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Di nuovo a casa: Harmony Jolly
Di nuovo a casa: Harmony Jolly
Di nuovo a casa: Harmony Jolly
E-book163 pagine1 ora

Di nuovo a casa: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Non ho altra scelta, devo tornare a casa! È l'ultima cosa che Hope McKinnon, fotografa di fama internazionale, vorrebbe fare. Sono anni che gira il mondo senza fermarsi un attimo e soprattutto senza tornare una sola volta nei luoghi che l'hanno vista prima bambina e poi donna. Ora, però, non può farne a meno, sua nonna ha richiesto la sua presenza. La cosa potrebbe essere rapida e indolore se non fosse che ad attenderla ci sarà anche l'uomo che le ha rapito il cuore, Blake Nelson. La convivenza con lui non sarà affatto facile. Ma lei, ormai, non è una donna di mondo? Non sarà certo un amore del passato a intimidirla. Almeno Hope lo spera.

LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2015
ISBN9788858930465
Di nuovo a casa: Harmony Jolly
Autore

Donna Alward

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Di nuovo a casa - Donna Alward

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Sleigh Ride with the Rancher

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2012 Donna Alward

    Traduzione di Federica Jean

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-046-5

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    L’aria gelida si insinuò sotto la giacca di Hope McKinnon mentre scendeva dall’auto a noleggio e si soffermava a guardare il Centro di Ippoterapia Bighorn.

    Era dicembre nella regione canadese dell’Alberta, e sembrava di trovarsi al circolo polare artico... Soprattutto per lei, che aveva lasciato il caldo sole di Sydney solo poche ore prima.

    Si strinse nel giaccone di lana e prese la valigia. Le rotelle di quest’ultima scricchiolavano sulla neve che copriva il vialetto verso il grande edificio di legno. Guidando, Hope si era detta che sarebbe stato un paesaggio ideale per un romanzo d’amore di quelli ambientati in un romantico chalet di montagna, tra picchi innevati e abeti.

    Ma quando aveva pensato queste cose era all’interno di un’auto ben riscaldata. Adesso, invece, stava morendo di freddo, e quel posto stava perdendo rapidamente ogni attrattiva.

    Salì le scale faticosamente, sempre più infastidita, e lasciò cadere la valigia sulle tavole di legno della veranda prima di suonare il campanello.

    Tre volte.

    Si strinse nel giaccone mentre aspettava. A quel punto, i suoi piedi cominciavano a perdere sensibilità, protetti solo da un paio di stivali di pelle leggera.

    Si guardò intorno e scorse un pick-up parcheggiato accanto alla casa. Dove poteva essersi cacciato Blake Nelson, il proprietario del ranch? Non era affatto contenta di essere stata quasi costretta da sua nonna a recarsi lì per scattare delle foto. C’era un milione di altri posti in cui avrebbe preferito essere in quella stagione.

    Sbuffò. Be’, ormai era lì, si disse. E se fosse stata ferma ancora un po’ sarebbe diventata un pupazzo di neve. Lasciò la valigia accanto alla porta e attraversò il cortile, dirigendosi verso le scuderie.

    Una luce fioca a una finestra era l’unico bagliore che contrastava le ombre che stavano calando tutto intorno. Hope si diresse alla porta, accelerando il passo...

    E posò il piede su una lastra di ghiaccio nascosta dalla neve.

    Spiccò il volo, ma la sensazione di essere senza peso durò solo un istante, seguita da un tonfo sul terreno ghiacciato che le fece vibrare tutte le ossa del corpo.

    «Oh!» esclamò quando il suo osso sacro urtò a terra. Le ci volle un istante per riprendere fiato. Annaspò, a occhi chiusi.

    Quando li riaprì, davanti a lei c’era un paio di stivali da cowboy che spuntava da sotto dei jeans. I pantaloni fasciavano gambe molto lunghe. Arrossì.

    «Devi essere Hope» disse una voce profonda che tradiva un lieve divertimento. «Ti aiuto a rialzarti.»

    Quella voce le fece correre i brividi lungo la schiena. Alzò lo sguardo e non riuscì a trattenere un lieve sospiro. Blake, perché probabilmente era lui, era davvero un bell’uomo. Altissimo, incarnava lo stereotipo del cowboy dal cappello agli stivali, passando per la giacca di montone.

    L’occhio da fotografa di Hope lo inquadrò come se fosse al centro del suo obiettivo, trasformandolo in un’icona del grande West.

    «Hai battuto la testa?» si informò lui. Le stava ancora porgendo la mano, quando Hope si rese conto che era rimasta a fissarlo a bocca aperta.

    «Uh, no. Scusa» disse, afferrando la mano. Blake tirò leggermente e lei si ritrovò in piedi. Dopo avergli lanciato un sorrisetto metà di ringraziamento e metà di scusa, cercò di nascondere il proprio rossore spazzando via la neve dai pantaloni e dal giaccone.

    Quando lo guardò di nuovo, lui stava osservando con disapprovazione i suoi stivali con il tacco.

    «Devi fare attenzione alle lastre di ghiaccio» le disse. «La suola di questi stivali non fa abbastanza presa. Spero che tu abbia scarpe più adatte.»

    Lei serrò le labbra a quel tono di rimprovero e si ravviò una ciocca di capelli dagli occhi.

    Anche se era alta più di un metro e settantacinque, doveva comunque alzare il viso per guardare in faccia Blake Nelson. Lei, che aveva sempre provato disagio per la propria statura, accanto a quell’uomo si sentiva stranamente femminile.

    Lui si voltò per guardarla meglio e quando si mosse la luce gli illuminò direttamente il viso, che prima era seminascosto dalla tesa del cappello. Hope provò un tuffo al cuore.

    Per un lungo, orribile istante si ritrovò in ospedale, quando cercava di guardare Julie mentre le toglievano le bende senza farle capire quanto erano terribili gli sfregi che la sfiguravano.

    Blake aveva una lunga cicatrice che gli andava dalla tempia destra fino quasi alla mascella.

    «Stai bene? Sei pallida» disse lui, con un tono educato che lasciava trapelare la freddezza.

    Era chiaro che aveva capito perfettamente che era stata la sua cicatrice a provocarle quella reazione. Ma non poteva saperne il motivo, e lei era troppo sconvolta per dare spiegazioni. L’ultima cosa che voleva era andare in pezzi di fronte a uno sconosciuto.

    Non passava giorno senza che Hope rivedesse il viso sorridente di Julie, senza che sentisse il terribile vuoto lasciato dalla sua morte. Julie era la ragazza più bella che lei avesse mai conosciuto, sia dentro che fuori. E anche se erano passati sei mesi dal suo funerale, Hope non riusciva a scacciare il ricordo del corpo martoriato dell’unica persona che le era stata vicina in quegli anni. Julie conosceva bene la sua storia, i rapporti difficili con la sua famiglia, la sua frustrazione...

    Ma anche Julie, come ogni altra persona che aveva attraversato la vita di Hope, se ne era andata. Non per sua scelta, certo: ma quando Hope si trovava da sola nell’appartamento che avevano condiviso, senza nessuno con cui parlare, ridere o bere qualcosa dopo il lavoro, la sensazione era la stessa.

    Serrò i denti, cercando di riprendere il controllo e non farsi travolgere da quelle emozioni. «Sì, sono Hope» disse, cercando di usare un tono normale.

    Che fosse sfigurato era irrilevante, cercò di convincersi. Ma vedere la cicatrice aveva fatto crollare il muro protettivo che si era eretta intorno, ricordandole momenti dolorosi.

    «Qua si gela, andiamo in casa.»

    Mentre si dirigevano verso l’edificio, Hope era consapevole della mano di Blake che le sorreggeva leggermente il gomito per prevenire un nuovo scivolone. Era un gesto gentile, ma la metteva a disagio.

    Lui aprì la porta e la tenne aperta per lei. Quindi sollevò la pesante valigia come se pesasse due etti e la portò dentro.

    Hope sospirò di sollievo quando avvertì il piacevole tepore dell’interno, e dimenticò le sue riserve sul soggiornare in una casa privata. Ci avrebbe pensato più tardi. L’unica cosa che voleva, adesso, era scaldarsi.

    Lui stava salendo le scale con la valigia. «Ti ho sistemata nell’ala ovest. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto: si vedono le montagne dalla finestra. Inoltre, non sarai disturbata dal sole che sorge. Anche se non è che sorga tanto presto in questa stagione.»

    Era molto gentile, e Hope si sentì ancora più in colpa per la propria reazione alla cicatrice. Era combattuta tra l’impulso di spiegarsi e quello di far finta di nulla.

    «Grazie» disse. «La differenza di fuso orario mi ha scombussolata.»

    Lui si fermò davanti a una porta e l’aprì. La sua espressione del viso quando si voltò a guardarla era ancora un po’ rigida. «Puoi fare un sonnellino, se ne hai voglia» le propose. «Io devo sistemare qualche faccenda.»

    Sembrava ansioso di andarsene, e le dispiacque. Recuperare la figuraccia iniziale non sarebbe stato facile.

    Entrò in camera e si guardò intorno. La stanza era in legno, come il resto della casa. Anche il letto sembrava ricavato da tronchi grezzi, coperto da un quilt color fragola e crema e grandi cuscini dall’aspetto soffice.

    Anche se non era proprio il suo stile preferito, era confortevole e accogliente. In un angolo c’era un caminetto a gas, che emanava un piacevole calore.

    Blake posò a terra la valigia mentre lei andava alla finestra. Fuori, le pendici dei monti si estendevano per chilometri, culminando nelle Montagne Rocciose, così imponenti da sembrare più vicine di quanto fossero. Di giorno, nell’aria limpida, i picchi innevati dovevano essere una vista da mozzare il respiro.

    Hope si voltò. «Grazie, signor Nelson.»

    «Blake» la corresse lui. «Da queste parti non siamo molto formali.»

    «Blake» ripeté lei, che invece avrebbe preferito un po’ di formalità, per mantenere le distanze. «Non ti sembra... strano, avere un estraneo in casa?»

    Lui sbatté le palpebre. «Voi cittadini avete strane idee» disse. «Qui nel West teniamo all’ospitalità.»

    Il suo tono era cortese ma freddo. Fantastico, pensò Hope. Perché mai aveva detto di sì alla nonna?

    Per un attimo pensò di svelargli che non era una ragazza di città. Era cresciuta arrampicandosi sugli alberi, nuotando nei ruscelli e collezionando sbucciature in campagna. Quel ricordo le diede una fitta al cuore. La sua infanzia non era stata fantastica, ma quei giorni dalla nonna, a Beckett’s Run, non erano stati male.

    Blake alzò le spalle. «Dopo quel che Mary mi ha detto, per me va bene che tu resti qui. Dico davvero.»

    Lei aggrottò la fronte. E questo cosa voleva dire? Cosa gli aveva detto, nonna Mary? Lei era venuta solo per scattare fotografie. O no?

    Fotografie e svago, aveva detto la nonna. Una vacanza in un ranch con un bell’uomo...

    La nonna stava cercando di trovarle un fidanzato?

    Hope scacciò subito quel pensiero. Che idea ridicola! Sua nonna non lo conosceva neppure, questo Blake. Decisamente, aveva bisogno di una bella dormita.

    Guardò Blake. «Francamente, non so cosa ti abbia detto mia nonna. Dimmelo tu» chiese, in tono aspro.

    Lui socchiuse gli occhi e la fissò, ma poi scosse il capo. «Sembri esausta. Ne possiamo parlare più tardi, dopo che ti sarai riposata e avrai mangiato qualcosa. Torno alle scuderie. Ti lascio in caldo del caffè.» La squadrò dalla testa ai piedi. «Fossi in te, mi toglierei quei pantaloni bagnati» le disse, infine.

    Hope abbassò lo sguardo e vide che ai suoi piedi si stava formando una pozza d’acqua. Solo allora si rese conto che non si era nemmeno tolta gli stivali, entrando. Sospirò. Aveva ragione lui: non era il momento di mettersi a discutere della sua permanenza.

    «Approfitterò senz’altro di quel caffè, grazie.»

    Lui fece per allontanarsi ma si voltò ancora verso di lei. Ora Hope non poteva fare a meno di vedere la cicatrice che gli deturpava un lato del viso. Si sforzò di non distogliere lo sguardo.

    «Rientrerò per l’ora di cena. Anna ha preparato l’arrosto. Potremo mangiare al mio rientro.»

    Anna? Hope provò un certo sollievo. Forse non sarebbero stati soli. Forse Blake aveva una moglie.

    Meno male! Non le piaceva l’idea di essere sola con lui in quella casa.

    Aggrottò la fronte. Aveva la fastidiosa impressione che il suo disagio fosse dovuto al

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