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Muoio dalla voglia di vederti
Muoio dalla voglia di vederti
Muoio dalla voglia di vederti
E-book208 pagine2 ore

Muoio dalla voglia di vederti

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Info su questo ebook

Camila Cruz ha lottato, e continua a lottare, per raggiungere gli obiettivi che si è prefissa nella vita: lavorare nel mondo accademico degli studi letterari come studentessa, professoressa e scrittrice. Non le interessa nient'altro, men che meno che qualcuno la distragga, visto anche che deve continuamente sopportare le molestie sessuali di un suo superiore. È quella l'unica distrazione che è disposta ad affrontare ed evitare.

Diego Durand arriva nella sua vita sconvolgendo la sua tranquillità. Atletico e attraente, le risveglia delle sensazioni che potrebbero farla allontanare dai suoi sogni. Ma anche lui ha degli obiettivi da raggiungere, e lei diventa uno di essi fin dalla prima volta che la vede. Così decide che entrambi faranno parte delle aspirazioni dell'altro, indipendentemente dagli ostacoli che troveranno sul cammino per la felicità di entrambi.

LinguaItaliano
Data di uscita19 ott 2022
ISBN9781667440286
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    Anteprima del libro

    Muoio dalla voglia di vederti - Ondrea Lion

    Capitolo I

    La prima volta che Diego vide Camila nei corridoi dell’Università, crebbe di aver visto una fata. Aveva i capelli ondulati lunghi fino alle spalle, castani con dei riflessi dorati per via del sole che entrava dal lucernaio, nonostante il cielo nuvoloso. Sembrava una creatura mitologica, con quel viso rotondo, quel naso affilato e quegli splendidi occhi azzurri. Era una visione straordinaria.

    Diego fu felice di aver visto quella bella ragazza proprio quel giorno, in cui dei sentimenti contrastanti lo facevano sentire di malumore. Avrebbe dovuto essere felice per il fatto di essere entrato all’Università, ma dopo tanti anni lontano dagli studi aveva perso la fiducia nelle sue capacità accademiche.

    Quell’incantevole creatura gli passò accanto, e il suo odore lo inebriò. Non seppe decifrare che odore era esattamente, ma sicuramente era il più buon odore che avesse mai sentito in vita sua. Tentò di seguirla, sperando di scoprire come si chiamava, ma la ragazza attraversò una porta che poi, senza accorgersene, chiuse praticamente in faccia al suo ammiratore.

    Un cartello con la scritta SOLO PERSONALE AUTORIZZATO impedì a Diego di aprire la porta per raggiungere la sua meta.

    Rimase alcuni secondi lì immobile, confuso e indeciso sul da farsi. Rimanere lì in attesa che la sua fata uscisse? Probabilmente quella stanza aveva altre uscite, per cui avrebbe perso la sua prima lezione per niente. Aveva fatto molti sacrifici negli ultimi anni, così decise che la vita l’avrebbe ricompensato dandogli altre opportunità di conoscere quella ragazza. Volle pensare che l’avrebbe rivista.

    ***

    Camila percorse i corridoi degli uffici amministrativi con passo deciso, pregando di non incontrare il decano Visser, il dirigente della facoltà, che lei non poteva evitare di considerare un vecchio sporcaccione. Quando parlava con lei faceva sempre dei doppi sensi, insinuando la possibilità di incontri sessuali tra loro.

    Solo una volta Camila decise di denunciare la cosa. In quel momento il Direttore delle Risorse Umane era a pranzo, così la ricevette la sua assistente. Quando Camila le raccontò in confidenza perché era lì, la donna le consigliò di rimanere in silenzio e sopportarlo, di essere forte ed evitarlo. Visser aveva il potere di rovinarle la vita, di mettere fine ai suoi studi e alla sua carriera, di toglierle la possibilità di entrare in qualsiasi scuola o Università rispettabile. L’aveva già fatto in passato, con altre che avevano denunciato il suo comportamento. Era una situazione da cui Camila non poteva scappare senza vedersi rovinata la vita.

    Tornando al presente, a Camila mancavano pochi passi per arrivare alla sua destinazione. L’amministrazione le aveva richiesto alcuni altri documenti per rinnovare la sua borsa di studio, e lei li stava andando a consegnare. Poi sarebbe uscita di lì il più velocemente possibile.

    Nei primi giorni del semestre accademico, Visser era sempre troppo indaffarato per vagare per i corridoi delle aule, così lei poteva respirare per un po’.

    – Buongiorno, Camila – salutò una voce serpentina, o almeno così la sentì lei, come il sibilare di un animale strisciante che voleva entrare sotto la sua pelle.

    La ragazza sentì la schiena che le si rizzava, e una fastidiosa sensazione di vuoto nello stomaco che le diede la nausea. Si fermò di scatto e osservò Vladimir Visser che camminava verso di lei. Ogni suo passo le dava un brivido che scuoteva leggermente il suo corpo.

    – Buongiorno, decano Visser – rispose Camila a bassa voce, contenendo la repulsione che sentiva per la presenza di quell’uomo.

    – Cosa ci fai qui? Posso aiutarti? – chiese il professore, mentre le prendeva la busta che stringeva contro il petto e ne approfittava per sfiorarle il seno.

    Usava sempre tattiche del genere per toccarla in modo inappropriato, che fosse per toglierle un capello dalla camicia o consegnarle un oggetto. Quell’uomo le studiava tutte per sfiorarle il seno, il fondoschiena o altre parti del corpo, e si scusava sempre dicendo che era stato un incidente e che non era sua intenzione. Camila conosceva il copione a memoria.

    La ragazza fece un passo indietro con espressione seria e, cercando di suonare il più tranquilla possibile, rispose:

    – Devo consegnare questi documenti ad Alexandra.

    – Ah sì! I documenti che mancavano per la tua borsa di studio – rispose l’uomo guardando i fogli.

    Camila capì che fin dall’inizio non aveva nessuna possibilità di evitarlo. Lui aveva finto di non sapere perché lei era lì, ma in realtà sapeva benissimo che sarebbe andata a consegnare i documenti.

    – Esattamente – rispose la ragazza, tentando di riprendersi la busta.

    – Che ne dici se pranziamo insieme, così parliamo del tuo futuro? – chiese l’uomo lanciandole uno sguardo lascivo – Volevo proporti la supplenza della professoressa Meyer. I medici le hanno consigliato di rimanere ancora a riposo, finché non si sarà rimessa del tutto.

    Camila ci pensò su un attimo. Aveva bisogno dei soldi che avrebbe ottenuto da quella supplenza, e, anche se le avrebbe portato via molto tempo e tolto ore di sonno, l’avrebbe aiutata ad avanzare più velocemente nella sua carriera. Però l’idea di passare un paio d’ore insieme a Visser, ad ascoltare i suoi commenti osceni... Un brivido le percorse il corpo, e fece molta fatica a non farlo vedere.

    – Mi piacerebbe sostituire la professoressa Meyer, ma non ho tempo per stare a pranzo. Devo prepararmi per le lezioni. Sa com’è importante essere preparata per i seminari del dottor Remus...

    – Devi mangiare qualcosa, bambina mia – sibilò l’uomo avvicinandosi di più a lei per prenderle un braccio – Bisogna mettere massa in questo corpicino, altrimenti potrebbe rompersi se qualcuno lo stringe troppo forte.

    – Camila – la chiamò l’impiegata amministrativa, arrivando in quel momento.

    – Sì – rispose lei, approfittando dell’interruzione per liberarsi della presa di Visser e avvicinarsi ad Alexandra.

    – Ti stavo aspettando – disse l’impiegata, scambiando uno sguardo complice con Camila.

    Il comportamento del decano era noto a tutti, anche se tutti facevano finta di non saperlo. Tutte le donne giovani e relativamente attraenti erano sue vittime.

    – Arrivederci, Professor Visser – disse Camila, mentre riprendeva la sua busta e si allontanava velocemente con Alexandra.

    Visser rimase solo, fantasticando su quella bella donna.

    Mentre seguiva l’impiegata, Camila si chiese ancora una volta come fosse possibile che una persona schifosa come Visser avesse tanto potere e fosse così rispettato. Non capiva cosa lo rendesse così intoccabile, al punto che nessuno prendeva provvedimenti contro di lui. I suoi pensieri furono interrotti da Alexandra.

    – Hai portato tutti i documenti?

    Camila rispose di sì. Entrò nell’ufficio dell’impiegata e le consegnò la busta. Lei la prese e cominciò a osservare tutti i documenti, con una lentezza insolita da parte di un’impiegata efficiente come lei.

    – È tutto a posto?

    – Meglio controllare tutto minuziosamente – rispose Alexandra dissimulando.

    Camila si irrigidì al pensiero che Visser la stesse osservando alle sue spalle.

    – Voglio trattenerti finché va alla sua riunione delle dieci – le spiegò Alexandra sussurrando, mentre controllava per la terza volta i documenti.

    – A quell’ora ho una lezione – rispose preoccupata Camila.

    – Se ne andrà quindici minuti prima. Avrai il tempo per arrivare.

    Camila si sedette, mentre osservava l’orologio. Erano le nove e un quarto. Avrebbe dovuto aspettare mezz’ora per sfuggire al predatore.

    Capitolo II

    La prima lezione di Diego non si poté considerare veramente una lezione. Il professore diede delle informazioni generali sul corso, quindi dichiarò terminata la lezione. Sembrava che fosse infastidito da qualcosa, e che quella mattina non fosse molto interessato a fare lezione.

    Frustrato, Diego si diresse all’ombra di un albero per sedersi a leggere. La sua lezione successiva sarebbe stata Letteratura Classica, una materia facoltativa che in realtà non aveva niente a che vedere con il suo obiettivo di diventare architetto, ma aveva bisogno dei crediti, e non tutte le materie facoltative a cui era interessato nel primo semestre erano disponibili. Era una delle conseguenze del fatto di essersi iscritto tardi all’Università.

    – Diego? – lo chiamò sorpresa una voce familiare.

    Lui alzò lo sguardo e vide due paia di gambe. Un paio erano lunghe, provocanti, ed erano in vista grazie alla gonna corta che le copriva ben poco. Ci mise pochi secondi a riconoscerle. Ancor prima di alzare lo sguardo verso il viso, sapeva che si trattava della sua ex ragazza delle superiori.

    – Angelina – disse Diego per salutarla, mentre si alzava in piedi.

    Lei lo abbracciò con forza. Lo considerava il suo primo amore, e per molto tempo pensò che sarebbe stato l’unico. Ma lui scomparve dalla sua vita. Evidentemente non la amava come lei amava lui.

    – Cosa ci fai qui? – chiese Angelina con la voce leggermente tremante.

    Rivederlo le aveva risvegliato alcuni ricordi del passato.

    – Ho appena iniziato, è il mio primo giorno di lezione.

    – Davvero? Architettura?

    Diego annuì sorridendo. Gli fece piacere che Angelina si ricordasse, dopo tanti anni, qual era il suo obiettivo nella vita.

    Seguirono degli istanti di silenzio, in cui entrambi si guardarono negli occhi sorridendo, mentre ricordavano i bei momenti della loro storia d’amore giovanile.

    – Io sto per finire il master – rispose Angelina.

    Per un paio di secondi si pentì di averlo detto, perché poteva sembrare che volesse vantarsi. Poi si rese conto che effettivamente sì, voleva fare bella figura ai suoi occhi.

    – Wow! Davvero? Cos’hai studiato?

    La ragazza che era insieme ad Angelina tossicchiò. Era una compagna di studi che stava lì in piedi vicino a loro in attesa di essere presentata.

    – Diego, ti presento la mia cara amica Tessa – disse Angelina controvoglia, dato che avrebbe desiderato essere sola con il suo amore del passato – Tessa, lui è Diego.

    – Il famoso Diego! – esclamò Tessa in modo impertinente – Mi hanno parlato molto di te.

    – Non esagerare! Te l’ho nominato perché è stato il mio primo fidanzatino a scuola, ma niente più di questo – ribatté Angelina imbarazzata.

    – Santo cielo! Primo fidanzatino! Ma se parli di lui come se fosse l’amore della tua vita! – insistette la sua amica.

    – Non è vero – sussurrò Angelina rivolta a Diego.

    Con un’espressione del viso e un gesto della mano tentò di sminuire le parole di Tessa.

    Diego si sentì a disagio. Ricordava bene come aveva spezzato il cuore alla sua ex ragazza. Non l’aveva fatto intenzionalmente. Le circostanze della vita, sette anni prima, l’avevano portato a prendere la decisione di chiudere la sua relazione con lei. E non poteva evitare di vergognarsi per averla ferita.

    – Io so solo che sei scomparso spezzandole il cuore. Perché non le hai permesso di starti accanto nei momenti difficili? Noi donne possiamo essere un ottimo sostegno emotivo – disse Tessa.

    – Tessa! – esclamò Angelina lanciandole uno sguardo assassino.

    – Cosa c’è? Ti sei fatta questa domanda per anni. Ora che l’hai incontrato, perché non ne approfitti per chiederglielo? – insistette la sua amica.

    – Io non devo chiedergli proprio niente, Tessa. Basta! – esclamò Angelina in tono deciso.

    Diego si sentiva sempre più a disagio. Non era il momento né l’occasione adatta per rivangare il passato. Pensò che la cosa migliore fosse andarsene, così disse:

    – Devo passare in biblioteca prima della prossima lezione. È stato un piacere conoscerti, Tessa. Ci vediamo, Angelina.

    Quest’ultima capì che era una scusa, e annuì abbassando lo sguardo. Tessa aveva lo sguardo perso nei giardini, e si comportò come se nessuno le avesse detto nulla.

    Quando Diego stava per entrare nell’edificio in cui si sarebbe tenuta la sua lezione successiva, che non era affatto vicino alla biblioteca, sentì dei passi avvicinarsi di corsa a lui.

    – Diego! – lo chiamò Angelina, con il respiro spezzato dalla corsa.

    Lui si fermò e si girò per guardarla.

    – Mi dispiace molto – disse la ragazza, appoggiando le mani sui fianchi per prendere fiato – Tessa ha l’Asperger, a volte dice cose che non deve dire.

    – Non devi darmi spiegazioni – rispose Diego tentando di tranquillizzarla, anche se si sentì sollevato nel sapere che quegli attimi imbarazzanti che avevano vissuto non dipendevano in alcun modo da lei.

    – È stato sgradevole, ma non ho potuto evitarlo...

    – Davvero, Angelina, non preoccuparti – ripeté Diego.

    – Sono l’unica amica che ha – aggiunse lei mordendosi le labbra.

    – È molto fortunata ad averti, di questo sono sicuro – rispose lui sorridendo.

    – Ci vediamo in giro per l’Università? – chiese lei, trattenendo la voglia di chiedergli un appuntamento.

    – Sicuramente.

    Diego si allontanò per i corridoi, mentre lei osservava speranzosa la sua schiena. Pensava che forse aveva un’opportunità di recuperarlo.

    ***

    Lo sguardo di Diego si rivolse completamente verso di lei quando la rivide. Aveva un sorriso magico. Era senza dubbio una fata che veniva da un altro mondo. Stava parlando con una donna più grande, che le diede dei libri. Dai suoi gesti, sembrava starle dicendo cosa farne. La sua splendida ninfa sorrise grata per le parole dell’altra donna.

    Rimase impalato al centro del corridoio, tanto che un paio di studenti si scontrarono con lui perché ostruiva il passaggio. Poi si risvegliò quando vide che la sua fata salutava la donna e andava via. La seguì come stregato.

    Non gli importava della sua lezione successiva, aveva già letto i libri che si sarebbero studiati, e sapeva che quel corso sarebbe stato una passeggiata per lui. In quel momento era più importante sapere chi era quella splendida creatura.

    Casualmente la ragazza si dirigeva proprio nella direzione dell’aula in cui si sarebbe tenuta la sua lezione successiva. Il battito del suo cuore accelerò quando vide che lei si fermò proprio davanti alla porta dell’aula in cui lui avrebbe dovuto entrare. Al pensiero che avrebbero frequentato lo stesso corso sentì un’emozione fortissima, e pensò che iniziare i suoi studi universitari sarebbe stato molto meglio di quanto si aspettasse. La sua intuizione gli diceva che lei gli avrebbe reso tutto più bello.

    La vide fermarsi titubante davanti alla porta, e si chiese il perché. Appariva nervosa. Quella vulnerabilità risvegliò il suo istinto protettivo, e lo spinse ad avvicinarsi a lei per tranquillizzarla e darle coraggio.

    – Ciao – salutò Diego.

    La sua voce, un po’ rauca e dal tono dolce, la fece sobbalzare.

    – Ciao – rispose lei sorpresa, indurendo i muscoli del viso per nascondere lo spavento.

    – Frequenterai questo corso?

    – Più o meno – rispose misteriosamente lei, con un’espressione imperturbabile.

    Diego si stupì per la sua risposta, e al tempo stesso fu catturato dalla sua voce, che era come una sinfonia di suoni perfettamente sincronizzati.

    Seguirono dei secondi di silenzio e incertezza. Lei aveva un’espressione serissima, ma quello che sentirono fu strano per entrambi.

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