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L enigmatico Mr. Gray
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E-book255 pagine5 ore

L enigmatico Mr. Gray

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1812.
Abituata a vivere all'ombra dei fratelli, Lady Cecily Beauchamp è decisa a dare una svolta alla propria vita e a conquistare l'indipendenza. L'enigmatico Mr. Gray, incontrato alle nozze del fratello, potrebbe avere un ruolo fondamentale nell'assecondare questo suo anelito di libertà. Tuttavia la scoperta delle origini dell'uomo spegne i sogni di Cecily, che in lui aveva trovato, nel giro di una sola notte, un confidente, un alleato e l'amore della vita.
Nelle vene di Zach Graystoke, questo il vero nome dell'uomo, scorre infatti sangue gitano e l'aristocratica famiglia di Cecily non potrebbe mai accettare la loro unione. A lei non resta quindi che dimenticarlo, acconsentendo alla proposta di matrimonio di un uomo losco e pericoloso. Zach però non ha intenzione di stare a guardare e decide alla fine di rivelare la sua vera identità.
LinguaItaliano
Data di uscita20 ago 2018
ISBN9788858986240
L enigmatico Mr. Gray

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    L enigmatico Mr. Gray - Janice Preston

    successivo.

    1

    Worcestershire, giugno 1812

    Lady Cecily Beauchamp aveva il volto indolenzito per lo sforzo di sorridere. Per nessuna ragione al mondo avrebbe rivelato il proprio sconforto nel vedere il fratello Vernon e la novella sposa uscire dalla chiesetta di campagna dove si erano appena scambiati i voti. La coppia felice era seguita da Leo, fratello maggiore di Cecily e Duca di Cheriton, con la sua duchessa al braccio. Nel giro di quattro mesi entrambi i fratelli erano convolati a nozze, sconvolgendo la sua vita stabile e confortevole. Negli ultimi anni era stata lei a occuparsi della famiglia Beauchamp e dei tre figli del primo matrimonio di Leo, che aveva cresciuto con amore e cura come fossero suoi.

    Ma adesso...

    Cecily si sentì toccare il gomito e trasalì. Si voltò, la mano sul petto a placare il cuore in subbuglio, e si ritrovò di fronte un estraneo con un paio di occhi scuri come non ne aveva mai visti. Una chioma scarmigliata di ricci neri incorniciava la bellezza ruvida del viso, gli zigomi cesellati e la pelle dorata con un accenno di barba, benché non fosse ancora mezzogiorno. Un'occhiata fugace alla figura alta e vigorosa dell'uomo rivelò un aspetto abbronzato e dimesso: portava abiti pratici, puliti ma usurati.

    Sarà un domestico dei Markham, invitato alle nozze.

    Con una punta di rammarico Cecily sorrise e lo fece passare.

    Aveva quasi rischiato di arrivare tardi alla cerimonia, perché uno dei cavalli aveva perso un ferro durante il viaggio. Per non disturbare, lei e Dominic – il primogenito di Leo, che l'aveva accompagnata da Londra al Worcestershire – si erano sistemati in fondo.

    Cecily perlustrò la chiesa con lo sguardo. Dominic era già uscito, insieme ai pochi invitati. Non si era neppure accorta dell'esodo, troppo concentrata sugli eventi che avevano scombussolato il suo mondo.

    «Vi sentite bene? Volete che chiami qualcuno?» si informò una voce profonda alle sue spalle.

    Cecily si voltò. Fermo sulla soglia, lo sconosciuto la osservava pensieroso. Un'ondata di calore le infiammò il viso, e lei non riuscì a spiegarsi l'imbarazzo per ciò che avrebbe pensato un umile servitore vedendola indugiare in chiesa, anziché raggiungere gli sposi. «Sto bene, grazie. Non intendevo preoccuparvi.»

    Mentre avanzava verso l'uscita, il suo sguardo fu attirato da un luccichio. Sgranò gli occhi. Non si era sbagliata: l'uomo aveva un piccolo diamante all'orecchio.

    Piuttosto... esotico.

    Cecily cercò di contenere lo stupore. Lo sconosciuto la guardava impassibile, ma lei ebbe l'impressione che a quegli occhi d'ebano non sfuggisse niente. Vi colse infatti un lampo di ilarità, mentre lui si inchinava al suo passaggio. «Dopo di voi» mormorò.

    Avanzò impettita e uscì dalla chiesa, strizzando gli occhi per la luce.

    «Cecily!» Vernon corse ad abbracciarla e le schioccò un bacio sulla guancia. «Sono felice che tu sia qui.»

    Ogni dubbio svanì. Era il giorno di Vernon e lei, che gli voleva un bene dell'anima, non poteva oscurarlo con i propri timori egoistici. «Ci hai concesso ben poco preavviso, fratello caro. Siamo giunti appena in tempo.»

    «E Olivia? Non l'ho vista. E neppure Alex.»

    «La povera Livvy si è sentita poco bene la mattina della partenza.» Cecily non aveva creduto del tutto all'improvviso malessere della nipote diciottenne, ma non aveva potuto far altro che partire senza di lei. «Abbiamo preferito che non viaggiasse. Mentre Alex, sai com'è fatto...» aggiunse, riferendosi al ribelle figlio minore di Leo. Dimenticò i capricci dei nipoti e sorrise al fratello. «Congratulazioni! Non avrei mai creduto di vederti percorrere quella navata di tua volontà.»

    Vernon le pizzicò il mento. «Quando la conoscerai, capirai.» Prese la sorella per mano e la trascinò da Leo e Rosalind, che stavano conversando con la sposa. «Thea! Lascia che ti presenti mia sorella.»

    Cecily fu conquistata all'istante dalla cognata. Era minuta e d'aspetto curato, e aveva un viso luminoso, contornato da un'aureola di ricci ramati. Il suo sorriso contagioso invitava a condividerne la gioia, e ogni sua mossa rivelava un'energia a stento trattenuta.

    «Ho sentito tanto parlare di voi, Cecily. Spero diventeremo amiche» sostenne Thea con una voce stranamente roca e profonda, per essere una donna.

    «Ne sono certa.» Cecily la baciò sulle guance. «I vostri genitori sono qui?» L'avrebbero ospitata per qualche giorno nella loro casa di Stourwell Court e, per educazione, desiderava salutarli.

    La luce negli occhi di Thea sembrò spegnersi. «Sono già rientrati. Mio padre ha avuto un colpo apoplettico sei anni fa, e non può camminare. Ha insistito per assistere alla cerimonia, ma la mamma l'ha accompagnato a casa subito dopo. Li conoscerete più tardi.»

    «Con grande piacere.»

    Vernon le aveva scritto della malattia del suocero e delle terribili circostanze che l'avevano provocata. Un farabutto aveva corteggiato Thea per spillare la dote al padre e poi lasciare la poveretta all'altare. La famiglia, che non era nobile né proprietaria di terre, ma un'affermata produttrice di cristallerie, aveva rischiato la bancarotta e il duro colpo aveva provocato la malattia dell'anziano Mr. Markham. Thea e il fratello minore, Daniel, si erano rimboccati le maniche per salvare l'azienda e la famiglia dalla rovina.

    Cecily osservò il gruppetto radunato fuori della chiesa: erano rimasti in pochi, oltre a Leo, Rosalind, Mr. Allen – il nonno di Rosalind – e Dominic. Nessuna traccia del domestico con l'orecchino, perciò Cecily dedusse che fosse rientrato per assistere Mr. Markham. Quell'uomo dallo sguardo tenebroso e indecifrabile le suscitava una strana agitazione. Seccata, lo scacciò dalla mente.

    «Permettetemi di presentarvi mio fratello» annunciò Thea, indicando il giovanotto accanto a Dominic.

    Alto e scuro di carnagione, Daniel non assomigliava affatto alla sorella, ma non ebbero modo di approfondire, perché Vernon chiamò tutti a raccolta.

    «Andiamo, è ora del rinfresco. Voglio trascorrere il resto della giornata a festeggiare le mie fortunate nozze con questa donna perfetta e meravigliosa.»

    Cinse Thea per la vita e la baciò. Le lacrime colsero Cecily di sorpresa. Vedere l'affascinante e ambito fratello così profondamente innamorato di Thea, che non apparteneva al loro mondo... era quello il vero amore. Lo stesso era accaduto tra Leo e Rosalind: dal primo istante in cui Cecily aveva visto l'influente fratello maggiore – duca dall'età di diciannove anni – insieme a Rosalind, il sentimento che li univa le era parso lampante. Chinò il capo per riprendere il controllo delle emozioni, poi sfoderò un sorriso e si avviò con Dominic verso la carrozza che li avrebbe condotti a Stourwell Court. La sua apprensione era tale che a malapena notò la casa, una volta arrivati.

    La prima persona che vide al ricevimento fu l'uomo della chiesa, che in realtà non apparteneva alla servitù, perché fu lo stesso Leo a presentarli.

    «Cecily, mia cara, ti presento Mr. Gray, un vecchio amico di Daniel Markham. Absalom, lei è mia sorella, Lady Cecily Beauchamp.»

    Mr. Gray le fece un inchino con aria così perplessa che per poco non le sfuggì una risatina. Non le capitava mai. Le signore non ridacchiavano, tantomeno le sorelle di un duca, trentenni e zitelle. «Sono lieta di fare la vostra conoscenza, Mr. Gray.»

    Lui la scrutò, e Cecily si sentì inspiegabilmente a disagio.

    «Il piacere è mio, Lady Cecily.»

    Non ebbero più occasione di parlare, ma nel corso del ricevimento il suo sguardo fu attratto a più riprese da Mr. Gray, che se ne stava immobile e guardingo. Ogni volta che incrociava i suoi occhi cupi, Cecily distoglieva i propri. Più tardi apprese da Thea che Absalom Gray era uno zingaro – o un rom, come preferisce lui, aveva specificato la cognata – che aveva salvato la vita di Daniel. Non si sapeva altro. Era un uomo molto riservato, le confidò Thea.

    Di colpo acquisirono un senso l'orecchino, che gli conferiva un'aria misteriosa e pericolosa, e quegli abiti ampi e sbiaditi, pratici ma non da gentiluomo. Cecily notò che Mr. Gray era sparito, dopo il brindisi, e provò sollievo e delusione al contempo: sollievo perché non doveva più temere di incrociare il suo sguardo, e delusione, perché quella presenza tenebrosa l'aveva distratta dalla sua angoscia per il futuro.

    Cecily mantenne una facciata gioviale fino a sera, quando amici e vicini dei Markham si unirono ai festeggiamenti. La vita l'aveva educata a mantenere un contegno elegante e posato, nonostante il tumulto interiore e la vocina petulante che le rimproverava lo scarso entusiasmo per la buona sorte dei fratelli. Osservando i volti lieti e arrossati dallo champagne, d'un tratto ne ebbe abbastanza. Doveva uscire da quella stanza. Le serviva qualche minuto per sé, in cui smettere di recitare la propria parte.

    Incrociò lo sguardo di Rosalind e le fece capire che andava a rinfrescarsi. Tuttavia, anziché dirigersi verso la stanza delle signore, uscì all'aria aperta. D'istinto imboccò il viale lastricato al centro dell'impeccabile giardino e si allontanò da luci e risate verso un punto in cui, complice l'imbrunire, nessuno avrebbe potuto vederla. Si era levato il vento, e Cecily si pentì di non aver preso con sé lo scialle per ripararsi dalla brezza inattesa. Si voltò verso la villa con le finestre inondate di luce, domandandosi se non fosse il caso di rientrare, ma non si sentiva ancora pronta. In casa, gioia e congratulazioni scorrevano a fiumi come lo champagne. Anche Cecily in cuor suo era lieta, ma...

    Desiderava rimanere un po' da sola per placare le emozioni che rischiavano di farle perdere il controllo. E lei si vantava di non perderlo mai. Rabbrividì e si strinse nelle braccia, allentando a poco a poco le redini dei propri timori, mentre avanzava lungo il sentiero costellato di rose e piante aromatiche. La luna splendeva alta nel cielo e le stelle brillavano luminose, mentre la notte calava sul giardino il suo manto di velluto.

    Non era invidiosa della felicità di Leo o di Vernon. Vederli coinvolti in un amore così meraviglioso la riempiva di gioia. Rosalind e Thea le piacevano molto. Il matrimonio di Vernon, però, così repentino dopo quello di Leo, la lasciava... in quale posizione?

    Cecily concesse alle paure nascoste di affiorare in superficie e identificò la fonte del suo più grande timore: i notevoli cambiamenti avvenuti nella vita della famiglia Beauchamp collocavano Cecily nel ruolo tutt'altro che invidiabile di sorella nubile da mantenere.

    La zia zitella.

    Oggetto di sguardi pietosi e battute maligne.

    Volente o nolente, la sua vita era cambiata, e non poteva farci niente. Con lo stomaco stretto dal risentimento per l'ingiustizia della sorte, Cecily affrettò il passo come volesse sfuggire alla vergogna di quei pensieri meschini. Raggiunta la fine del viale, svoltò l'angolo e finì contro una solida parete di muscoli.

    Vacillò, ma due mani possenti, forti e calde sulla sua pelle nuda, la sostennero per le braccia. Il cuore le sobbalzò nel petto quando si rese conto dell'imprudenza di vagare nel buio da sola in un luogo sconosciuto, al solo bagliore della luna e delle stelle, e si dimenò per liberarsi. L'uomo ritrasse le mani all'istante, e le pulsazioni di Cecily si placarono. Lei sollevò lo sguardo e incontrò un paio di occhi scuri e profondi su un volto a malapena distinguibile, incorniciato da una pioggia di ricci neri e scarmigliati. Il luccichio di un diamante le fece trattenere il fiato, e il battito del suo cuore si impennò di nuovo.

    2

    «Buonasera, Mr. Gray» mormorò Cecily, tremante. «Non mi aspettavo di incontrare nessuno.»

    «Potrei dire lo stesso.»

    Cecily si voltò verso la villa, il cuore in subbuglio. «Sarà meglio che rientri.»

    «È quello che volete?»

    Lei lo scrutò. «Domanda bizzarra.»

    «Non direi. O lo volete, o ritenete di doverlo fare. È diverso.»

    «Non dovrei stare qui sola con voi.»

    Lui si sfregò il mento. «Vi sentite in pericolo?»

    «No, ma non è opportuno. Ho una reputazione da difendere.»

    Absalom Gray sorrise e indicò il vasto giardino tra loro e la villa. «Nessuno può vederci, né giudicare. Stiamo solo conversando.»

    Aveva ragione, ma Cecily si infastidì. Come poteva non capire? Ma certo... era uno zingaro. Cosa ne sapeva dell'etichetta e dei dettami della società?

    «Facciamo due passi, così mi spiegherete cosa vi turba» propose lui.

    Cecily trasalì per l'impertinenza. «Cosa mi turba?» ripeté. Oltraggioso! Avrebbe dovuto andarsene all'istante, invece le sfuggì una risata, che la fece arrossire. «Non sono turbata» mentì.

    «Allora perché siete qui tutta sola?»

    «Volevo prendere una boccata d'aria. Voi, invece?»

    Gray sollevò lo sguardo al cielo. Non indossava il fazzoletto da collo come gli altri invitati, ma una semplice cravatta blu su un panciotto sgargiante dal cui taschino pendeva un orologio d'oro. Aveva il petto ampio, il collo e le spalle vigorosi, una forza fisica innegabile, eppure... L'istinto rassicurò Cecily. La sua unica apprensione era quella di essere vista.

    «Anch'io avevo bisogno d'aria.»

    Le sorrise, e a lei mancò il fiato. «Abbiamo qualcosa in comune» aggiunse con voce calda e melodiosa.

    Continuava a fissarla, e Cecily ebbe un fremito. Allora lui si tolse la giacca e gliela posò sulle spalle. Se lo avesse previsto, Cecily avrebbe rifiutato, tanto diffidava di sporco, pidocchi e sudicerie simili. Il suo olfatto spiccato, tuttavia, percepì solo una mescolanza virile di muschio, legno e sapone. Si rilassò e strinse i lembi della giacca, assorbendone il tepore. «Grazie.»

    «Di niente, Lady Cecily.»

    «Siete sparito, dopo il brindisi. Dove eravate?»

    «Mi lusinga che lo abbiate notato.»

    «Mr. Markham ha sottolineato la vostra assenza.» Mentiva, ma non voleva fargli capire che lo aveva osservato. Incantata, per di più. «La vostra... gente è accampata da queste parti?»

    «No, sono solo.»

    «Allora, dove eravate

    «Sono un uomo libero. Vado dove mi pare e piace.»

    «Certo. Perdonatemi. Non intendevo impicciarmi.»

    Lui rimase zitto.

    «Non parlate come gli zingari» proseguì Cecily.

    «E come parla uno zingaro, secondo la vostra approfondita esperienza, milady?»

    Cecily si irrigidì, irritata dal tono sarcastico.

    «Nella mia esperienza» replicò, piccata, «gli zingari parlano con accento straniero, mentre voi sembrate inglese quanto me.» Si tolse la giacca e gliela restituì. «Grazie, mi sono scaldata a sufficienza. Adesso devo tornare alla festa.»

    Gray se l'appese alla spalla con un gesto fluido, poi le afferrò la mano e la strinse tra le dita calde. «Sono nato in Inghilterra. E preferiamo chiamarci rom

    Non si era scusato, ma le sue parole furono sufficienti a rabbonirla. Sembrava un uomo poco incline a scuse e spiegazioni. «Cercherò di tenerlo a mente» gli rispose, conciliante.

    Sebbene la ragione le suggerisse di ritrarre la mano, Cecily non lo fece, intrigata dalla delicatezza inattesa delle dita di Gray.

    «La vostra mente si è liberata dei pensieri?» chiese lui con sguardo intenso. «Vi ho osservata, in chiesa.»

    A quelle parole i timori che Cecily aveva provato per il proprio futuro, durante le nozze di Vernon e Thea, si riaccesero, e il tumulto interiore si risvegliò.

    «Mi chiedo perché la sorella di un duca ricco e potente debba sentirsi così infelice» rincarò lui.

    «Infelice?»

    Gray le posò una mano dietro la schiena e la fece voltare in direzione opposta alla villa.

    Non dovrei seguirlo. Davvero, non dovrei.

    «Facciamo due passi» suggerì di nuovo lui. «Vi ascolterò senza giudicare.»

    Tutti i precetti appresi con l'educazione le gridavano di rientrare e attorniarsi di gente... normale, di comportarsi secondo le aspettative, come faceva da una vita. Però non aveva nessuno con cui confidarsi, e l'urgenza di liberarsi di quel peso ebbe la meglio.

    Forse...

    Osservò Mr. Gray con la coda dell'occhio. Aveva un'espressione impassibile, ma serena. Non sembrava rigido, né impaziente... Era soltanto...

    È un uomo che vive nel presente. Non si preoccupa affatto del domani, né rimugina sul passato.

    Parole sussurrate dal vento che Cecily riconobbe come vere. Gray attendeva una risposta con calma. Non era impaziente come la maggior parte degli uomini che conosceva, ansiosi di liberarsi del grattacapo per tornare a questioni più importanti.

    Aspetta che sia io a decidere se parlare. Che male ci sarà? In fin dei conti è uno zin... un rom, e tra pochi giorni io tornerò alla vita di sempre. Le nostre strade non si incroceranno più.

    Fu così che la libertà di scelta, la magia della notte e la presenza rassicurante di Mr. Gray indussero Cecily a mettere da parte le regole che condizionavano la sua vita.

    «Pensavo al mio futuro» confessò quindi.

    «Lo prospettate infelice?»

    «Sì.»

    Calò il silenzio.

    «Il matrimonio dei miei fratelli... uno dopo l'altro... Non credevo...»

    Un nodo le ostruì la gola. Avevano raggiunto la fine del sentiero che si apriva su un'area lastricata, delimitata da un muro ad altezza d'uomo con un passaggio ad arco sul fondo. Cecily si fermò, sospirando, davanti allo stagno. Aveva l'occasione di dipanare quel groviglio di pensieri, dando voce ai propri timori. Absalom Gray si era fermato ai margini dello spiazzo, ma il suo sguardo intenso lo faceva sentire più vicino, regalandole un senso di intimità. Cecily inspirò.

    «Non credevo che i miei fratelli si sposassero. Leo aveva già avuto una moglie e ha vissuto un'esperienza assai infelice, nonostante gli abbia lasciato due figli maschi e una femmina. Ha già quarant'anni, ed è stato vedovo per circa tredici. Una serie infinita di donne ambiva da tempo al titolo di duchessa. Non avrei mai e poi mai...»

    «... creduto che potesse innamorarsi?»

    «Sono felice per lui. Gli voglio bene, e Rosalind mi è piaciuta subito. Siamo diventate amiche. Però avevo diciassette anni quando morì la prima moglie di Leo, ho cresciuto i suoi figli e gestito la casa. E ora...»

    La voce di Lady Cecily si spense, e Zachary Absalom Graystoke rimase in attesa, pago di concederle il tempo necessario per liberarsi di quel peso e sentirsi meglio. Era felice di aiutare la sorella di un duca ad affrontare i propri tormenti. Non aveva altre intenzioni, nessun secondo fine. Quella gente era lontanissima dalla sua vita, e lui sapeva bene che, chiunque fosse stato suo padre, un mezzo rom non sarebbe mai stato accettato nella cerchia dei nobili Beauchamp.

    Lady Cecily lo aveva affascinato dal primo momento in cui aveva posato gli occhi su di lei. Era arrivata tardi in chiesa e si era infilata nell'ultimo banco, accanto a lui. Non era sola, ma Zach non aveva avuto alcun interesse per il giovanotto che l'accompagnava, chiaro parente del duca. Quella donna invece, di cui ancora ignorava l'identità, aveva attirato subito la sua attenzione con quel profumo inebriante, le emozioni contenute e le forme sensuali. Si era seduta accanto a lui, così compunta e impeccabile, una signora perfetta, nell'abito color campanula abbinato al cappellino, ma non si era accorta di lui fino a quando non le aveva

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