Parole come il fuoco: Harmony Destiny
Di Bj James
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Parole come il fuoco - Bj James
successivo.
Prologo
Lungo la costa di Lowcountry nel Sud Carolina, dove le acque di fiumi impetuosi si riversavano in mare, si estendeva un paradiso di meraviglie ineguagliabili. Lungo le rive, la vegetazione era varia e rigogliosa. Il terreno era caratterizzato da curiosi contrasti: spiagge di sabbia lambite dalle onde, paludi melmose delimitate da antiche foreste marittime. E tutto popolato da una moltitudine di creature.
In questo reame di palme, estuari e fiumi, ombreggiati da imponenti querce, si trovava Belle Terre. Co-me una perla incastonata fra smeraldi e zaffiri, la piccola cittadina descriveva con il nome l'intera provincia. Belle Terre, terra bellissima. Città bellissima.
Una città elegante, meravigliosa. Un dono per l'anima, un piacere per i sensi, adornata da antichi palazzi imponenti, che costeggiavano strade alberate. Qui si susseguivano stretti giardini recintati, ricchi di piante e fiori, fra cui camelie, azalee, gelsomini e magnolie.
Immersa nella storia, Belle Terre era una provincia ricca di contraddizioni. Vi si potevano trovare arro-ganza e umiltà, crudeltà e gentilezza, insolenza e cordialità, onore e depravazione, odio e amore.
Belle Terre era terra di passione, amore e scandali.
1
«Linc! Oh, Lincoln.»
Il rumore si affievolì. Lo scalpitio degli zoccoli di un cavallo echeggiava nel pascolo silenzioso di Belle Reve. Sospirando per la mancanza di un momento di tranquillità, consapevole di aver appena trascorso un altro giorno uguale agli altri, prima come veterinario, poi occupandosi della storica piantagione di famiglia, Lincoln Cade terminò l'ispezione della staccionata che mostrava segni di cedimento. All'ombra del malconcio cappello da cowboy, fissò la luce inclinata del sole al tramonto sulla lussureggiante vegetazione e le distese di campi, tipiche del paesaggio del Sud Carolina.
Cavallo e cavaliere erano solo un'ombra scura sulla distesa verdeggiante. Stranito dall'insolita espressione di Jesse Lee, Lincoln avanzò, afferrando le redini del cavallo non appena si fu fermato. D'istinto, facendo cenno al cavallo di calmarsi, chiese: «Cosa c'è che non va, Jesse? È per Gus?».
«No, ragazzo. Non ha niente a che fare con tuo padre» spiegò il cowboy, «niente che un tranquillante non possa calmare.»
Lincoln rise. «Quante volte ti ha licenziato oggi?»
«Una dozzina.» La laconica risposta accompagnò un ghigno beffardo.
«Quante volte hai minacciato di andartene, per tornare in Arizona?»
La bocca di Jesse Lee si allargò, increspando la massa di rughe che gli solcavano il volto logoro. «All''incirca lo stesso numero di volte.»
«Ma se Gus non c'entra, allora che fretta c'è?»
Toccandosi la tasca, Jesse ne estrasse una busta che porse a Lincoln. «L'ha spedita l'ufficio postale di Belle Terre perché recava il timbro urgente, apposto personalmente da un ufficiale postale in Oregon. Pensavo che avrebbero potuto aspettare e dartela per cena, ma Miz Corey ha detto di no. E quando Miz Corey dice no... Dubito che quando l'ha assunta per tenere in ordine la casa a Belle Reve, Gus immaginasse che avrebbe comandato a bacchetta anche lui e la piantagione. Comunque, mi ha chiamato e mi sono precipitato a portartela.»
Lo sguardo del cowboy si posò sulla busta. Lincoln non ci fece caso, non aveva occhi che per il francobollo.
«Strano, vero?»
Quando il cavallo nitrì, il commento di Jesse giunse a Lincoln e lo distrasse.
«Strano? Perché?»
«Non so» grugnì Jesse, «mi colpisce che l'abbia spedita un ufficiale postale in Oregon. Spero che non siano brutte notizie. Già sono difficili da digerire, ma per posta è ancora peggio.»
Lincoln afferrò la busta. «Pensi che siano brutte notizie?»
Gli occhi dei due uomini si incontrarono, poi Jesse rispose: «Non so chi conosci in Oregon, ma ho una strana sensazione. Quando Miz me l'ha data, ho sentito un brivido lungo la schiena».
Oregon. Lincoln non ci pensava più da molto tempo. Non aveva voluto. Finora.
Abbozzò un sorriso, ricordando che il vecchio cowboy era esageratamente superstizioso. Un'osses-sione che andava ben oltre le scale e i gatti neri. «Io non avverto nessuna strana sensazione, Jesse. Quindi, forse è tutto a posto.»
«C'è solo un modo per scoprirlo.» Il vecchio attese in un misto di preoccupazione e curiosità. «Non la apri?»
«Quando avrò finito.» Si mise la busta in tasca, domandandosi se fosse il caso di assecondare le cupe premonizioni di Jesse e aprirla subito. «La leggerò dopo.»
«In altre parole, che siano buone nuove o cattive, la leggerai da solo.»
«Sì. Qualunque cosa sia.»
«Dannazione. Non che siano affari miei... comunque... chi conosco in Oregon?»
«Non so, Jesse, chi conosci in Oregon?»
Picchiettando leggermente il dorso del cavallo, il vecchio lo spronò e quando il rumore degli zoccoli coprì la sua voce, rispose: «Nessuno».
Cavallo e cavaliere stavano scomparendo all'orizzonte, quando Lincoln posò il martello ed estrasse la busta dalla tasca. A testa bassa, con il volto ombreggiato dalla tesa del cappello, fissò il francobollo. Poi inspirò profondamente, ruppe il sigillo, ed estrasse il contenuto.
Ne uscirono tre buste: una di un ufficio postale in Oregon e le altre due legate insieme da un nastro rosso. Aprì prima quella dell'ufficio postale.
«Egregio signor Cade» lesse a voce alta, con lo sguardo che oscillava rapido sulla carta, «in qualità di ufficiale postale, le porgo le mie scuse per la ritardata consegna di queste lettere. A causa della grave malattia che ha colpito il mio predecessore, sfortunatamente alcune lettere sono state messe da parte e mai recapitate. Fra queste le due che le invio. Spero sinceramente che il ritardo non le crei troppo disagio. State certo che è stato fatto tutto il possibile per...»
Lincoln fissò le buste, con quegli strani nastri vermigli baciati dal sole. Erano affrancate con gli stessi francobolli di quel piccolo villaggio in Oregon. Le date differivano di due settimane l'una dall'altra e l'indirizzo era scritto a mano. Sulla prima la grafia era quella di un uomo che conosceva da sempre e l'altra era stata scritta da una donna. Una donna che, nonostante tutte le bugie che si era raccontato, non aveva dimenticato, sebbene fossero passati sei anni.
Ripiegò il foglio di scuse e si concentrò sulle due buste, indeciso su quale avrebbe aperto per prima. Infine si risolse: avrebbe seguito l'ordine cronologico dei timbri postali.
Con una fitta al cuore, sollevò il lembo della prima, estraendo un solo foglio di carta. E lesse. Quando ebbe terminato, fece lo stesso con la seconda, lentamente. Infine, il suo sguardo si levò verso l'orizzonte.
Quei giorni sempre uguali improvvisamente furono spazzati via dalla fugacità di quell'attimo. Ciò che sembrava immutabile, non lo era più. Ora tutto era cambiato, irrevocabilmente. Impietosamente. Ora era troppo tardi.
Alzandosi, afferrò gli strumenti da lavoro e li assicurò alla sella. Il recinto poteva aspettare. Sciolse le redini del cavallo dal ramo a cui le aveva assicurate e saltò in sella. Come era solito fare, il cavallo si diresse verso casa. Verso Belle Reve. «Non ancora, Diablo» mormorò Lincoln, «prima dobbiamo andare in un posto.»
Spronò lo stallone al galoppo e lo guidò oltre la staccionata, fino a imboccare un sentiero poco battuto. Poi si lasciò condurre da Diablo, fidandosi del suo istinto, certo che avrebbe riconosciuto la strada. A poco a poco, si perse nei propri pensieri, ricordando i tempi passati... gli amici perduti.
Il pascolo occidentale di Belle Reve non distava molto dalla destinazione del suo viaggio, ma quando cavallo e cavaliere emersero dalla boscaglia nella radura, il sole era sceso dietro gli alberi, cospargendo i rami e le foglie di polvere d'oro. Questa era la terra degli Stuart. Una rovina per i Cade, assetati proprietari terrieri, un paradiso per gli altri.
Gli Stuart si erano insediati qui, costruendo una fattoria ai margini della radura, vicino al torrente. Un torrente che segnava i confini fra le proprietà delle due famiglie, serpeggiando fino al fiume per poi raggiungere il mare.
Un tempo quasi non trascorreva giorno senza che Lincoln passasse un'ora o due in questo posto proibito. Ora, ordinando a Diablo di fermarsi, si rese conto che erano passati anni dall'ultima volta che era stato nel proprio rifugio.
Nascosta dietro a un mucchio d'erbacce, che si insinuavano liberamente tra fiori e piante, la fattoria non era cambiata. O almeno sarebbe stato così se non si fosse avvertita la mancanza di calore umano. Mentre saliva le scale, un'asse marcia si sbriciolò sotto il suo peso, scuotendolo, facendogli ricordare che erano passati più di sei anni da quando Frannie Stuart aveva vissuto ed era morta in quel luogo. Più di sei anni da quando aveva intriso quella casa d'amore e risate.
Quante volte era corso lì da ragazzo, precipitandosi da una fredda piantagione proibita al calore e amore che abbondava in quella piccola fattoria? Quante volte aveva invidiato al suo migliore amico quella donna meravigliosa che era sua madre?
Frannie Stuart aveva sempre un abbraccio da elargire a tutti i fratelli Cade, e a lui in particolare. Ma Lucky non ne aveva mai sofferto. Con un cuore grande e generoso come quello della madre, Leland Stuart, Lucky per gli amici, condivideva l'amore di lei con gli altri.
In silenzio Lincoln salì gli altri gradini e attraversò la veranda. Spinse la porta, e questa si aprì. Non c'era da meravigliarsi, non ricordava una sola volta in cui fosse stata chiusa.
Varcando la soglia, entrò in un tunnel di ricordi che gli mostrarono un ragazzo che si trovava, tanti anni prima, esattamente in quel punto. La memoria era così vivida che poteva sentire le grida di benvenuto di Lucky e il profumo dei biscotti di Frannie.
Si guardò intorno. C'erano polvere e ragnatele ovunque. Ma niente era stato toccato. Frannie e Lucky sarebbero potuti essere appena usciti per tornare dopo poco. Invece non sarebbero più tornati.
Vagando nella casa, Lincoln si arrestò sulla porta della piccola camera da letto. I trofei che Lucky ave-va vinto a baseball giacevano ancora sull'unica mensola. Ce n'era anche uno dei suoi. E poi vide un fi-schietto per richiamare gli uccelli che aveva fatto personalmente, e una foto in cui era stato ritratto con Diablo. Solo allora improvvisamente capì che ruolo importante aveva giocato nella vita degli Stuart.
Lucky non aveva avuto un padre, Lincoln non aveva una madre. Forse per questo erano stati così uniti, inseparabili dalla scuola elementare all'università.
Come i Cade, gli Stuart erano una storica famiglia, importante nello scenario della campagna del Sud Carolina. E come per i Cade, la loro ricchezza era da tempo svanita. Quando Frannie fece il suo debutto in società, agli Stuart era rimasto poco più che il rispetto dei concittadini. I genitori di Frannie erano anziani, ma moderni. La loro figlia amava l'avventura, sempre a caccia di luoghi in cui andare e cose da fare. Aveva da poco passato la quarantina quando fece ritorno a Belle Terre con Lucky, neonato fra le braccia.
Incurante per lo scandalo di aver partorito un figlio illegittimo, si stabilì alla fattoria, conducendo una vita tranquilla, modesta, come appariva dalla sua camera da letto. Tuttavia il coraggio e il senso dell'avventura non le vennero mai a mancare.
Sopraffatto dall'immagine di due ragazzi seduti accanto al fuoco, persi nei racconti della donna, Lincoln proseguì il suo percorso fra i ricordi. Quando ne ebbe