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Le speranze del cuore: Harmony Bianca
Le speranze del cuore: Harmony Bianca
Le speranze del cuore: Harmony Bianca
E-book158 pagine2 ore

Le speranze del cuore: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Quando la passione per la medicina incontra le ragioni del cuore, la famiglia diventa il posto in cui sentirsi a casa
Il neurochirurgo Josh O'Connor ha trovato il proprio equilibrio su un'isola battuta dal vento, fino a quando nella sua vita non irrompe la nipote della sua unica vicina, l'ostetrica Hannah Byrne. E adesso che è impossibile lasciare l'isola, lui e Hannah sono costretti a vivere insieme nel suo rifugio. Una situazione che, stranamente, non gli dispiace affatto.

Hannah non è affatto contenta di trovarsi su quell'isola con Josh. È troppo burbero per lei, così solare e affabile. Ma quando la fa entrare nella sua casa, sente un calore che non provava da tempo e che sembra fatto apposta per accogliere lei e il bambino che porta in grembo.
LinguaItaliano
Data di uscita19 mar 2021
ISBN9788830526099
Le speranze del cuore: Harmony Bianca
Autore

Marion Lennox

Marion Lennox is a country girl, born on an Australian dairy farm. She moved on, because the cows just weren't interested in her stories! Married to a `very special doctor', she has also written under the name Trisha David. She’s now stepped back from her `other’ career teaching statistics. Finally, she’s figured what's important and discovered the joys of baths, romance and chocolate. Preferably all at the same time! Marion is an international award winning author.

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    Anteprima del libro

    Le speranze del cuore - Marion Lennox

    successivo.

    1

    La sua vicina doveva essere andata a far fare i bisogni al suo cane... ma così tardi?

    Il dottor Josh O'Connor aveva guardato le previsioni del tempo nelle ultime ventiquattro ore. Il ciclone Alma sarebbe dovuto restare molto a nord di Camel Island, ma il tempo si stava facendo estremamente cupo. Quando il commentatore radiofonico aveva detto: «Un imprevedibile cambiamento ha fatto deviare l'occhio del ciclone verso sud», Josh aveva iniziato ad avere dei dubbi. Sarebbe dovuto partire?

    Tuttavia, aveva guardato attraverso le sue solide finestre a doppi vetri e aveva visto il mare che si ingrossava, aveva pensato al ponte traballante che congiungeva alla terraferma e aveva deciso che sarebbe stato più sicuro rimanere dove si trovava. La sua casa era nuova, lunga, bassa, solida e costruita sul lato sottovento dell'isola. Le forti persiane garantivano protezione. Aveva molte provviste. La tempesta avrebbe potuto isolarlo dalla terraferma per qualche giorno, però sarebbe stato bene.

    Ma gli altri? Conosceva a malapena gli abitanti delle sole altre due case su quella remota isola, ma sapeva abbastanza da preoccuparsi. Verso metà pomeriggio, in base alle previsioni del tempo, avrebbe provato a contattarli.

    La casa sul lato più lontano dell'isola era abitata da una coppia di artisti e dai loro figli e la sua telefonata lo aveva fatto sentire come se avesse reagito in modo esagerato. «Staremo bene, amico» gli aveva risposto Mick Forde. «Skye e io abbiamo già visto tempeste come questa. Ci darà qualcosa da dipingere. Restiamo.» Josh aveva pensato al loro sgangherato cottage con apprensione, ma non c'era niente che potesse fare davanti alla loro intransigenza.

    L'unica altra casa si trovava sul suo lato dell'isola e apparteneva a Moira Byrne, una signora molto anziana. Era un tipo solitario. Quando Josh era arrivato per la prima volta e si era presentato, era stata secca fino a sembrare maleducata.

    «Se pensi che reciteremo la parte dei vicini felici, ti conviene cambiare idea. Ho comprato questo posto per il suo completo isolamento ed è così che mi piace vivere. Sta' alla larga da me e io starò alla larga da te.»

    Josh lo aveva fatto, anche se la sua fragilità e il suo isolamento lo avevano fatto preoccupare. Una volta a settimana attraversava il ponte sulla sua vecchia berlina bianca, immaginava per fare provviste nella città sulla terraferma. Di tanto in tanto arrivava una piccola auto rossa e qualcuno restava per qualche ora, ma chiunque fosse se ne stava per conto proprio, come l'anziana signora. L'autista dell'auto rossa sembrava essere l'unico contatto personale della signorina Byrne, ma Josh era l'ultima persona che voleva invadere la sua solitudine.

    Tuttavia, quel pomeriggio si sentiva abbastanza agitato da intromettersi. Il telefono della signora aveva suonato a vuoto, così Josh si era deciso, con grande sforzo, ad andare da lei. Aveva sentito un cane all'interno, ma non c'era stata nessun'altra risposta al ripetuto bussare. La casa e il garage erano chiusi, con le tende tirate, le imposte chiuse.

    Rimase in piedi sulla soglia mentre il vento aumentava e pensò che doveva essere andata sulla terraferma a causa della tempesta.

    Sentì sbattere la coda di un cane. Il cane sarebbe potuto uscire se avesse voluto, ma non doveva essere abbastanza interessato al bussare di Josh per indagare. Gli sembrava giusto, decise Josh, pensando alla paura delle tempeste che aveva il suo cane. Josh se n'era andato a casa, era entrato nel suo ufficio e si era immerso nel lavoro.

    Il ruolo della tecnologia nella medicina lo aveva sempre affascinato e l'uso di scheletri robotici esterni che potessero ripristinare le funzioni nei pazienti con un danno spinale era diventata la sua passione. Dopo il suo incidente era stato abbastanza semplice passare la sperimentazione al suo staff. Si recava in auto in città quando c'era più bisogno di lui. Partecipava a conferenze oltreoceano, ma altrimenti lavorava da solo.

    Il progetto a cui stava lavorando era affascinante, ma non era abbastanza da coprire la tempesta. Dudley, il cane meticcio che gli era stato affibbiato quando aveva comprato quel posto, non aiutava. Se ne stava accucciato sotto la sua sedia in quello che Josh immaginava fosse l'equivalente canino della posizione fetale, e i suoi uggiolii stavano aumentando di volume.

    «Va tutto bene, amico» lo rassicurò lui, ma Dudley lo guardò come se gli mancasse qualche rotella e ritornò a uggiolare.

    Al crepuscolo le linee telefoniche erano fuori servizio e il suo generatore era entrato in azione automaticamente per aumentare la conservazione della batteria derivante dall'energia solare. Quel posto era stato progettato per essere autosufficiente. Josh aveva l'energia per la refrigerazione e la luce, una vecchia stufa parigina che garantiva il riscaldamento centrale e l'acqua calda, più abbastanza legname da mantenere accesi sia la stufa che il camino aperto in soggiorno per mesi. Aveva una dispensa e un congelatore pieni di provviste. La sua costosissima antenna parabolica gli stava ancora dando connessione con il mondo esterno se ne avesse avuto bisogno. Dudley poteva essere spaventato, ma lui non lo era.

    «Prepariamo qualcosa per cena» gli disse.

    Dudley lo stava ancora guardando come se fosse pazzo. Era sotto la sedia di Josh e non aveva intenzione di muoversi.

    «Fifone» gli disse Josh, ma si abbassò sulle mani e sulle ginocchia e iniziò a grattare le orecchie di Dudley. Dudley uggiolò.

    Okay, avrebbe fatto ricorso all'artiglieria pesante... quello che Dudley preferiva di più al mondo. Josh si sdraiò sulla schiena, si diede dei colpetti sul torace e aspettò.

    La sua strategia andò a buon fine. Il pastore australiano fece un ultimo mugolio carico di preoccupazione, ma quello era uno stratagemma che Josh usava da quando aveva trovato quel cane meticcio affamato e infestato dalle pulci appena si era trasferito lì. Dudley si mosse lentamente verso di lui da sotto la sedia, poi scivolò con circospezione sul torace di Josh. Josh gli massaggiò la schiena nel modo che i cani di tutto il mondo adoravano e lo abbracciò forte.

    «La cena» disse Josh. Dudley si lasciò andare a un sospiro rassegnato che diceva che avrebbe dovuto preoccuparsi di più della tempesta, ma forse avrebbe messo la cena al primo posto. Josh lo abbracciò di nuovo, poi si diresse in cucina, con Dudley che lo seguiva camminando furtivamente dietro di lui. Riempì la ciotola di Dudley di croccantini, poi decise di controllare fuori. Aveva chiuso le imposte di pomeriggio, e ciò rendeva impossibile vedere attraverso le finestre, ma ora aprì con prudenza la porta sul retro.

    La casa di Josh, fatta di pietra e accovacciata tra un paio di affioramenti rocciosi, sembrava ancora solida e al sicuro, ma fuori era spaventoso. Il vento fischiava. Le macerie sbattevano contro le pareti. L'istinto di Josh fu di chiudere subito la porta... ma poi si fermò. Vide le luci di un'auto lungo il sentiero che proveniva dalla casa di Moira, giù verso il ponte.

    Forse Moira ci aveva ripensato ed era tornata indietro per il suo cane?

    Aveva attraversato il ponte? Le sue vaghe preoccupazioni diventarono paure.

    Le onde si sarebbero scagliate contro le palificazioni e Josh aveva visto le antiche palizzate scricchiolare e ondeggiare durante l'ultima tempesta. E non era stata forte come quella.

    Ora stava guardando le luci delle auto che si dirigevano verso di esso e si rese conto che si era dimenticato di respirare.

    Stava reagendo in maniera esagerata, si disse. Il ponte aveva resistito alle intemperie per decenni e l'auto avrebbe impiegato meno di un minuto ad attraversarlo.

    Per un momento i fari dell'auto illuminarono la palizzata mentre rallentava. Moira doveva essersi fermata per valutare la situazione.

    La decisione era stata presa. I fari avanzarono sul ponte.

    Poi traballò violentemente e scomparve.

    «Dannazione!»

    E questa fu l'imprecazione minore che Josh pronunciò mentre indossava gli stivali e si dirigeva verso la porta interna del garage. Premette il telecomando delle porte, il vento soffiò all'interno... e qualche secondo dopo fu nel cuore della tempesta.

    Almeno il suo furgone era resistente. Lo aveva comprato perché era solido, perché apprezzava la tranquillità di guidare lungo le strade accidentate verso le spiagge fuori mano dell'isola. Ora apprezzava più che altro il suo peso.

    Pensò alla minuscola berlina di Moira. Nessuno avrebbe dovuto guidare in quelle condizioni, e la sterzata di quelle luci... Avevano puntato verso l'alto e poi erano sparite.

    Stava andando a tutto gas lungo la strada come un pazzo. Se il ponte avesse ceduto... Se l'auto di Moira fosse finita in mare...

    Non avrebbe potuto fare niente. Lo capì persino prima di raggiungere il ponte. Il passaggio navigabile che portava alla terraferma era profondo e dalla corrente impetuosa. Quel lato dell'isola era sottovento rispetto alla tempesta, ma anche in quel caso le onde si sarebbero abbattute con forza. Una minuscola auto, sommersa...

    Josh aveva bisogno di aiuto.

    Non ne aveva.

    Le linee telefoniche erano saltate ore prima. Con l'intenzione di essere autosufficiente, e perché dipendeva dalle videoconferenze per il suo lavoro, Josh aveva pagato un occhio della testa per un collegamento satellitare, ma chiunque in quell'acqua sarebbe morto certo molto prima che il soccorso esterno potesse arrivare.

    Raggiunse il ponte, o ciò che ne rimaneva. I suoi fari illuminarono la scena e vide un rottame abbattuto dalla tempesta.

    Il ponte era crollato, la palizzata adesso era un ammasso informe, piegata di traverso nel mare, e minacciava già di staccarsi ed essere spazzata via.

    C'era un'auto in quella confusione, nell'acqua ma solo in parte.

    E non era l'auto di Moira. L'auto di Moira era bianca. Questa era minuscola e di un rosso indefinito. L'auto che di tanto in tanto aveva visto venire a fare visita.

    E chiunque fosse all'interno era in guai seri. Il cofano era quasi sommerso. La palizzata era tutta attorno a essa e le onde colpivano il legno. L'auto stava ruotando di lato...

    Josh uscì dal furgone prima che se ne rendesse conto, buttandosi giù dalla riva, attorno alla massa di tavolato disconnesso, lasciando i fari a illuminare la scena.

    Un'enorme asse era incastrata contro lo sportello del guidatore. Era spinta dal resto della palizzata. L'auto veniva spinta sempre più in fondo.

    Josh riuscì a vedere un volto al finestrino del guidatore. Il volto di una donna, incorniciato da una massa di ricci rosso rame. Una maschera di terrore.

    Josh non poteva raggiungerla.

    Si fermò per una frazione di secondo per avere il tempo di valutare la situazione. Gli tornò alla mente il tirocinio. Dal momento in cui si era iscritto alla facoltà di medicina, gli era stata inculcata la procedura, di continuo. Non importava quale fosse l'emergenza, valutare l'intera situazione prima di agire.

    Le onde battevano sull'asse contro l'auto così forte che sarebbe stato inutile cercare di raggiungere lo sportello del guidatore e tentare di aprirlo. Non ce l'avrebbe fatta. Ma l'asse era posta ad angolo, e la forza maggiore delle onde sarebbe stata nella parte anteriore dell'auto, dove l'acqua era più profonda.

    Sembrava illogico, ma indietreggiò, verso la riva dal lato dello sportello del guidatore, dalla parte

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