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Dottori in missione: Harmony Bianca
Dottori in missione: Harmony Bianca
Dottori in missione: Harmony Bianca
E-book156 pagine2 ore

Dottori in missione: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Ci sono zone nel mondo in cui fare il medico non è più un mestiere ma una missione. E l'amore è solo un effetto collaterale.
La dottoressa Cassie Ross non ha mai dimenticato la sua relazione con Leith Ballantine e l'attrazione che li univa. Ma è anche convinta che il passato debba rimanere tale, soprattutto quando insieme non si può avere un futuro. Adesso Cassie ha bisogno di mettersi in gioco con un nuovo lavoro, grazie al quale ripartire da zero. La sua destinazione è l'Africa dove sente di poter fare la differenza. L'unico inconveniente è che avrà bisogno del supporto di Leith ed è sicura che lui vorrà qualcosa in cambio.
LinguaItaliano
Data di uscita12 ago 2019
ISBN9788830502598
Dottori in missione: Harmony Bianca
Autore

Anne Fraser

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Dottori in missione - Anne Fraser

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Cinderella of Harley Street

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2013 Anne Fraser

    Traduzione di Daniela De Renzi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-259-8

    1

    Cassie trascinò la valigia lungo il molo. Sotto il sole africano di mezzogiorno si sentiva terribilmente accaldata. Si fermò per lasciar riposare le braccia indolenzite e sollevò lo sguardo. La nave era enorme, molto più grande di quanto avesse immaginato. E questo significava che ci sarebbero stati parecchi posti dove nascondersi. Naturalmente avrebbe socializzato, se fosse stato necessario, ma aveva bisogno di sapere che c’erano angoli dove potersene rimanere da sola.

    Il suo sguardo cadde su un uomo che se ne stava in piedi accanto al parapetto e parlava al telefono. Proprio mentre Cassie lo fissava, lui girò la testa e per un attimo i loro occhi s’incontrarono.

    C’era qualcosa nel suo portamento, nel modo in cui muoveva il capo, nel sorriso appena accennato e nelle piccole rughe intorno agli occhi, che esercitò su di lei un fascino irresistibile. E quando lui inclinò la testa di lato e alzò un sopracciglio, Cassie arrossì violentemente e decise che avrebbe fatto meglio a evitarlo in futuro.

    Era arrivata circa a metà del molo, quando successe l’irreparabile. La sua valigia, piuttosto malconcia e riempita all’inverosimile, esplose all’improvviso, spargendo intorno magliette, vestiti e, cosa più imbarazzante di tutte, la biancheria intima di Cassie. Lei rimase a guardare con orrore un paio di mutandine di seta con il pizzo volare al di là della balaustra e impigliarsi in un pezzo di metallo, rimanendo sospese come una bandiera.

    Mortificata si sporse per prenderle e quasi finì in mare. Fortunatamente una mano robusta arrivò ad afferrarla e la tenne premuta contro un petto ampio e muscoloso.

    Per un attimo lei rimase immobile. Tra quelle braccia si sentiva al sicuro, ma la cosa le apparve ridicola. Lei non aveva bisogno di un uomo.

    Si districò con una certa riluttanza e scoprì che il tipo che l’aveva salvata era lo stesso che pochi minuti prima l’aveva sorpresa a fissarlo.

    «So che fa molto caldo, però non le consiglio di tuffarsi» esclamò lo sconosciuto con un sorriso ironico. Aveva l’accento scozzese e parlava con un tono di voce caldo e musicale.

    Era parecchio più alto di lei e, quando Cassie alzò lo sguardo, rimase allibita nel vedere che aveva in mano le sue mutandine. «Immagino le appartengano...» affermò lui con un sorriso impertinente.

    La gente sulla nave si era sporta a guardare divertita.

    «Grazie» replicò Cassie, cercando di darsi un contegno e afferrando in fretta le mutandine. Che bisogno c’era di esibirle, in modo che tutti le vedessero? Si accovacciò e cominciò a recuperare i vestiti, ricacciandoli nella valigia.

    L’uomo che l’aveva salvata si accoccolò di fianco a lei. Le stava talmente vicino che Cassie riuscì a sentire il calore del suo corpo e quella sensazione così intensa la lasciò quasi senza fiato.

    «Ce la faccio da sola, grazie» affermò seria. «Immagino stesse andando da qualche altra parte.»

    «Forse... ma qui è decisamente più divertente.»

    Sollevò lo sguardo verso di lui e provò un brivido lungo la schiena. Spinse in valigia le ultime cose, rimanendo sgomenta nel vedere che, se avesse tentato di richiuderla, sarebbe esplosa un’altra volta.

    Senza dire una sola parola, lo sconosciuto afferrò la valigia, la chiuse di scatto e se la ficcò sotto il braccio. «Numero del ponte e della cabina?» domandò senza troppi preamboli. «Immagino faccia parte dell’equipaggio...»

    Cassie rimase un attimo a osservarlo. Alto un metro e novanta, aveva i capelli schiariti dal sole e una bocca ampia e un po’ asimmetrica. Ma furono gli occhi di un verde inconsueto a colpirla più di tutto il resto. E in quel momento Cassie ebbe la spiacevole sensazione che lui potesse leggerle nel pensiero e scoprire i suoi segreti.

    L’uomo stava ancora aspettando una conferma con un sorriso interrogativo sulle labbra.

    «Sono la dottoressa Ross. Cassie Ross» affermò lei, porgendogli la mano.

    «Dottor Leith Ballantine. Benvenuta a bordo della Nave Ospedale per l’Africa.»

    Quell’uomo era un medico! Non sarebbe riuscita a evitarlo facilmente... Ma la maggior parte dei medici, contrariamente agli infermieri, si dedicava a quell’attività umanitaria solo per poche settimane l’anno. Forse non si sarebbe trattenuto a lungo.

    «La prendo io adesso, se non le dispiace» affermò Cassie dopo pochi metri, cercando di recuperare la valigia.

    «No, insisto. Sarà stanca del viaggio...» affermò lui con gentilezza. «Arriva da Londra?»

    «Sì» rispose lei semplicemente. Poi comprese di essere stata un po’ troppo sbrigativa. «Da quando sono arrivata in Africa ho provato ogni mezzo di trasporto. Sono contenta di essere finalmente a destinazione.»

    «Questa nave ha un ottimo equipaggio.»

    «Non vedo l’ora di mettermi al lavoro.»

    «Non le consiglio d’iniziare fino a domani...» mormorò l’uomo e si avviò lungo uno stretto corridoio, continuando a tenere la valigia sottobraccio, seguito da Cassie.

    «Quando avrò fatto una doccia, starò bene» affermò lei, rivolta alla schiena del collega.

    Lui si voltò di colpo. «Nei prossimi giorni sarà molto presa. Quanto ha intenzione di fermarsi?»

    «Poco più di due settimane.»

    «Si riposi, finché può. Ne avrà bisogno...» replicò lui con un sorriso da togliere il respiro. «Se vuole, più tardi possiamo cenare insieme» continuò affabile. «Così le spiego com’è organizzato il lavoro...»

    Era lì da cinque minuti e quel tizio ci stava provando... Di solito liquidava uomini di quel tipo con una battuta ironica. Ma in Leith c’era qualcosa che destabilizzava la sua capacità di autocontrollo.

    «Preferirei iniziare a lavorare subito» insistette Cassie in tono un po’ rigido.

    «Un medico stanco è pericoloso. Non potrà iniziare a lavorare, finché non avrà fatto una buona notte di sonno» replicò lui deciso. «Allora, che cosa mi dice riguardo alla cena?»

    Ma chi si pensava di essere quel tizio, per dirle ciò che doveva fare? Cassie stava già per rispondere, quando lui si voltò e riprese a camminare. Arrivato davanti a una cabina, aprì la porta e appoggiò la valigia sopra la cuccetta. Lo spazio era molto ristretto e Cassie percepì di nuovo la vicinanza dello sconosciuto. «Posso cavarmela da sola adesso...» affermò risentita. «Credo che salterò la cena e me ne andrò a letto presto. E ora, se mi vuole scusare, andrei a cercare una doccia.»

    «È in fondo al corridoio» replicò l’uomo, avvicinandosi ancora di più. Ma lei istintivamente si ritrasse. Sentiva il sangue pulsarle nelle vene.

    Lui sorrise, come se avesse notato la sua reazione. «Se cambia idea riguardo alla cena, mi troverà in mensa verso le sette.»

    E appena se ne fu andato, Cassie chiuse la porta e si lasciò andare sul letto. Doveva sforzarsi di evitare il dottor Ballantine.

    Dirigendosi alla propria cabina, Leith cominciò a fischiettare di buon umore. Dal momento in cui aveva messo gli occhi su Cassie, aveva capito che la vita sarebbe sicuramente diventata più interessante. Di solito preferiva le donne con lunghe chiome, ma i capelli neri di Cassie si adattavano perfettamente al suo viso a forma di cuore e ai lineamenti delicati. Anzi, mettevano in risalto gli occhi, facendoli apparire ancora più grandi.

    Quella donna lo intrigava. Un momento era fredda, quasi timida, e subito dopo appariva vivace e determinata. Peccato si fermasse soltanto due settimane... Gli sarebbe piaciuto avere il tempo di conoscerla meglio.

    Cassie si asciugò con un braccio il sudore dalla fronte e lanciò un’occhiata alla fila di pazienti, che si snodava lungo la strada polverosa. Aveva già visto un numero incredibile di bambini. La maggior parte aspettava in silenzio, mentre altri giocavano in mezzo alla polvere e altri ancora se ne stavano rannicchiati negli scialli, legati alla schiena delle madri.

    Ma era dei bambini tranquilli che bisognava preoccuparsi. Quelli che piangevano o giocavano dimostravano di avere ancora energia a sufficienza.

    Una volta che le sue mansioni erano state definite, Cassie aveva cominciato a lavorare, senza interrompersi un istante. Le era stata affidata la responsabilità del Reparto Pediatrico e l’assistenza ai malati terminali. E avrebbe dovuto dare una mano in sala operatoria, durante gli interventi sui bambini.

    Tutti quegli impegni non la spaventavano. Al contrario si sentiva stimolata dalle sfide.

    Si sentì un improvviso trambusto provenire dalla fila. Di solito era difficile che qualcuno si lamentasse, anche se i pazienti erano spesso costretti ad aspettare ore sotto il sole. Doveva essere successo qualcosa di grave e lei decise di andare a vedere.

    Una ragazza, che non doveva avere ancora diciassette anni, era sdraiata a terra e si teneva il ventre, lamentandosi per il dolore. Sembrava sul punto di partorire, ma sotto di lei si estendeva una pozza di sangue.

    «Chiamate aiuto. Presto!» esclamò Cassie, rivolta ai presenti. Poi fece disporre alcune donne intorno alla ragazza e le sollevò il vestito. Vide le cosce coperte di sangue. Doveva esserci stato un distacco di placenta. Se non si procedeva subito a un taglio cesareo, la ragazza sarebbe morta.

    Cassie chiese che le portassero una barella. In quel momento sentì qualcuno che s’inginocchiava al suo fianco.

    Era il dottor Ballantine. Dal giorno in cui si erano incontrati, non si erano più rivolti la parola. Aveva preferito evitarlo. Quell’uomo la metteva a disagio.

    «Salve» la salutò Leith in tono pacato. Gli era bastato uno sguardo per afferrare la situazione. «Sembra un distacco di placenta» affermò serio. «Non c’è tempo di trasferirla sulla nave. Dovremo operarla qui.»

    Cassie si guardò intorno. Servivano un’infermiera e un anestesista. Ma in quel momento la maggior parte del personale era in pausa pranzo.

    Quando da una delle casupole lì intorno uscirono due infermiere, lei trasse un sospiro di sollievo. Un volontario sopraggiunse con una barella e insieme caricarono la donna.

    «Ho bisogno di un anestesista» affermò Leith con decisione. «Subito.»

    «Vuole che vada a chiamare qualcuno?» replicò l’infermiera trafelata.

    Leith si rivolse a Cassie. «Non abbiamo tempo di aspettare. Ha mai eseguito un’anestesia spinale?»

    Lei annuì, contenta che lui avesse preso in mano la situazione.

    Mentre Leith preparava la paziente, Cassie inserì il farmaco in una siringa. Poi girarono la ragazza su un fianco e lei cercò il punto esatto, in cui inserire l’ago. Se fosse penetrato nel posto sbagliato, la giovane donna avrebbe potuto rimanere paralizzata.

    Mentre l’anestesia faceva effetto, Leith prelevò un campione di sangue, per identificare il gruppo sanguigno. Nel frattempo era arrivata anche l’ostetrica con alcune sacche di soluzione fisiologica e lui cominciò a preparare una flebo.

    «Sulla nave è quasi pronta la sala operatoria» li informò rapidamente la collega.

    «È troppo tardi» replicò Leith serio e Cassie si sforzò di contenere l’agitazione.

    Quando fu sicura che la donna avesse perso ogni sensibilità nella parte bassa del corpo, informò Leith, che diede inizio all’intervento. Mentre Cassie controllava la respirazione, lui praticò un taglio nell’addome e in pochi minuti estrasse una bambina, piccola ma ben formata. Purtroppo però la bimba era completamente immobile. Cassie verificò che le vie aeree non fossero ostruite e cominciò a praticarle la respirazione

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