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Un compromesso onorevole: Harmony Destiny
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Un compromesso onorevole: Harmony Destiny
E-book164 pagine2 ore

Un compromesso onorevole: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Connor King è un uomo di successo e non è mai stato interessato a diventare padre finché non scopre di esserlo. A qual punto nulla e nessuno può costringerlo a rinunciare a Sage, Sam e Sadie, neppure il loro tutore legale: la battagliera e provocante Dina Cortez.

Da parte sua Dina non intende abbandonare i suoi nipotini a quell'uomo arrogante e... pericolosamente affascinante. Ma, per il bene dei bambini, è inevitabile giungere a un compromesso: vivere tutti e cinque sotto lo stesso tetto nella villa sul mare di Connor. Basterà per diventare una vera famiglia?
LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2016
ISBN9788858954720
Un compromesso onorevole: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Un compromesso onorevole - Maureen Child

    successivo.

    1

    «Dove sei?» A Connor King non importava minimamente nascondere la risata nella sua voce. Si rilassò, appoggiando i piedi sulla scrivania del suo ufficio e rimase a fissare, fuori dalla finestra, la vista dell'Oceano Pacifico. Tenendo il telefono attaccato all'orecchio sinistro, ascoltava il suo gemello brontolare, sorridendo spudoratamente.

    «Con i gemelli al parco vicino a casa.»

    «Come ti sei potuto ridurre così?» ridacchiò tra sé Connor, scuotendo la testa. Appena due anni fa, il suo gemello, Colton, era un single convinto, un uomo senza regole che non perdeva occasione di sperimentare le avventure estreme che la loro compagnia offriva agli amanti del rischio in giro per il mondo.

    Poi aveva scoperto che la sua ex moglie, Penny, aveva partorito due gemelli, un maschio e una femmina. E, improvvisamente, il suo mondo era stato stravolto e lui non aveva avuto altra scelta se non quella di affrontare la dura realtà. A quel punto, dopo aver rischiato di mandare all'aria tutto, Colt aveva ripreso in mano la faccenda giusto in tempo per costruirsi una nuova vita. Ora, aveva di nuovo una moglie e due bambini ed era felice come non mai.

    Questo non toglieva comunque a Connor il piacere di stuzzicarlo di tanto in tanto.

    «Un incontro tra amichetti» disse con un'allegra risata. «Dai...»

    «Sì, sì» borbottò Colt. «Ridi pure, però adesso falla finita e dimmi quando possiamo parlare seriamente del progetto Irlanda. Come procedono le cose? Sei più andato a dare un'occhiata?»

    «L'idea è quella» rispose Connor, ancora ridacchiando. Nell'ultimo anno, la King Extreme Adventures si era trasformata nella King Family Adventures. Infatti, dal momento in cui Colt si era reso conto delle sue nuove priorità, lui e Connor avevano rielaborato i piani lavorativi. Le avventure estreme erano rischiose e il numero dei potenziali clienti molto limitato. Mentre cambiando target e rivolgendosi alle famiglie, il loro mercato si era aperto a un pubblico molto più ampio.

    Le avventure estreme rimanevano comunque per chi ne faceva richiesta, tuttavia da quando avevano modificato i loro referenti, la compagnia era cresciuta in modo esponenziale.

    «Alloggerò al Castello di Ashford e Jefferson mi fornirà una guida che mi mostrerà la zona.»

    «Fantastico» bofonchiò Colt. «Siamo passati dall'offrire percorsi sciistici fuoripista nelle Alpi a gite turistiche per famiglie in Irlanda.»

    «Le cose cambiano» gli ricordò Connor. «Tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro.»

    «Non mi sto lamentando» disse il gemello, che nel frattempo gridò: «Reid, non tirare la sabbia a tua sorella!».

    Connor soffocò una risata. «Riley sa badare a se stessa.»

    «Già... Ecco, ora è lei che gli lancia la sabbia.» A Colt scappò una risata. «Penny è a casa a dipingere la loro cameretta. Ho pensato che portare il terribile duo al parco sarebbe stata la parte più facile. Evidentemente mi sbagliavo.»

    Mentre suo fratello parlava, entrò in ufficio Linda, la loro segretaria amministrativa, con la posta. Gli sorrise porgendogli il mucchio di lettere e uscì. Pigramente, tra le tante, Con scelse a caso una busta che dal formato aveva l'aria di provenire da uno studio legale, e buttò le altre sulla scrivania. Tenendo il telefono tra l'orecchio e la spalla, l'aprì, tirò fuori il contenuto e gli diede una rapida occhiata.

    Gli ci vollero solo pochi secondi per esclamare: «Ma che diavolo significa?».

    Colt smise di parlare, poi chiese: «Che cosa c'è?».

    «Non ci crederai mai» mormorò Connor, raddrizzandosi sulla sedia e fissando i documenti che aveva tra le mani. La vista quasi gli si annebbiò leggendo le parole stampate sul foglio, che vedeva quasi come attraverso un telescopio.

    Nonostante il linguaggio legale, molto tecnico, studiato apposta per far sentire le persone inadeguate nel decifrarlo, quello che Connor capì era che la sua vita stava per cambiare drasticamente.

    «Che succede?»

    La voce di Colt gli arrivava da molto lontano, come se il telefono fosse diventato un tunnel lungo svariate miglia. Lo sguardo di Connor si era bloccato sulla frase che gli era finita addosso con tutta la sua potenza. Era come se un enorme macigno gli pesasse sul torace, per cui anche solo respirare gli sembrava una delle dodici fatiche di Ercole. Si sentiva come se una palla di ghiaccio gli fosse caduta in fondo allo stomaco.

    Deglutì a fatica e si sentì pronunciare le parole: «A quanto pare sono... padre».

    Un'ora più tardi, Connor era sulla veranda lastricata in pietra della casa di Colt a Dana Point. Fissando l'oceano, Connor riusciva a malapena a notare le barche a vela, i surfisti e le onde che si infrangevano sulla riva a un ritmo regolare che assomigliava al battito del cuore. Se si girava a sinistra, poteva scorgere casa sua, a neanche un miglio di distanza dalla strada costiera.

    La casa di Colt era moderna, con molte superfici vetrate, anche se negli ultimi anni Penny aveva fatto delle piccole incursioni qua e là, apportando calore e colore. L'abitazione di Connor, invece, era più tradizionale ma anche la sua era a picco sulla scogliera.

    In quel momento, in realtà, tutto quello a cui riusciva a pensare erano i gemelli. Aveva superato il fratello, avendone tre invece che due. In realtà, però, non poteva prendersene il merito, giusto? Di sicuro, doveva ringraziare il suo sperma, ma il suo coinvolgimento finiva lì.

    Diavolo. Fino a ieri non sapeva nemmeno dell'esistenza di quei bambini. E tutto questo perché una donna di cui si fidava, un'amica, gli aveva mentito. Questo era quasi più difficile da mandar giù che il fatto di essere diventato improvvisamente padre di tre bebè.

    Doveva assolutamente venirne a capo. Trovare qualsiasi indizio utile prima di decidere come muoversi. Doveva elaborare un piano. Almeno su questo non aveva dubbi. Cosa poi avrebbe comportato esattamente era ancora un mistero.

    Connor aveva messo a lavorare sul caso gli avvocati di famiglia prima ancora di arrivare a casa di Colt e Penny. Si sarebbe svolto tutto in modo logico. Razionale. Non avrebbe lasciato fare al suo istinto. Assolutamente no. Tuttavia non sarebbe stato facile.

    Finora, quello che sapeva era il nome della donna che lo citava per il mantenimento dei bambini.

    Dina Cortez, sorella di Elena Cortez, moglie a sua volta di Jackie Francis.

    Jackie.

    Scuotendo la testa, Connor digrignò i denti per un moto incontrollabile di rabbia.

    Jackie era stata la migliore amica di Con negli anni della scuola e del college. Quando rimaneva scottato da una delusione d'amore, era Jackie la spalla sulla quale andava a piangere. Era sempre stata l'unica donna della quale si poteva fidare, perché non chiedeva mai niente in cambio. In effetti, l'unica volta in cui avevano discusso era stato al secondo anno di college quando entrambi si erano innamorati della stessa ragazza. Un sorriso gli curvò gli angoli della bocca ricordando che, invece di scoprire quale dei due fosse il preferito dalla ragazza in questione, a vincere fu la loro amicizia.

    Due anni prima, Con aveva fatto da testimone al matrimonio di Jackie, che finalmente era riuscita a sposare Elena Cortez, sua fidanzata storica. Diamine, l'aveva perfino accompagnata a Las Vegas per un piccolo addio al nubilato prima del matrimonio. Avrebbe scommesso l'intera fortuna della famiglia King sul fatto che Jackie non gli avrebbe mai mentito. E invece...

    «Che stupido» mormorò, passandosi le mani tra i capelli mentre il vento di giugno soffiava su di lui.

    «Come facevi a saperlo?» Penny King si avvicinò al suo fianco e gli diede un colpetto sul braccio.

    Sebbene apprezzasse il suo supporto, la cognata, non riusciva a capire quanto si sentisse tradito. Lui stesso lo intuiva a malapena.

    «Avrei dovuto controllare. Quando Jackie si trasferì nella California del Nord, avrei dovuto tenermi in contatto con lei. Allora forse...»

    «Niente di questo è colpa tua» intervenne Colt avvicinandosi alla moglie e rimanendo in piedi a fissare il gemello.

    «Il mio seme: i miei bambini. È colpa mia.» Connor scosse la testa e strinse la presa sulla bottiglia di birra che in realtà neanche voleva. Sapeva che la famiglia era dalla sua parte, il punto, però, adesso era che lui non aveva fatto nulla per mantenere i contatti con Jackie. L'aveva semplicemente lasciata scivolare fuori dalla sua vita. Se avesse gestito la situazione in modo diverso, ora non si sarebbe trovato in stato di shock.

    «Lo so» convenne Colt, «è facile accorgersi degli sbagli con il senno di poi. Non è altrettanto facile quando le situazioni le stai vivendo.»

    «Mettila come ti pare. Una cosa è sicura: ho fatto un gran casino» borbottò il gemello.

    E niente di quello che la sua famiglia poteva dire al riguardo avrebbe cambiato le cose. Con il vento in faccia, lo sguardo fisso sulla schiuma bianca dell'oceano, i ricordi vennero a galla quasi soffocandolo.

    «Connor, vogliamo avere un bambino.»

    «Congratulazioni! Allora quand'è che vi fate un giretto alla banca del seme ragazze? Visto? Vi ho sempre detto che avreste avuto bisogno di un uomo alla fine.»

    «Che simpaticone!»

    «Ci provo. Chi delle due rimarrà incinta?»

    «Elena porterà il carico pesante. Io sarò di supporto.»

    «Sarete dei genitori fantastici» la rassicurò guidandola verso il bar nell'angolo del salotto. Una volta lì, trovò un paio di birre nel minifrigo e le aprì. Ne porse una a Jackie, le due bottiglie si toccarono e ne venne quasi un brindisi. Poi, corrugando la fronte, chiese: «Allora, come funziona? Come vi chiamerà il bambino? Tutte e due Mamma? Cioè Mamma Uno e Mamma Due?».

    «Be', non lo so. Lo scopriremo quando sarà il momento.» Jackie mandò giù un sorso della sua birra e aggiunse: «Ci sono un sacco di cose da sistemare prima. E una di queste è che io ed Elena vorremmo chiederti una cosa molto importante».

    «Va bene...» Connor colse al volo il suo improvviso nervosismo, non era per niente la Jackie che conosceva e questo lo preoccupava.

    «Che sta succedendo?»

    Invece di rispondere subito, lei mandò giù un altro sorso di birra, si mordicchiò il labbro inferiore e poi lasciò andare un lungo respiro. «Vedi, ecco perché sarà Elena a portare avanti la gravidanza. Non credo di poter smettere di bere birra per nove mesi.»

    «Uh-huh» commentò Connor aggrottando le sopracciglia. «Non tirarla per le lunghe. Cos'è che volevi dirmi?»

    Avevano trascorso l'intera giornata insieme, guardando un film, andando a dare un'occhiata alla Porsche che Connor stava pensando di comprare, finendo a casa sua per una veloce partita di basket uno contro uno. Jackie non aveva detto neanche una parola al riguardo. All'improvviso, però, era cambiata, non era più la stessa, e questo cominciava a preoccuparlo.

    «Okay» sospirò lei. Alzando lo sguardo su di lui, disse: «Il fatto è che io ed Elena ne stiamo parlando da un sacco di tempo».

    «Ah sì? La cosa non mi sorprende affatto. Voi due siete proprio due cuori e una capanna!»

    «Sì, siamo praticamente una sitcom degli anni Cinquanta. Comunque, come hai detto prima, dobbiamo andare alla banca del seme perché è ovvio che ci serve un donatore e...» Fece una pausa per un altro sorso di birra. «Insomma, le cose stanno così. Non vogliamo scegliere un tizio qualsiasi da un catalogo. Vorremmo che fossi tu il padre del bambino.»

    La sorpresa lo colpì in pieno viso come uno schiaffo. Per un secondo o due, tutto quello che fu capace di fare fu fissare la sua migliore amica. Lo sguardo di Jackie era sicuro e fermo, ma si poteva cogliere come un guizzo di comprensione nei suoi occhi, come se anche lei sapesse esattamente cosa lui stesse provando in quel momento. Dannazione. Non aveva mai considerato chi avrebbe potuto essere il padre del bambino che la sua amica voleva così profondamente. Presumeva che lei ed Elena sarebbero andate alla banca del seme e, una volta lì, avrebbero scelto come donatore qualche super genio.

    Ma ora che la sua amica gli aveva fatto quella proposta, Connor si rese conto che in fondo

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