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Il segreto di Lord Hawkridge: Harmony History
Il segreto di Lord Hawkridge: Harmony History
Il segreto di Lord Hawkridge: Harmony History
E-book248 pagine3 ore

Il segreto di Lord Hawkridge: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1813
La tranquilla esistenza di miss Emily Stapleton viene bruscamente turbata da due strani avvenimenti apparentemente non collegati tra loro. Durante una passeggiata in calesse, la fanciulla si imbatte in un uomo ferito che prima di spirare tra le sue braccia le affida un messaggio per il Gheppio. Qualche giorno più tardi ricompare nella sua vita lord Sebastian Hawkridge, l'uomo che un tempo era stata sul punto di sposare e che aveva rifiutato, pur essendone innamorata, quando aveva scoperto che lui in realtà era interessato a un'altra. Che si tratti di semplici coincidenze? Emily non ne è affatto convinta, e decide di scoprire il vero motivo per cui Sebastian si trova lì. Ma le sue indagini avranno sviluppi imprevedibili.
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2020
ISBN9788830521216
Il segreto di Lord Hawkridge: Harmony History
Autore

Anne Ashley

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il segreto di Lord Hawkridge - Anne Ashley

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Lord Hawkridge’s Secret

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2004 Anne Ashley

    Traduzione di Mariadele Scala

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-121-6

    1

    Miss Emily Stapleton lanciò un’occhiata alla silenziosa compagna che le sedeva di fianco, sul calesse, prima di tornare a volgere verso la strada gli occhi, o meglio le due profonde pozze di rara bellezza che le illuminavano il viso, come li aveva definiti uno sciocco sentimentale l’estate precedente a Brighton.

    Scorrazzare per la campagna in calesse era uno dei suoi passatempi preferiti, soprattutto da quando il lungo e uggioso inverno aveva lasciato il posto ai prodromi di quella che si preannunciava come una bellissima primavera. Tutto sommato, la vita in quel momento era molto piacevole, pensò Emily con compiacimento.

    La decisione di andare a vivere nella contea di Dorset con mister John Stapleton, il suo nonno paterno, era stata sicuramente dolorosa da prendere. La sua amatissima e compianta mamma non l’avrebbe di certo approvata, ciononostante Emily non si era affatto pentita di averla presa. L’unica alternativa a quel trasferimento era una cosa assolutamente inconcepibile, che le era penoso ricordare anche a distanza di quasi cinque anni.

    Ormai allenata, Emily riuscì anche in questa circostanza a ricacciare indietro il triste ricordo mentre lanciava un’altra occhiata, questa volta maliziosa, alla sua compagna. «Sei molto silenziosa, Sarah. Spero che tu non sia nervosa perché c’è una donna alle redini. Persino il mio cane da guardia è impressionato dalla mia bravura, anche se si rifiuta di ammetterlo» commentò alzando il tono della voce per farsi sentire dall’uomo basso e tarchiato che stava appollaiato sul retro del piccolo calesse.

    La sorta di grugnito che Jonas Finn emise in risposta alle sue parole fece ridere Sarah, cosa che le accadeva spesso quando era in compagnia della sua migliore amica. «Non sono nervosa e mi sto divertendo molto. Mi piacerebbe uscire con te più spesso se non fossi tanto impegnata con i preparativi del ricevimento che si terrà la prossima settimana.»

    Controllandosi a fatica, Emily si trattenne dal fare commenti, anche se avrebbe avuto molte cose da dire sull’argomento. E le avrebbe dette, se non ci fossero stati nell’aria possibili miglioramenti nella vita della sua amica per l’immediato futuro.

    L’amicizia che aveva stretto in quegli anni con Sarah Nichols, che viveva a Deverel Hall presso lady Deverel, sua zia e madrina di battesimo, era uno dei motivi che la facevano rallegrare di essersi trasferita nel Dorset.

    Il fatto di essere entrambe orfane aveva favorito la nascita di un fraterno legame d’affetto fra le due ragazze, che erano diventate un po’ le beniamine degli abitanti della zona. Cosa che Emily riteneva immeritata, almeno per quello che la riguardava. Mister John Stapleton forse non era la persona ideale per prendersi cura della nipote orfana, e infatti era egoisticamente attaccato alle proprie abitudini e a volte era svagato e indeciso, ma nonostante la sua confusione mentale, che Emily riteneva in gran parte simulata, andavano d’accordo e stavano bene insieme.

    Il nonno l’aveva subito fatta sentire la benvenuta nella sua casa, e le aveva permesso di fare quasi tutto quello che desiderava. Invece la povera Sarah viveva in una famiglia che la sfruttava e la considerava poco più che una domestica. E per di più non pagata! Il solo pensiero che la sua buona e generosa amica fosse manipolata in quella maniera da chi aveva addirittura il coraggio di chiamarla cugina, faceva infuriare Emily, anche se era convinta che persino Sarah stessa fosse da biasimare per quella situazione.

    «Immagino che avrai provveduto a tutto con la tua solita efficienza» disse con noncuranza.

    «Non... ho fatto tutto io. La mia madrina mi è stata di grande aiuto» rispose Sarah abbassando gli occhi grigi.

    «Che grossa frottola mi stai raccontando? La tua madrina non saprebbe nemmeno disporre i candelabri in un salotto!» obiettò Emily. «E quella sua viziatissima figlia... Sono sicura che sarai agli ordini di Drusilla fino al giorno della festa per il suo compleanno e non avrai il tempo di pensare al vestito che indosserai» soggiunse tornando a lanciare un’occhiata verso l’amica. «Scommetto che non hai nemmeno tolto dal pacchetto quel taglio di seta rosa che hai acquistato la settimana scorsa.»

    L’espressione imbarazzata di Sarah fu una risposta più che esauriente. «Come pensavo» proseguì Emily. «Se vuoi darlo a me, inizierò a tagliarlo per te.»

    «Oh, non vorrei approfittare della tua amicizia» mormorò Sarah arrossendo.

    «Mi sono offerta io» le rammentò Emily, decisa ad averla vinta.

    «Bene. Se sei sicura che non ti è di disturbo, te ne sarò molto grata» accettò alla fine Sarah. «Mi chiedevo appunto quando sarei riuscita a trovare il tempo d’iniziare a confezionare il vestito. Ho saputo che il cugino Charles ha invitato diversi amici di Londra e che ci saranno molti ospiti in casa. Così ho pensato di mettere a disposizione anche la mia camera da letto per sistemare tutti, comprese le amiche di Drusilla.»

    Emily staccò di nuovo gli occhi dalla strada per fissare l’amica. «E dove avresti intenzione di andare a dormire? In soffitta con il resto della servitù?» scherzò, ma la ritrosia di Sarah a sostenere il suo sguardo le disse che aveva indovinato. «Non dirmi che i Deverel si aspettano che tu vada a dormire in soffitta!» esclamò scandalizzata.

    «Be’, sì. Ma... ma sono stata io a proporlo... E poi sarà solo per pochi giorni.»

    «Non posso credere alle mie orecchie!» scattò Emily contrariata, mentre guidava i cavalli lungo la strada che attraversava Kempton Wood. «No, non te lo permetterò! Verrai a stare da noi. E non accetto rifiuti!»

    L’invito, anche se forzato, era sincero, e Sarah fu tentata di accettare. «Se sei sicura che tuo nonno non avrà niente da obiettare... Attenta!»

    L’inaspettato avvertimento di Sarah coincise con un altro richiamo, ma molto più brusco, lanciato dal retro del calesse. Con ammirevole prontezza, Emily fece accostare i cavalli sulla sinistra nel tentativo di evitare la collisione con la figura barcollante che era sbucata da dietro gli alberi.

    Dopo aver fatto fermare i cavalli, Emily si girò e scoprì con raccapriccio che l’uomo era caduto lungo disteso sulla strada.

    «Oh, Signore! Devo averlo investito!» gridò, consegnando le redini a Sarah e balzando a terra, subito seguita dal fedele e vigile staffiere.

    «State attenta, miss Emily» l’avvertì Jonas estraendo la pistola che portava sempre con sé quando accompagnava la padrona nelle sue scorribande per la campagna. «Potrebbe essere una trappola. Potrebbero esserci dei complici appostati fra gli alberi, non mi è sembrato che l’abbiate urtato.»

    Anche se a volte la definivano testarda, Emily non era talmente cocciuta da ignorare un consiglio saggio. «Anche a me non è sembrato di averlo urtato» convenne, avvicinandosi con cautela all’uomo e scorgendo immediatamente la macchia scura che si allargava sulla giacca che lui indossava. «No, non è una trappola, è ferito. Gli hanno sparato. C’è un foro nella stoffa!» annunciò inginocchiandosi accanto allo sventurato, girandolo prima di fargli appoggiare il capo sul proprio grembo.

    Non era vecchio, notò. Doveva avere al massimo venticinque o ventisei anni, ma Emily temeva che quella ferita gli avrebbe impedito di arrivare al compleanno successivo.

    Quando gli scostò il ciuffo biondo dalla fronte, l’uomo sollevò le palpebre tumefatte e, dopo un istante, due occhi confusi e assenti la guardarono vacuamente.

    «State fermo!» lo esortò Emily quando lui cercò di sollevare un braccio. «Presto arriveranno i soccorsi» aggiunse alzando gli occhi verso Jonas, che scrutava fra gli alberi, per ordinargli di tornare a casa a chiamare aiuto.

    «Non... tempo» sussurrò il ferito richiamando la sua attenzione. «Devo... devo avvertire il Gheppio di andare... al Corvo... a... mezzanotte... il... sed... sedici.»

    «Che cosa ha detto, miss Emily?»

    «Non so, Jonas. Qualcosa d’incomprensibile.»

    «Probabilmente ha perso la ragione.»

    «No, Jonas, temo che abbia perso la vita» annunciò Emily mentre il ferito lasciava ciondolare il capo di lato e le sue labbra esalavano l’ultimo respiro.

    Emily impiegò alcuni istanti per riprendersi dalla poco piacevole esperienza di aver visto morire un uomo fra le proprie braccia. Poi, con l’ammirevole autocontrollo che la sosteneva sempre nei momenti più difficili, si alzò in piedi, di nuovo padrona di sé. «Non possiamo fare più niente per questo poveretto, tranne che portarlo via dalla strada. Torneremo immediatamente a casa. Poi voi, Jonas, e il garzone di stalla ritornerete a prendere il cadavere con un carro e quindi vi recherete da sir George Maynard per informarlo di ciò che è accaduto, mentre io riaccompagnerò miss Nichols a Deverel Hall.»

    Vedendo lo staffiere indugiare gli ordinò, prima che potesse proferire una sola parola: «Per l’amor del cielo, non protestate, Finn! Sono capace di condurre il calesse per due miglia senza la vostra assistenza».

    Un’ora più tardi, Emily era di nuovo nella bella casa che da qualche anno era la sua dimora e stava cercando di spiegare, senza molto successo a dire la verità, al suo a volte eccentrico nonno che cosa era successo durante il movimentato tragitto di ritorno dalla vicina città.

    Apparentemente confuso, il nonno la guardò in silenzio da sopra il bordo degli occhialetti a forma di mezza luna. «Gli hanno sparato?» chiese alla fine.

    «Sì, nonno.»

    «Ma non hai appena detto che lo hai investito tu?»

    «No, non ho detto questo» precisò Emily sfozandosi di essere paziente, cosa non sempre facile quando si aveva a che fare con l’anziano gentiluomo. «Perché non presti attenzione alle mie parole? Ho detto che avevo pensato di averlo investito, ma non era vero. Era ferito. Un colpo di rivoltella.»

    «Non puoi andare in giro a sparare alle persone, mia cara» la rimproverò il nonno con tono bonario. «Devo ammettere che molti meriterebbero una bella rivoltellata, ma non si deve fare. Non si deve proprio! Quando sir George lo saprà, non sarà contento.»

    «Oh, per amor del cielo!» esclamò Emily mentre la porta si apriva e la governante del nonno faceva entrare in salotto il magistrato locale.

    Sir George Maynard, un uomo grande e grosso con i capelli grigi e due occhi azzurri solo apparentemente ridenti, ma in realtà attenti a ogni minimo dettaglio, era molto rispettato nella contea. Vecchio amico di John Stapleton, provava grande affetto per Emily, e infatti le rivolse un largo sorriso mentre le stringeva brevemente le mani per rassicurarla.

    «Che brutta esperienza, mia cara. Non sarebbe dovuto accadere.»

    «Sono contento che tu l’abbia presa bene, George!» esclamò mister Stapleton, attirando l’attenzione dell’amico su di sé. «Inutile dire che tutto è sistemato, vero? L’ho già rimproverata, così è meglio dimenticare tutta questa storia.» Si guardò attorno con fare incerto, poi aggiunse: «Perché ero venuto qui, Emily?».

    «Il tuo libro, nonno. È sul tavolo» rispose Emily prendendo il volume e porgendolo al nonno. «Perché non torni in biblioteca, mentre io parlo con sir George? Sono sicura che più tardi sir George ti raggiungerà per bere con te un bicchiere di porto.»

    Senza attendere altre esortazioni a rifugiarsi nella stanza dove passava la maggior parte del tempo, mister Stapleton si affrettò a uscire dal salotto.

    «Stamattina è un poco svagato, eh?» osservò sir George con un sorriso comprensivo.

    «È svagato solo quando c’è qualcosa che lo disturba, come penso avrete capito anche voi» rispose Emily inarcando un sopracciglio con aria scettica, mentre invitava il visitatore ad accomodarsi in poltrona e gli versava un bicchiere di vino, sicura che sir George non l’avrebbe rifiutato. «Immagino che abbiate parlato con Jonas Finn e che abbiate anche già visto il cadavere.»

    «Sì, mia cara» confermò sir George sorseggiando il vino e guardandola con occhi colmi di ammirazione. L’esile figura di Emily, così leggiadra e aggraziata, era un diletto anche per gli occhi di un signore avanti negli anni come lui. «Non credo che per il momento voi possiate aggiungere altro e non voglio tormentarvi con le mie domande. Ho disposto che il cadavere venga portato presso l’impresario di pompe funebri di Kempton. Non l’avete riconosciuto, vero?» concluse il magistrato dopo averla fissata per un istante.

    «No, sir George. Non l’avevo mai visto prima d’oggi.»

    «Ehm... Finn ha accennato che l’uomo ha detto qualcosa prima di morire.»

    «Sì» confermò Emily. «Ma erano parole senza senso. Parlava così piano che ho stentato a sentire ciò che diceva.»

    «Peccato. Poteva darci qualche indizio sulla sua identità» commentò sir George mandando giù un altro sorso di vino. «Che cosa... che cosa ha detto esattamente, mia cara?»

    Emily ebbe la subitanea sensazione che dietro la morte dello sconosciuto ci fosse molto di più di un’aggressione di strada e che sir George le stesse nascondendo qualcosa. Fu tentata di farlo anche lei, ma poi ci ripensò. «Ho avuto l’impressione che fosse appassionato di ornitologia. Se ricordo bene, per ultimo ha pronunciato il nome di un uccello... Il gheppio, credo. Ma era appena uscito da Kempton Wood, e forse le ultime cose che aveva visto erano stati gli uccelli. Chissà...» concluse stringendosi nelle spalle.

    Negli occhi azzurri del baronetto balenò un guizzo. «Se riuscirete a ricordare esattamente che cosa ha detto, fatemelo sapere.»

    «Sono convinta che con un po’ di tempo per ripensarci, mi ricorderò tutto» lo rassicurò Emily. «Anche se devo ammettere che vorrei dimenticare molto in fretta tutto questo incidente.»

    «È comprensibile, mia cara» convenne sir George terminando di bere il suo vino. «Bene, ora devo proprio andare» annunciò alzandosi in piedi. «Ho un appuntamento urgente, e nel pomeriggio devo partire per Londra. Vi dispiace riferire a vostro nonno che sono costretto ad annullare la sfida a scacchi di venerdì sera? Ditegli anche, però, che mi ricordo perfettamente dove si trovano i miei pedoni e che riprenderemo la partita al mio ritorno.»

    Seduto dietro la scrivania nella sua biblioteca, Sebastian Hawkridge passava in rassegna la corrispondenza mattutina. Aggrottando la bella fronte spaziosa, rilesse un’altra volta la missiva che teneva nervosamente in mano. La sua espressione concentrata tradiva la perspicacia di un gentiluomo molto astuto, ma era un aspetto di lui che pochi nell’alta società avevano il privilegio di conoscere.

    Il ruolo del frivolo damerino era difficile da sostenere, ma negli ultimi anni Sebastian aveva fatto del suo meglio per dare l’impressione di non avere altri interessi a parte la ricerca del piacere. Era stato spesso arduo mantenere quella facciata, ma era di vitale importanza fingere per poter condurre la sua personalissima crociata senza generare sospetti fra i suoi pari.

    Sempre vigile e all’erta, udì distintamente il colpo battuto in maniera educata, ma secca, sulla porta d’ingresso. Aveva dato istruzioni che non lo disturbassero, così comprese subito che si trattava di una questione della massima urgenza quando il suo fidatissimo maggiordomo infranse l’ordine, entrando in biblioteca.

    «Scusate se vi disturbo, milord, ma un certo sir George Maynard vuole parlare con voi di una faccenda che dice di essere della massima importanza.»

    Sebastian impiegò un istante a ricordarsi del gentiluomo e a comprendere la natura del problema che l’aveva condotto da lui. «Fallo entrare, Clegg» disse alzandosi in piedi per ricevere l’inatteso visitatore.

    Dopo avergli offerto un bicchiere di vino e averlo fatto accomodare in una delle poltrone davanti al caminetto, Sebastian gli rivolse qualche frase di rito prima di arrivare al sodo. «Una visita inaspettata la vostra, sir George. Non credo che sia solo di cortesia. Brutte notizie, immagino.»

    «Purtroppo sì, Hawkridge. Sir Giles Osborne mi aveva avvisato di passare le informazioni a voi se non fossi riuscito a mettermi in contatto con lui. Mi hanno detto che sir Giles è fuori città, ma deve sapere prima possibile che l’uomo che ha inviato nel Dorset è stato ucciso.» Notando il velo di mestizia che aveva oscurato i penetranti occhi grigi del suo giovane interlocutore, sir George aggiunse: «Per caso era un vostro amico?».

    «Eravamo solo conoscenti, ma so che sir Giles lo stimava molto. Anderson era un brav’uomo» rispose Sebastian appoggiandosi contro lo schienale della poltrona e allungando le gambe davanti a sé. «Sicuramente è stato ucciso perché aveva scoperto qualcosa. Come probabilmente saprete, Osborne ha il sospetto che quella parte di costa sia usata dai contrabbandieri per i loro traffici, ed è deciso a fermarli. Tornerà a Londra all’inizio della prossima settimana, ma dubito che potrà sostituire Anderson in fretta. So che tutti i suoi uomini sono già disseminati sul territorio. Comunque, lo informerò appena sarà di ritorno.»

    «So che i vostri interessi sono diversi da quelli di Osborne» disse sir George dopo aver osservato Sebastian per un lungo momento. «Ma so anche che di tanto in tanto vi scambiate informazioni. Di recente non ho letto notizie di furti sui giornali, così immagino che quello che Anderson aveva scoperto doveva essere di maggior interesse per il nostro comune amico che per voi.»

    «È probabile» commentò Sebastian. «A proposito, chi ha scoperto il cadavere?»

    «La nipote di un mio amico e vicino di casa.»

    «Non starete parlando di Emily Stapleton, vero?» esclamò Sebastian.

    «Proprio lei! La conoscete per caso?» rispose il baronetto, visibilmente stupito.

    «Oh, sì» confermò Sebastian con un sorriso che gli addolcì i marcati lineamenti del viso. «Conosco bene la piccola Emily Stapleton e tutta la sua famiglia. Lei e sua madre erano le mie vicine di casa quando abitavo nello Hampshire. Vi dirò di più: la mamma di Emily è stata la mia madrina di battesimo.»

    «Perbacco, non lo sapevo!» esclamò sir George sempre più stupefatto. «Mi ricordo bene dei genitori di Emily. È molto triste che quel matrimonio sia stato tanto breve. Il padre di Emily morì nella battaglia del Nilo, purtroppo. Ma immagino che lo sappiate. Emily non si ricorda di suo padre, naturalmente, ma la morte di sua madre l’ha colpita profondamente, povera figliola.»

    «Lo so. Ero con lei quando...» riferì Sebastian con un sospiro. «È sempre contenta di stare con suo nonno?»

    «Oh, sì, figliolo. È veramente intrepida, quella ragazza. Ci credete che scorrazza per la campagna alla guida del suo piccolo calesse?» gli riferì sir George, ridendo.

    «Lo immagino!» commentò Sebastian con tono di velata disapprovazione. «Non ho avuto scelta. Quella piccola strega mi ha forzato la mano!»

    «Scusate, figliolo, non capisco. Perché mai il comportamento di miss Stapleton dovrebbe riguardarvi?»

    «Perché, sir George, sono io

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