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L'essenza del delitto
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E-book474 pagine7 ore

L'essenza del delitto

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Info su questo ebook

L’essenza della paura
Ha sofferto durante un coma terribile. È sopravvissuta all’ossessione di un serial killer. Ora, a New Orleans, la detective Claire Morgan della Omicidi spera di dimenticare l’incubo del suo passato nel Missouri. Ma quando viene scoperto un cadavere vicino a casa, le sue paure più oscure tornano a galla…

L’essenza della superstizione
Come in un sacrificio umano, una giovane donna è legata su un altare, circondata da candele e teschi. Ancora più inquietante è la bambolina voodoo nelle mani della vittima. Un fantoccio trafitto da spilli e con una fotografia che ritrae Claire Morgan…

L’essenza del delitto
Claire non crede nel voodoo. Ma sa bene che la superstizione è in grado di deformare la mente di una persona e alimentare la follia di un assassino. È qui, nel fitto bayou della Louisiana dove la superstizione si infittisce, che Claire deve affrontare a testa alta la sua paura e incontrare l’uomo che l’ha marchiata come una preda…
LinguaItaliano
Data di uscita27 set 2022
ISBN9788831399968
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    Anteprima del libro

    L'essenza del delitto - Linda Ladd

    1

    Era una splendida giornata di sole di dicembre; mancavano poche settimane a Natale e, stranamente, non era accaduto nulla di catastrofico. E alla detective della Omicidi Claire Morgan andava bene così. Fin qui, tutto okay. Era seduta dietro alla sua nuova scrivania temporanea, nell’ufficio dello sceriffo della contea di Lafourche Parish a Thibodaux, in Louisiana, e fissava il suo nuovo partner momentaneo, Zander Jackson, che cercava di stare in equilibrio su una scaletta traballante mentre collocava un angioletto bianco e trasparente in cima all’albero di Natale del Dipartimento, alto più di due metri. Era solo da un paio di settimane che si era unita al Dipartimento nel bayou a sud-ovest di New Orleans, dopo che il suo grande amore e psichiatra delle star, Nicholas Black, era partito sul suo jet privato alla volta dell’hotel-clinica che possedeva a Londra, per occuparsi di un paziente che descriveva con affetto come particolarmente turbolento. Quell’uomo era davvero uno strizzacervelli di fama mondiale e, con ogni probabilità, anche il più bello che avesse mai incontrato in vita sua, dettaglio che era sul serio un’ottima cosa.

    Anche lei era stata uno dei casi più turbolenti di Black, ma al momento stava molto meglio di come si era sentita negli ultimi mesi. Ahimè, aveva la tendenza a cacciarsi nei guai ovunque andasse, e Black era sempre stato protettivo, soprattutto nell’ultimo periodo. Con ogni probabilità perché era a malapena sopravvissuta a un coma di diciotto giorni in cui era finita per colpa del proprio lavoro, non molto tempo prima. Black non aveva esattamente festeggiato all’idea di vederla tornare al lavoro di detective della Omicidi, sia che si svolgesse nell’ozioso bayou o al lago degli Ozark in Missouri, dove si era occupata del caso che l’aveva messa nel suddetto coma per le famose tre lunghe settimane. Ma Black raramente le diceva cosa fare e viceversa; ecco perché andavano così d’accordo.

    Sebbene conoscesse Zander, o Zee, come lo avevano soprannominato gli amici, da poco, era un tipo a posto. Quasi quanto il suo vero socio sul lago, Bud Davis. A dire la verità, Bud le mancava un sacco, così come tutti gli altri colleghi in Missouri, ma era una bella cosa allontanarsi un po’ dalla scena di alcuni dei crimini più cruenti su cui aveva investigato lassù e il Natale a una temperatura di venti gradi era un buon incentivo a rimanere fino all’arrivo della stagione estiva. Inoltre, gli amici del Missouri venivano spesso a trovarla e ogni volta Claire non vedeva l’ora. Visto che era tornata al suo posto, nella Omicidi, la noia assoluta che l’aveva messa inevitabilmente con le spalle al muro era ormai lontana. Di tanto in tanto, aveva ancora qualche incubo riguardante i vecchi casi, ma li stava gestendo abbastanza bene. Da quel momento in poi, ci avrebbe dato dentro.

    «Ehi, Claire, per chi tifi? Saints o Rams?»

    Sorrise. Zee impazziva per il football, per dirla con un eufemismo. «I Saints quando sono qui. I Rams quando sto nel Missouri.»

    «Beh, ci mancherebbe altro che non parteggiassi per i Saints, quando sei qui.»

    «Proprio quello che dice Black.»

    Risero. Poi Claire si alzò e lo aiutò a sistemare le decorazioni dorate che, con ogni probabilità, si trovavano nel vano portaoggetti della centrale fin dagli anni Ottanta, messi e tolti dai rami. L’albero era un grosso cedro che era stato tagliato da qualche parte nel bayou circostante e arrivava quasi a toccare il soffitto. Le piaceva, un vero albero con un profumo fresco e pungente. Black insisteva sempre che ne comprassero uno anche loro, possibilmente tanto grande da riempire la navata della cattedrale di San Luigi a Jackson Square. Voleva tagliarselo da solo, nei boschi della sua proprietà nel Missouri, portando un’ascia sulle ampie spalle, neanche fosse stato un Paul Bunyan più bello e grosso. Quell’uomo impazziva per il Natale, che ci poteva fare.

    Claire si augurava solo che risolvesse in fretta la faccenda del paziente problematico in modo da tornare in tempo per la vigilia. Non che così gli rimanesse molto tempo per fare le sue magie e filarsela di nuovo a casa con il regalo per lei, e in genere Black, per Natale, le faceva fior fiori di regali. Cosa Claire gli avrebbe regalato, invece, era tutta un’altra storia. Avrebbe avuto il suo bel daffare. Ma Black amava ogni centimetro di New Orleans, la sua città natale, ed era felicissimo di essere tornato a vivere lì, anche se solo temporaneamente; perciò suppose che lo avrebbe fatto felice regalandogli qualcosa che fosse collegato alla sua adorata Big Easy ¹. Si era addirittura comprato un albergo in città e anche restaurato una villa tutta per loro, ma Black era fatto così. Lei amava tantissimo quella proprietà.

    Quando Claire aveva visto per la prima volta la casa per cui Black era impazzito, a Governor Nicholls Street, nel Quartiere francese, da fuori non le era sembrata un granché. Anzi, a dirla tutta ricordava più un edificio in rovina della zona industriale. Ma, dopo che l’uomo aveva aperto le semplici porte nere di ingresso, si erano ritrovati di colpo catapultati in una proprietà degna della copertina di House Beautiful, moderna, accogliente e splendida. Di un’eleganza coi fiocchi.

    Ad esempio, c’era un’enorme scalinata di marmo a spirale e persino un ascensore. Per non parlare delle otto spaziose camere da letto, tutte con il proprio caminetto di marmo, il salotto di rappresentanza, la sala da pranzo, una cucina professionale, un cortile privato completo di fontane, una piccola piscina con cascata, un giardino formale di rose e un grosso albero di mimosa al quale avrebbe potuto agganciare il suo sacco per la boxe. Black le aveva detto che erano anni che aveva messo gli occhi sulla casa e alla fine era riuscito ad accaparrarsela non appena era stata messa in vendita. E, sì, gli era costata un sacco di bei soldini. Ma Black aveva sacchi di bei soldini e ne collezionava in continuazione. Il suo uomo guadagnava tonnellate di verdoni, sissignore.

    Mentre Claire aggiungeva un po’ di stalattiti argentate, Zee fece un passo indietro con le mani sui fianchi per ammirare la loro opera. «Ehi, è proprio bello. Adoro quegli ornamenti dorati a forma di giglio che hai portato. Sai cosa? Quasi quasi chiamo Nancy e le dico di portarci la pizza. Oggi sarà più tranquillo di un corteo funebre, credimi. Le domeniche sono sempre così, per fortuna. Potremo guardarci la partita dei Saints senza interruzioni.»

    A Claire l’analogia con il funerale non piacque molto. Ne aveva visti fin troppi nella sua vita. Il collega si era guadagnato il soprannome Zee grazie a tutti i touchdown che aveva segnato all’Università di Tulane. Zoom Zoom Zee, dicevano, abbreviato poi in 3Z, ma quello era un po’ troppo per lei, perciò si sarebbe limitata a Zee. Lo osservò accendere la televisione a schermo piatto sullo schedario e digitare il numero di Nancy sul suo amato smartphone bianco. Nancy Gill era il coroner di Lafourche Paris e il motivo principale per cui Claire si trovava seduta dietro a una scrivania in Louisiana. L’estate precedente, infatti, Nancy era stata sul lago degli Ozark per un programma di scambio delle forze dell’ordine e aveva convinto Claire a aderire al progetto con uno scambio in inverno, laggiù nel bayou.

    Zee si chinò sull’altro lato della scrivania, il telefono all’orecchio, tutto muscoli e grazia atletica, davvero un bell’uomo con la pelle del colore della cioccolata Hershey e gli occhi caramello. Claire sapeva che aveva trascorso gran parte degli anni in servizio nel Dipartimento di Polizia di New Orleans, lavorando per la Buoncostume e la Narcotici. Poi aveva passato un’altra manciata di anni ad arrestare tossici barbuti e fare irruzione nei laboratori di metanfetamine nascosti nelle paludi di Lafourche Parish, prima di diventare detective ed essere trasferito alla Omicidi.

    Dati i suoi anni di esperienza, a Claire era stato assegnato il comando dei pochi casi che avevano gestito assieme fino a quel momento, ovvero il furto di un bateau – che era il modo in cui chiamavano le barche giù nel bayou – e un bambino scomparso che poi era stato semplicemente ritrovato addormentato nella sua traballante casetta sull’albero in giardino. Zee aveva dimostrato di avere un buon istinto investigativo. A quanto pareva, nel bayou attorno a Lafourche Parish non avvenivano molti omicidi cruenti, cosa che le andava benissimo e che aveva aumentato il livello di felicità di Black di un buon numero di tacche. Forse in Louisiana tutti i criminali guidavano fino a New Orleans per commettere i loro omicidi. Come predetto da Zee, sarebbe stata una giornata tranquilla. Tutti gli abitanti della contea sarebbero stati impegnati a guardare la partita dei Saints a Dallas.

    «Nancy ha detto quindici minuti al massimo. Ti piace la pizza di Meat Lover?»

    «Puoi scommetterci. Va bene.»

    Quando il telefonino di Claire iniziò a intonare Blue Bayou di Roy Orbison, la suoneria scelta in onore della nuova sistemazione, il nome di Black apparve sul display. Il suo bello la stava controllando dalla Vecchia Inghilterra.

    Claire uscì nel corridoio deserto, accettò la chiamata ed esclamò: «Ehi, ciao, vecchio mio e tutte le altre cretinate!»

    «Diavolo, ciao. Mi manchi. Prendi il prossimo aereo in partenza per Londra e rendimi felice.»

    «Beh, ottimo, lieta di sentire che ti manco. Lo stesso vale per me. Allora, come vanno le cose, lì? Qualche pazzoide fuori controllo?»

    «Non riesco a dormire quando non sei nel mio letto.»

    «Lieta di sapere anche questo. Ma, seriamente, come sta il tuo paziente? Gli hai messo la camicia di forza e va tutto bene?»

    «Sta molto meglio. Gli ho cambiato la terapia. E che mi dici di te? Come stai?»

    Ecco Black che si preoccupava di nuovo per lei. Il coma in cui era caduta lo aveva fatto preoccupare parecchio, spingendolo a ronzarle attorno più del necessario. «Sto bene, davvero. Proprio alla grande. Mi piace stare qui a Lafourche. Zee è simpatico. Nancy è fantastica. E a essere sincera è sempre tutto molto tranquillo.»

    «Niente cefalea? Visione sfocata?»

    «Gesù, Black, sto bene,» disse. Ehi, era un bravo medico. Toccava tutti i punti giusti. E aveva moltissimo tatto con i pazienti, almeno con lei.

    «Niente incidenti d’auto? Nessuno che ti ha sparato? Picchiata? O pugnalata alla schiena?»

    Sì, possedeva anche tonnellate di sarcasmo. Anche se quelle cose le erano capitate sul serio, a eccezione della pugnalata. Non era mai successo, grazie al cielo, se si escludeva quell’orribile aggressione con la mannaia. Black stava scherzando, già, ma non del tutto. «Beh, un idiota mi ha tagliato la strada due giorni fa. Ho dovuto inchiodare. Vale?»

    «Non oso pensare cosa gli hai fatto.»

    «Era una lei e l’ho lasciata andare via con un cortese avvertimento.»

    Seguì un attimo di silenzio.

    «Seriamente, come ti sembra il nuovo lavoro? Ti piace? Dimmi che non sei sulle tracce di qualche serial killer, ti prego.»

    «Non sto dando la caccia a nessun serial killer. Non ancora. Siamo stati fortunati.»

    «Mi rendi felice.»

    «A dirla tutta, l’unica cosa elettrizzante oggi sarà la partita dei Saints. E, sì, ho impostato la registrazione per te. Zee è un fan più sfegatato di te, incredibile. Vedi quanto è eccitante la mia vita quando non ci sei?»

    «Non voglio che ti ecciti quando sono via.» Altra breve pausa. «Dormi bene? O hai avuto altri incubi?»

    Visto? Si preoccupa troppo. Decise di mentire un pochino, giusto per tenerlo tranquillo. «Niente incubi. Sono proprio guarita, almeno al novantanove percento.»

    «Mi manchi,» ripeté Black.

    «Allora torna a casa. Mi sono stancata di dormire tutta sola in quell’enorme letto tondo nel nostro palazzo gigantesco. Il Quartiere francese è fantastico, ma triste quando non ci sei. Come mai ci stai mettendo così tanto? Te la stai facendo con William e Kate a Buckingham Palace?»

    «Magari. Il mio paziente sta meglio, ma devo occuparmi di alcune questioni in sospeso. Dovrei essere di ritorno per martedì. Prenditi le ferie per quel giorno e anche per quello dopo. Ho già dei programmi per quell’enorme letto tondo nel nostro palazzo gigantesco.»

    Claire sorrise. Le stava più che bene. Oh, sì, decisamente. «Ci vediamo, Black. Devo andare. Sta arrivando Nancy con pizza e bibite e tra poco inizia la partita.»

    «Stai attenta, Claire. Dico sul serio. Juan e Maria sono lì a casa con te, giusto?»

    Juan Christo era il nuovo giardiniere, nonché guardia del corpo di Black, che non se ne andava mai in giro senza una pistola, mentre Maria era sua moglie e anche la loro cuoca e cameriera. Conoscendo Black, probabilmente anche lei portava una pistola. La coppia di mezza età veniva dal Guatemala e teneva in ordine la tenuta con una precisione degna di un orologio svizzero, oltre a far compagnia a Claire, quando Black era via. Quei due le piacevano molto. «Stanno bene anche loro e mi controllano quasi quanto te.»

    «D’accordo, allora. Ricorda, abbassati e schiva. Stai vicino a Zee.»

    La cosa dell’abbassarsi e schivare era una battuta che si scambiavano sempre in privato, era il suo modo di dirle di fare attenzione. «Smettila di preoccuparti. Sto bene. Questo posto non sa nemmeno cosa sia un omicidio.»

    Riattaccò non appena Nancy appoggiò le pizze sulla scrivania di Claire, annunciando: «Ha un profumino delizioso, vero? Ho preso anche dei panini al formaggio.»

    Aveva ragione, il profumo era squisito. Claire sollevò il coperchio e scelse una fetta bella grossa mentre Nancy toglieva i bicchieri di Pepsi dal vassoio di plastica ad anelli che aveva in mano. Gliene porse uno. «Oh, cielo, guardate, stanno intervistando Jack Holliday. Dio, è così sexy, vero?»

    «Già, era il numero undici del Tulane, ora è in pensione,» concordò Zee. «Il miglior quarterback di sempre del campionato universitario, secondo la mia modesta opinione.»

    «Anche il miglior visino,» aggiunse Nancy.

    Claire prese un morso. «Quindi non gioca per i Saints?»

    «Lo ha fatto per una stagione, poi si è fottuto il ginocchio. Però vive qui a New Orleans ed è stata la star più grande che Tulane abbia mai visto, ecco perché tutti lo adorano. Ora rappresenta la maggior parte dei suoi ex-compagni di squadra e fa un sacco di soldi.»

    Nancy sistemò una sedia accanto a Claire. Quella donna era semplicemente stupenda. Ricordava un’amazzone, così slanciata e bellissima, con lunghi capelli castano-rossicci e gli occhi della stessa sfumatura, color ruggine. Era anche un asso nella sua professione, brava quasi quanto Buckeye Boyd, il coroner collega di Claire in Missouri. Anche Nancy si era fatta le ossa al Dipartimento di Polizia di New Orleans, formata da alcuni dei tecnici CSI migliori del Paese, e sulle scene del crimine si comportava in modo ultra-meticoloso. Era diventata una buona amica, soprattutto quando Black saltava sul suo jet alla volta dell’Europa e Claire aveva un po’ di tempo da trascorrere con lei.

    La pizza aveva un sapore squisito e, sullo schermo, lo stadio di Dallas era animato da centinaia di tifosi sfegatati e assetati di sangue. I Saints gironzolavano sul campo, tutti con l’uniforme nera e oro; c’erano anche i Dallas Cowboys, che senza dubbio non vedevano l’ora che iniziasse lo scontro e le collisioni spacca-ossa che ne sarebbero conseguite. Anche Claire aveva visto ben da vicino le ultime e aveva cicatrici che lo dimostravano.

    Non appena i Saints ebbero effettuato il primo passaggio, il cellulare di Zee squillò. La sua suoneria era la voce suadente e sexy di Usher, che intonava una canzone d’amore intitolata Here I stand e che senza dubbio aveva fatto sfarfallare il cuore di diverse signore. Il collega si lasciò andare a una piccola imprecazione e rispose con gli occhi incollati alla partita. «Pronto, cosa c’è? Andiamo, amico, è appena incominciato il match.»

    Claire e Nancy lo videro fare una smorfia. Poi riattaccò e grugnì: «L’autopattuglia ha rinvenuto un cadavere. Vicino a casa tua, Claire.»

    Alla notizia, Claire si accigliò. Mentre Black era fuori città, aveva trascorso qualche notte su una casa galleggiante, cosa che il suo uomo ignorava e doveva continuare a ignorare. Il posto si trovava nel bayou di Lafourche Parish, doveva aveva vissuto con una famiglia adottiva per un po’, i LeFevres. Anni prima, la casa era stata parzialmente distrutta dall’uragano Katrina, ma la loro casa galleggiante era stata tratta in secco e si era salvata. Da quando Claire si era trasferita a New Orleans e aveva ripreso i rapporti con alcuni dei fratelli LeFevres rimasti, questi ultimi le avevano detto di usare pure la casa quand’era nei paraggi. Claire era rimasta elettrizzata dalla proposta. La houseboat rappresentava uno dei pochi ricordi felici della sua orribile infanzia, perciò amava quel posto.

    Zee aveva un’aria un po’ turbata. «Un bel guaio. Hanno trovato una ragazza morta e dicono che la scena è alquanto raccapricciante. Vogliono anche te, Nancy.»

    «Okay, andiamo,» asserì Claire, avvertendo la nota scarica di eccitazione e rendendosi conto che era proprio ciò che stava aspettando da tempo. Nonostante le ferite recenti e i pericoli che aveva fronteggiato in passato, indagare su un omicidio era proprio la sua passione. Era già pompata e pronta a mettersi in moto.

    «Dove si trova, esattamente?» chiese Nancy a Zee, agguantando un’altra fetta di pizza e richiudendo la scatola.

    Zee prese tutta la confezione per portarsela dietro: a quanto pareva, non era il tipo che sprecava il buon cibo. Guardò Claire. «Se ho capito bene, Claire, è proprio sulla proprietà dove stai tu ogni tanto. Nelle rovine di quella casa vicino alla tua houseboat. Hai dormito lì, ieri notte?»

    «Sì. Non ho sentito niente e ho anche tenuto le finestre aperte. Non si è avvicinato nessuno alla casa in auto, altrimenti me ne sarei accorta. Sull’acqua i suoni viaggiano più in fretta.»

    «Non hai visto niente nemmeno stamattina quando te ne sei andata?»

    Claire scosse la testa. «No, nulla sembrava insolito. Sei sicuro che non si tratti di un altro posto? Ci sono molte abitazioni diroccate in quella zona del bayou. Magari è una di quelle.»

    «Ha detto che si tratta della vecchia casa dei LeFevres.» Zee sbloccò il primo cassetto della sua scrivania, lo aprì e prese la Beretta dalla fondina di pelle nera.

    Claire non si toglieva mai le armi, non più, non dopo l’ultimo caso. Persino di notte le teneva a portata di mano, sotto il cuscino. Andarsene in giro disarmata non era stato salutare, in passato. Per dirla con l’eufemismo dell’anno. La sua fidata Glock 9 millimetri era infilata nella fondina ascellare, mentre la piccola e adorata calibro 38 a canna corta che il suo ex-partner del Dipartimento di Polizia di Los Angeles, Harve Lester, le aveva regalato per Natale se ne stava ben allacciata alla caviglia destra. Prese la felpa nera leggera e infilò al collo la catenina con il badge argentato che la qualificava come vicesceriffo di Lafourche Parish.

    «Credo che faremmo meglio a chiamare lo sceriffo Friedewald. Deve sapere che c’è stato un omicidio.»

    «Prendiamo la mia Tahoe. Ho già l’attrezzatura nel bagagliaio. E a quanto pare ne avrò bisogno,» propose Nancy.

    «Se la situazione è davvero così brutta, faremmo meglio a sbrigarci,» aggiunse Claire.

    Perciò si sbrigarono. Pochi minuti più tardi, erano a bordo della Tahoe bianca di Nancy, diretti sulla scena del delitto. Il sangue di Claire stava canticchiando. Un assassinio non era proprio ciò che si aspettava in quella soleggiata domenica pomeriggio, ma era pronta, il suo istinto le stava sussurrando che era accaduto qualcosa di perverso. E lei dava sempre retta all’istinto. In particolare, quando riguardava omicidi e violenza e pazzi maniaci. Come se non bastasse, stava pensando che, se il crimine era davvero accaduto vicino alla sua barca, quando si trovava lì dentro, la cosa poteva aver a che fare con lei. No, Black non sarebbe stato per niente contento una volta saputa la notizia.

    2

    Dieci minuti più tardi, imboccarono una strada nel bayou in direzione della proprietà dei LeFevres, una nuvola di polvere che si sollevava alle loro spalle come un tornado. I LeFevres avevano vissuto in un angolo remoto della zona, su un ruscello che quasi nessuno andava mai a visitare, né tantomeno ci si passava accanto, ma per Claire era un santuario silenzioso e magnifico. Pieno di alberi, uccelli e animali selvaggi, vero; da ragazzina si era sentita al sicuro lì, dopo una valanga di famiglie adottive che l’avevano fatta sentire di tutto, fuorché protetta.

    Quando i fratelli LeFevres le avevano offerto la possibilità di alloggiare nella casa galleggiante, aveva colto l’occasione al volo, ma aveva iniziato a usarla di notte solo dopo che Black era partito per l’Europa. Il destino l’aveva riportata di nuovo nelle paludi. Ora era tornata anche la morte, con ogni probabilità la stava seguendo, come accadeva sempre.

    «Dobbiamo svoltare lì, Nancy,» disse, indicando una strada sterrata più avanti.

    La coroner girò a sinistra, verso un ingresso accidentato che si snodava attraverso un gruppo di querce di duecento anni, tutte ricoperte in modo lugubre da muschio grigio, ruvido e inquietante, molto comune nel bayou. Una volta che la strada si aprì sul cortile erboso che circondava la vecchia casa in stile caraibico, con l’ampia veranda e il passaggio coperto, Claire notò due auto bianche della pattuglia di Lafourche Parish parcheggiate lì. Oltre il vialetto ricoperto di conchiglie bianche, e più in là, sulle rive del bayou che scorreva lento, la houseboat era silenziosa e indisturbata. A parte le auto della polizia, tutto sembrava uguale alla mattina, quando Claire era partita per Thibodaux.

    Parcheggiarono accanto agli altri veicoli, poi scesero e attraversarono il cortile anteriore. La casa era una grande struttura in legno a due piani, un tempo bianca ma al momento scrostata e grigia. Una porzione del tetto era crollata, ma la maggior parte del piano inferiore era ancora intatta. Il gigantesco camino in sassi di fiume si stava sgretolando, ma un tempo era stata un’abitazione meravigliosa, piena di risate, amore e bambini felici. Bobby e Kristen LeFevres l’avevano resa accogliente e sicura per i loro due figli e per la moltitudine di bambini che avevano accolto in affidamento negli anni.

    Bobby LeFevres era stato un detective della polizia di New Orleans e aveva trovato Claire, con il viso e le braccia piene di lividi, nascosta in un padiglione di un parco cittadino dopo essere scappata dalla famiglia adottiva violenta. L’uomo l’aveva portata a casa con sé e aveva lottato per farla restare, finché i servizi sociali non avevano ritenuto opportuno trasferirla in una nuova famiglia nei dintorni di Baton Rouge. Ma la casa dei LeFevres aveva sempre rappresentato solo bei ricordi. Fino a quel momento.

    Dentro, il pian terreno era ancora in buono stato, ma il primo, dove Claire aveva dormito in una camera da letto assieme all’adorabile figlioletta dei LeFevres, Sophie, era diroccato, il tetto crollato, il pavimento di legno danneggiato dall’acqua. Claire e i colleghi si fermarono fuori dalla porta d’ingresso, indossarono le soprascarpe protettive e i guanti in lattice blu, poi attraversarono con cautela il soggiorno e raggiunsero gli agenti alle porte scorrevoli della sala da pranzo. Rimasero lì per qualche minuto a osservare la scena del crimine. Non era un bello spettacolo.

    In effetti, era alquanto scioccante.

    La vittima era una donna. Indossava una specie di lunga veste di velluto bianco. Aveva le mani in grembo, ma erano del tutto nascoste dalle maniche ampie e fluenti. Il viso era stato dipinto per assomigliare a un teschio. Le avevano applicato vernice bianca su tutta la pelle della faccia, ad eccezione degli occhi, del naso e del mento, che erano stati invece colorati di nero, ma non era la parte peggiore. L’assassino le aveva trafitto le labbra bianche, probabilmente con un ago, cucendole la bocca con grandi punti neri verticali. Del filo bianco era stato cucito per formare una grande X su ciascun occhio. I capelli della vittima erano nascosti sotto una specie di turbante di seta bianca, su cui erano stati applicati molti ciondoli e piume. Piccole ossa erano state infilate in fessure praticate nei lobi delle orecchie.

    Il sangue secco le era colato lungo il collo e ora aveva un aspetto nero e incrostato. La vittima era circondata da una moltitudine di candele, tutte bianche e coperte da una densa colatura, bruciate fino a terra. Alcune di esse, quelle racchiuse in alti contenitori di vetro, erano decorate con immagini di Gesù Cristo e della Vergine Maria. Una era ancora accesa. Altre immaginette sacre, piccole icone di plastica, come quelle che si trovavano nelle chiese cattoliche, piume e ossa formavano un altare che circondava una sedia. C’erano diversi teschi umani, con all’interno candele bianche. L’odore di morte permeava l’aria, ammantando i presenti e l’ambiente con la puzza nauseante di carne in putrefazione. Le mosche avevano trovato il corpo e ronzavano, si posavano e zampettavano su tutto il viso esposto.

    «Dio santo,» borbottò Zee tra sé e sé, mentre si faceva il segno della croce e si allontanava dalla vittima. «Quello è un altare voodoo. Vedi la farina di mais sparsa sul pavimento? E quel disegno? Si chiama Veve. Lo disegnano prima dell’inizio della cerimonia. Non calpestarlo. Non toccarlo. Dannazione, non mi piace questo genere di cose.»

    Claire distolse lo sguardo dall’altare e fissò Zee. «Come fai a saperlo, Zee?»

    «Ehi, sono nato qui, ricordi? E Mama Lulu è appassionata di voodoo. Potrà dirci cosa significa tutto questo. E significa qualcosa di brutto, te lo garantisco.»

    «Chi è Mama Lulu?»

    «Mia nonna. Vive proprio in questo bayou, un po’ più lontano, e ha un negozio di voodoo in Bourbon Street, nel Quartiere francese. Questa è roba seria, Claire. Non far toccare niente a nessuno, o Dio solo sa cosa potrebbe succedere.»

    «Te l’avevo detto che era super inquietante,» disse uno degli agenti. Claire si ricordò che il suo nome era Clarence Dionne. Non lo conosceva ancora molto bene. Era giovane, snello, con grandi occhi castani e capelli scuri più lunghi di quelli che lo sceriffo accettava che portassero i suoi agenti di pattuglia. Era della zona, nato e cresciuto a Lafourche, e conosceva quasi tutti gli abitanti. Sapeva solo quello di lui, ma il fatto che Dionne era del posto poteva tornarle utile nelle indagini. Sì, è super inquietante, senza dubbio. Più che inquietante: bizzarro e orribile. Si rivolse all’agente Dionne. «Riconosci la vittima?»

    «Non saprei, signora. Non con questa faccia dipinta come una specie di zombie. Sembra giovane, però. Potrei riuscire a identificarla, dopo che Nancy l’avrà pulita.»

    «Non hai toccato niente, vero, Dionne?»

    «No, signora. Lo so bene. Nessuno tocca gli altari voodoo perché potrebbero essere maledetti.»

    «Chi ha trovato il corpo?»

    «Non lo so. La centralinista ha ricevuto una chiamata anonima che diceva di controllare questa casa per un possibile omicidio. Ha anche lasciato delle buone indicazioni. Hanno usato un telefono usa e getta per non lasciare tracce.»

    «Ha detto proprio così chi ha chiamato? Di controllare per un possibile omicidio?»

    «Sì, signora. Questo è ciò che mi hanno riferito dalla centrale.»

    «Sembra qualcosa che direbbe una persona nelle forze dell’ordine. Hanno registrato la chiamata?»

    «Gli operatori del 911 ce l’hanno, se vuole ascoltarla, ma hanno detto che era ovattata e difficile da capire.»

    «Grazie, agente. Hai notato qualcosa di sospetto sulla scena, quando sei arrivato qui?»

    «No. Nessuna traccia di pneumatici, tranne una che portava alla barca. Sembrava un SUV di qualche tipo.»

    «Probabilmente è la mia Range Rover. Faremo fare dei calchi, comunque.»

    «Ha una Range Rover?» chiese Dionne. Emise un fischio di deciso apprezzamento.

    «È di un mio amico.» Black, ovvio. Lui adorava i giocattoli grandi e potenti e amava che li avesse anche lei. E, come ulteriore fattore wow, aveva equipaggiato il SUV di ogni dispositivo di localizzazione conosciuto dall’uomo, proprio come aveva fatto con il suo telefono e il computer, nonché con la medaglia di San Michele che portava sempre al collo. In passato, Black aveva faticato a trovarla nelle occasioni in cui aveva avuto davvero bisogno di essere trovata, quindi non voleva più correre rischi. A dirla tutta, quei segnalatori tecnologici sui veicoli e sugli oggetti personali le andavano più che bene. C’erano momenti in cui voleva assolutamente che lui la trovasse: meno tempo Black ci metteva, meglio era.

    «Hai portato le tue fotocamere, vero, Nancy?»

    «Sì, ma è meglio che chiami tutta la squadra e la faccia venire qui in fretta. Questa scena sarà un vero incubo. Neanche a me piacciono queste cose voodoo. Mi spaventano e non ho paura di ammetterlo. Zee, cosa significa quel disegno nella farina di mais?»

    Zee scrollò le spalle e nessun altro si offrì di rispondere, così Claire si inginocchiò di fronte alla vittima mentre Nancy tirava fuori l’attrezzatura e cominciava a immortalare ogni loro movimento. Fissò i motivi nella farina gialla, con ogni probabilità disegnate con un dito o un qualche tipo di bastone. Poteva anche essere stato un coltello.

    «Okay, questi mi sembrano due serpenti. Disegnati in posizione verticale con grandi cerchi alla fine delle code. Guarda qui, in alto. Escono delle zanne dalle teste. E queste sembrano stelle, o asterischi, forse, proprio in mezzo. E quello cos’è? Un segno all’estrema destra. Lo vedi? Forse è una croce.»

    Claire guardò Zee, che sembrava ancora disgustato dall’intera faccenda.

    «Vuoi dirmi che significa, Zee?»

    Il collega scrollò di nuovo le spalle. «Non chiederlo a me, ma Mama Lulu saprà decifrare tutta questa roba rituale. Quasi di sicuro rappresenta un Loa. È una divinità voodoo. Non ne so molto sull’argomento e non credo di voler approfondire.»

    «Beh, io invece sì.» Claire si alzò in piedi. Fantastico, ora avevano a che fare con un assassino voodoo, per l’amor di Dio. E poi cosa ci sarebbe stato dopo? Uno zombie che correva fuori dal bosco con un machete in mano?

    Fissò il corpo e si rese conto che la povera donna di fronte a loro poteva benissimo essere stata mutilata e uccisa mentre Claire dormiva beata nella casa galleggiante a neanche trenta metri di distanza, sulla riva del bayou. Era possibile? L’assassino come era riuscito a far entrare la vittima in casa senza che lei se ne accorgesse? Era passato dal bosco che circondava l’abitazione? In quel caso, Claire avrebbe dovuto sentire un veicolo o una barca che si avvicinava alla proprietà, oltretutto aveva il sonno leggero. Di sicuro il crimine era stato commesso quando lei non c’era.

    Zee stava ovviamente pensando la stessa cosa. «Tu hai dormito in quella casa galleggiante lì fuori, vero, Claire? Sei sicura di non aver visto o sentito niente?»

    «Come ho già detto, nulla di insolito. Ho passato un bel po’ di notti qui ed è impossibile che non abbia sentito qualcuno aggirarsi nella zona. È un posto molto tranquillo, non ci sono altro che grilli e rane, qualche barca di tanto in tanto.»

    «L’omicidio deve allora essere avvenuto durante il giorno, mentre eri al lavoro. Quando è stata l’ultima volta che sei entrata qui in casa?» chiese Nancy, mettendo a fuoco la macchina fotografica e scattando una foto.

    «Io e Black siamo venuti qui subito dopo esserci trasferiti a New Orleans. Siamo entrati qui quella volta, ma dopo non ci ho più messo piede, neanche quando vengo a dormire sulla houseboat

    «Puoi stare da me finché non torna Black, se vuoi,» si offrì Nancy. «In che rapporti sei con queste persone, comunque?»

    Claire non avrebbe voluto parlare di quella parte del suo passato, ma doveva farlo. «Ho vissuto qui per un po’, quand’ero piccola. Appartiene ancora alla stessa famiglia. Siamo andati a trovarli al ristorante sul loro battello, la Bayou Blue, e mi hanno detto che potevo usare la casa galleggiante quando volevo. Ho accettato. Per quanto ne so, nessun altro viene mai qui.»

    «Oh, adoro la Bayou Blue. Soprattutto il Cajun Grill sul secondo ponte!» esclamò Nancy.

    Claire cambiò argomento, non volendo parlare ulteriormente del suo rapporto con i LeFevres. «Nancy, quando credi sia avvenuto il decesso?»

    «Direi diversi giorni fa, forse anche meno. È difficile stabilirlo con certezza. Sarò più precisa dopo l’autopsia. Non vedo una causa di morte palese. Forse strangolamento. O magari una ferita mortale nascosta sotto quella roba spaventosa che ha addosso.»

    «Zee, fai subito venire altri agenti. Voglio una perlustrazione di tutta la proprietà, fino alla strada principale.»

    «Ricevuto.» Zee chiamò immediatamente al telefono un altro detective e gli disse di raggiungerli con la sua squadra e un’unità di recupero.

    Non appena riattaccò, Claire riprese: «Zee, non so un bel niente di rituali voodoo, ma mi sembra tanto una specie di sacrificio.»

    «Può essere. Ho visto delle foto, sono molto simili.»

    La rivelazione stupì Claire. «Hai già visto altari come questo? Con un cadavere?»

    «No, solo l’altare. Niente morti.»

    «Ragguagliami un po’ sul voodoo, così saprò con che cosa abbiamo a che fare.»

    «Okay, ma Mama Lulu saprà dirti di più. È un po’ un misto di cristianesimo e religioni africane. Vedi quel crocifisso? E le immaginette della Madonna? Quelle bottiglie contengono probabilmente filtri magici e pozioni. Dubito che il nostro uomo sia un vero santone voodoo. Piuttosto qualcuno che vuole farcelo credere.»

    «Da cosa lo intuisci?»

    «Dal modo in cui ha dipinto la faccia. Vuole suscitare paura. Alcuni santoni voodoo si dipingono da scheletri per le loro cerimonie. Alcuni lo fanno per sembrare zombie. È un aspetto importante del voodoo, o almeno lo era. Non so. Come ho detto, non sono esperto di queste cose. Ne sto alla larga.»

    «Quindi è un’usanza che non è più diffusa da queste parti?»

    «Non con i cadaveri sugli altari. Ma la gente lo pratica ancora, e lo prende anche sul serio. Per loro è una religione e non c’è da scherzare. Persino il Quartiere francese è pieno di negozietti voodoo. Non molto lontano da dove vivete tu e Nick. Non ci sei mai entrata?»

    «No, mai. Immagino però che ora li controllerò.»

    «Dobbiamo parlare con Mama Lulu,» ripeté Zee.

    «E lo faremo, ma adesso dobbiamo capire chi è questa donna.» Guardò di nuovo Dionne. «Qualche denuncia di persona scomparsa?»

    «Non da quando ho preso servizio stamattina. Se abitava qui, in questo bayou, lo scopriremo presto.»

    «Nancy, hai con te un rilevatore di impronte digitali portatile?»

    «Sì, proprio in questa borsa. L’ho fatto acquistare l’anno scorso. Fammi finire con le foto e poi vediamo se riusciamo a trovarne una utilizzabile. La pelle sembra piuttosto ruvida in alcuni punti. Vedremo.»

    Poco dopo, sentirono un’auto che si avvicinava. Zee annunciò: «Ecco che arrivano Saucy e i ragazzi. Hanno fatto presto.»

    Si riferiva a Ron Saucier. Tutti, alla centrale, lo chiamavano Saucy, ovvero sfacciato. Ma, stando a Claire, chiunque sulla benedetta Terra era più sfacciato di lui. Avrebbe infatti scommesso che, dal suo arrivo a New Orleans, non l’aveva sentito pronunciare più di una decina di parole a dir tanto. Stando a Zee, lo sceriffo Russ Friedewald lo aveva assunto circa diciotto mesi prima, senza dire a nessuno un granché al riguardo, lasciando tacitamente intendere a tutti che il come, dove e perché non erano affari loro. Claire decise che dovevano essere vecchi amici. Pensò anche che Saucier dovesse aver fatto il marinaio perché indossava in genere magliette a maniche corte, che lasciavano intravedere il tatuaggio a forma di ancora sul braccio sinistro.

    L’unica altra cosa che sapeva sul suo conto era che, in pausa pranzo, prendeva un panino di fronte alla stazione di polizia e se lo mangiava da solo, al cimitero cittadino. Tutti i giorni sempre uguale. Alquanto bizzarro, come minimo. Un giorno o l’altro lo avrebbe seguito per scoprire davanti a quale lapide Saucier si sedeva e fissava così a lungo.

    Un attimo dopo, Saucier entrò nella stanza. La cosa strana era che Claire lo trovava stranamente attraente e stranamente era proprio la parola giusta. L’uomo era alto e doveva avere sui quarantacinque anni, forse addirittura cinquanta, con capelli biondi striati di grigio e tagliati a spazzola, gli occhi sempre nascosti dietro occhiali da sole modello Aviator e il viso solcato da rughe dovute all’eccessiva esposizione al sole. Sembrava un ex-militare, un uomo avvolto nel mistero. Quel giorno indossava una T-shirt mimetica e pantaloni cargo abbinati.

    «Cosa abbiamo?» chiese, fissando il corpo. Si accucciò accanto all’altare e Claire notò una lunga e ripugnante cicatrice che gli correva lungo un lato del collo. Sembrava come se gli avessero tagliato la gola da un orecchio all’altro. La faccenda diventava sempre più misteriosa. Sì, quel tizio aveva un passato davvero interessante, celato a tutti, e che incuteva troppa paura per fare domande.

    «Voodoo?» azzardò Saucier, lanciando un’occhiata di sbieco a Claire.

    «Così dice Zee. Oppure è un’imitazione ben riuscita.»

    «Vero, in genere non ci sono cadaveri. Mi sembra che qualcuno voglia metterla sul melodrammatico. Tu vivi su quella barca laggiù, vero?»

    Claire si chiese come facesse a saperlo. «Ogni tanto dormo lì.»

    «Ed è successo tutto sotto il tuo naso?»

    Fece una smorfia. «Sì, a quanto pare. Come sapevi che sto lì?»

    «Ho riconosciuto la tua macchina l’altra sera, mentre ero

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