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Appuntamento con il visconte: Harmony History
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Appuntamento con il visconte: Harmony History
E-book246 pagine4 ore

Appuntamento con il visconte: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1815
Decima Ross sa per certo che non si sposerà mai, visto che a ventisette anni non ha ricevuto neppure una proposta di matrimonio. I motivi? Primo fra tutti la sua imbarazzante altezza, che la fa spiccare tra le altre gentildonne, e poi quelle odiose lentiggini! Ora però che è entrata in possesso della propria eredità può finalmente decidere di fuggire di fronte all'ennesimo appuntamento al buio. Ma cosa succederebbe se il fato ci mettesse lo zampino, costringendola a fare i conti proprio con l'uomo che non voleva incontrare? Se fosse solo una questione di punti di vista? Forse le efelidi e l'altezza, che la fanno sentire tanto inadeguata, sono proprio ciò che il Visconte di Weston trova più attraenti in lei.
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2020
ISBN9788830507340
Appuntamento con il visconte: Harmony History
Autore

Louise Allen

Tra le autrici più lette e amate dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Appuntamento con il visconte - Louise Allen

    Immagine di copertina:

    Bruno Faganello

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Viscount’s Betrothal

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2006 Melanie Hilton

    Traduzione di Silvia Zucca

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-734-0

    1

    La scena si svolgeva in un elegante salottino affacciato sull’ampia distesa di un parco innevato, nella contea di Nottingham, dove tre persone stavano facendo colazione in un’atmosfera di compita eleganza.

    Miss Ross posò con delicatezza la fettina di pane sul proprio piatto, si pulì le dita con il tovagliolo di lino, in un gesto signorile, e sorrise alla cognata.

    «Dovrete passare sul mio cadavere» dichiarò.

    «Dessy!» Charlton tossì per via del caffè che gli era andato di traverso.

    Decima trasalì, come se avesse udito uno sparo. Aveva pronunciato davvero quelle parole?

    Charlton si picchiettò con il tovagliolo gli angoli della bocca, in quel gesto che Decima trovava tanto irritante. «Potrei sapere la ragione del tuo scatto? La cara Hermione suggeriva solo che questo pomeriggio ci accompagnassi dai Jardine per una visita. Ti ho già parlato di loro, sono una famiglia molto elegante.»

    «Che, guarda caso, è imparentata con il più affascinante dei gentiluomini ancora scapoli, il quale, fortuna vuole, è ospite a casa loro in questo momento, se non ricordo male ciò che la cara Hermione mi ha confidato ieri sera.» Qualche demone doveva essersi impossessato del suo corpo, obbligandola a parlare come mai prima di allora aveva osato fare. I nove anni di infruttuosi e sempre più disperati tentativi da parte della sua famiglia di trovarle un marito l’avevano segnata nello spirito. Sapeva bene come si sarebbe sentita se si fosse lasciata convincere a sfilare di fronte all’ennesimo gentiluomo, cercando di sostenere una conversazione che le avrebbe provocato soltanto imbarazzo. «Avremmo potuto far visita ai Jardine nelle scorse settimane, ma questo gentiluomo è arrivato due giorni fa, perciò dobbiamo andarci ora» aggiunse irritata. Spostò lo sguardo verso la finestra e, nonostante il calore della stanza, rabbrividì. Il cielo minacciava una nevicata abbondante, ma per sfuggire all’ennesima umiliazione era pronta a fare le valigie all’istante.

    «Be’, sì, il fratello di Mrs. Jardine è in visita alla tenuta e si dà il caso che sia scapolo e titolato, ma non è per questo che ho suggerito che potremmo andare a casa loro.» Hermione era una pessima bugiarda.

    Decima si volse verso il fratellastro. Avrebbe voluto urlargli in faccia e chiedergli perché si ostinasse a metterla in mostra come una bestia al mercato, nel vano tentativo di accasarla, quando ormai, alla veneranda età di ventisette anni, sapeva bene di essere destinata a rimanere zitella. Ma neppure la spavalderia che l’aveva fatta parlare poco prima le diede la forza di spingersi fino a quel punto. «Non capisco perché tu ci tenga tanto a che vi accompagni» mormorò soltanto.

    L’espressione frustrata di Charlton l’avrebbe fatta ridere, se non avesse avuto la consapevolezza che il fratello era incapace di comprendere i suoi sentimenti e avrebbe seguitato con i suoi propositi di paraninfo.

    «La questione non ha niente a che vedere con il fratello di Mrs. Jardine» spiegò lui, senza essere convincente e ignorando deliberatamente la domanda della sorella. «Non capisco perché ti debba rifiutare di accompagnare Hermione in questa visita, Dessy.»

    «Be’, Charlton, la ragione principale è che parto proprio oggi.» Decima pose il coperchio sul barattolo della marmellata, sperando che non le tremasse la mano. Se mai prima di allora aveva osato ribellarsi alle vessazioni del fratellastro, era anche vero che mai, fino a quel momento, era stata finanziariamente indipendente. O, perlomeno, lo sarebbe stata entro due giorni, allo scoccare del nuovo anno.

    «Cosa? Non essere assurda, Dessy. Partire? Ma se non sei qui neppure da un mese!» Addossati alle pareti, i servitori li osservavano con espressioni impassibili. Come al solito, Charlton si comportava come se non esistessero e non aveva mai considerato che quei rimproveri di fronte ai domestici potessero causare imbarazzo alla sorella.

    «Due settimane e un giorno, per l’esattezza» puntualizzò Decima.

    «Davo per scontato che saresti rimasta per almeno un mese. Sei sempre rimasta un mese, a Natale.»

    «Ma quando sono arrivata, vi avevo detto che intendevo trattenermi solo per due settimane, vero?»

    «Oh, sì, in effetti, ma io non credevo...»

    «E Augusta mi starà aspettando. Quindi sarà meglio che finisca in fretta la colazione e vada da Pru per dirle d’iniziare a fare i bagagli, oppure perderemo l’intera mattinata.» Il volto di Charlton stava assumendo un allarmante tono scarlatto. Decima prese controvoglia un ultimo boccone di pane imburrato e si rivolse al maggiordomo. «Felbriggs, per cortesia, mandereste a dire agli stallieri di preparare la mia carrozza?»

    «Certo, Miss Ross. E vi farò raggiungere da un lacchè per aiutarvi con le valigie.» Decima sospettava che Felbriggs stesse gongolando per aver avuto il privilegio di assistere a quella scena, anche se nulla nella sua espressione contegnosa lo tradiva.

    «Non oserai fare una cosa del genere, Dessy! Guarda fuori dalla finestra, tra poco si metterà a nevicare.» Quando la vide alzarsi, Charlton scoccò un’occhiata astiosa al dipinto che raffigurava suo padre accanto a una donna minuta e dall’aria sottomessa, che era la loro madre. «Posso solo presumere che tu abbia ereditato la testardaggine da tuo padre, oltre che gli altri suoi difetti. Di certo non possiamo dire che la colpevole sia la nostra povera mamma!»

    Decima notò l’espressione imbarazzata di Hermione e si morse le labbra per impedirsi di ribattere con amarezza. Non voleva ferire sua cognata e si sforzò di sorridere. «È stato un soggiorno piacevole, Hermione, ma devo proprio andare. Augusta ci rimarrebbe troppo male.» Raggiunse la porta e lasciò che Felbriggs la richiudesse dietro di lei. Quindi sentì Hermione rammaricarsi con un sospiro dolente.

    «Oh, povera Dessy! Cosa dobbiamo fare con lei?»

    Sei miglia più lontano, il Visconte di Weston alzò un sopracciglio, assumendo un’aria scettica. «Cos’hai in mente, Sally? Ti avevo detto che la mia sarebbe stata solo una breve visita e che me ne sarei andato alla fine della settimana.»

    «Oh, Adam caro, volevo solo sapere se sarai qui nel caso in cui i nostri vicini, i Carmichael, dovessero venire» cinguettò Lady Jardine giocherellando con la tazzina. «Un altro po’ di caffè?»

    «No, grazie. E che cosa avrebbero d’interessante i Carmichael?» le chiese Adam, facendola arrossire. Sal era sempre stata un libro aperto per lui. «Vediamo... potrebbe essere... una figlia?»

    «Oh, no, non è una figlia» rispose lei con evidente sollievo.

    «Una sorella. Una zitella di mezz’età, vecchio mio» gli rivelò il cognato, emergendo dalle pagine del Times. «Carmichael sta cercando disperatamente di liberarsene. Davvero non riesco a capire come possa esserti lasciata coinvolgere in questa macchinazione da Lady Carmichael, Sally. Non credi che, se Adam volesse una moglie, sarebbe in grado di trovarsene una da solo?»

    «Non è una zitella!» protestò indignata la consorte. «Non ha ancora trent’anni e sono certa che Hermione Carmichael mi abbia detto che è intelligente e di buon carattere... e ha una rendita cospicua.»

    «Adam non ha alcun bisogno di una moglie facoltosa» le fece notare il suo amorevole marito. «E sai bene cosa significhino le parole intelligente e di buon carattere. Sarà una zitella scialba e tranquilla.»

    «Grazie tante, George, brillante deduzione.» Adam pensò a quello che suo cognato aveva appena detto: non aveva bisogno di sposare una donna ricca, era vero, ma non era sicuro di essere in grado di trovarsi una moglie da solo. Né era certo di volersi legare per tutta la vita e neppure che esistesse una donna per lui e che valesse la pena di cercarla. E, visto che un erede bello e pronto la sua casata lo aveva già, la questione poteva rimanere felicemente irrisolta.

    «Nessuno di noi l’ha ancora incontrata» ammise Sally. «Ma sono sicura che oggi i Carmichael ci faranno visita. Potrebbe nevicare e domani sarebbe troppo tardi.»

    «Sarà certo troppo tardi, mia cara.» Adam si alzò e sorrise sardonico alla sorella. «Visto che il tempo non farà che peggiorare, partirò oggi stesso.»

    «Batti in ritirata, eh?» gli chiese George, schietto.

    «Come una volpe inseguita da un branco di segugi» convenne Adam, sorridendo. «Ora non mettermi il broncio, Sal. Te l’avevo detto che la mia sarebbe stata una visita breve. Aspetto degli ospiti tra un paio di giorni. Sarei dovuto partire in ogni caso.»

    «Cattivo» gli disse sua sorella mentre lasciava la stanza. «Sei uno scapolo impenitente... e un fratello ingrato.»

    Decima fissava il paesaggio fuori dal finestrino senza guardarlo davvero. Si rammaricava del litigio con Charlton ed Hermione e sapeva che avrebbe potuto trattenersi a Longwater per un’altra settimana. Se solo l’avessero lasciata in pace... La cugina Augusta, la serafica eccentrica con cui viveva nel Norfolk, avrebbe accolto con pari trasporto il suo ritorno o la sua assenza per un’altra settimana, visto che, al momento, era troppo entusiasta della sua nuova serra per occuparsi di lei.

    La placidità di Augusta le piaceva molto, anche se avrebbe apprezzato che la cugina comprendesse quanto i tentativi dei suoi altri parenti di trovarle un marito la mortificassero. Ma si dava il caso che Augusta, rimasta vedova molto giovane, avesse sempre fatto ciò che voleva e quando voleva, e che le fosse difficile interpretare la compiacenza di Decima.

    All’età di venticinque anni, ormai in disgrazia agli occhi del fratellastro per aver fallito in modo miserevole nel tentativo di conquistare il cuore di un’austera vedova e di suo figlio, un giovane dall’aria vacua e con un mento terribilmente sfuggente, Decima era stata mandata a Norfolk, per riflettere su se stessa. Subito, lei e Augusta si erano piaciute e le era stato concesso di rimanere.

    Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, aveva pensato speranzosa. Ma non era stato così. Sospettava che sia Charlton sia alcune vecchie zie avessero il vizio di segnare sul calendario, a scadenze regolari, frasi del tipo: Trovare un marito alla povera Dessy. Di conseguenza, alla volta di Norfolk, partivano gli inviti che si tramutavano in penose sfilate di scapoli o vedovi dalle facce lunghe. E, sempre, lei si era sottomessa docilmente ai loro schemi, ben sapendo che erano destinati a fallire. Ma ognuna di quelle prove aveva lasciato una cicatrice nel suo cuore, aveva leso il suo amor proprio e l’aveva resa ancora più infelice.

    Ora non sapeva spiegarsi il perché di quell’improvviso risveglio dal torpore: forse lo doveva al fatto che, entro pochi giorni, sarebbe entrata in possesso della sua parte di eredità e avrebbe avuto il controllo della propria vita. Si morse le labbra. Dai diciassette anni in poi, la sua vita era stata una serie di tentativi di fuga, o di resistenza passiva, nella vana speranza che la gente la smettesse di farle fare cose che non voleva. Ebbene, era venuto il momento di reagire. Anche se non sapeva bene come.

    Certo, doveva ancora escogitare un modo per prendere il controllo della propria vita, ma la chiave era l’eredità di cui sarebbe presto entrata in possesso. Charlton era stato molto astuto e le aveva passato una rendita che copriva largamente quelli che erano stati i suoi bisogni, vanificando qualsiasi atto di ribellione.

    Da quel giorno, decise Decima, se ne sarebbe andata senza pensarci due volte se i suoi parenti avessero cercato di presentarle un buon partito. Almeno non li avrebbe più sentiti sospirare, lamentando il suo stato.

    Stava giusto pensando che quello era un proposito meraviglioso per il nuovo anno quando sentì Pru, al suo fianco. «Guardate, Miss Dessy! Il tempo sta peggiorando e abbiamo passato quel posto orribile, il Red Cock, da soli venti minuti.»

    Smettendo di fantasticare, Decima focalizzò ciò che aveva di fronte. La situazione era davvero allarmante. Anche se erano solo le due del pomeriggio, il malinconico contrasto del cielo, fosco e minaccioso, gareggiava con i mulinelli dei fiocchi di neve per affacciarsi. Alti cumuli di neve celavano i bordi della strada, fiancheggiando distese candide costellate di alberi ghiacciati che s’infittivano in un bosco ceduo.

    «Accidenti!» Decima pulì il vetro su cui si era formata la condensa. «Avevo pensato che avremmo potuto fermarci a Oakham per pranzare, ma saremo fortunati ad arrivarci per cena. Suppongo che dovremo fermarci al Sun and Splendour, per questa notte.»

    «È una buona locanda» ricordò la domestica. «Sarà una permanenza gradevole e, con questo tempo, non ci saranno molti altri viaggiatori per la strada.» Starnutì con violenza e scomparve nel proprio fazzoletto.

    Il pensiero di un fuoco scoppiettante, di una cena eccellente e di un letto appena sprimacciato era confortante. E lì nessuno l’avrebbe tormentata. Avrebbe potuto scalciar via le sue scarpe, bere cioccolata calda e starsene rannicchiata a letto in compagnia di un romanzo frivolo, se ne avesse avuta voglia. Decima stava sorridendo al suo piano, quando la carrozza si fermò di colpo.

    «E ora cosa c’è?» Aprì il finestrino e si sporse fuori, incurante dei fiocchi di neve che le lambivano le guance. «Perché ci siamo bloccati?» Attraverso le folate di neve, intravedeva appena che si erano fermati a un crocevia e che un altro veicolo, un calessino a due cavalli, era impantanato nella neve davanti a loro.

    Uno dei postiglioni era smontato da cavallo. «Non possiamo andare avanti, signorina. La neve è troppo alta. Guardate. L’unica cosa che possiamo fare è cercare di tornare al Red Cock. I cavalli non ce la farebbero a proseguire e non c’è niente davanti a noi almeno per cinque miglia.»

    «Al Red Cock?» Decima lo guardò con orrore mentre la visione rassicurante del Sun and Splendour svaniva per lasciare il posto a quella di una squallida bettola maleodorante. «È fuori questione. Non hanno neppure una camera privata o un salottino. Potremmo essere costretti a rimanervi per giorni, Dio solo sa in quale compagnia.»

    L’uomo si strinse nelle spalle. «Non abbiamo alternative, signorina. Sarà meglio sbrigarsi, altrimenti rischiamo di non trovare più posto.»

    «Posso esservi d’aiuto?» La voce di un secondo uomo le giunse con chiarezza, nonostante l’ululato del vento. Lei allungò il collo per vedere meglio il nuovo arrivato attraverso la bufera. La sua voce era rassicurante, profonda e piacevole, ma, non appena la figura si avvicinò, Decima trasalì. Era quasi un gigante.

    Ma poi, quando le fu accanto, comprese che si trattava solo di un gentiluomo particolarmente alto con indosso un pesante quanto ampio pastrano e un cappello a tesa larga.

    «Madam.» Si tolse il copricapo, rivelando una testa folta e scura che subito si spruzzò di bianco. «Sospetto che, come me, siate arrivata alla conclusione che la strada è ormai diventata impraticabile.»

    «Sì, purtroppo. Il mio postiglione è convinto che non ci rimanga che cercare riparo alla locanda che abbiamo passato da poche miglia, ma...»

    «Ma è un posto sconveniente per una signora. Non potrei essere più d’accordo.» Ciò che Decima poteva vedere di lui era rassicurante. Due belle spalle larghe e un paio di occhi grigioverdi che sembravano sorriderle. Ed era d’accordo con lei! Definitivamente un punto a suo favore in un mondo dove tutti gli uomini parevano determinati ad additarla come una donna dissennata.

    «Eppure mi dicono che non ci sono alternative, a meno che non siate a conoscenza di qualche altra locanda rispettabile nelle vicinanze, signore.»

    Adam si frugò nel cappotto e ne trasse il suo biglietto da visita. Cosa avrebbe potuto pensare della sua proposta una gentildonna accompagnata dalla sola cameriera? Tuttavia, se le uniche possibilità erano quella di rimanere bloccata dalla neve in una bettola puzzolente infestata dalle pulci o di morire congelata nella propria carrozza, Adam sospettava che neppure la più pudibonda tra le nobildonne avrebbe declinato l’invito. «Il mio biglietto da visita, signora.»

    Lei lo prese e lo guardò, dandogli la possibilità di studiarla. Aveva grandi occhi grigi che ora, mentre leggeva, erano mascherati dietro lunghe ciglia chiare; i capelli castani si intravedevano al di sotto del cappellino di velluto verde; quindi, una bocca generosa, tirata in una linea seria. Ma la cosa più incredibile e caratteristica del suo volto erano le lentiggini che le spruzzavano naso e guance, dandole un che di sbarazzino e selvaggio.

    La cameriera prese a starnutire con violenza e la gentildonna si voltò verso di lei, osservandola preoccupata. «Salute, Pru.» Quindi tornò a guardare Adam imbronciando un poco le labbra e facendogli desiderare, per un attimo, di poterle mordicchiare.

    Conscio della propria follia, si tirò indietro scotendosi dalla testa la neve e quegli illeciti pensieri.

    «Lord Weston. Mi chiamo Decima Ross e questa è la mia cameriera personale, Staples. Se avete qualche alternativa da suggerirci, ve ne sarei immensamente grata.»

    Adam non aveva motivo di girare intorno al discorso. «Sono diretto al mio casino di caccia vicino Whissendine, a circa cinque miglia. Non credo di potermi muovere con la carrozza, da qui in poi, ma ho con me il mio stalliere e due cavalli da caccia. Quello che propongo è che, una volta staccate le bestie dal carretto, le carichiamo di un bagaglio leggero. Il mio stalliere si occuperà di portare la vostra cameriera e io vi scorterò sull’altro animale. Non sarà un viaggio facile, ma posso promettervi un rifugio caldo e sicuro, al nostro arrivo. Il vostro postiglione può portare il resto dei vostri averi alla mescita dove, con gli altri, se ne rimarrà al sicuro finché il tempo non sarà migliorato e verrà a riprendervi.»

    Miss Ross abbassò lo sguardo sul biglietto da visita, quindi tornò a fissarlo. Lui notò che le labbra della donna si muovevano appena, leggendo il suo nome. Adam Grantham, Visconte di Weston. Dietro di lei, la domestica proruppe nell’ennesima teoria di

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