora per molto. Dica, quanto le deve?» domandò Sterling.

    «Cosa?» lo fissò allibito Big Bill.

    «Ha sentito benissimo, le ho chiesto quanto deve alla ragazza.»

    «No, la prego!» lo implorò Sara, ma Sterling la ignorò.

    «Mi sta forse dicendo che si licenzia?» chiese Big Bill.

    «All'istante.»

    «No! Big Bill, non ascoltarlo, per favore. Non conosco quest'uomo, non ha alcun diritto di decidere per me. Big Bill...» reagì disperatamente Sara e pose una mano sul braccio del suo datore di lavoro. Lui la scostò immediatamente e non le rispose. «Dalla paga va detratto il conto della lavanderia per gli abiti di Johnny» spiegò a Sterling.

    «Sara non è per niente obbligata a pagare la lavanderia

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