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Il frutto della passione: Harmony Collezione
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Il frutto della passione: Harmony Collezione
E-book155 pagine2 ore

Il frutto della passione: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

C'è un modo per far capire a quella rompiscatole dagli occhi di velluto che lui non vuole contatti umani? Liam Mc Guire si è volontariamente rifugiato su un'isoletta sperduta per sopportare in totale solitudine la convalescenza dopo una lunga paralisi alle gambe, che lo costringe a muoversi ancora su una sedia a rotelle. I continui tentativi di Jane Ogilvie di tenergli compagnia, però, alla fine ottengono un risultato: una romantica serata a due. Il giorno dopo, però, lui...
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2016
ISBN9788858955857
Il frutto della passione: Harmony Collezione
Autore

Catherine Spencer

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il frutto della passione - Catherine Spencer

    successivo.

    1

    Troppo tardi!

    Jane sapeva che era troppo tardi per tornare indietro, ma aveva bisogno di qualcuno cui dare la colpa. Un capro espiatorio, la causa degli eventi che quell'estate l'avevano portata a incontrare Liam McGuire.

    In cima alla lista dei possibili colpevoli c'era il nonno. Era stato lui a proporle di trascorrere l'estate a Bell Island, rassicurandola che avrebbe avuto metà dell'isola tutta per sé.

    Steve aveva deciso di trascorrere le vacanze a casa del figlio in California, ma il vecchio compagno di pesca del nonno non si era preso la briga di avvertire che aveva affittato il proprio cottage per l'estate.

    Poi c'era Liam McGuire, l'uomo più maleducato e disordinato che avesse mai conosciuto. Non le era mai capitato di sentire imprecare tanto, anche se questi non erano propriamente affari suoi. Come legale affittuario il signor McGuire poteva fare ciò che voleva nella sua proprietà.

    Non restava che dare la colpa al povero Bounder. Se il suo cane non avesse avuto la pessima abitudine di dare troppa confidenza agli estranei, forse lei non si sarebbe mai ritrovata in quella situazione. D'altronde, se lei stessa si fosse preoccupata di educare il proprio cane, quando era ancora un cucciolo...

    Se, se, se...

    Odiava doverlo ammettere, ma l'unica vera colpevole era lei. E questo spiegava anche come mai, a metà mattina del primo giorno sull'isola, si ritrovava accovacciata dietro a uno scoglio, la faccia in fiamme per l'imbarazzo.

    «Avrei fatto meglio a restarmene in città» mormorò a denti stretti rivolgendosi a Bounder.

    Per tutta risposta, il cane dimenò la coda felice, fissandola con due occhietti furbi e amorevoli. In realtà non avrebbe potuto rimanere a Vancouver. Era tornata nei luoghi della sua infanzia per cercare la serenità che da tempo le mancava.

    Nella tarda serata del giorno prima era arrivata al cottage di suo nonno ed era salita di corsa sulle scale a chiocciola, che portavano al piano rialzato. Era salita tutto di un fiato nell'enorme stanza mansardata e si era accoccolata sotto il piumino d'oca, nell'antico letto in ottone. Si era addormentata senza rendersene conto, al suono dolce delle onde che si rompevano sulla battigia, respirando a pieni polmoni il profumo del mare.

    Per la prima volta dopo mesi aveva dormito un sonno senza incubi, profondo e innocente come quello di un bambino, certa che la pace di Bell Island avrebbe curato la sua anima.

    La mattina successiva si era alzata molto presto. Dalla finestra rivolta verso nord si aveva una vista magnifica della baia, teatro dei momenti più felici della propria infanzia. Ma quella mattina non era stato il colore dell'acqua nelle insenature ad attrarre la sua attenzione, quanto una sottile colonna di fumo bianco uscire dal camino del cottage vicino.

    Se avesse saputo a che cosa stava andando incontro avrebbe di certo rivolto il suo sguardo altrove, ma la cosa la incuriosiva troppo; tanto più che le finestre della casa erano ancora sbarrate con le assi, che erano servite a proteggerla dalla furia dei forti venti invernali. Essendo giugno, la cosa le apparve alquanto sospetta. Perché rimanere nella quasi totale oscurità, anziché lasciare che i caldi raggi del sole illuminassero la casa?

    «C'è qualcosa che puzza...» disse rivolgendosi a Bounder. «Credo proprio che dovremmo investigare.»

    Le era sembrata l'idea più sensata anche se, avvicinandosi al cottage, una sensazione di disagio le aveva attraversato la spina dorsale. Era felice di avere con sé un cane da pastore di diciotto mesi.

    Trovò la porta d'ingresso semi aperta. Tenendo Bounder per il collare, bussò vigorosamente chiedendo se ci fosse qualcuno.

    Dalla porta si intravedevano le braci che si stavano spegnendo nel camino, una pila di piatti sporchi nel lavello e un maglione buttato sullo schienale del divano.

    Decise di entrare per dare un'occhiata. Su di un tavolino basso c'erano un telefono cellulare e una dozzina di libri sparpagliati. Chiunque fosse l'inquilino di certo doveva amare la lettura, ma a parte qualche abito gettato a terra e un sacco a pelo sul divano, che facevano pensare a un tipo piuttosto disordinato, i frammenti di luce che filtravano timidi dalle assi di legno sulle finestre non rivelavano niente altro sull'identità del fantomatico inquilino.

    È sicuramente un uomo, disse tra sé. Il maglione abbandonato in salotto era troppo largo per una donna e solo un uomo avrebbe trattato i propri vestiti con tale noncuranza o lasciato il sacco a pelo spiegazzato dopo una notte di sonno.

    «Chiunque sia» disse ad alta voce rivolta al cane, «avrebbe almeno potuto aprire le finestre e far entrare un po' di luce nella stanza oltre che un filo d'aria fresca. È più umido di una cantina!»

    All'improvviso Bounder drizzò le orecchie e puntò lo sguardo verso l'uscio. Qualcuno si stava avvicinando alla casa e Jane si rese conto che per puro scrupolo aveva infranto il diritto alla privacy di uno sconosciuto. Prese il cane per il collare ansiosa di andarsene prima di essere colta sul fatto, ma Bounder non sembrava essere d'accordo. Liberatosi con uno scatto, rubò un indumento da terra e iniziò a correre tutt'intorno alla stanza scodinzolando.

    «Bounder, ti prego!» lo implorò Jane a bassa voce. «Dammi quella cosa! Bounder, ti prego!»

    Il cane aveva voglia di giocare e saltellando sulle enormi zampe non faceva che peggiorare la situazione, lasciando il caos al suo passaggio. Quando finalmente riuscì ad agguantarlo e a strappargli di bocca quello che aveva rubato in camera, un'ombra oscurò la scia di luce che entrava dalla porta.

    Jane si alzò di scatto, pensando alla spiegazione più plausibile per giustificare la propria intrusione. Sono Jane Ogilvie, la sua vicina di casa. Ero passata per salutarla... ma non uscirono parole dalla sua bocca.

    Un uomo se ne stava immobile sulla soglia, sbarrandole il passaggio e fissandola con uno sguardo decisamente freddo e ostile. Ma non era né l'indignazione palese in quegli occhi verdi come il mare in un giorno d'inverno a lasciarla senza parole, né l'imbarazzo di essere stata colta sul fatto mentre curiosa va in casa sua. Senza volerlo si ritrovò muta con lo sguardo fisso sulle gambe dello sconosciuto.

    Per qualche minuto calò nella stanza un silenzio opprimente. Era evidente che intendesse lasciarla sulle spine di proposito per farla sentire, se possibile, ancora più in colpa.

    «Qual è il problema, riccioli d'oro? Non hai mai visto un uomo in sedia a rotelle?» disse all'improvviso con un tono talmente duro da farla istintivamente indietreggiare.

    Sì, che l'ho visto! Avrebbe voluto rispondergli di botto, ma quell'uomo era talmente impegnato a dedicarle insulti che non l'avrebbe nemmeno sentita.

    Entrò in casa travolgendo una sedia della cucina e quasi investì Bounder nella sua corsa rabbiosa. «Togliti di mezzo, brutto cagnaccio!» gridò furioso.

    Per tutta risposta l'animale cercò di leccargli una mano. Dato che la sensibilità non sembrava essere la caratteristica più sviluppata dello sconosciuto, Jane optò per un approccio più diretto e andò subito al dunque. «Il proprietario del cottage sa che lei vive qui?» domandò ripiegando con cura l'indumento che Bounder aveva finalmente deciso di mollare.

    «Che t'importa?» ribatté lui brusco «E poi, che cosa diavolo credi di fare con le mie mutande?»

    Jane pensava di aver già raggiunto il picco massimo di imbarazzo, ma il rendersi conto all'improvviso di tenere in mano la biancheria intima di uno sconosciuto la fece sprofondare nella confusione più nera. «O santo cielo!» mormorò sconcertata, sentendosi sempre più rossa in viso. «M... mi creda, non avevo realizzato che cosa fossero.»

    «Caspita!» esclamò lui incredulo alzando gli occhi al cielo. «Immagino che adesso mi dirai che non ti eri resa conto neanche di essere entrata in casa mia!»

    «Ma questa casa non è sua!» ribatté desiderosa di togliersi dall'impasse. «Appartiene a Steve Coffey, un vecchio amico di mio nonno che conosco da quando avevo cinque anni.» Solo allora si rese conto di non essersi ancora presentata e aggiunse in tono formale «Ah... a proposito: io sono Jane Ogilvie e occupo il cottage dall'altra parte della baia.»

    «Non credo proprio» disse lui deciso. «Sono Liam McGuire... e quando ho firmato il contratto d'affitto Coffey mi ha assicurato che avrei avuto la spiaggia tutta per me, quest'estate.»

    «Mi dispiace per lei, ma credo che siamo stati ingannati entrambi. Mio nonno mi aveva assicurato la stessa cosa. Ma se quello che la preoccupa di più è che io le dia noia, beh... può stare tranquillo. Neppure io sono ansiosa di socializzare.»

    «Sarà...» rispose perplesso «è per questo che si diverte tanto ad armeggiare nei miei cassetti?»

    Una vampata di calore le salì dal collo al viso.

    «Non ho armeggiato proprio da nessuna parte, io!»

    «Difatti...» ribatté lui divertito. «Dal modo in cui stai tenendo in mano quei boxer, mi aspetto che tu mi chieda da un momento all'altro di farti vedere come mi stanno.»

    Jane mollò la presa di colpo. «Non credo proprio!» obiettò furiosa.

    «E perché no?» domandò con insolenza. «Forse perché non è elegante pensare che anche un uomo in sedia a rotelle esiste dalla vita in giù?»

    «No!» Esclamò risentita, «semplicemente perché lei non è il mio tipo.»

    «E perché no? Perché sono su una sedia a rotelle?» chiese con lo stesso tono provocatorio.

    «No! Perché è arrogante, terribilmente scortese, attraente come uno scarafaggio e vive in un porcile.»

    Liam sorrise e abbassò lo sguardo. «Questo significa che non ti sentirai obbligata a fermarti ogni mattina per vedere che lo sfortunato zoticone non sia caduto durante la notte e si sia rotto il collo?»

    «Proprio così!» rispose lei fiera. «Può anche cadere dal molo e annegare, per quanto mi riguarda!»

    Prese Bounder saldamente per il collare e uscì dalla casa con passo deciso, senza degnare Liam McGuire di un solo sguardo. Non gli avrebbe fatto capire per nulla al mondo come si sentiva scossa dal suo atteggiamento, né come si vergognasse per essersi abbassata al suo livello. Solo dopo che si fu messa a sedere riparata da uno scoglio cercò di riguadagnare un po' di calma.

    Come aveva potuto pronunciare frasi di quel gene re? Lei che sapeva bene che cosa volesse dire dover superare la frustrazione di essere inchiodati su una sedia a rotelle. Dov'era andato a finire quel sentimento di compassione che l'aveva accompagnata durante la malattia di Derek?

    È scomparso con lui, e non intendo farmi coinvolgere ancora da quella spirale di dolore. Non riuscirei a sopportare una seconda volta, cercò di giustificarsi.

    Chiuse gli occhi, come se il silenzio avrebbe messo a tacere la verità che risuonava nella sua coscienza. Ma la dura prova cui era stata sottoposta le aveva insegnato, che non serviva a niente girare le spalle alla realtà dei fatti.

    Fingere di non vedere non avrebbe cambiato la situazione e non poteva negare che il suo nuovo vicino fosse un disabile. Non sapeva quanto grave fosse il suo problema, ma capiva perfettamente perché le imposte fossero ancora chiuse e perché non aveva appeso i propri vestiti dentro l'armadio.

    Trasse un sospiro profondo. Sapeva che, per quanto poco fosse desiderata in quella casa, non sarebbe riuscita a ignorare quell'uomo.

    Liam si accasciò sulla sedia, distrutto e

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