TUFINO microstoria e macrostoria
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Anteprima del libro
TUFINO microstoria e macrostoria - Antonio Caccavale
TUFINO: ORIGINE DEL NOME
Sull’origine del nome di Tufino non ci sono molti dubbi: il paese prende sicuramente il nome dal tufo
, una roccia piroclastica molto diffusa, accumulatasi nel sottosuolo in seguito alle eruzioni vulcaniche. Il tufo è una pietra leggera e si presta molto bene ad essere lavorata. Il sottosuolo del territorio dell’alto nolano, quello cioè più ad est della piana campana, è ricco di tufo (tophus) ed il motivo per il quale proprio a Tufino è capitato di prendere il nome da quella pietra sarà dovuto al fatto che essa, già molti secoli fa, si cavava da questo angolo di territorio per costruire case nell’intero territorio nolano. Nel suo De Nola
Ambrogio Leone, nel 1514 scriveva:
Il territorio nolano è del tutto libero dalla sabbia e dai sassi. Solo il tufo (tophus) in verità è stato trovato a grande profondità e precisamente in quell’angolo del territorio che si estende verso oriente. D’altronde esso non si trova sollevato fino al punto da creare delle protuberanze al di sopra del suolo, poiché, stando compresso al di sotto, presenta il dorso uguale agli altri campi e formato di terra, tale che è facilmente aperto all’aratro ed è fertile. Lo stesso ha dato il nome alla borgata che si chiama Tufino. Ugualmente in questo luogo si scavano nel tufo profonde cave di pietre ad uso di ogni costruzione dei nolani
¹.
___________________
¹ Nola
, Ambrogio Leone, pag. 129, Istituto Geografico Editoriale Italiano, 1997 – a cura di Andrea Ruggiero
ETÀ ANTICA
Di Tufino², Vignola, Risigliano e Ponticchio si hanno notizie certe sin dal 1292³: quattro piccoli centri abitati, sorti lungo un breve tratto del fiume Clanio. Solo più tardi nascerà il borgo di Schiava. Non è da escludere che il più antico dei suddetti centri possa aver avuto origine nel periodo compreso tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.
In quel periodo l'agro nolano subì un graduale processo di romanizzazione: imponenti colonie di veterani vengono fatte stanziare nella piana nolana
⁴ e ciò è dimostrato dalla presenza di tracce di centuriazioni⁵, la più importante delle quali presenta un'estensione di 64 Kmq. e comprende il Nolano in senso stretto, cioè essenzialmente i comuni di Cicciano, Camposano, Cimitile, Tufino e Comiziano
⁶.
È molto probabile, quindi, che nel territorio di Tufino si ebbe la presenza di piccoli insediamenti di uomini operosi fin dalla tarda età di Roma repubblicana o, addirittura, fin dalla fase protostorica
, come afferma Domenico Capolongo nel suo lavoro su Tufino e il suo circondario⁷.
Se, poi, si tiene conto delle testimonianze della presenza di cacciatori del Paleolitico superiore nell’agro nolano, la presenza di uomini preistorici nel territorio tufinese è molto più di un’ipotesi. Lungo il Miglio della Schiava in una cava per l’estrazione d’inerti, ai confini comunali di Casamarciano e di Tufino, nei livelli superiori di uno strato di piroclastiti dilavate, miste a reperti faunistici del Quaternario, sono state ritrovate tracce di un focolare con avanzi di pasto e manufatti litici, databile a circa 11.000 anni dal presente
⁸.
Tornando all’età di Roma repubblicana e tenendo presente quanto suppone Pietro Luciano sul primo numero di Didattica e territorio
del 1988⁹, è altrettanto probabile che le terre tufinesi, che confinano con Avella, siano state parte integrante di questa antica città.
Le terre tufinesi furono sicuramente attraversate dai soldati romani nel corso della seconda guerra sannitica (328-304 a.C.), quando Nola e Avella si arresero alla forza preponderante di Roma. L’influenza romana si è avuta anche nelle epoche successive: il monumento funerario romano che si trova in località Starza ne è testimonianza tangibile¹⁰.
All'inizio dell'88 a.C. i soldati di Silla fecero sentire il loro incedere deciso quando assediarono la città di Nola, coinvolta, come ribelle a Roma, nella guerra sociale degli Italici. L'esercito di Silla invase la Campania meridionale e obbligò alla resa Pompei, Ercolano e Stabia. Penetrato poi nel Sannio, (...), Silla obbligò alla resa la città principale dei Sanniti. All'inizio dell'88 la rivolta era localizzata solo a Nola e in alcune zone della Lucania, del Sannio e del Bruzio. In quei momenti per loro difficili, i ribelli entrarono in collegamento con il re del Ponto Mitridate VI, che in Asia Minore iniziò una guerra contro Roma. Ma Mitridate non poté fornire loro aiuti diretti
¹¹.
Se è vero che piccoli insediamenti umani erano presenti nel territorio di Tufino fin dalla tarda età di Roma repubblicana, è probabile che Spartaco, il famoso capo della rivolta degli schiavi, abbia potuto incontrare il sostegno e l'incoraggiamento, o forse l'ostilità, dei contadini del posto, quando, nel 72 a.C., nel corso di alcune scorrerie attaccò le città di Nola e di Avella.
Nei secoli successivi, che portarono al crollo definitivo dell'Impero Romano d'occidente nel 476 d.C., le popolazioni del territorio tufinese
dovettero sicuramente sottostare alle prepotenze dei barbari. Tra le prime cruente incursioni barbariche vale la pena ricordare quella compiuta, intorno al 410 d.C., dai Visigoti di Alarico, i quali dopo essere entrati in Roma, si diressero a sud e si fecero ben conoscere in tutto l'agro nolano. Più tardi ci pensarono i Vandali di Genserico a seminare il terrore.
Non si abbandonarono, invece, a saccheggi e devastazioni gli Ostrogoti, sotto il cui dominio i nostri territori conobbero un periodo di pace e prosperità. Ma a turbare la tranquillità delle nostre popolazioni ci pensava spesso il Vesuvio. Una violenta eruzione verificatasi tra il 507 e il 511 dovette provocare danni ingenti, tanto che il re Teodorico ordinò di inviare nei territori di Nola e di Napoli degli ispettori che accertassero l'entità delle perdite denunciate dagli agricoltori locali.
Che il territorio di Tufino possa essere stato effettivamente abitato e interessato dagli avvenimenti sopra citati, è lecito ipotizzarlo sia in virtù di quanto si diceva all'inizio, a proposito delle tracce di centuriazioni romane, sia per la sua vicinanza ad Avella (un centro importantissimo e fiorente fin dall'età preromana) e alla città di Nola; si tenga anche presente che l'attuale torrente Clanio, che in epoca romana era un fiume e del quale Virgilio, nelle Georgiche (II, 225), parla come di un corso d'acqua che spesso inondava le campagne di Acerra, costituiva una risorsa troppo importante perché nelle sue prossimità non risiedessero gruppi di persone e non vi si sviluppassero le attività tipiche dell'uomo.
Se si tiene conto dei reperti relativi ai resti di una villa Romana¹² di età imperiale, ritrovati a Schiava, lungo il lato nord della discarica di Paenzano 1 durante i lavori di trasformazione di una vecchia cava tufacea, ecco che avremmo trovato la prova che il territorio di Tufino fu abitato anche da qualche facoltoso e influente cittadino.
Tufino: Monumento funerario romano in località Starza
___________________
² Già nel 1158, in un documento conservato presso la Biblioteca di Montevergine, si parla di Tufino, in riferimento a tale Giovanni Sica, che lavorava un terreno di proprietà di un abitante di Casamarciano.
³ Nel 1292 alla potente famiglia Orsini fu affidata la Contea di Nola e di essa facevano parte i casali di Tufino, Ponticchio, Risigliano e Vignola.
⁴ D. Capolongo, Gli strati archeologici dell’agro nolano
, in Didattica e territorio, ed. 30° Distretto scolastico Nola, 1988 pag. 39
⁵ Le centuriazioni erano gli appezzamenti di terreno in cui i romani suddividevano un territorio per ripartirlo in modo equo tra i veterani o i coloni.
⁶ D. Capolongo Gli strati archeologici dell’agro nolano
op. citata pag. 40
⁷ D. Capolongo Tufino e il suo circondario nella inchiesta murattiana del 1811
ed. Comune di Tufino 1985
⁸ Claude Albore Livadie, Abella e l’ager nolanus tra paleolitico ed età del bronzo
, in Klanion/Clanius, anno VI° n° 1-2 gennaio – dicembre 1991
⁹ Scrive Pietro Luciano, in Didattica del territorio, Avella tra mito e storia
, Nola 1988: In età storica il territorio di Abella si identificava, grosso modo, con il territorio dell’attuale mandamento di Baiano e confinava con il territorio di Nola
¹⁰ Pietro Luciano Monumenti funerari romani
, in Atti dei Gruppi Archeologici della Campania, Nola 1980
¹¹ S. I. Kovaliov Storia di Roma
Editori riuniti, Roma 1976, vol. 1 pagg. 398 - 399
¹² I resti di quella Villa, che furono ispezionati da esperti dei beni archeologici della Soprintendenza di Napoli, furono precipitosamente interrati, con la promessa che sarebbero stati riportati alla luce.
ALTO MEDIOEVO
La caduta dell’impero romano d’occidente (476 d.C.) non avvenne all’improvviso. Significativi segni di crisi si avvertirono già a partire dal III secolo quando, mostrando un interesse sempre minore per la vita politica, molti grandi proprietari terrieri si stabilirono definitivamente nelle sontuose villae di campagna che, sempre più, divennero dei centri autosufficienti di produzione, capaci anche di organizzare un’efficace difesa contro i pericoli esterni. A lungo andare la crescita dei latifondi e la loro autonomia organizzativa finirono col pesare negativamente sull’intero assetto economico dello Stato romano. Ad aggravare sempre di più la situazione furono, poi, le frequenti rivolte che si registravano in varie regioni dell’impero e le pressioni via via crescenti delle popolazioni barbariche.
A partire da Diocleziano e dalla fine del III secolo, davanti ai problemi interni e ai pericoli esterni, lo Stato si difendeva così: stabilità sociale e fissazione di ogni suddito nel proprio ruolo (di lavoro, fiscale, di servizio civile o militare). In tal modo si riteneva di poter controllare la produzione e sostenere l’erario e le finanze dello Stato
¹³ .
Fra il V e il VI secolo il territorio di Tufino
dovette trovarsi nella scomodissima posizione di essere stretto tra l'incudine della presenza Bizantina e il martello della pressione Longobarda. È, infatti, noto che in quel tempo i Bizantini possedevano un'area alquanto stretta della Campania che comprendeva le zone che vanno dal Litorale Domizio a Salerno e dalla costa partenopea all'agro nolano. Sul finire del VI secolo sembra, comunque, che l'agro nolano sia diventato definitivamente possedimento Longobardo.
Fu proprio nel corso del VI secolo che sul territorio di Tufino fu edificata una chiesa, i cui resti sono venuti alla luce sul finire del 1995 presso la masseria Pagano di Schiava. Si tratta di strutture murarie, di una necropoli, di ambienti di pertinenza dell’area sacra che risalgono, infatti, al VI secolo d.C.¹⁴. La chiesa era sicuramente affrescata con dipinti del secolo XI e, secondo gli esperti, fu frequentata almeno fino al 1200¹⁵. La presenza dei resti di un edificio di culto nel territorio tufinese testimonia un’indubbia contiguità religiosa con il complesso delle basiliche paleocristiane di Cimitile.
Schiava di Tufino: i resti della chiesa paleocristiana in località Masseria Pagano
Brocchetta dalla tomba 11
Orecchini in oro dalla tomba 10
Ecco che cosa, un esperto, ha scritto sui resti di questa chiesa:
"Non risulta finora individuato nella zona alcun insediamento medievale collegabile alla chiesa messa in luce dagli scavi. La documentazione scritta non sembra peraltro fornire dati riferibili al nostro edificio: le uniche chiese ricordate in questa zona nelle rationes decimarum degli anni 1308-10 e 1324 sono quelle di S. Marie de Vineola, S. Laurentii de Ponticulo e S. Iohannis de Rassillano, tutte ricadenti nel territorio di Tufino, uno dei casali di Nola. La chiesa presenta almeno due fasi, se non tre. La prima è individuata dalla costruzione di un piccolo edificio con abside ad ovest; la seconda dal suo ampliamento verso est, non è chiaro se allo scopo di costruire un nartece¹⁶ o, piuttosto, di ampliare la navata, in rapporto all’aumento della popolazione. Resta da accertare se il corpo di fabbrica settentrionale venne aggiunto in occasione dell’ampliamento della chiesa ovvero in una terza fase. L’edificio di culto, considerate le modeste dimensioni, doveva essere al servizio di una comunità rurale piuttosto piccola, secondo quanto ampiamente attestato nelle campagne dell’Italia meridionale nell’alto medioevo. Fondate generalmente da un ricco proprietario sul proprio tenimento, queste chiese assolvevano alle esigenze cultuali e funerarie del gruppo familiare del fondatore e della comunità residente nel fondo o nei territori circostanti"¹⁷.
Schiava di Tufino: abside della chiesa paleocristiana
Le tombe nell’ambiente ad est della navata
Bocca di un pozzo nell’area di pertinenza della chiesa paleocristiana
Nel corso dei secoli successivi frequenti e aspri furono i contrasti tra il Ducato di Napoli e quello di Benevento che, a suon di combattimenti molto feroci, si contesero i territori dell'agro nolano. Nola e il suo circondario passarono più volte al dominio dell'uno e dell'altro contendente
¹⁸. Nel 786 fu stabilito che agli agricoltori del nolano toccava pagare la metà dei tributi al Ducato di Napoli e l'altra metà al Ducato di Benevento.
Il territorio su cui sorge Tufino, che si estendeva su una parte importante e non paludosa dell'agro nolano (è da immaginare, invece, come un'estesa palude tutta l'area attualmente occupata dal CIS, dall’Interporto e dal centro commerciale Vulcano buono
, era sicuramente considerato molto importante per la produzione agricola dell'entroterra napoletano. Fu certamente questo il motivo principale per il quale perfino i Saraceni e gli Ungari, tra l'850 e il 939, devastarono tutta l'area nolana seminando morte e distruzione.
Intorno all'anno Mille, cessate le incursioni barbariche, i contadini potettero dedicarsi con maggiore impegno e tranquillità al lavoro dei fertili campi tufinesi
, riuscendo a produrre un buon vino e dell'ottimo grano.
Dopo il Mille dovette aver inizio il trasferimento di nuovi contadini sul territorio tufinese
, e questo per diversi motivi: per l'accresciuta sicurezza che ormai caratterizzava la vita nelle campagne, per un generale miglioramento del clima, per iniziativa di qualche nobile signore desideroso di accrescere le proprie rendite. Probabilmente fu proprio in questa fase che cominciò a prendere forma più compiuta il piccolo borgo di Tufino.
Di sicuro Tufino esisteva già nel 1158 e lo si evince dal documento, di cui si è già fatto cenno in una nota precedente, conservato nei Regesti dall’Abazia di Montevergine in cui si dice che tale Roberto di Casamarciano, figlio del fu Pietro, offre alla chiesa di Santa Maria del Plesco un pezzo di terra, sito nel luogo detto Strada, che in quel momento teneva a cultura Giovanni Sica, abitante di Tufino
¹⁹.
Il risveglio economico dell'intero agro nolano e avellano, e quindi del territorio di Tufino, fu senz'altro favorito anche dall'arrivo dei Normanni, i quali erano molto sensibili e interessati all'incremento della produzione agricola. Vaste zone furono messe a coltura e, in particolare, furono curati i vigneti. Secondo Ambrogio Leone, uomo di grande cultura nolano²⁰, i vini del villaggio di Tufino, assieme a quelli della collina di Visciano e a quelli di Cimitile, dovevano essere sicuramente profumati, pieni e forti.
La monarchia normanna garantì un periodo di pace e di benessere. Il successivo avvento degli Svevi e degli Angioini, con tutto il carico delle vicende belliche che si produssero dopo la morte del grande Federico II, provocò il ritorno a condizioni di vita molto difficili e precarie per tutte le popolazioni dell'Italia meridionale.
___________________
¹³ V. D’Alessandro, L’Italia del medioevo
Editori Riuniti 1985, pag. 12
¹⁴ Alcuni preziosi reperti trovati nella necropoli sono oggi esposti e custoditi nel Museo storico-archeologico di Nola.
¹⁵ cfr. Il MATTINO del 9 ottobre 1996, nell’articolo a firma di A. Amato de Serpis
¹⁶ atrio addossato alla facciata delle basiliche paleocristiane o talvolta interno all'edificio stesso, riservato in origine a catecumeni e penitenti
¹⁷ Giuseppe Vecchio, La cristianizzazione del territorio nolano fra tarda antichità e alto medioevo: nuovi dati dallo scavo di un edificio di culto a Schiava di Tufino
, Atti della Giornata di studio, Cimitile, 10 giugno 2008, a cura di Carlo Ebanista e Marcello Rotili, Cimitile, Tavolario editore, 2009
¹⁸ C. Rubino, Storia di Nola
, Istituto Geografico Editoriale Italiano 1991, pag. 96;
P. Luciano Il castello di Avella: notizie storico-documetarie, G. A.A.
A. Maiuri e Biblioteca Comunale di Avella "I. D’Anna, Marigliano, 1 giugno 1985
¹⁹ Regesti Montevergine, 74. Cartula Oblationis, 1158 (57) – novembre, ind. VII, Casamarciano
²⁰ Ambrogio Leone (1457 – 1525), nacque a Nola, studiò medicina, filosofia e greco a Padova; tra le sue opere va ricordata De Nola Patria
BASSO MEDIOEVO
I Comuni e le formazioni politico-sociali che da essi scaturirono e che, a partire dal XII secolo, segnarono la vita, i costumi e le attività delle popolazioni dell'Italia centrosettentrionale, non appartengono alla storia del nostro meridione. Mentre a Perugia, a Firenze, a Modena, a Milano, ad Asti, in seguito alla raggiunta autonomia politica, si sviluppavano svariate attività economiche, che in breve tempo fecero la fortuna del ceto borghese, nel Mezzogiorno si formava una monarchia feudale che, peraltro, non riuscì mai ad essere pienamente autonoma. Dai Normanni agli Svevi, dagli Angioini agli Aragonesi, tutti dovettero sottostare, in qualche modo, all’autorità e alla volontà del papato.
Il sogno di Federico II di formare un vasto impero mediterraneo si infranse contro la ferma ostilità del papa, che trovava facili alleati tra i numerosi Comuni guelfi. Per svariati secoli il sistema economico-sociale nel Sud della penisola rimase incentrato sulle attività e sui rapporti tipici della società feudale. Nel 1231 Federico II promulgò le Costituzioni di Melfi, con le quali fissò delle regole ben precise per le attività economiche, per la vita sociale e per tutte le attività dello Stato. Ne risultarono significativamente ridimensionati il potere dei signori feudali e l’autonomia delle città.
Più specificamente, le Costituzioni privarono i baroni dei diritti che si erano arbitrariamente attribuiti; stabilirono che, essendo beni dello Stato, i feudi non potevano essere venduti; assoggettarono gli ecclesiastici all’autorità dello Stato, vietando loro di giudicare gli eretici e attribuendo ai tribunali comuni l’autorità di giudicare preti, monaci e vescovi; vietarono alle città di potersi costituire in Comune ed eleggere consoli e podestà; sancirono l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge e affermarono il principio della difesa dei più deboli dai soprusi dei baroni.
È anche il caso di segnalare la grande sensibilità del sovrano in ordine al problema dell’inquinamento delle acque e dell’aria: apposite disposizioni stabilivano a quale distanza dai centri abitati dovessero essere svolte le attività di lavorazione della canapa e del lino; stagni artificiali furono creati per la protezione degli uccelli acquatici. Di Federico II va poi ricordato l’amore che portava alla cultura: fu lui, nel 1224, a fondare l’Università degli Studi di Napoli.
A partire dal 1292, e fino al 1533, la dinastia degli Orsini²¹ governò la Contea di Nola, a cui appartenevano numerosi casali, e fra essi quelli di Tufino, Vignola, Risigliano e Ponticchio²². La potenza degli Orsini travalicava di molto i modesti limiti entro cui erano confinate le possibilità di conoscenza della gente più umile. Imparentati con pontefici e sovrani, i signori Orsini dovettero certamente essere considerati degni di ammirazione da parte dei cittadini più istruiti o, semplicemente, più informati; e probabilmente potevano contare su una sorta di venerazione da parte dei più umili, che costituivano la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne dei casali nolani. Chissà quale straordinario avvenimento dovettero rappresentare agli occhi del povero contadino dei casali di Tufino, Vignola, Risigliano e Ponticchio le seconde nozze con le quali Raimondo Orsini si unì ad Eleonora d'Aragona, sorella di re Alfonso I d'Aragona, padrone di tutte le terre meridionali.
E quale enorme impressione dovettero destare le grandi imprese di Niccolò Orsini che, dopo essere divenuto conte di Nola nel 1485, seppe servire Venezia la Serenissima, conquistando Cremona e Faenza!
Ma è anche il caso di chiedersi se, poi, ai più umili certe notizie interessassero davvero, ammesso che avessero la possibilità di venirne a conoscenza.
In realtà le condizioni di vita dei contadini erano durissime, sia perché da essi i padroni pretendevano sempre di più, sia perché,