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Sicelioti
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E-book278 pagine3 ore

Sicelioti

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Il testo attinge con rigore ai miti ed alle fonti classiche, che danno indicazioni nuove se si collegano tra loro i miti di Ercole, del Diluvio, di Atlantide. Le figure dei vari Eracle e di Cerere e delle sue due figlie inaspettatamente assurgono a dignità di individui che hanno affrontato un compito gravoso, e le fonti già ben note illuminano ex novo vicende che chiaramente non sono miti che ma drammaticamente storiche e vivide e cicliche. Le vicende dei Sicelioti , i Siciliani di lingua greca, sono umanissime e ci parlano di destini umani periodici, di qui e di altrove, di ieri e di domani. Questo è il testo finale della trilogia pubblicata dal 1999 sui Sicani che raggiunsero la Trinacria "non molto prima" dei Siculi, impegnati nelle razzie mediorientali e citati da Ittiti ed Egizi come Shekelesh dei Popoli del Mare, il Grande Verde popolato da innumerevoli popoli emarginati da carestia e super potenze alleate.
LinguaItaliano
Data di uscita15 dic 2021
ISBN9791220377201
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    Anteprima del libro

    Sicelioti - Francesco Carubia

    PREFAZIONE al testo Siculi

    La nuova indagine storica di Francesco Carubia, come quella precedente sugli Autori classici greci in Sicilia, pubblicata a Catania nel 1996, deriva da una duplice esigenza di curiosità scientifica e di ricerca documentata.

    Questa volta la curiosità scientifica di Carubia si è appuntata su un grosso problema mediterraneo, qual è quello costituito dalla evoluzione storica delle antiche popolazioni siciliane, che tradizionalmente vengono identificate nei Sicani, Siculi e Sicelioti.

    Le appassionanti domande che Carubia si è posto, e che coinvolgono l'interesse del lettore, sono: Chi erano in realtà questi popoli? Da dove venivano, e dove si sono stanziati? E quali sono stati i loro effettivi rapporti? E che relazione hanno avuto con il Vicino Oriente mediterraneo, come l'Egitto e l'Asia Minore? E che significato storico bisogna dare a figure notevoli, come quella di Enea troiano, o del siculo Ducezio? E che valore ha l'affermazione di Ermocrate da Siracusa, che già nel 424 avanti Cristo sosteneva nel concilio di Gela che i Siciliani non erano né Dori né Joni, ma un unico popolo, da denominare Siceliota? E che parte ha avuto la Sicilia nella lunga Guerra del Peloponneso, che durò ventisette anni, dal 431 al 404 avanti Cristo, tra Atene e Sparta, e le cui sorti furono decise nel 413 in Sicilia, con la distruzione della flotta ateniese a Siracusa, e con la cattura di settemila combattenti ateniesi? E quali furono i reali rapporti delle antiche popolazioni siciliane con la nascente potenza di Roma?

    La interessante ed appassionata indagine odierna del Carubia, è pertanto degna dell'interesse del lettore, sia per la chiarezza del linguaggio, sia per la viva partecipazione dell'autore ai problemi trattati; per cui auguro di cuore anche a questa opera del giovane studioso siciliano il successo che hanno già riscosso le sue precedenti ricerche storiche, sia per la vastità dei problemi affrontati che per l'impegno culturale che vi ha profuso.

    Santi Correnti

    Catania 1999

    PREMESSA ai Sicelioti dell'Autore

    Questo lavoro è iniziato negli Anni Novanta ed avevo meno di trentanni, e mi ritrovo a concluderlo adesso nel 2021 frettolosamente, che sto per ultimare il mio sessantesimo inverno. Non ho più dal 2009 un grande amico con cui interagire su un tema che fu per lui fonte di altissima ispirazione ed orizzonte dell'unica vita che la Natura ci concede.

    Nella prefazione dell'epoca, oltre che a definirmi giovane, il grande studioso di cose di Sicilia mi scrisse una valutazione del lavoro quando solo la parte inerente i Siculi era in fase di pubblicazione. A quel tempo parlare di Popoli del Mare in una redazione o con un consulente editoriale o un docente, era come parlare di leggende arturiane o di Scilla e Cariddi intese come bestie fameliche.

    Basai, per strategia dell'editore, la tematica del Siculi sulla popolazione dei Sekles, che Egizi ed Ittiti combatterono prima e dopo il XIII secolo a. C. Epoca come tante di globalizzazione commerciale, ed imperio politico, formato da elitarie potenze commerciali troppo ricche assalite da chi era privo di cibo.

    I riferimenti alla nostra epoca sono voluti, e con accanimento democratico; tra Babele e Roma, tra Aquisgrana e Washington la Storia svela tutto se raccontata davvero; e indica il futuro. Creta, la Troade, l'Egitto, Hatti ed altri popoli di minor peso, come i Fenici e i Frigi possedevano o gestivano nel tempo remoto che trattiamo la maggior parte delle risorse mediterranee. Avevano le suddette super potenze delle strategie che escludevano tanta popolazione mediterranea dal benessere per accrescere sempre più i ricavi a pochi eletti. Grazie a codesto accentramento di risorse, armi alla mano, la produzione letteraria ed artistica e monumentale dei fortunati raggiunge le vette che ancora oggi ci sono utili: inorgogliscono e sono belle a vedersi: in due parole la ricchezza crea cultura dal surplus di risorse sottratte ad altri. Non è buona cosa se ciò grava sulle vite di popoli meno fortunati, tuttavia grazie alle loro pene oggi ammiriamo opere immense e pressoché immortali.

    Il testo attinge ai miti ed alle fonti classiche, che danno indicazioni nuove se si collegano tra loro i miti di Ercole, del Diluvio, di Atlantide. Le figure di Eracle e di Cerere inaspettatamente assurgono a dignità di individui che hanno affrontato un compito gravoso, e le fonti già ben note illuminano ex novo vicende che chiaramente non sono mitiche ma drammaticamente storiche e vivide e cicliche. Le vicende dei Sicelioti, i Siciliani di lingua greca, sono umanissime e ci parlano di destini umani, di qui e di altrove, di ieri e di domani.

    Dopo il Secolo Breve si è incanalata l'esistenza umana in un progetto di pace ed al contempo di sviluppo economico, cosa che per millenni ha costituito un ossimoro. Si è tentato di evitare l'accrescimento di potere evitando guerre in Europa e nel Mondo Occidentale dirottando lo sfruttamento necessario dall'ambito coloniale a quello naturale: come se la Natura non costituisse una vittima altrettanto ingiustamente colpita come uomini dei paesi deboli e collocati in aree utilmente sottosviluppate.

    La Scienza del XXI secolo offre altri ambiti di sfruttamento di risorse per generare i ricavi necessari al surplus che nel suo ultimo utilizzo genera cultura arte bellezza. Se Pericle fa Atene splendida di marmi e le menti migliori tra gli uomini possono procurarsi pergamene e viaggiare per studio, sono le terre soggette alle tassazioni ateniesi che pagano il conto.

    Le tecnologie che consentono la connessione di informazioni immagini pensiero tra tutti i cittadini del Pianeta offrono un mercato certamente pacifico e quasi indolore per generare ricchezza. Ad essere assoggettato non è quindi a volte un determinato popolo circoscritto ad un perimetro politico, ma miliardi di individui che si trovano a vivere in una condizione di subalternità alle forze che posseggono, oltre il denaro, la nuova scienza della comunicazione.

    Certamente è molto positivo il fatto che tale condizione di schiavitù sia facilmente superabile se l'individuo utilizza il mezzo tecnologico per accrescere le sue conoscenze, tecniche o umanistiche. Ma è eticamente accettabile che l'individuo di misero animo sprechi la propria esistenza se non è in grado di apprezzarne il valore? Forzare un essere umano ad elevarsi quanto basta per superare i limiti dei bisogni corporali è tirannia? Ed è giusto che il mercato globale viva anche di degrado umano?

    Con le predette domande, il tempo a venire, il futuribile contemporaneo – l'uomo che è malleabile mediaticamente per scopi politici commerciali economici sociali – si relaziona con l'alba dei tempi, con la prassi che vede il popolo meglio organizzato invadere e possedere le risorse di un territorio mal difeso e mal sfruttato dai suoi abitanti.

    Le invasioni e lo spostamento di risorse da una sponda all'altra del Mediterraneo – le spoglie di Siracusa Menfi Delfi hanno abbellito Roma - si sono sempre avute, sin dall'alba dei miti e fino ad oggi. La Cronaca non riporta tali situazioni, occorre attendere che le manovre entrino nella Storia: è compito della politica tenere le due fasi distinte: è compito dell'eloquenza dilatare il tempo dell'azione: è compito dei media rendere naturale un passaggio altrimenti traumatico.

    Dico tempi a venire ma, nel continuo roteare degli eventi politici e militari, dove a guerre e conquiste segue la sottrazione di risorse altrui, ciò che il Vecchio Continente quindi ora affronta è simile a momenti storici già visti. Cosa sta accadendo giorno per giorno lo vedremo facendo salti indietro di millenni, in pagine antiche meravigliosamente eterne, quindi valide anche per i millenni futuri.

    Un primo politico didattico esempio storico, non mitico, lo si può già anticipare adesso.

    Empedocle aveva auspicato che il governo agrigentino si formasse con trecento elementi scelti tra le persone migliori, eticamente parlando, tra i cittadini di ogni censo: la qualità umana andava cercata tra i ricchi, tra i poveri, tra gli artigiani, tra i commercianti, tra i contadini. E' un esempio ante litteram prodigioso, una proposta di governo che dura solo tre anni, che oggi si studia nel contesto delle democrazie del futuro create su partecipazione telematica non obbligatoria ma assennata. Ovviamente il potere esercitato da pochi eletti finisce col favorire pochi eletti con la compiacenza dei media bonari; ma ciò che è utile per l'individuo non è tale per la popolazione nel suo insieme.

    L'amore per l'uomo e per la Natura – si fa costruire un rifugio a due passi dai crateri centrali dell'Etna - che sente Empedocle è di una estrema modernità: se la regola prevede che una vittoria richieda il sacrificio di un bue per offrire del cibo ai concittadini, egli fa costruire una figura di animale con alimenti vegetali; se un famoso medico agrigentino che insegna la sua materia ad Atene si fa troppo sedurre dalla vanagloria, così lo critica:Acrone l'elevato medico di Agrigento, figlio di un elevato padre, l'elevata cima della sua elevata patria oscura (Suida).

    Come non pensare alle idee prive di umanità di chi macella animali allevati nello sterco o privati della vita appena ricevuta? Garantire il cibo ad ogni costo, evitando l'inedia foriera di guerra, è sensato solo se rimane viva l'anima dell'umanità. E come non pensare ai politici - Empedocle lo era - che rubano sentendosi in diritto di farlo a motivo della preferenza avute dai cittadini o da una loggia di amici?

    Entrare nel mondo delle fonti antiche significa anche esplorare l'essenza dell'animo e dei destini umani; il tempo ha selezionato episodi vitali ed esperienze e noi godiamo di una essenza sublimata di anime da miliardi di vite; chi legge, ad esempio, tra le righe degli eventi Olimpici o sportivi da Corinto a Delfi, ed osserva gli istinti di oggi e di sempre legati al valore fisico e mentale scopre quel dio che si intende sostituire. Chi si accorge che ad ogni uomo infimo si accosta l'uomo affabile nota che accade anche il contrario. Chi inorridisce per le mattanze di intere popolazioni non si è semplicemente accorto che sono accadute anche stamani: la Storia è un sorvegliante severo che l'uomo peggiore vuol rimuovere dal compito innato.

    Oggi, come due o tre millenni e mezzo addietro o da sempre, chi ha una forza finanziaria cerca di aumentarla gestendo in prima persona o tramite figure sostituibili ciò che sorregge il dominio sulla popolazione; storicamente le persone lasciate a governare loro medesime creano situazioni invivibili, e ciò ha formato oligarchie che si addobbano di veste democratica. Empedocle in ciò ha una visione ancora troppo moderna per essere discussa e testata ai giorni nostri: il primo passo è creare una scuola per cittadini partecipi che istruisca e faccia pensare, ma al momento ciò contrasta con le regole di profitto commerciale che vedono il cittadino compratore e comprato al contempo; e per incrementare i profitti occorre sempre più che il cittadino sia sempre meno uomo, meno giovane, meno adolescente, meno fanciullo.

    Ma se la forza finanziaria non più bellica è internazionale, e se non bada alle singole preziosità umane ma ad accrescere le fonti di guadagno le quali si basano sul valore meno eccelso dell'individuo, quale forma di governo è più consona ad essa? Se ne crea una su misura. E se lo sfruttamento di territori altrui, nati con l'uomo, comporta nuove migrazioni, può tale agire innescare altre forme di profitto a scapito sempre dei valori innati dell'uomo? E se la tecnologia fosse pronta ad abusare di una umanità meno forte interiormente, predisponendo media ed sistema di vita più consoni ad un nuovo disegno dell'ecumene ad immagine e somiglianza della forza oggi dominante?

    Ho avuto in mano libri scolastici – di Storia - che non lasciano nessuno spazio alla riflessione ed al confronto tra le varie fasi storiche e la vita attuale degli uomini. Sono libri belli da sfogliare, con una miriade di quadrati colorati e schemi e immagini, che alla prova del ragionamento ed interiorizzazione paiono composti da pagine bianche. Questo è un crimine.

    Con tale dispiacere nella lettura del nuovo tento di impostare qui un lavoro rileggendo l'antico. La Storia è un ponte tra passato e futuro e va percorso per intero, con buona pace di ladri raffinati.

    La tirannia, dice Pitagora, è come una freccia scoccata da un arco: il cittadino può decidere quando lanciarla ma dopo non è più nelle sue possibilità fermarla. Ma oggi il cittadino sa di avere un pericoloso arco in mano? E la sfida storica, passata ed odierna, è quella rappresentata dai paesi democratici che intendono competere con le dittature sull'usuale terreno del commercio, dello sfruttamento delle risorse, che dalla terra sono passate al sottosuolo e nello spazio e nell'animo umano.

    La Democrazia quindi non può accettare che l'essere umano diventi carne da eliminare, o insieme di organi; e questo avviene mentre le dittature, combattute politicamente quanto basta per non rovinare il meccanismo di mutua produzione di beni, fanno talmente peggio che è assurdo solo parlarne.

    La soluzione che le democrazie non perseguono è quella di non approfittare della plasmabilità della mente umana, che coi media e qualche aggeggio computerizzato, si rivela debole e lontanissima dagli ideali di elevazione spirituale e di pensiero che la Natura vorrebbe. Tanto è vero che gli oggetti computerizzati tendono alla perfezione ed all'ampliamento infinito di realizzazioni, e tale agire è mutuato, ma dirottato nell'inanimato, dall'istinto umano.

    Media democratici sono diventati anche i suddetti testi scolastici, che sono posti dinnanzi alle menti delle nuove generazioni, strutturati e redatti in modo da non lasciare spazio alla riflessione individuale, alla emozione che donano gli avvenimenti, se descritti con tale scopo. Le emozioni solamente possono fissarsi negli animi e nel cervello, producendo nuovo sapere in alcuni e saggezza in altri. Ma soprattutto la Storia è tenuta discosta dalla vita quotidiana, di tutti.

    Ridurre le scuole a luoghi di sosta per consentire al restante nucleo familiare di lavorare produrre comprare è un metodo di sviluppo socio economico infelice. A meno che si cerchi solo di perdere tempo in attesa che le macchine computerizzate estendano il raggio di azione sulla gestione delle cose di questa terra. Qualora occorresse un giorno una generazione di persone fattive, forti, indagatrici (salvo interventi divini sui fanciulli) saremmo come specie soggetti ad uno stallo ed una eliminazione perfino etnica, se le contemporanee dittature sapranno muoversi con accortezza inumana a loro congeniale.

    La Storia è maestra di vita in tale senso, e per tale ragione è tenuta in disparte come scienza viva da diffondere generazione dopo generazione. L'Italia che possiede un patrimonio culturale ed artistico che non ha eguali nel mondo ha al contempo degli obblighi politico finanziari che la espongono probabilmente ad interrare il potenziale culturale ereditato. E tale freno alla valorizzazione, che inevitabilmente si rifletterebbe in un indesiderato rafforzamento politico controcorrente in ambito globalizzante mondiale e di soffocamento dei primati europei, porta seco l'alterazione dei messaggi millenari ricchi di esperienze che possono ostacolare progetti di corto respiro.

    Da sempre opposte fazioni si combattono per innalzare un trofeo emblema di potere, e non è importante se tale emblema poi cade e lascia macerie su cui poi occorre impegnarsi: il ripristino di un nuovo ordine sociale consentirà ad altri di trovare nuove vie iperboliche. La mescolanza di popoli ha già causato rosari di guai, ma la mescolanza di popoli offre occasioni di crescita economica e codesta attira chi ha denaro e potere da rimpinguare.

    In ogni lavoro storico non si può non far riferimento alla bellezza e grandiosità delle produzioni artistiche e architettoniche, e codeste sono il vanto umano dell'uomo che comportano il sacrificio dei moltissimi per l'agire consapevole, in pratica, di pochi. Oggi occorre saper fondere le esigenze globali di una popolazione mondiale pericolosamente crescente, e non compatibile con le tecniche economiche e produttive attuali, con il bisogno di esercizio del potere dei grandi della Terra. L'utilizzo di nuove individuate risorse comporta l'accensione di moti migratori che vanno a discapito delle terre più debolmente governate. E far governare debolmente questo o quel territorio è una premessa ad una azione concatenata che verrà azionata solo un paio di generazioni dopo. Evitiamo però di inoltrarci in questi schemi triti e ritriti poiché evitare il male connesso alla azione di chi si pone come un Abramo è inutile, poiché un successivo Abramo avrà modo di inserirsi nello spazio vuoto della onnipresente carenza di comune volontà collettiva benefica.

    La realizzazione di testi storici deve prevedere la difesa dei contenuti di esperienze tramandate e offrire al lettore temi di riflessione per una reale partecipazione del singolo individuo alla vita politica del suo tempo. Il lavoro storico ha anche il compito di tenere alta la soglia di attenzione verso chi, avendo maggior potere, vuole la alterazione dei fatti storici con un uso mediatico di parte. Tali azioni di prevaricazione non avvengono in due o tre anni, ma in due o tre generazioni: e l'insegnamento scolastico è il primo dei campi di battaglia ad essere sotto assedio. L'istruzione non può essere un media di governo, e territorio esclusivo baronale per la selezione di una corte compiacente. Lo Stato, se democratico, è dei cittadini: se non agiscono i migliori, frenati per porre sulla stessa linea di partenza anche coloro che avranno solo un vantaggio clientelare, vinceranno i peggiori.

    L'affossare la meritocrazia livella gli uomini e spiana la strada ai collusi.

    Tale meccanismo gestionale è stato esportato ed applicato ovunque da vari governi, ed è utile per le formazioni affaristiche elitarie per tutelarsi ed agire secondo i propri fini: una soluzione legislativa è solitamente proposta da figure transitorie in modo che il politico - Creso privo di potere - di lieve spessore possa avere una scadenza d'uso; la eliminazione fisica della controparte - se pensante pro demos - avviene come ultima soluzione, non come la prima usata per millenni. Avviene in modo plateale per trovare un inconscio consenso popolare. La Storia è la chiave di tutto. Il Tempo che la politica perde è l'arma segreta.

    Alcuni libri ben fatti sono una macchina del Tempo. Sono una macchina sulla quale si può salire anche in tanti, tra amici, senza sentirsi obbligati a stordirsi con alcol o altro per incontrarsi e dare valore al Tempo ed alla vita propria ed altrui. Il Tempo potrebbe creare cittadini puri, e legislatori purissimi. Chi ha avuto modo di leggere i miei due testi Sicani e Siculi troverà un sunto di essi in alcune parti del presente lavoro: è necessario non solo perché le vicende dei Sicelioti sono ovviamente connesse al popolo di Trinacria tutto, ma nei predetti lavori ho tralasciato gli avvenimenti che conducevano ai qui presenti temi e ragionamenti, spesso novelli e quindi arrischiati.

    Questo è un lavoro che vuole essere rigoroso ed attenersi alle fonti storiche ed ai successivi contributi che varie scienze come l'Archeologia o la Chimica offrono per fare chiarezza sul nostro passato di esseri umani. Quanto migliore è la conoscenza del passato, tanto diversamente osserviamo il presente e con maggiore fortuna possiamo immaginare il futuro.

    Sappiamo che anche la prospettiva opposta è seducente, grazie all'artistica seduzione del linguaggio; ma essendo l'Universo legato a concetti matematici e non potendo dal futuro inesistente interpretare il passato, si ritiene prudente iniziare da un punto di origine per proseguire in crescendo. Insomma, interpretare il passato alla filosofica luce del presente può farci entrare nelle nebbie che il potere in vigore emana per fare i suoi comodi. Il potere non è un male a priori, ma è una aspirazione tipica di chi non ha un animo sereno. Chi è un essere pacifico e riflessivo ama starsene in pace a riflettere, non entrare in covi di gente inquieta.

    Se volessimo applicare un approccio filosofico non potremmo noi umani estraniarci dall'intero contesto del Creato. Se l'Universo ha una sua origine nel fuoco che poi esplode e si allarga verso l'infinito, per poi ricadere su se stesso e riformare una sfera di fuoco, anche le vicende dei singoli uomini, o delle loro città, o degli imperi, o dei singoli spiriti artistici o sanguinari ha un derivato ciclo perpetuo: chi aspira al potere ignora la serenità.

    Ovviamente una generazione non può comprendere il suo ruolo all'interno di un ciclo di eventi che è compreso in periodi temporali che possono ospitare decine e decine di generazioni umane. L'appiattimento degli eventi si fa tanto più grave quanto distanti sono gli accadimenti da chi scrive: i miti ad esempio potrebbero riassumere in poche righe mezzo millennio di fatti che l'istinto umano si ostina a non dimenticare.

    L'alternanza di esperienze storiche, in Sicilia, poi si sommano e non si annullano, malgrado ognuna duri e sia vissuta da parecchie generazioni. Si crea una intelligenza collettiva che non va

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