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La figlia del chirurgo
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E-book155 pagine2 ore

La figlia del chirurgo

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Info su questo ebook

Erin: Non avrei mai pensato di poter rimanere incinta e soprattutto di aspettare un figlio da Ryan, il grande amore della mia vita! Ma la piccola Jennie è la prova vivente che i sogni a volte possono diventare realtà. Ora Ryan è tornato e lavora nel mio stesso ospedale ed è solo questione di tempo prima che scopra il mio piccolo segreto.
Ryan: Nonostante le cose siano finite male tra noi, l'attrazione che mi lega a Erin è ancora più forte di prima. Per questo aver scoperto che lei mi ha mentito per due lunghi anni mi ha sconvolto. Vorrei odiarla per avermi privato della gioia di veder crescere mia figlia, ma quando la guardo l'unica cosa a cui riesco a pensare è di perdermi tra le sue labbra.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2021
ISBN9788830529113
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    Anteprima del libro

    La figlia del chirurgo - Amber Mckenzie

    978-88-3052-911-3

    1

    Stava fuggendo dai propri problemi? Sì... e chi avrebbe potuto biasimarla?, si disse Erin, mentre si avventurava su per le colline che comprendevano Arthur's Seat. E stava funzionando? No. Quel viaggio attraverso l'Atlantico fino a Edimburgo non aveva cambiato la situazione, né era riuscito a modificare i pensieri e le emozioni che la tormentavano. Il messaggio che aveva trovato alla reception dell'albergo non aveva fatto che confermarlo.

    Erin osservò la vegetazione lussureggiante, il cielo azzurro e il luccichio distante dell'oceano. Era un paesaggio da togliere il fiato, anche se tutt'intorno dei cartelli segnalavano il pericolo di forti raffiche di vento.

    Le sarebbe piaciuto che i pericoli fossero sempre annunciati in quel modo. Forse così sarebbe riuscita ad accorgersi in tempo delle insidie presenti in situazioni che all'inizio le erano apparse come la realizzazione dei suoi desideri più profondi.

    Si fermò per riprendere fiato e accennò un sorriso triste. Come specializzanda in Ostetricia e Ginecologia trascorreva le giornate a correre da un parto all'altro, ma non si poteva dire tanto in forma.

    Alzò gli occhi e si diresse verso una panchina. Quella passeggiata non era stata una buona idea. Non era nemmeno vestita in modo adatto. Indossava una giacca sportiva e un paio di stivali con il tacco.

    Ma non era uscita con l'intenzione di fare una passeggiata. Era stato il secondo messaggio dell'ex marito che l'aveva convinta a cercare l'aria aperta.

    Si sentiva soprattutto delusa da se stessa. Tirò fuori dalla tasca il biglietto trovato alla reception.

    Erin, le pratiche per il divorzio sono concluse. Penso tu sia d'accordo con me sul fatto che non puoi rimanere al Boston General. Kevin

    Aveva ragione lui? O valeva la pena di rimanere nel posto dove le piaceva lavorare, anche a costo di rivedere Kevin? Ecco... lo stava facendo di nuovo... Stava permettendo a qualcuno di renderla insicura. Perché sono così debole e ingenua?, si domandò.

    Vide il bigliettino volarle via dalla mano e rotolare sospinto dal vento. Istintivamente fece un balzo in avanti per prenderlo. Non voleva che le parole crudeli di Kevin rovinassero la bellezza del paesaggio.

    Ryan osservò come al rallentatore la donna che si gettava oltre il limite della collina. Per una frazione di secondo s'immobilizzò, poi corse verso il punto dove l'aveva vista saltare. Per fortuna era rimasta attaccata alla roccia, immediatamente prima dello strapiombo. Non riusciva a distinguerla bene, ma si accorse che stava tremando. «Non si muova!» le gridò d'impulso.

    Lei si girò per guardarlo. Era giovane e bellissima. I capelli biondo scuro, lunghi fino alle spalle, erano agitati dal vento e, attraverso le ciocche scompigliate, due grandi occhi risaltavano sull'incarnato pallido. Ryan non avrebbe mai potuto dimenticare il modo in cui quella donna lo stava guardando.

    «Rimanga immobile» le ripeté, augurandosi di non farle perdere la concentrazione.

    «Ho paura» replicò lei con voce flebile.

    Non ne era sorpreso. Anche se l'aveva vista buttarsi di proposito dalla collina, sapeva che i ripensamenti erano frequenti. Doveva cercare di tenerla calma e di creare con lei un rapporto di fiducia. «Lo so. La tirerò su. Come si chiama?»

    «Erin.»

    «Bene, Erin. Io sono Ryan e ho intenzione di aiutarla.»

    Come faceva quell'uomo a mostrarsi così calmo e sicuro di sé? Proprio quando Erin stava per afferrare il messaggio di Kevin, una folata di vento l'aveva sospinta giù dalla collina. Non aveva mai desiderato una seconda opportunità come in quel momento.

    Alzò lo sguardo verso la voce rassicurante che proveniva dall'alto. Il sole splendeva nel cielo e lei aveva troppa paura per muoversi. Ma quell'uomo era riuscito a calmarla e parte della paura scomparve. Lo guardò sdraiarsi a terra e sporgere la testa e le spalle oltre il dirupo. Poi lui allungò un braccio muscoloso verso di lei. «Erin, quando si sente pronta, voglio che tenda il braccio e mi afferri la mano.»

    «Non posso.» Non poteva mollare la presa.

    «Sì che può, Erin. Si fidi di me.»

    Ma lei non si fidava di nessuno. Tanto meno di se stessa. «Non posso.»

    «Non potrà rimanere lì per sempre. Allunghi il braccio e prenda la mia mano.»

    Aveva ragione. Non c'erano alternative. Quand'era stata l'ultima volta che qualcuno si era mostrato paziente con lei? O che aveva tenuto conto dei suoi sentimenti? Fidarsi? Aveva giurato di non fidarsi mai più. Ma in quel momento aveva ben poco da perdere. Così fece un respiro profondo e tese la mano.

    Sentì che l'uomo l'afferrava per il polso e istintivamente fece la stessa cosa. Poi, come se fosse stata incredibilmente leggera, si sentì tirare su, finché lui la prese sotto le ascelle e rotolarono entrambi per terra.

    Si ritrovò sdraiata sopra di lui. Era troppo sbalordita per riuscire a muoversi. Quell'uomo l'aveva salvata. Si chiamava Ryan e sembrava essere dotato di una forza erculea. E in quel momento lei si trovava premuta contro di lui.

    Rotolò al suo fianco e per la prima volta riuscì a guardarlo bene. Da vicino faceva ancora più effetto. Era alto e aveva i muscoli ben definiti. La maglietta tecnica nera e i calzoncini blu mettevano in risalto la pelle abbronzata. Aveva i capelli color castano chiaro e una cicatrice che si allungava da sopra i penetranti occhi azzurri fino all'attaccatura dei capelli corti. Dalla manica sinistra spuntava un tatuaggio.

    «Sta bene?» la distrasse la voce dell'uomo.

    No, non stava bene. Ma sicuramente non era quello che il suo eroe avrebbe voluto sentire. «Sì.»

    «È delusa?» le chiese poi lui in tono più dolce.

    Delusa? Si era accorto che lo stava guardando? In realtà era il primo uomo dal quale si era sentita attratta negli ultimi tempi. Come poteva sentirsi delusa dal suo sex appeal e da quel comportamento eroico? «No» rispose leggermente a disagio.

    «Bene» replicò lui, sollevato. Saltò in piedi con agilità e le porse la mano, aiutandola ad alzarsi. Era davvero alto. Gli arrivava soltanto alla spalla e per guardarlo doveva alzare il viso.

    «Grazie. Non so come sarebbe finita, se non mi avesse salvata» affermò Erin con voce tremante. Ora che ne era fuori riusciva a rendersi conto del rischio che aveva corso.

    «Sono contento che si sia fatta salvare. E ora andiamocene di qua, prima che il vento rinforzi.»

    E quando la prese di nuovo per mano, Erin rimase senza parole. La stringeva, come se avesse temuto di perderla. Avrebbe dovuto sentirsi spaventata. Quell'uomo in fondo era uno sconosciuto. Ma la faceva sentire protetta... Era da molto che non provava quella sensazione, così lo seguì, lasciandosi guidare fino alla base della collina.

    «È americana?» domandò lui, rompendo finalmente il silenzio durato parecchi minuti.

    «Sì» replicò Erin e dall'accento si rese conto che anche lui doveva essere americano.

    «Come mai è venuta in Scozia?»

    «Sto cercando di scappare dal disastro che è diventata la mia vita. E lei?» Rimase allibita, nell'accorgersi delle parole appena pronunciate.

    «Sono qui per lavoro» replicò Ryan, come se Erin avesse appena affermato una cosa normale, e lei gli fu grata per la cortesia.

    «Di che cosa si occupa?»

    «Sono nell'Esercito.»

    «Adesso capisco» esclamò Erin, coprendosi subito la bocca con la mano. Perché quell'uomo la induceva a esprimere tutto quello che le passava per la testa? Alzò lo sguardo verso di lui.

    «Capisce cosa?» Ryan si era fermato e i suoi occhi azzurri la stavano scrutando con aria interrogativa.

    «Volevo dire...» Dipendeva dal fatto che era l'unico uomo con una cicatrice e un tatuaggio che le era sembrato attraente? O era perché mostrava un coraggio e una forza così naturali, che non trovava strano fosse un eroe di professione?

    «Non importa. Non deve sentirsi in dovere di darmi spiegazioni.» Ryan riprese a camminare e lei lo seguì, meravigliandosi di come non si sentisse in imbarazzo.

    «È un paese bellissimo» affermò lui dopo un po'.

    «Sì, è vero» concordò lei più tranquilla, visto che la conversazione si era spostata su argomenti neutri.

    «Era già stata da queste parti?»

    «No, ma mi sarebbe piaciuto. Mio padre è cresciuto qui e quand'ero piccola mi raccontava storie della sua infanzia e di questo paese lontano, con i castelli da fiaba, l'erba verde e l'oceano blu, che si estende a perdita d'occhio.»

    «Non credo che gli scozzesi apprezzerebbero di sentir definire il loro un paese da fiaba» affermò Ryan, accennando un sorriso. Se prima Erin lo aveva considerato bello, ora lo trovò sconvolgente. Rimase sorpresa dall'attrazione istintiva che provava per lui, ma erano ormai alla fine del sentiero e si sarebbero dovuti salutare. Gli lasciò la mano e all'improvviso senso di perdita rimase interdetta. Ragione in più per allontanarsi, prima di complicarsi ulteriormente la vita.

    «Grazie ancora.»

    «L'accompagno in albergo.»

    Le avrebbe fatto piacere, ma aveva imparato la lezione. «Grazie, da qui posso proseguire da sola.» Sapeva che lui avrebbe protestato e non gli lasciò il tempo di replicare. Si girò, avviandosi verso l'albergo, senza voltarsi a guardare l'uomo più gentile e più bello, con il quale si fosse trovata a parlare negli ultimi anni.

    Non poteva dire che assomigliasse a Sabrina, eppure gliela ricordava. Erano entrambe molto belle, ma era stato lo sguardo negli occhi di Erin che aveva riportato in superficie tristi ricordi. All'inizio i suoi grandi occhi blu gli erano apparsi soprattutto spaventati. Ma, una volta in salvo, l'emozione prevalente era stata la tristezza. La stessa che Ryan aveva visto negli occhi della sorella anni prima e che lo aveva messo subito in allarme. Che cosa avrebbe fatto quella donna, se non lui non fosse intervenuto? Avrebbe portato a termine il suo gesto?

    Ma come poteva sentirsi tanto coinvolto da una donna che conosceva appena? Era un ufficiale medico esperto e salvare una donna bellissima era una passeggiata rispetto agli orrori a cui aveva assistito. O era proprio perché gli ricordava Sabrina?

    Era stato lontano tanto tempo e, quand'era tornato, non aveva notato immediatamente la tristezza nello sguardo della sorella, finendo per trascurare i segnali che indicavano una depressione. Era molto dimagrita e aveva occhiaie scure sotto gli occhi. Non sorrideva e non sembrava più trarre piacere da quello che un tempo la rendeva felice. Era stata male per più di un anno e lui non aveva mai smesso di sentirsi in colpa, per non essere riuscito a proteggerla dall'uomo che le aveva spezzato il cuore e per non essersi accorto di quanto lei avesse bisogno di aiuto. Era venuto meno al proprio dovere.

    Tornò a concentrarsi su Erin. L'aveva ringraziato per averla salvata. Sarebbe dovuto bastare per rassicurarlo. Ma l'unica cosa della quale si sentiva sicuro era che l'avrebbe rivista.

    Era senso di responsabilità quello che provava per lei? O desiderio di scoprire la vera causa della sua tristezza? O era piuttosto il fatto che profumasse di fiori e gli fosse piaciuto sentirla vicina? Non aveva importanza. Quella non poteva essere la fine

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