Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L'Ombra degli Dei Caduti: Gli Squarci Nel Cielo, #2
L'Ombra degli Dei Caduti: Gli Squarci Nel Cielo, #2
L'Ombra degli Dei Caduti: Gli Squarci Nel Cielo, #2
E-book528 pagine7 ore

L'Ombra degli Dei Caduti: Gli Squarci Nel Cielo, #2

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Se neanche la morte può fermare un dio, cosa può farlo?

Aric ha trovato una nuova casa e una nuova famiglia nel deserto, ma una volta ancora l’imperatore si manifesterà. Infatti, questa volta i Paladini dell’imperatore si impadroniranno della Gilda e di Aric. Nel frattempo, a Nord, mentre Cassia fugge dai segugi imperiali che ha alle calcagna, Fadan cerca il supporto della ribellione divisa tra interessi politici e personali.

Tuttavia, non sono solo le guerre umane a minacciare il mondo di Arkhemia. Eliran, in missione per assassinare Astoreth, il Capo degli Archon, scopre che il Circolo è in possesso di un antico artefatto creato dagli stessi dei.

Venti di guerra si sollevano e il caos è imminente, i piani sinistri del Circolo possono finalmente attuarsi. Riusciranno a fermarli? È troppo tardi?

LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2021
ISBN9781071595022
L'Ombra degli Dei Caduti: Gli Squarci Nel Cielo, #2

Correlato a L'Ombra degli Dei Caduti

Titoli di questa serie (2)

Visualizza altri

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su L'Ombra degli Dei Caduti

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L'Ombra degli Dei Caduti - V.R. Cardoso

    Alla mia figlioccia Carlota,

    Che ha esattamente un mese in più di questo libro.

    Possa la tua vita essere piena di magia, piccolina.

    Prologo

    L’Oscurità dell’Alba

    La prima neve era iniziata a cadere il giorno in cui avevano attraversato la biforcazione settentrionale del fiume Saffya. Ora, rischiava di seppellirli.

    Il freddo s’insinuava nei guanti e negli stivali di Cassia, trasformando mani e piedi in moncherini inermi. Il vento le tagliava il viso come se mille pugnali le sfrecciassero accanto in una volta sola. Nelle retrovie, la colonna dei Legionari si allungava così tanto da non riuscire a vederne la fine dalle curve della strada a serpentina. Cento donne e uomini ricoperti d’acciaio arrancavano sulla neve senza neanche un brivido. Il fatto che riuscissero a mantenere il passo con il cavallo di Cassia, nonostante l’equipaggiamento pesante forse quanto un grande armadio sulla groppa, era a dir poco sorprendente, considerando soprattutto la tempesta di neve che imperversava su di loro.

    Capitano chiamò Cassia, il vento ululante le rinfacciava le parole e la costringeva ad alzare la voce. Capitano!

    Darian cavalcava a pochi passi da lei e si voltò.

    Quanto ci vorrà prima di lasciare queste maledette montagne? chiese Cassia.

    Non molto, replicò Darian assai vago. Quella strada era stata una sua idea: una lunga deviazione attraverso le inospitali montagne a nord nella speranza di evitare gli sforzi dell’Imperatore per catturarli.

    Pensate che egli sappia dove siamo, disse Venia. Quest’ultima cavalcava accanto a Cassia, il cappuccio della cappa grigia le copriva i capelli biondo chiaro.

    Non sarà la strada più confortevole, ma è la più sicura, Darian assicurò Cassia e cercò di ignorare gli insulti di Venia.

    Non sono preoccupata per il mio agio, disse Cassia. "I vostri soldati non possono procedere a fatica nella neve alta sino alle ginocchia ancora per molto. Almeno, noi abbiamo i cavalli".

    Sono i vostri soldati, vostra Maestà, replicò Darian. "E, con tutto il rispetto, loro avevano dei cavalli".

    Oh, qualcuno è audace... Venia provocò.

    I due erano stati in attrito sin dal primo momento in cui si erano incontrati, appena fuori da Augusta, e, per tutta la durata del tragitto, avevano litigato e discusso giorno dopo giorno. Quando i soldi erano finiti, l’Imperatrice aveva deciso di vendere i cavalli dei soldati in modo da poter nutrire tutti loro, una decisione che Darian aveva fortemente contrastato.

    Stanne fuori, disse Cassia alla spia, poi riportò l’attenzione su Darian. Doveva esser fatto. Rimango fedele alla mia decisione.

    Le mie scuse, vostra Maestà, disse Darian. Non metto in dubbio le vostre decisioni.

    Va bene, gli disse Cassia. La vostra onestà è apprezzata.

    Darian annuì e si posizionò nuovamente tra le due in silenzio. Continuarono la lenta marcia con la neve che crepitava sotto gli zoccoli dei cavalli. Appena presero la curva della strada che stavano percorrendo, tutti e tre si fermarono simultaneamente.

    Beh, che il fuoco prenda me e il mio cappotto più caldo, disse Venia incredula.

    La Dea provvede, Darian disse a sua volta.

    Cassia fissava inebetita.

    Davanti a loro c’era un’ampia radura, al centro un edificio di pietra a tre piani. Tutte le finestre erano serrate per la tempesta, ma il fumo nero si levava a ondate in modo invitante da un ampio camino sul tetto coperto di neve. Sopra il portone centrale, a forma di lungo boccale, era appesa una targa di legno. Nonostante la scritta fosse parzialmente coperta per il gelo e la neve, si poteva leggere: Il Boccale Sibilante.

    Chi sano di mente apre una locanda nel bel mezzo delle Montagne di Phermia dimenticate dalla Dea? chiese Venia a nessuno in particolare.

    Sembra assai grande da ospitare tutti noi, Darian notò mentre smontava da cavallo.

    Dove pensate di andare? chiese l’Imperatrice.

    Darian si fermò. Maestà, lo avete detto voi, fa troppo freddo. Le truppe non dormono sotto un tetto da settimane.

    Sì, ma non vi sto autorizzando a molestare il povero locandiere. Cassia studiò la locanda per un momento, poi sospirò e scese da cavallo, atterrando con grazia sulla strada coperta di neve. Proverò a negoziare.

    L’Imperatrice porse a Darian le redini del proprio cavallo e il Capitano le prese annuendo.

    Suppongo che la mia signora avrà bisogno della sua dama, disse Venia smontando da cavallo. Offrì anche lei le redini a Darian.

    Invece di prenderle, il Capitano si voltò dall’altra parte. Sergente.

    Una donna che guidava la colonna dei Legionari si affiancò subito a Darian e prese le redini dalle mani di Venia. Sorridendo, la spia ammiccò al Sergente e se ne andò.

    Pochi colpi energici alla porta di legno e la locanda fu aperta, le cerniere dello stipite stridettero lamentandosi. All’interno, un uomo basso di cinquant’anni con indosso una vecchia giacca di lana usurata li guardò con sospetto.

    Che cosa volete? chiese l’uomo e fissò le due donne da dietro un naso deforme. Cassia e Venia si scambiarono un’occhiata.

    Si gela qui fuori, disse Cassia. Non invitate i vostri potenziali ospiti all’interno?

    L’uomo studiò la truppa militare piuttosto grande che era alle spalle di Cassia con le sopracciglia aggrottate. Cosa? chiese l’uomo brutalmente. Oh, giusto. Entrate, entrate. Si fece da parte e spalancò la porta.

    Cassia entrò e si guardò intorno. Era un’ampia area che abbracciava quasi tutto l’intero piano terra. Un grande focolare scoppiettava a un’estremità e riempiva l’aria con un odore accogliente di pino che arde. Una manciata di lampade a olio e il camino illuminavano la stanza con un tenue bagliore arancione. Un lungo bancone separava ciò che era chiaramente la taverna dall’area di servizio. C’erano solamente un paio di lunghi tavoli a vista che occupavano meno di un terzo della taverna e lasciavano il resto desolatamente vuoto.

    Cercate una sistemazione? chiese il locandiere in un forte accento del nord. Essendo nata a Fausta, Cassia era lei stessa una del nord, ma i popoli delle Montagne di Phermia spesso sembravano parlare un dialetto a se stante.

    , replicò Cassia. E cibo, forse del vino.

    Solo per voi due?

    Sono sicura che avete visto la mia scorta all’esterno. Anche loro hanno bisogno di un riparo.

    Chiudi la porta, vecchio pazzo! una voce stridula urlò dal retro. Una donna con indosso un sudicio grembiule apparve da dietro il bancone e si avvicinò claudicando. Stai facendo entrare tutto il gelo.

    Brontolando, l’uomo l’assecondò e velocemente i due locandieri furono in piedi fianco a fianco. La coppia sembrava stranamente simile. Lo stesso naso aquilino, le stesse guance rosee, gli stessi folti capelli grigi.

    Cercate voi alloggio? chiese la donna.

    Hanno già detto di sì, le disse l’uomo, esasperato.

    E quei soldati lì, là fuori?

    L’uomo alzò gli occhi al cielo. Santa Vergine

    Mi chiedevo se, forse, i miei Legionari potessero rannicchiarsi qui, suggerì Cassia. Sembra esserci abbastanza spazio e, in questo modo, potreste offrirmi uno sconto. Di solito si accampano all’esterno, ma in situazioni come questa, con la tormenta, non mi sembra proprio il caso. Sono sicura che voi capirete.

    La donna sembrò rifletterci mentre l’uomo continuava a lagnarsi. Va bene, disse lei dopo un po’. Una moneta d’argento a testa e vi metto in una stanza gratis.

    Cassia sorrise. Una moneta d’argento per la mia stanza e un tallero di rame per ciascuna delle mie truppe, replicò.

    La donna si corrucciò e, dopo un lunghissimo silenzio, grugnì con un cenno. Vi mostrerò la vostra stanza. Si rivolse al marito. Prenditi cura dei cavalli e fai vedere l’interno ai soldati.

    Con lo stesso identico grugnito che la donna aveva indirizzato a Cassia, l’uomo si girò e uscì.

    Seguitemi, disse la donna e si diresse verso le scale di fronte al camino. Di cosa avete detto siete la signora?

    Io... non l’ho detto, replicò Cassia e si scambiò un’occhiata con Venia.

    Sapete iniziò Venia, non è veramente il modo più congeniale di...

    Oh, non badate ai miei modi, interruppe la donna. Noi siamo gente semplice di montagna, non siamo abituati ai vostri modi raffinati. Da questa parte. Raggiunsero il primo piano e la donna li condusse lungo il corridoio.

    Va bene, disse Cassia. Sono Lady Lyssandra Vendrast, ma non sono signora di niente, per così dire. Siamo ciò che è chiamata ‘la nobiltà senza terra’ .

    Senza terra? La donna si fermò, tale fu il suo stupore. E allora tutti quei soldati?

    Venia si schiarì la voce e guardò la locandiera. Moderiamo il tono quando parliamo con la Signora?

    Va bene, Venia, disse Cassia. La buona donna è semplicemente curiosa. Si voltò verso la locandiera. Sono Viceregina dei Corpi Consolari. Siamo in una missione diplomatica verso Imuria.

    Ah, disse la donna, riprendendo a camminare... o, piuttosto, a zoppicare. Allora è bene avere quei soldati. Ci sono stati tanti di quei problemi oltre il confine, dicono. Da quando quel nuovo Alto Capo, o Re Supremo, o come quei selvaggi chiamano i loro capi, è stato eletto. Comunque, eccovi.

    Si erano fermati a una delle numerose porte allineate su una delle pareti, la parete opposta era piena di finestre con le imposte chiuse. Una torcia solitaria illuminava il corridoio e la fiamma tremolante faceva danzare le loro ombre. L’anziana donna frugò nelle tasche del vestito sotto il grembiule sudicio ed estrasse un fascio tintinnante di chiavi di ferro. Ne provò una. Non funzionava, perciò proseguì con la successiva.

    La locanda sembra abbastanza calma, notò Venia e scrutò lungo il corridoio. Nessun altro cliente?

    Senza minimamente rallentare la ricerca della chiave giusta, la donna replicò: Solo due gentiluomini al secondo piano. È sempre fiacco in questo periodo dell’anno. Appena la neve inizia a cadere, abbiamo solo viaggiatori occasionali. La serratura finalmente scattò e la porta si aprì scricchiolando. Ecco fatto. La spinse dentro. Vi porterò dell’acqua, così potrete togliervi di dosso lo sporco della strada. C'è del pasticcio di agnello freddo, ma tra un paio d'ore sarà pronto dello stufato. Il miglior stufato tradizionale di Cima Nera, potete giurarci.

    Sembra magnifico, disse Cassia con un sorriso.

    L’anziana donna diede la chiave a Cassia e Venia togliendola dal mazzo prima di tornare al piano di sotto e di lasciarle nella stanza. La stanza era piccola da ogni punto di vista, ma non senza un certo fascino. La testata del letto matrimoniale era intagliata con bassorilievi di fiori e foglie. Spessi drappi di lana colorata coprivano le pareti di pietra e una pelle d’orso bruno univa il letto al caminetto.

    Sono sorpresa abbia accettato l’offerta, disse Venia e chiuse la porta dietro di sé. A malapena ne trarrà profitto.

    Stai scherzando? chiese Cassia. Così lontano dalla civiltà? Probabilmente le ho offerto più denaro di quanto lei ne abbia visto in un anno.

    E perché quella ‘Lady Vendrast’?

    Cassia alzò le spalle. Non mi hai insegnato ad attenermi a ciò che so quando invento una storia?

    Scuotendo la testa Venia s’inginocchiò vicino al camino e iniziò ad accatastare ramoscelli e legna. Siete così sentimentale... mormorò. Passatemi quella pietra focaia.

    Cassia obbedì. Spiega la grande scorta!

    Avreste potuto darle qualsiasi nome volevate e lo avrebbe creduto. Venia iniziò a sfregare la pietra e le scintille volarono ovunque. Perché usare il nome di vostra madre? I rametti iniziarono ad accendersi, poi vi soffiò sopra sino a che una tenue fiamma non si accese. "Oh, e la carica di vostra nonna. Non sono veramente sicura che ciò conti come finzione".

    Ha funzionato. Disse Cassia.

    Appena il fuoco prese vita Venia si alzò. Bene, almeno non avete detto che ne siete la Duchessa.

    In verità, Cassia alzò un dito, "quella sarebbe stata finzione. Tarsus mi ha costretta a passare il Ducato a Fadan quando aveva tredici anni. Si avvicinò all’unica finestra della stanza, un piccolo rettangolo, aprì le persiane di legno e guardò fuori. Voleva assicurarsi che Aric non ereditasse alcun titolo".

    Venia guardò Cassia pensierosa. Ah... Non l’avevo mai vista in questo modo.

    Cassia si voltò. In che modo?

    Aric... Avrebbe potuto essere un Duca. Venia fece una pausa. Certo, se le cose fossero andate diversamente.

    "Se... una persona come me può impazzire con i ‘se’".

    Non ditemi che non ci pensate.

    Cassia si voltò verso la finestra. Quando non riesco a evitarlo. Giunge... inaspettato.  A volte lo vedo così chiaramente come un bel ricordo: Aric, un uomo fatto, è nell’ufficio di mio padre. Il che è strano, perché Aric non è più stato lì da quando era bambino. Me lo immagino ugualmente. Indossa una delle vesti di Doric. Sulla parete, di fronte alla scrivania, tiene appeso lo stendardo del nonno, Faric, in una bacheca di vetro perché non vuole che nessuno lo tocchi. Scrive lettere al fratello, l’Imperatore; discute le problematiche del Ducato con i suoi vassalli. Rimase in silenzio per un momento. Non sono mai là, però. Quando lo vedo.

    Beh, state osservando.

    "Certo, ma non sono veramente . Cassia scosse il capo. Proprio come negli ultimi quindici anni. Per la maggior parte della sua vita sono stata lì, ma non veramente. Non nel modo in cui aveva bisogno".

    Venia non sapeva cosa dire al riguardo. Fortunatamente, un lieve colpo alla porta la salvò dal dovere rispondere. Era di nuovo la vecchia locandiera. Aveva portato una brocca d’acqua, una bacinella in ottone per lavarsi e un vaso d’acciaio. Dopo averle informate che i Legionari si erano sistemati di sotto, la donna si congedò e chiuse la porta.

    Cassia e Venia versarono l’acqua nel vaso e lo appesero sopra il fuoco che era ormai forte abbastanza perché l’Imperatrice potesse di nuovo avere la percezione dei piedi. Loro due s’inginocchiarono accanto al fuoco rapite dalle fiamme danzanti.

    Tutto sarà presto finito, disse Venia dopo un momento di silenzio. L’Arci Duchessa Margeth è certamente un membro della Ribellione. Ci farà entrare e Tarsus perderà finalmente le nostre tracce. Dopo, raggiungere Fadan e Aric sarà solo questione di tempo. Vedrete.

    Cassia sorrise, ma non disse nulla.

    Giusto! Venia si alzò. Andrò a dare un’occhiata in giro. Prenderò informazioni sui soggetti ospitati al secondo piano.

    Perché? chiese Cassia, con i palmi delle mani verso le fiamme.

    Voi siete la persona più ricercata dell’intero Impero. Voglio sapere chi condivide il tetto con noi.

    Ti ho mai detto che a volte sembri un po' paranoica? domandò l’Imperatrice.

    È ciò per cui non mi pagate. Venia aprì la porta. Provate a dormire un po’. La tormenta non durerà sino a domattina e sapete che a Darian piace iniziare la marcia prima dell’alba.

    Cassia annuì. Ti lascerò dell’acqua pulita.

    Grazie, disse Venia e chiuse la porta.

    L’acqua nel vaso di ferro ci mise poco a bollire e Cassia ne versò una parte nel catino lasciando il resto in un angolo. Sotto i vestiti Cassia avvertì l’odore di sudore e sporco. Era la prima occasione per lavarsi da settimane. Il viaggio da Augusta a Pharyzah avrebbe dovuto durare non più di sei o sette giorni seguendo un percorso diretto attraverso le principali strade imperiali, ma, grazie alla deviazione di Darian, era ormai passato un mese dal giorno in cui Intila l’aveva portata fuori dalla Cittadella.

    Era meglio così. Tarsus avrebbe mobilitato l’intero Impero alla ricerca di Cassia. Più si allontanava dalla civiltà più sarebbe stata al sicuro.

    Per fortuna, il viaggio era finalmente vicino al termine. Pharyzah era a solo due giorni a sud, tre se la neve le dovesse rallentare eccessivamente. Là, l’Arci Duchessa Margeth Abyssaria garantirebbe loro rifugio, forse persino fornire la posizione di Fadan e Tarsus perderebbe le loro tracce per sempre. L’incubo stava per finire.

    ***

    Cassia si svegliò per la porta che sbatteva contro la parete. Si sedette sussultando e mantenne le spesse coperte strette a sé. Sbatté gli occhi per mettere a fuoco e vide la sagoma snella di Venia entrare a grandi passi nella stanza.

    Svegliatevi! disse la spia. Andò vicino al fuoco e prelevò una candela dalla mensola e usò la poca fiamma rimasta per accenderla.

    Cosa c’è che non va? chiese Cassia mentre il bagliore arancione della candela rivelava l’aspetto della spia. Aveva un’espressione accigliata nei suoi occhi azzurri.

    Non riesco a trovarli.

    Chi?

    Gli altri ospiti, Venia sbottò andando da un lato all’altro della stanza. Li ho cercati in ogni stanza di questo posto. Ho controllato l’attico. Non c’è nessun altro oltre a noi.

    Cosa? chiese Cassia per dare alla testa il tempo di destarsi. Perché la locandiera dovrebbe mentire al riguardo?

    "Non lo farebbe. Non lo ha fatto. Qualcuno era in una delle stanze al secondo piano. Ho trovato dei vestiti e due borse da viaggio. Ma non le persone".

    Cassia ci pensò su un momento. Forse loro sono solo... usciti per una camminata?

    Venia si bloccò e diede a Cassia un’occhiata secca. "Nel bel mezzo di una tormenta?"

    Giusto... L'Imperatrice si tolse le coperte e si alzò dal letto. Dobbiamo dirlo a Darian.

    Perché?

    Che cosa vuol dire perché? Cassia era già sulla porta. È responsabile della nostra sicurezza. Deve essere informato su questo genere di cose.

    "Credevo di essere io la responsabile della sicurezza", mormorò Venia, ma andò tuttavia dietro all’Imperatrice.

    Al piano di sotto, il manipolo di Legionari aveva occupato l’intera taverna. I soldati tappezzavano il pavimento dormendo sotto i mantelli blu con gli zaini a far da cuscino. Darian era seduto a uno dei lunghi tavoli vicino al focolare e sorseggiava un boccale di qualcosa. Il suo secondo in commando, un sergente di nome Clareana, seduta accanto a lui, aveva la testa sopra le braccia poggiate sul tavolo e russava leggermente. Darian era l’unico ancora sveglio e sollevò il boccale a Cassia e Venia.

    Come se volesse evitare le pozzanghere in una strada fangosa, Cassia saltò sopra i Legionari addormentati e si sedette di fronte a Darian con Venia al seguito.

    Non riuscite a dormire? chiese il Capitano.

    Qualcosa non va, replicò Cassia.

    Lo so, disse Darian. Iniziando da questa birra. Svuotò il boccale di legno e fece una smorfia per il contenuto.

    No, non questo, scansafatiche, disse Venia e si appoggiò più vicina al tavolo. Dovevano esserci altri ospiti oltre a noi. Lo ha detto l’anziana donna.

    E?

    E non si trovano da nessuna parte! Ho cercato nell’intera locanda. Ogni stanza è vuota.

    OK... questo suona strano. Darian scrollò le spalle. Ma sono sicuro che c’è una spiegazione. Perché non lo chiedete ai locandieri?

    Va bene, acconsentì Venia. Dove sono?

    Il Capitano prese un sorso di birra. Non lo so. Da qualche parte al piano di sopra.

    Al piano di sopra? chiese Venia. Credevo fossero quaggiù.

    No quaggiù, no. Ho versato io stesso questa orribile birra per più di un’ora.

    La spia scattò in piedi. Che il fuoco ci colpisca tutti!

    Cosa c’è? chiese Cassia confusa.

    Ho cercato in ogni stanza del posto, insistette Venia. "Ogni. Singola. Stanza. Non c’è nessuno al piano di sopra. Nessuno".

    Bene, non sono di certo quaggiù... disse Darian poi si bloccò e iniziò a realizzare. La Dea sputi sui miei antenati! Afferrò il sergente che dormiva accanto a lui per le spalle e la scosse con violenza. Svegliati!

    La donna si destò con un urlo biascicato. SISSIGNORE!

    Sveglia il manipolo, comandò Darian.

    C’è solo un posto che non ho ancora controllato, disse Venia mentre sfoderava la daga e si dirigeva verso il bancone.

    Darian la seguì sfoderando la spada. Quando vide sia il Capitano sia la spia subito pronti a combattere, il Sergente Clareana finalmente si destò del tutto. Che cosa succede?

    Ho detto di svegliare il manipolo! tuonò Darian.

    L’Imperatrice seguì Venia e Darian le fece segno di stare indietro, un suggerimento che Cassia ignorò completamente. Lentamente e con attenzione, Venia fece un giro intorno al bancone e si diresse all’arco che portava in cucina.

    Un pentolone bolliva piano sul fuoco appeso a un gancio, emanava un odore saporito di cipolle. Tazze e piatti sporchi erano impilati sopra un bancone di legno accanto a un lavabo in un angolo, mentre quelli puliti erano allineati sulle mensole che occupavano una delle pareti della cucina. Un’unica porta conduceva all’esterno e Venia si avvicinò con il timore che qualcosa potesse saltar fuori e colpirla. Afferrò la maniglia della porta e tenne la daga in posizione. Poi, con uno scatto, spalancò la porta, pronta ad accoltellare chiunque fosse dall’altro lato.

    Cassia sussultò e si coprì la bocca.

    Oh no... mormorò Darian.

    Venia si raddrizzò ma non disse nulla.

    La porta si aprì su una dispensa e, all’interno, sul pavimento, vi erano due corpi morti. Un uomo e una donna giacevano ammassati l'uno sull'altra, con i vestiti macchiati di sangue secco: non erano i due presunti locandieri che li avevano accolti diverse ore prima. Erano entrambi molto anziani, almeno una settantina di anni ciascuno: gli occhi blu fissavano il soffitto nel vuoto, la bocca aperta in un ultimo respiro, come se non credessero a ciò che stava loro accadendo.

    Questo non è bene, borbottò Darian.

    Sì, che schifezza! Venia sbottò. Girò i tacchi e tornò decisa alla taverna.

    Che cosa succede? chiese Cassia. Che cosa facciamo?

    Darian sospirò. Ci prepariamo a un attacco.

    Co... perché? chiese Cassia con gli occhi fissi sulla coppia morta sul pavimento. Conosceva già la risposta.

    Perché è un’esca, replicò Venia. E abbiamo abboccato.

    ***

    Un urlo risuonò all’esterno.

    Siamo circondati, disse con schiettezza Clareana e sbirciò da una fessura delle persiane. Sorprendentemente, ci era voluto poco tempo per far sì che tutti i Legionari fossero pronti a combattere, forse perché dormivano tutti in tenuta da combattimento.

    Che cosa facciamo? chiese Cassia.

    Fuggiamo, disse Venia. Un gruppo di Legionari di Darian può creare un diversivo mentre vi tiriamo fuori da un’altra parte.

    "Loro sono i Legionari dell’Imperatrice, corresse Darian. Ed è un’idea orribile. Si rivolse a Cassia. Maestà, dovremmo studiare una strategia. Questa è una buona posizione tattica. Saremo sicuramente in inferiorità numerica. All’esterno possono approfittarne, ma non qui. Questo è un edificio di pietra, quindi non possono stanarci. Le porte e le finestre li incanaleranno e sarà più facile per noi prenderli a uno a uno".

    Ci hanno attratto qui per una ragione, Venia obiettò. Siamo esattamente dove loro vogliono che siamo. Se restiamo, siamo finiti.

    Darian scosse la testa. Maestà, con tutto il rispetto, è una questione militare. Dovreste fidarvi della mia esperienza.

    Cassia incrociò le braccia, esitando, e guardò Venia in attesa di una confutazione. La spia le lanciò semplicemente un’occhiata secca che sembrava dirle Non essere stupida.

    Abbiamo i soldati migliori, insistette Darian. I Legionari sono le truppe d’assalto meglio addestrate ed equipaggiate in tutta Arkhemia. Lasciateci fare il nostro lavoro, vostra Maestà.  

    Cassia girovagò con lo sguardo nella stanza per studiare il manipolo. I Legionari erano tutti sull’attenti con le mani appoggiate sugli scudi oblunghi davanti a loro. Non amo essere costretta, disse, ma non penso abbiamo altra scelta in questo momento. Preparate l’attacco.

    Darian annuì e si avviò mentre urlava gli ordini.

    Voi riponete troppa fiducia nei vostri soldatini, disse Venia a bassa voce.

    Il tuo stesso piano richiedeva i miei soldatini, Cassia rimbeccò. Compreso il sacrificio di molti di loro, se ho capito bene.

    Venia rimase in silenzio, con lo sguardo cupo fisso su una delle finestre. Ho un brutto presentimento.

    Un altro urlo fendette l’aria, questa volta più vicino.

    Sento movimento, disse Clareana.

    Darian si avvicinò a lei e guardò fuori. Paladini... vomitò il Capitano, come se la parola avesse un sapore aspro. Si voltò verso i soldati. Al comando dell’Imperatrice, pronti!

    All’unisono, i Legionari alzarono gli scudi, li passarono sul braccio sinistro e poi formarono una fila di tre uomini rivolti verso ciascun punto d’accesso della locanda. Darian e il sergente lasciarono la finestra e s’inserirono nella fila dei Legionari mentre i soldati si scansavano per lasciarli passare, poi rapidamente ritornarono in posizione con una manovra ben collaudata. Cassia aveva visto compagnie di danza nell’Anfiteatro della Cittadella esibirsi in modo meno coordinato.

    Non vi preoccupate, vostra Maestà, disse Darian avvicinandosi a Cassia e si assicurò l’elmo. Questo è il nostro mestiere. Quegli idioti là fuori non hanno idea in cosa si sono cacciati.

    Cassia annuì e cercò di apparire più calma di quanto fosse in realtà. Con la coda dell’occhio vide Venia muoversi nervosamente. Avrebbe giurato che la spia non aveva creduto a una parola di quello che Darian aveva detto, ma era abbastanza contenta che tenesse i pensieri per sé.

    Com’era possibile? Come avevano fatto a trovarla così in mezzo al nulla?

    Non c’è limite alle tue capacità, Tarsus? Si chiese l’Imperatrice.

    Attenzione! gridò una voce dall’esterno. Attenzione, voi tutti all’interno della locanda! Sappiamo che tenete nascosta l’Imperatrice!

    Cassia e Venia si scambiarono un’occhiata.

    Sono il Comandante Gregorian del terzo squadrone dei Paladini di Fausta, la voce continuò. "State violando la legge imperiale. Siete circondati e in forte inferiorità numerica. Non avete scampo. Consegnate Cassia Elara, e la vostra trasgressione sarà perdonata. Sarete degnamente congedati con onore dalla Legione e niente sarà aggiunto alla vostra fedina penale. Se vi rifiutate di consegnarci la fuggitiva, saremo costretti ad assaltare l’edificio e tutti coloro che sopravvivranno all’assalto, saranno impiccati a morte per tradimento. Avete tempo sino al mio dieci per obbedire".

    Proclamato da vero Paladino, disse Darian con la voce che sovrastata l’intera stanza. Ma non ci sono Paladini qui dentro. Solamente Legionari. E noi non conosciamo il significato della resa.

    Il manipolo sbatté il piede destro così forte che il pavimento tremò.

    Al servizio dell’Imperatrice! chiamò Clareana. Muro di scudi!

    Le lame di cento Legionari suonarono mentre le sfoderavano, lo stesso numero di scudi sferragliò mentre s’incastravano tra loro.

    Molto bene, sentirono dire dalla voce all’esterno. Fate come volete.

    Un attimo di muta tensione passò, interrotto solo dal suono del camino ancora scoppiettante nell’angolo.

    Ci fu un fortissimo colpo alla porta principale e la polvere volò via dalle cerniere.

    Ariete! annunciò Darian. Preparatevi!

    Un altro clamore. Questa volta si formarono le crepe sulle assi di legno della porta.

    Datemi una spada, disse Cassia a Darian. O un coltello. Qualcosa.

    Il Capitano fu colto alla sprovvista. Maestà... non si arriverà a tanto.

    Ecco. Venia passò all’Imperatrice una piccola daga e poi guardò Darian. Meglio prevenire che curare.

    Darian annuì esitante.

    La porta esplose, le schegge si rovesciarono sui Legionari più vicini e un torrente di Paladini inondò l’area. La fila di Legionari in attesa rispose con l’acciaio: le spade protese in avanti. Quattro Paladini caddero all’istante. Poi due finestre esplosero verso l’interno, una su ogni lato della porta, e altri Paladini si riversarono all’interno e attaccarono altre sezioni del muro di scudi.

    Con le lance corte e gli scudi tondi, i Paladini lottarono coraggiosamente e caricarono selvaggiamente, urlando come uomini impazziti. I Legionari, dall’altro lato, combatterono con la precisione di una macchina ben congeniata senza fare quasi alcun rumore. Gli scudi ampi e oblunghi coprivano la maggior parte del corpo, lasciando esposti solo la testa e i piedi, ma, anche quando una lancia nemica trovava la via, un legionario adiacente o la spessa placca dell’armatura, la parava. Al contrario, i Paladini non dimostravano un’eguale coesione e le perdite montarono velocemente.

    Cassia sentì l'odore metallico del sangue riempirgli le narici e lo stomaco rivoltarsi. Almeno la maggior parte del suo manipolo riusciva a rimanere indenne. C’erano un paio di feriti, ma furono velocemente trascinati nel retro e rimpiazzati da un camerata della seconda fila.

    Cos’è quello? chiese Venia.

    Cassia non aveva idea cosa intendesse la sua amica. Cos’è cosa?

    La spia si voltò e guardò in alto le scale adiacenti. Sopra!

    Cassia seguì lo sguardo di Venia e gli occhi si spalancarono, non per ciò che vide, ma per ciò che sentì. Da qualche parte al piano di sopra echeggiò il rumore di un calpestio.

    Sono ai piani superiori, disse Venia. "Darian? Darian!"

    Il Capitano era indaffarato a comandare una sezione della fila di Legionari, ma il suono del suo nome lo fece voltare. Eh?

    Stanno scalando l’edificio e cercano di entrare dal primo piano, Venia gli disse.

    Darian impiegò un po’ a registrare ciò che la spia gli diceva. Guardò su, come se vedesse attraverso il soffitto. In quel momento un grido di guerra risuonò da sopra, seguito da una decina di piedi che si precipitavano giù dalle scale.

    La terza squadra da me! sbraitò Darian e corse verso il nuovo fronte. Il piccolo distaccamento chiuse la breccia appena in tempo e bloccò la base della scala proprio mentre Venia tirava via Cassia.

    La scala era ampia a sufficienza per due uomini affiancati e rapidamente s’intasò di Paladini. Questa volta, comunque, loro erano in vantaggio. Le scale diedero ai Paladini la posizione più alta e non ci volle molto che una delle loro spade perforasse la placca sull’articolazione della spalla di un Legionario. L’uomo barcollò all’indietro e, per un attimo, Cassia credette che i Paladini stessero per sfondare la postazione. In qualche modo l’uomo riuscì a rimanere fermo e lo spinse via con lo scudo sino a che il Legionario dietro di lui non lo sostituì.

    Mentre aiutava il soldato ferito ad allontanarsi dal combattimento, Darian guardò inferocito Venia. Presto, entrate in cucina. Non possiamo resistere a lungo su queste scale.

    Pensavo avessi detto che era una buona posizione tattica! rimbeccò Venia furiosa.

    Fatelo! scattò Darian.

    Venia, Andiamo, disse Cassia, con una mano sul braccio.

    Con riluttanza, la spia acconsentì e lasciò Darian a valutare la battaglia intorno a lui. I Paladini ora avevano una solida posizione all’interno della taverna, mentre i suoi soldati mantenevano la crescente pressione molto bene, ma presto la stanchezza avrebbe prevalso.

    Sergente, preparatevi alla ritirata, comandò Darian. Proteggeremo l’accesso alla cucina. L’Imperatrice sarà al sicuro all’interno.

    Sì, signore!

    L’ordine fu presto trasmesso alla linea dei Legionari e, come sempre, il manipolo eseguì la manovra con rimarchevole efficienza. Un passo alla volta, si ritirarono e ridussero il perimetro a una sezione sempre più piccola della taverna senza mai rompere la compattezza del muro di scudi. Al contempo, i Paladini incalzavano l’attacco, come onde crescenti che s’infrangevano inutilmente contro le scogliere sfuggenti.

    Cassia costeggiò il bancone della taverna e si precipitò nella cucina con Venia al seguito. La porta della dispensa, dove i corpi dei due effettivi locandieri giacevano, era rimasta socchiusa e l’Imperatrice la chiuse, non volendo guardare il macabro spettacolo.

    Ve l’avevo detto che dovevamo scappare, Venia sbuffò camminando avanti e indietro come un animale in gabbia. "Ora siamo veramente in trappola. In una dannata cucina!"

    Cassia la guardò pensierosa. Non sono esattamente un’esperta, ma questi posti non hanno di solito un’entrata posteriore per il personale?

    Venia si arrestò. Sì...

    Cassia si girò intorno e guardò verso l’arco che conduceva al retro della taverna. Il suo manipolo era ora in formazione a semicerchio intorno al bancone. Vide uno di loro colpito sul collo con la punta di una spada. L’uomo gettò la spada e si afferrò il collo prima di collassare. Un attimo dopo, il cadavere fu trascinato nel retro della formazione dai suoi camerati.

    "Ma se ce ne fosse una, a quest’ora saremmo finiti", aggiunse Venia.

    E se ci fosse un accesso che né noi né loro conosciamo? teorizzò Cassia.

    Allora avremmo una via di fuga.

    Cassia riaprì la porta della dispensa ed entrò cercando di ignorare il tanfo dei cadaveri. Si guardò intorno. Non c’era una lampada o una torcia all’interno, ma filtrava abbastanza luce dalla cucina e rivelava una serie di mensole impolverate stracolme di ogni cosa, dai sacchi di fagioli ai vasetti di miele. Non c’erano, comunque, porte a vista.

    Sotto di voi, disse Venia.

    Cosa?

    Scansatevi. Venia spinse da parte l’Imperatrice e s’inginocchiò. Spolverò con la mano il pavimento e rivelò una linea che separava le assi del pavimento. Una botola.

    Nella cantina? chiese Cassia.

    O una via d’uscita. Aiutatemi. La spia si alzò e tirò su le gambe della donna morta.

    Con una smorfia, l’Imperatrice afferrò le braccia del cadavere e insieme la rivoltarono sopra il marito.

    C’era veramente una botola là e Venia afferrò l’anello di ferro per aprirla. Vado a controllare, disse. State qui.

    No. Vengo con te.

    Sono una spia, non una guardia del corpo. Lasciatemi fare il mio lavoro.

    Cassia brandì la daga che Venia le aveva fornito in precedenza. Posso prendermi cura di me.

    Oh, davvero? La spia colpì il polso di Cassia e la daga volò fuori dalla dispensa e finì in cucina, cadendo con un clangore. State. Qui.

    Venia scomparve nella botola e lasciò Cassia che imprecava sottovoce. Quest’ultima si avviò verso il coltello caduto e lo raccolse, poi guardò l’arco dove la battaglia ancora imperversava. Nonostante le pesanti perdite, i Paladini continuavano il loro incessante assalto. Forse il fatto che i Legionari avessero iniziato a cedere li spronava a insistere, ma la loro avanzata sembrava essersi arenata ora che il manipolo resisteva oltre il bancone.

    Il suono acuto di un fischio giunse da qualche parte all’esterno e, per la prima volta dalla loro irruzione, i Paladini fermarono l’attacco.

    Fermi! ordinò un sergente dei Paladini. Sganciate!

    I violenti urti di lame e scudi cessarono e la fila di Paladini si ritirò lentamente, con attenzione.

    Che cosa stava succedendo? Si domandò Cassia. È finita?

    Poi, il suo cuore si fermò.

    Lo colse con la coda dell’occhio. Qualcuno dall’entrata della taverna aveva lanciato qualcosa: un piccolo oggetto non più grande di un barattolo.

    Salvo il fatto che era in fiamme.

    Sembrava come se il tempo si fosse fermato e un urlo le fosse rimasto intrappola in gola per il panico. Osservò l’oggetto roteare in aria sino a che alla fine non si schiantò nel bel mezzo dei Legionari. I suoi Legionari.

    Una dozzina di soldati prese immediatamente fuoco, le urla raccapriccianti riempirono la taverna. Nel panico, gli uomini in fiamme si aggiravano in direzioni casuali con le braccia che oscillavano impazzite e inciampavano sui propri compagni. Altri due lanci caddero all’interno e, rapidamente, circa un terzo del manipolo fu coinvolto nell’incendio.

    Cassia si precipitò nella speranza di aiutare in qualche modo quelle povere anime, ma Darian le bloccò la strada.

    No, vostra Maestà, state indietro!

    Il Capitano spinse l’Imperatrice indietro nella cucina mentre urlava la totale ritirata. Quelli in grado di farlo seguirono il Capitano, più per disperazione che per disciplina. Il Sergente Clareana fu l’ultima a entrare, cercava di mantenere un minimo di ordine nella ritirata.

    Bloccate l’entrata! ordinò Darian. Tu, tu, prendete quelle mensole. Voi tre, prendete il tavolo. Tutti quanti, datevi da fare!

    Sotto gli elmi d’acciaio gli occhi dei Legionari erano spalancati per la paura, tutti sudavano e ansimavano pesantemente. Ad ogni modo, obbedirono. All’interno della cucina, ogni oggetto abbastanza grande da fare la differenza fu gettato nell’arco e presto si creò una barricata che li separava dall’area della taverna.

    Il silenzio s’impose, solamente le urla agghiaccianti dei loro camerati in fiamme dall’altro lato lo interruppero.

    Io... mi dispiace, vostra Maestà, disse Darian, ansimando. Vi ho deluso...

    Poveruomo. Lui e i suoi uomini stavano morendo per colpa sua e lui si scusava? Cassia gli poggiò una mano sul braccio e stava per dire qualcosa quando Venia irruppe dalla dispensa.

    Su con la vita gente! Stiamo per uscire da qui!

    Gli occhi dell’Imperatrice si accesero. È un tunnel?

    È una cantina per il vino, replicò Venia. Ma ha un condotto di ventilazione abbastanza ampio per una persona. Dubito ci sia qualcuno in attesa dall’altra parte. Se lo avessero saputo, lo avrebbero già usato.  

    Cassia sospirò profondamente sollevata. Oh, grazie alla Dea!

    Una via di fuga? chiese Darian.

    , confermò Cassia. Usciamo da qui, Capitano.

    Darian annuì distrattamente, poi diede un’occhiata in giro ai propri soldati. Molto bene. Sergente, scegliete dieci legionari e andate con l’Imperatrice. Il resto di noi resisterà qui il più a lungo possibile.

    Cosa? chiese Cassia. Di cosa state parlando? Andremo tutti.

    Non possiamo, le disse Darian. Non vi era testardaggine nella sua voce, né opposizione. Solo la praticità di un soldato che sapeva cosa doveva essere fatto. Questa barricata non li frenerà per molto. O vi diamo abbastanza tempo per sparire nei boschi o saranno in grado di inseguirvi.

    Io... Non possiamo... farfugliò l’Imperatrice in protesta.

    Cassia, lui ha ragione, disse Venia.

    Darian scrollò le spalle. Nonostante tutto, il poveruomo riusciva ancora a essere infastidito personalmente dai modi della spia.

    Non ci sarà tregua per nessuno qui, aggiunse Venia. O qualcuno di noi o nessuno di noi.

    Ascoltate la vostra amica, disse Darian.

    L’Imperatrice sentì crescere un groppo in gola ed ebbe difficoltà a mandarlo via. Annuì. Molto bene. Grazie. Guardò intorno ai soldati rimasti. Poco più di una metà del manipolo era ancora in piedi, sudato e insanguinato. Grazie a tutti. Possa la Dea vegliare su di voi.

    I Legionari sbatterono i piedi sul pavimento due volte.

    Andiamo! Venia le afferrò il braccio e Cassia alla fine la seguì.

    Darian e Clareana si strinsero gli avambracci a vicenda in un silenzioso

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1