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Di nuovo, per sempre: Harmony Collezione
Di nuovo, per sempre: Harmony Collezione
Di nuovo, per sempre: Harmony Collezione
E-book158 pagine2 ore

Di nuovo, per sempre: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Solo un luogo così bello poteva restituire a Melissa l'amore.



Anche se sono passati quattordici anni, Melissa non ha il minimo dubbio. Quell'uomo è proprio Van. Lo stesso Van che anni prima l'aveva tenuta tra le sue braccia per una notte intera, e poi era sparito senza lasciare traccia. Incontrarlo di nuovo, in maniera del tutto casuale su una spiaggia di Positano, è per Melissa un vero shock. In tutti quegli anni lui è cambiato sotto molti aspetti, ma non nel suo smisurato fascino. Ancora ferita per l'abbandono passato, lei fa di tutto per resistere alla sua corte serrata, ma l'antica attrazione riaffiora prepotente: anche perché Van, dopo qualche giorno, le fa un'incredibile rivelazione.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2016
ISBN9788858947111
Di nuovo, per sempre: Harmony Collezione
Autore

Elizabeth Power

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    Anteprima del libro

    Di nuovo, per sempre - Elizabeth Power

    successivo.

    1

    L'uomo era seduto da solo a uno dei tavoli sul lungomare, lo sguardo sulla banchina che sporgeva dalle rocce. Non appena era sceso dalla sua imbarcazione, aveva provocato un'ondata di eccitazione tra le bagnanti. Sotto la tettoia di rafia del ristorante sulla spiaggia, con gli occhiali da sole che le proteggevano gli occhi dal luminoso sole italiano, anche Mel Sheraton non aveva potuto fare a meno di notarlo.

    Sulla trentina, la pelle olivastra, portava capelli neri lunghi quasi fino alle spalle. Non poteva scorgerne gli occhi, perché anche lui portava occhiali da sole, ma d'istinto Mel sapeva che dietro a essi si celava una mente salda e astuta.

    «Ehi, è uno schianto, è vero, ma non devi mangiarlo con gli occhi.» Le parole di Karen Kingsley riportarono l'attenzione di Mel sull'amica.

    «Chi?» si schermì lei, un'occhiata di sbieco verso i tre giovani che stavano per gettarsi nella scintillante acqua azzurra. Li teneva d'occhio fin da quando avevano finito di pranzare.

    «Oh, andiamo, Mel. Se per caso non l'avessi già notato, ti sta osservando da quando è arrivato.»

    E lei aveva fatto del suo meglio per ignorarlo.

    «Non essere sciocca» rispose Mel, sollevando il bicchiere per bere un lungo sorso di acqua minerale. «In caso fosse interessato a qualcuno, quel qualcuno saresti tu, non io.»

    Karen aveva lavorato come modella finché due anni prima non aveva lasciato l'Inghilterra, fresca sposina, e ora stava dedicando tutto il suo tempo e le sue energie alla piccola galleria moderna di suo marito a Roma. Era incredibilmente bella: tratti fini e aristocratici, capelli dal taglio corto perfetto, membra flessuose sottolineate da pantaloncini e top. Un vero contrasto con l'immagine che Mel aveva di se stessa: tratti comuni, un corpo minuto e capelli color rame che si ribellavano anche alle cure più esperte.

    «Sai che non è vero. E comunque in quel caso avrebbe già notato la fede, scartandomi come inutile complicazione» la rassicurò Karen. «Non dirmi che ti è indifferente, perché non ci crederei, visto il modo in cui ti sei impegnata a evitare di osservarlo...»

    «Accidenti!» Era così evidente?

    «Sì» rispose Karen alla domanda inespressa dell'amica, poi entrambe scoppiarono a ridere.

    Si erano conosciute anni prima durante una campagna pubblicitaria della Jonathan Harvey Associates, di cui Mel era il direttore vendite e marketing, e Karen la modella protagonista. E ora quest'ultima l'aveva raggiunta a Positano da Roma per passare un paio di giorni con lei. L'indomani, prima che arrivasse il resto del gruppo di lavoro, sarebbe tornata indietro portando con sé la figlia Zoë, lasciando così Mel libera di dedicare il proprio tempo ed energia alla riunione che lei e Jonathan, il capo, avevano organizzato per conto della società. Mel non poteva fare a meno di sentire una grande gratitudine verso la sua amica.

    «Non dico che mi lasci indifferente, ma devo pensare a Zoë.» Volgendo lo sguardo verso i nuotatori, Mel vide la figlia dodicenne nuotare vigorosamente, distanziando gli altri.

    Tra poco avrebbe dovuto richiamarla indietro, decise con un'ansia solo in parte giustificata. Dopo tutto, i due compagni adolescenti di Zoë avevano promesso di badare a lei. Inoltre, non era poi così lontana dalla spiaggia ed era un'ottima nuotatrice. Come lo era stata Kelly, la sorella di Mel...

    La brezza tiepida che filtrò nella sua tunica bianca da spiaggia la fece rabbrividire, e mentalmente scacciò quei pensieri inquietanti.

    Lo sguardo vagabondò allora su un paio di spalle ampie nascoste dal tessuto elastico di una maglietta bianca, e poi giù lungo avambracci abbronzati e nudi, fino a un torace snello e in forma. In quel momento prese coscienza degli occhi celati ma vigili dell'uomo che la stavano osservando con attenzione, e avvertì la forza di un magnetismo sessuale così potente che ogni cosa intorno a lei sembrò dissolversi. Esisteva solo l'agitazione del sangue e quello sguardo intenso, tangibile come la luce del sole mentre si muoveva sopra la dolce curva della sua fronte, sulle sottili sopracciglia scure, sul naso piccolo e diritto e le labbra piene, e poi giù fino alla gola, sottolineata dall'ampia scollatura della tunica.

    Gli occhi dell'uomo scivolarono ancora più in basso, facendole ricordare confusamente che non indossava il reggiseno del costume. Sentì i capezzoli inturgiditi tendere il cotone morbido, e mortificata si volse bruscamente, il cuore impazzito. Si stava rendendo ridicola!

    Rivolgendo l'attenzione verso il mare in una fuga involontaria, raggelò, mentre il colore le abbandonava il viso. «Oh Dio!» mormorò saltando dritta in piedi. «Oh Dio!»

    «Cosa c'è?» chiese Karen, ma la domanda si perse dietro il rumore della sedia di Mel e il suono del bicchiere che colpiva la superficie del tavolo.

    Zoë si trovava in difficoltà, e i due adolescenti che avevano giurato di tenerla d'occhio non se ne stavano rendendo conto. Zoë stava cercando di nuotare e, a giudicare dagli schizzi agitati causati dalle membra in movimento, le era quasi impossibile anche solo rimanere a galla.

    Mel la sentì allora gridare, un suono che aleggiò minaccioso per la baia.

    «Zoë!» urlò Mel, dirigendosi verso la banchina.

    Ma lui la precedette. Doveva essersi alzato in piedi un attimo dopo di lei, e ora stava scendendo i gradini di legno a due a due. Poi, rimanendo in bilico per una frazione di secondo, si gettò in mare, il corpo simile a una freccia scura, prima di riemergere con potenti bracciate.

    Con un misto di orrore e attrazione, Mel osservò assottigliarsi la distanza tra l'uomo e la bambina. Con un debole sospiro di sollievo, lo vide prendere la spaventata ragazzina tra le braccia esperte e tornare senza sforzo indietro con lei verso la riva.

    «Va tutto bene. Lei sta bene.» Mel sentì un braccio gentile avvolgerle le spalle. Karen.

    «Non avrei dovuto permetterle di nuotare al largo da sola. Non avrei dovuto permetterglielo» ripeté Mel, rimproverandosi amaramente. «Avrei dovuto dire no e non farmi convincere, né cedere.»

    «Non puoi tenerla nella bambagia» dichiarò filosofica Karen. «Hai fatto bene. È una nuotatrice migliore di te, e poi non era sola.»

    «Non avrebbe dovuto esserlo» ringhiò Mel arrabbiata, precipitandosi non appena l'uomo sollevò sulla banchina la piccola, che tossiva e zoppicava. «Zoë!» Abbracciando con gioia l'esile ragazzina fradicia, Mel sembrò dimenticare l'uomo.

    «Va tutto bene. Sto bene» fu l'impaziente risposta della dodicenne. Zoë odiava il trambusto, e Mel sapeva che non si sarebbe lasciata scoraggiare. «Ho solo avuto un crampo...» Ma, quando la ragazzina provò a camminare, il suo volto si deformò per l'angoscia e rapida Mel la fece sedere sul pontile dove, in ginocchio, sdraiò la gamba della giovane e le sollevò il piede sinistro in alto.

    «Non c'è alcun danno.» La voce profonda raggiunse Mel mentre massaggiava i muscoli contratti del polpaccio della figlia. Una voce che, nonostante l'aspetto latino dell'uomo, esprimeva un inglese perfetto, privo di accento. Una voce che non avrebbe dimenticato neanche tra un milione di anni. «La gamba probabilmente rimarrà indolenzita per un giorno o due, ma sua sorella è una signorina coraggiosa. Potrebbe essere una buona idea tenerla d'occhio nei prossimi giorni. Questi crampi hanno l'abitudine di tornare.»

    Zoë, iniziando a sentirsi meglio, stava sorridendo per l'evidente errore dell'uomo, ma in quel momento Mel non poteva condividere il divertimento della figlia.

    Lottando tra la gratitudine e un timore crescente, appoggiò gentilmente il piede della piccola sulla banchina e si alzò rapida in piedi.

    «La ringrazio...»

    «Van. Van Carella» si presentò lui. Neanche per un attimo lo sfiorò il pensiero che lei fosse piombata nel silenzio per l'incredibile tiro che il destino sembrava averle riservato.

    Van Carella. Non avrebbe neanche avuto bisogno di dirle il suo nome. Negli ultimi quattordici anni quell'uomo l'aveva perseguitata nei sogni notturni e, a essere onesta con se stessa, anche di giorno. Non avrebbe mai pensato di incontrarlo di nuovo. Eppure eccolo lì, come una fenice che rinasce dalle ceneri del tempo a schernirla con il più amaro dei ricordi.

    Mel deglutì, annuì con la testa e balbettò qualcosa di simile a un: «Sì. Be'... grazie». Lei stessa non era neanche sicura di quello che stava dicendo. Tremando, si portò una mano alla tempia, il volto pallido sotto i capelli lucenti. «Non so cosa dire.»

    «Credo che abbia già detto tutto» replicò lui con grazia impeccabile. «Sta bene?» La mano di lui era umida e calda sul suo braccio nudo. «Ha avuto un piccolo spavento. Vuole sedersi? Posso portarle qualcosa da bere? Un brandy o altro?»

    Non l'aveva riconosciuta! Il sollievo le fece quasi piegare le ginocchia, poi Mel scosse la testa, cercando di recuperare il proprio equilibrio. Le era così vicino: l'odore muschiato del corpo mescolato con quello salato del mare, la maglietta aderente al torace muscoloso, la pelle splendente come bronzo lucido...

    «No!» Mel si allontanò brusca. «N-no, sto bene» mormorò, sperando che lui attribuisse la sua confusione solo a ciò che era appena accaduto a Zoë.

    «È sicura?» I suoi occhi la stavano studiando, ma senza dar segno di riconoscerla.

    «Sì» insistette lei, lottando ancora per recuperare il controllo. «Sì, sto bene. La ringrazio. E grazie ancora per ciò che ha fatto per mia figlia. Le siamo entrambe grate.»

    «Sua figlia?» Lei seguì lo sguardo sorpreso di lui verso Zoë. La ragazzina era ancora seduta a massaggiarsi i muscoli contratti, gli occhi azzurri, protetti con una mano dalla luce del sole, fissavano adoranti il suo salvatore.

    «Tutti dicono che la mamma sembra troppo giovane per esserlo.» Il suo volto, come quello di Mel, era un ovale perfetto, ma con sopracciglia più folte e ben definite e una bocca decisa. «Ma non mi importa. Io credo che sia fantastico.»

    «È una ragazza intelligente» fu il commento dell'uomo, la bocca incurvata in un angolo.

    In circostanze normali, e con chiunque altro, Mel avrebbe roteato gli occhi e avrebbe riso. Solo che quelle non erano circostanze normali. E lui non era una persona qualunque. Lui era Van Carella. E aveva appena salvato la vita di sua figlia!

    Rivivendo per un attimo il terrore che l'aveva attanagliata quando aveva visto Zoë in difficoltà là fuori, Mel distolse lo sguardo. Avrebbe potuto essere una terribile tragedia se lui non fosse stato nei paraggi. A pensarci, era una vera ironia... Per non parlare del fatto che aveva preso Zoë per sua sorella!

    «È sicura di stare bene?» le chiese ancora una volta l'uomo.

    Rapida, Mel mise da parte quei pensieri ostinati. «Naturalmente» replicò, forse un po' troppo brusca, perché era evidente che lui non l'aveva riconosciuta. E perché avrebbe dovuto? Non era stata più di un disturbo temporaneo, nella sua vita. «Grazie ancora. Ora però dobbiamo andare.»

    «Oh mamma, dobbiamo davvero?» gemette Zoë, alzandosi con cautela. Era chiaro che le piaceva la compagnia di quell'uomo.

    Tesa, priva della sua abituale pazienza, Mel tagliò corto con un: «Sì, temo che sia così», quasi attirando la figlia verso di sé.

    «Magari ci rivediamo.» L'uomo si rivolse a Zoë. «E prenditi cura di quella gamba.»

    «Lo farò.»

    Un'ondata di emozioni contrastanti si diffuse in Mel. «Mi dispiace, ma domattina lei parte per Roma» si affrettò a osservare.

    «Peccato» esclamò lui. «Almeno rimane abbastanza a lungo da dirmi il suo nome?»

    «Mel. Mel Sheraton.» Con il cuore a mille, vide le sopracciglia di lui aggrottarsi, ma fu un attimo.

    «Bene, Mel Sheraton...» Abbassò la testa in un gesto di galanteria. «Sono lieto di esserle stato d'aiuto.» Poi sparì, percorrendo a grandi passi la banchina dove, con un rapido movimento, raccolse le scarpe e gli occhiali e risalì agile sulla sua barca.

    «Quello era Van Carella!» Una voce incredula improvvisamente le ricordò che Karen era

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