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György Ligeti: Il maestro dello spazio immaginario
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E-book541 pagine7 ore

György Ligeti: Il maestro dello spazio immaginario

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Info su questo ebook

Il volume esamina il pensiero musicale di György Ligeti da diverse prospettive. La prima parte è dedicata alle vicende biografiche, alla rete di relazioni, al contesto culturale e politico. La seconda parte ripercorre l’intero arco produttivo di Ligeti, integrando le informazioni generali sulle opere con l’illustrazione degli aspetti più significativi della tecnica compositiva; alla base di questa indagine vi è uno studio approfondito di manoscritti musicali, carteggi inediti e annotazioni di poetica conservati presso la Fondazione Paul Sacher di Basilea. Il capitolo conclusivo è dedicato al contributo di Ligeti nel campo della teoria musicale e al ruolo che egli svolse nel dibattito tra i maggiori esponenti dell’avanguardia. Il volume si configura come un lavoro ampio e aggiornato sul compositore ungherese e sugli ambienti in cui operava, includendo numerosi scorci sulla cultura e sugli orizzonti musicali della seconda metà del XX secolo.
LinguaItaliano
EditoreLIM
Data di uscita8 feb 2023
ISBN9788855432474
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    Anteprima del libro

    György Ligeti - Ingrid Pustijanac

    Quaderni di Musica/Realtà

    Collana di studi musicali

    diretta da Luigi Pestalozza

    Il presente volume è stato pubblicato con il contributo del Centro di Musicologia Walter Stauffer di Cremona

    Gli esempi musicali sono stati riprodotti con la gentile concessione delle case editrici Schott Music International e C. F. Peters.

    Si ringrazia la Fondazione Paul Sacher di Basilea per il sostegno e le autorizzazioni concesse per la riproduzione del materiale d’archivio inedito; le illustrazioni, i facsimili, le trascrizioni dagli schizzi e dalle lettere inedite sono pubblicati per gentile concessione.

    L’Editore resta comunque a disposizione degli aventi diritto per le eventuali fonti iconografiche non identificate.

    © 2013 LIM Editrice S.r.l.

    Foto di copertina: © Fritz Kempe

    Grafica e layout: Ugo Giani

    È vietata la riproduzione, anche parziale a uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, non autorizzata.

    Printed in Italy

    ISBN 978-88-5543-247-4

    Versione digitale realizzata da Streetlib srl

    a Klara

    L’acquisto di qualunque cognizione è sempre utile allo intelletto,

    perché potrà scacciare da sé le cose inutili, e riservare le buone.

    Perché nessuna cosa si può amare né odiare,

    se prima non si ha cognizion di quella.

    Leonardo da Vinci

    Sommario

    Elenco delle illustrazioni

    Introduzione

    Le trame della vita

    Un’infanzia transilvana

    La strada verso la musica

    Budapest nel dopoguerra

    Le ricerche etnomusicologiche

    La schizofrenia compositiva

    L’incontro con l’avanguardia: Colonia e Darmstadt

    La poetica delle testure

    2001: Odissea nello spazio

    Il fascino dell’assurdo

    Vienna e Stoccolma

    Adorno e l’estetica della nuova musica

    Questioni di temperamento

    Le Grand Macabre

    Le illusioni… ritmiche

    «Tutto nel mondo è burla»: Shakespeare o Carroll?

    Tavole

    Nel vortice dei capolavori

    Dalla tradizione all’avanguardia: le opere ungheresi

    Sotto la superficie della musica statica: Apparitions, Atmosphères, Requiem

    ‘Musique irrégulière’: teatralità delle forme discontinue e poetica del ‘nonsense’

    Ritorno alle origini: il ritmo

    Intersezioni tra riflessione teorica e pratica compositiva

    Le poetiche della musica

    Anton Webern

    La musica seriale e la questione della forma

    Atmosphères: piano dei timbri e articolazione temporale

    Lo ‘spazio immaginario’ e il ‘tempo congelato’

    Catalogo delle opere

    Bibliografia

    Indici

    Elenco delle illustrazioni

    Esempi musicali

    Tabella 1. Elenco delle opere corali composte prima del 1956

    Esempio 1. Három hordó, bb. 1-10, trascrizione. © 1984 SCHOTT MUSIC, Mainz – Germany C 45593

    Esempio 2. Magány, bb. 1-4, trascrizione. © 1983 SCHOTT MUSIC, Mainz – Germany SKR 20019

    Esempio 3. Il percorso delle altezze in Éjszaka

    Esempio 4. Quattro piccoli pezzi per pianoforte (1941), n. 2 Allegretto, bb. 1-12, n. 3 Tréfas moderato (Trascrizione dalla bella copia. Fondazione Paul Sacher, per gentile concessione)

    Esempio 5. Polifon gyakorlat, i quattro ostinati (il primo e il quarto ostinato sono riportati non ottavizzati)

    Esempio 6. Capriccio Nr. 2 (1947), bb. 8-12, trascrizione. © 1991, SCHOTT MUSIC, Mainz – Germany ED 7807

    Esempio 7. Capriccio Nr. 1 (1947), bb. 24 e 34, trascrizione. © 1991, SCHOTT MUSIC, Mainz – Germany ED 7807

    Esempio 8. Invention (1948), bb. 1-5, trascrizione. © SCHOTT MUSIC, Mainz – Germany ED 7807

    Esempio 9. Musica ricercata (1951-1953), X movimento, bb. 109-112. © 1995 SCHOTT MUSIC, Mainz – Germany ED 7718

    Esempio 10. Métamorphoses nocturnes (1953-54), parte del vl. I, bb. 7-19. © SCHOTT MUSIC, Mainz – Germany ED 6476

    Esempio 11. Métamorphoses nocturnes (1953-54), elaborazione del materiale tematico, parte del vl. II, bb. 85-92. © SCHOTT MUSIC, Mainz – Germany ED 6476

    Esempio 12. Métamorphoses nocturnes (1953-54), a) melodia cromatica, vl. I, bb. 699-725; b) melodia cromatica, vl. I, bb. 726-730. © SCHOTT MUSIC, Mainz – Germany ED 6476

    Esempio 13. a) Serie per Istar pokoljárása (Trascrizione dallo schizzo. Fondazione Paul Sacher, per gentile concessione); b) Serie per Quartetto op. 28 di Webern

    Esempio 14. Le Grand Macabre, nn. 604-605. © 1997 SCHOTT MUSIC, Mainz – Germany ED 8522

    Esempio 15. Apparitions, II movimento, il sistema delle cellule ritmiche della sezione D (bb. 25-37)

    Esempio 16. Atmosphères, la derivazione delle altezze per il soggetto del canone, le sezioni H-I (Trascrizione dallo schizzo. Fondazione Paul Sacher, per gentile concessione)

    Esempio 17. Atmosphères, l’organizzazione delle altezze nelle sezioni H-I

    Esempio 18. Requiem, serie di altezze per il soggetto di Christe eleison, II movimento

    Esempio 19. Requiem, il soggetto di Christe dei bassi (b. 82-92); le linee indicano i rapporti di simmetria

    Esempio 20. Dieci pezzi per quintetto di fiati, estensione del primo movimento

    Esempio 21. Dieci pezzi per quintetto di fiati, andamento delle altezze nella parte del fagotto con il sistema di permutazioni delle coppie di altezze, I movimento, bb. 1-14

    Esempio 22. Kammerkonzert, andamento delle altezze nella parte del flauto con il sistema di permutazioni delle coppie di altezze, I movimento, bb. 1-5

    Esempio 23. Secondo Quartetto, III movimento, bb. 33-38 © 1971 SCHOTT MUSIC, Mainz – Germany ED 6639

    Esempio 24. Monument, tabella con i cicli di durate per le singole altezze nei due pianoforti (Trascrizione parziale dello schizzo. Fondazione Paul Sacher, per gentile concessione)

    Esempio 25. Monument, schema dell’organizzazione delle dinamiche in rapporto alle durate (Trascrizione parziale dello schizzo. Fondazione Paul Sacher, per gentile concessione)

    Esempio 26. Concerto per pianoforte e orchestra, I movimento; schema dei periodi ritmici del pianoforte e degli archi, bb. 1-15

    Esempio 27. Concerto per pianoforte e orchestra, III movimento; la melodia del lamento a due velocità di scorrimento differenti

    Esempio 28. Concerto per pianoforte e orchestra, III movimento; schema dei tempi sovrapposti, sezioni M-P

    Esempio 29. Atmosphères, derivazione delle durate (Trascrizione parziale dello schizzo. Fondazione Paul Sacher, per gentile concessione)

    Esempio 30. Atmosphères, grafico della forma generale con durate, estensione registrica e dinamiche

    Esempio 31. Atmosphères, derivazione delle durate per la sezione T (Trascrizione parziale dallo schizzo. Fondazione Paul Sacher, per gentile concessione)

    Esempio 32. Atmosphères, ipotesi sull’organizzazione temporale

    Esempio 33. Atmosphères, i modi di collegamento (Trascrizione tradotta dello schizzo. Fondazione Paul Sacher, per gentile concessione)

    Figure

    Figura 1. Volumina. Tipologie di cluster illustrate nelle note all’esecuzione della partitura pubblicata. Estratto da Volumina di György Ligeti (EP 5983) © Copyright by Henri Litolff’s Verlag, Frankfurt. Per gentile concessione di Peters Edition Limited, London.

    Figura 2. Pièce électronique n. 3, facsimile della pagina 8 della partitura delle frequenze e delle durate

    Figura 3. Atmosphères, facsimile dello schizzo con il sistema ritmico per le sezioni H-I

    Figura 4. Kyrie, schema formale delle imitazioni. Per ogni entrata sono indicate la serie di 12 altezze di riferimento, il percorso dinamico, la nota di partenza e la massima estensione raggiunta. I numeri in basso indicano la distanza tra le entrate delle diverse voci calcolate in minime (unità di tempo)

    Figura 5. Aventures, facsimile dello schizzo per la sezione Conversation

    Figura 6. Kammerkonzert, facsimile dello schema con percorso globale delle altezze (parte finale del secondo movimento) e delle sequenze per la parte del pianoforte (bb. 15-31, sistema indicato con la lettera maiuscola A) e del violino secondo (bb. 39-57, gli ultimi tre pentagrammi)

    Figura 7. Concerto per violino e orchestra, facsimile dello schema per il controllo ritmico del I movimento

    Figura 8. Concerto per violino e orchestra, facsimile dello schema per il controllo ritmico del V movimento

    Le figure 2, 3, 5-8 sono pubblicate per gentile concessione della Fondazione Paul Sacher di Basilea.

    Tavole

    1. György Ligeti da bambino

    2. Schizzo del brano orchestrale incompiuto Söttet és világos (1956)

    3. György Ligeti, Bruno Maderna e N. N., Monaco, Festival Musica Viva, novembre 1960 (© Werner Neumeister)

    4. György Ligeti a Toronto, anni ’70 (© BIC Photography)

    5. Esecuzione di Poème symphonique per 100 metronomi, Freiburg im Breisgau, 1984 (© Klaus Fröhlich)

    6. San Francisco Polyphony (1973-74), primo dei tre fogli contenenti lo schizzo della forma generale

    7. György Ligeti, Conlon Nancarrow e Jürgen Hocker, fine anni ’80 (© Gisela Gronemeyer)

    8. György Ligeti, Peter Sellars, Esa-Pekka Salonen, Los Angeles 1993 (© Ines Gellrich)

    9. György Ligeti nel suo appartamento ad Amburgo, fine anni 90 (© Barbara Klemm)

    10. Síppal, Dobbal, Nádihegedűvel (2000), schizzo per il II movimento Tancdál

    Le tavole 1, 2, 6 e 10 sono pubblicate per gentile concessione della Fondazione Paul Sacher di Basilea.

    INTRODUZIONE

    György Ligeti è stato uno dei maggiori compositori del XX secolo. Le numerose monografie scritte a partire dagli anni Settanta (di Ove Nordwall, Wolfgang Burde, Ulrich Dibelius, Pierre Michel, Richard Steinitz, Marina Lobanova e altri) offrono al lettore un ampio ventaglio di prospettive e approcci sulla sua vita e sulle sue opere. Nella saggistica italiana manca però uno studio articolato che tratti la sua poetica, il suo orizzonte culturale e la sua tecnica compositiva. Dopo la raccolta di saggi pubblicata nel 1985 a cura di Enzo Restagno, solo più recentemente, tra il 2002 e il 2003, si sono aggiunti altri due titoli: Lei sogna a colori?, traduzione dell’intervista con Eckhard Roelcke (Aleph), e il volume di Alessandra Morresi dedicato al primo libro di Studi per pianoforte (De Sono/EDT). Questa scarsità di pubblicazioni è però in contrasto con la fama di cui gode in Italia la musica di Ligeti. Le sue composizioni sono eseguite nei più rinomati festival da ensemble di prim’ordine; la sua opera Le Grand Macabre è stata in cartellone nei maggiori teatri d’opera italiani. La produzione musicologica non ha seguito questo straordinario successo con pubblicazioni più ampie di carattere scientifico. Il presente volume si propone di colmare per quanto possibile questa lacuna.

    A differenza delle monografie pubblicate, i cui autori non di rado erano legati al compositore da anni di frequentazione e amicizia, questo libro scaturisce interamente dallo studio delle opere, corredato da un approfondimento delle questioni teoriche che Ligeti trattò nei suoi scritti nonché da un’indagine dei materiali autografi e degli epistolari conservati presso la Fondazione Paul Sacher di Basilea. Una prima versione dal titolo György Ligeti. Riflessione teorica e prassi compositiva è stata presentata come tesi di Dottorato in Musicologia e Scienze Filologiche (Università degli Studi di Pavia) nel 2004; quel lavoro di carattere marcatamente tecnico e analitico è stato il punto di partenza di questa monografia, che ha poi assunto i caratteri di una lettura di respiro più ampio e di stile più discorsivo. Ho cercato comunque di mantenere nelle note a piè di pagina informazioni tecniche e rimandi bibliografici a trattazioni di carattere analitico e teorico, utili a coloro che vogliano approfondire ulteriormente, per lavoro o per passione, argomenti specifici.

    La prima parte del libro, relativa principalmente alle vicende biografiche e al contesto culturale e politico in cui operava il compositore, è stata interamente scritta ex novo, integrando il più possibile dati e informazioni dedotti dai carteggi inediti, a volte più esaurienti e verosimili delle stesse interviste che negli ultimi anni Ligeti era solito rilasciare. Infatti ho riscontrato più volte un certo assestarsi su posizioni e affermazioni precedentemente espresse, oppure basate su ricordi, non di rado distorti dalla lontananza temporale, e dal desiderio dello stesso compositore di mettere in evidenza in particolar modo collegamenti tra alcuni eventi e ricordi, da una parte, e determinate scelte compositive dall’altra. Per esempio, la fuga da Budapest nel 1956 si è imposta quale spartiacque tra lo stile ‘giovanile’ di forte impronta bartókiana e uno stile maturo influenzato dalla musica d’avanguardia, della quale nel giro di pochi anni Ligeti stesso divenne protagonista; invece l’incontro con la musica delle popolazioni centroafricane figura quale punto di svolta verso una nuova ricerca sul piano ritmico. Senza ignorare queste cesure significative nella biografia ligetiana, l’obiettivo primario delle seguenti pagine è quello di contribuire, partendo dal linguaggio compositivo stesso e dalle sue metamorfosi nel tempo, alla comprensione del complesso universo in cui si colloca la personalità e la produzione del compositore.

    I quattro capitoli della seconda parte ripercorrono l’intero arco produttivo di Ligeti, integrando le informazioni generali sulle opere con l’illustrazione degli aspetti più significativi della tecnica compositiva. Nel primo capitolo di questa parte, Dalla tradizione all’avanguardia: le opere ungheresi, la produzione precedente al 1956 viene esaminata in riferimento a due tematiche: il rapporto con Bartók e l’acquisizione della dodecafonia; quest’ultimo aspetto è trascurato nella maggior parte delle monografie a eccezione del recente lavoro di SIMON GALLOT, György Ligeti et la musique populaire, (Symétrie, Paris 2010), a causa della difficoltà nel reperimento delle fonti. Grazie allo studio degli schizzi di diverse composizioni incompiute degli anni 1955-1956 è stato possibile, e al contempo opportuno, soffermarsi sulla breve fase dodecafonica, in quanto essa si è rivelata determinante per diversi aspetti delle successive opere di Ligeti. Lo stesso capitolo dedica ampio spazio alla produzione corale, in Italia tuttora poco conosciuta ed eseguita. Il capitolo intitolato Sotto la superficie della musica statica: Apparitions, Atmosphères, Requiem prende in esame i capolavori degli anni Sessanta, guidati dallo sviluppo parallelo della nuova terminologia teorica e dei nuovi procedimenti di tecnica compositiva, in primo luogo quello della composizione timbrica (Klangfarbenkomposition). Il terzo capitolo ‘Musique irrégulière’: teatralità delle forme discontinue e poetica del ‘nonsense’ raccoglie sotto uno stesso denominatore molte composizioni in cui l’aspetto predominante si definisce mediante il concetto di forma discontinua, definita da Ligeti anche ‘caleidoscopica’. Rispetto alle opere statiche, infatti, brani come Aventures e il Secondo Quartetto si collocano all’estremo opposto: essi devono la loro specificità formale alla predilezione ligetiana per il contrasto, la sorpresa, l’apparente assenza di logica costruttiva o di senso. Nel mettere in rilievo gli aspetti della poetica del ‘nonsense’, termine preso in prestito dai Nonsense Madrigals del 1988 e particolarmente adatto all’inclinazione ligetiana per il ‘mondo a rovescio’, si è voluto delineare non soltanto il ricco universo di stimoli extramusicali che sono all’origine di molte di queste composizioni, ma anche aspetti di tecnica compositiva. Rigorosi e coerentemente sviluppati nel corso degli anni essi rappresentano, sebbene in apparente contraddizione con la ‘libertà’ della forma caleidoscopica, la forza innovatrice nelle opere della seconda metà degli anni Sessanta. L’ultimo capitolo di questa parte, Ritorno alle origini: il ritmo, rispettando a grandi linee il percorso cronologico, prende in esame le opere degli ultimi decenni osservate dalla prospettiva ritmica. Partendo da una scrittura ritmica piuttosto tradizionale nelle opere ungheresi e proseguendo attraverso il livellamento generale di tutte le dimensioni nelle opere statiche degli anni Sessanta, Ligeti perviene negli anni Ottanta a un significativo rinnovamento della dimensione ritmica non solo grazie allo studio di tecniche presenti nelle musiche extraeuropee (centroafricana, latinoamericana, balcanica), ma grazie alla maturazione dell’idea di polistratificazione che può riguardare la disposizione temporale o l’organizzazione metrica. Si tratta di un percorso a lunga gittata che affonda le sue radici nella produzione degli anni precedenti, i cui aspetti dovrebbero contribuire a rendere questo percorso chiaro e coerente con lo sviluppo della poetica ligetiana.

    Ligeti è stato un compositore d’avanguardia, ma anche un outsider, immerso e al contempo indipendente dalle correnti principali della musica del secondo Novecento. La sua musica e il suo pensiero lo testimoniano sin dalle prime manifestazioni fino ai significativi contributi degli anni Sessanta. Alla sua figura come teorico e al suo ruolo nel dibattito che coinvolge tutti i maggiori esponenti della musica d’avanguardia negli anni Cinquanta e Sessanta è dedicato il capitolo conclusivo Intersezioni tra riflessione teorica e pratica compositiva. Nonostante la complessità dei problemi trattati, ho voluto offrire un saggio di quell’orizzonte di vivaci discussioni e coraggiosi proclami; questo nella consapevolezza che è impossibile rendere in un libro l’esperienza di una vita intera, cesellata da situazioni inafferrabili, coincidenze fortunate e tanto lavoro. Dati e informazioni, considerazioni analitiche ed estetiche non sono che un pallido rispecchiamento dell’esperienza diretta della musica che ci informa meglio di chiunque altro sul suo autore e sul suo tempo.

    Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza la disponibilità della Fondazione Paul Sacher di Basilea, che mi ha sostenuta con una borsa di studio nel 2002, ha messo a disposizione i materiali del Fondo Ligeti nel corso di tutti questi anni e ha concesso il permesso per la pubblicazione di materiali inediti. Alla professionalità e alla simpatia di tutto il personale scientifico e tecnico, ed in particolare a Ulrich Mosch, Robert Piencikowski, Heidy Zimmermann, Johanna Blask ed Evelyn Diendorf, rivolgo un sentito grazie. Ringrazio, inoltre, Louise Duchesneau per le notizie e le informazioni di prima mano con cui ha saputo indirizzare il mio lavoro; Gianmario Borio per avermi introdotto nel mondo della ricerca; le case editrici Schott Music International e C.F. Peters per avere messo a mia disposizione materiali e avere permesso la riproduzione delle partiture; i fotografi e i loro eredi per aver concesso l’autorizzazione alla pubblicazione del materiale iconografico.

    Lo studio del pensiero e della tecnica compositiva di György Ligeti ha occupato, con momenti di maggiore o minore intensità, gli ultimi dieci anni della mia vita. Tante, tantissime sono le persone che mi sono state vicine lungo questo cammino e che in vario modo hanno contribuito alla sua realizzazione. A tutti loro va la mia gratitudine.

    Infine, un sentito grazie alla mia famiglia, fonte inesauribile di incoraggiamento e ispirazione.

    Nota per il lettore

    Nel volume vengono utilizzate due sigle bibliografiche. La prima GS, vol. I-II si riferisce alla raccolta degli scritti GYÖRGY LIGETI, Gesammelte Schriften, («Veröffentlichungen der Paul Sacher Stiftung, Vol. 10/1-2»), hrsg. von Monika Lichtenfeld, Schott, Mainz 2007. Per alleggerire il sistema delle note, i rimandi bibliografici ai testi teorici non esistenti in lingua italiana, ma pubblicati in questa raccolta, vengono indicati esclusivamente con dati ad essa riferiti. I dati delle pubblicazioni precedenti ed eventuali traduzioni in altre lingue sono invece riportati nell’elenco degli scritti.

    La seconda sigla riguarda la corrispondenza di Ligeti con il musicologo Ove Nordwall contenuta nel microfilm conservato presso la Fondazione Paul Sacher (d’ora in poi FPS), segnatura 109.1, che viene citata tramite la data della lettera seguita dai numeri indicanti il fotogramma e la sigla FPS: per esempio «Lettera a Nordwall, 10.08.1966: 392-393 (FPS)».

    Le citazioni dalla bibliografia, quando non diversamente indicato, sono tradotte a cura di chi scrive.

    Cremona, 13 agosto 2013

    LE TRAME DELLA VITA

    Un’infanzia transilvana

    Nato in Romania ma di origini ungheresi, divenuto cittadino austriaco nel 1967 sebbene per la maggior parte della sua vita residente in Germania, György Sándor Ligeti amava considerarsi un cittadino del mondo. Era nato il 28 maggio 1923 a Dicsőszentmárton; i suoi genitori, Alexander (Sándor) Ligeti (n. 1890) e Ilona Somogy (n. 1893), vi si erano trasferiti da Budapest nel 1921 per motivi di lavoro. Dicsőszentmárton – o Târnăveni come viene chiamata oggi in quanto parte del territorio rumeno¹ – era allora una cittadina di appena cinquemila abitanti e, come numerose altre zone di confine dell’Europa orientale, anche quest’enclave ungherese aveva cambiato più volte lo stato di appartenenza nonostante l’origine ungherese della maggior parte dei suoi abitanti. Infatti, nel 1920, con il Trattato di Trianon, l’Ungheria aveva dovuto cedere una parte del territorio ai paesi confinanti, tra cui Romania, Slovacchia e Jugoslavia. Dopo secoli di dominazione ungherese la Transilvania si trovava sotto il controllo rumeno e fino al 1924 più di duemila ungheresi avevano abbandonato la zona.² Il padre di Ligeti aveva deciso di restare in Transilvania, continuando a lavorare nella banca anglo-ungherese passata nelle mani dei dirigenti rumeni. Probabilmente riteneva che la sua famiglia in questo modo sarebbe stata più al sicuro, visto che a Budapest le agitazioni del dopoguerra stavano precipitando nel regime comunista, e già nel 1920 era passato il Numerus Clausus, la prima legge antisemita che regolava il numero degli ebrei che potevano iscriversi all’università. György Ligeti, difatti, era di origini ebree sia dalla parte del padre (gli Auer naturalizzati Ligeti) sia dalla parte della madre (gli Schlesinger naturalizzati Somogy),³ e sebbene la sua famiglia fosse non praticante e di vedute piuttosto laiche di stampo socialista, queste origini avrebbero influito pesantemente sulla sua vita.

    Fino al 1941, l’anno in cui sarebbe dovuto entrare in università, Ligeti aveva trascorso un’infanzia serena segnata da piccoli eventi – come ad esempio il trasferimento della famiglia nella città di Cluj nel 1929, oppure le vacanze dallo zio a Csíkszereda (attuale Miercurea Ciuc) nei Carpazi orientali –e da altri ricordi che il compositore ha evocato in numerose occasioni. Non sono poche infatti le interviste e gli scritti del compositore in cui i ricordi d’infanzia affiorano sulla superficie di un discorso più generale inerente alle propensioni e alle esperienze musicali della maturità.⁴ Rispondendo alle domande degli studiosi interessati alla ricostruzione sistematica di tutte le fasi della sua biografia, con particolare attenzione verso le esperienze musicali, Ligeti ha salvato dall’oblio diversi episodi dell’infanzia che si potevano probabilmente interpretare come indizi dei suoi interessi musicali futuri. Di conseguenza, egli attribuiva una certa rilevanza ai ricordi (prevalentemente negativi) della musica gitana, ad esempio, conosciuta grazie alla massiccia presenza di popolazioni zigane impiegate nelle fabbriche di mattoni e negli stabilimenti per l’estrazione del gas naturale, ubicati nella periferia della città di Dicsőszentmárton.⁵ Ancora più significativa appare, nel tempo, l’aracnofobia del giovane Ligeti, indizio precoce della sua ossessione per le ragnatele, i reticolati e più in generale per le trame fittamente intrecciate che inevitabilmente sembrano rimandare a dettagli fondanti della sua tecnica compositiva del periodo maturo. Il piacere del racconto e l’amore per il dettaglio che permeano le pagine dei ricordi ligetiani – striati da significativi e intenzionali rimandi alla sua musica – traspaiono chiaramente dal testo introduttivo per Apparitions (1958-1959), la prima composizione orchestrale composta ed eseguita dopo l’arrivo in Europa occidentale:

    Un giorno, quand’ero ancora bambino, ho fatto un sogno. Sognavo che non riuscivo più a raggiungere il mio lettino che era munito di sbarre e aveva per me l’attrattiva di un rifugio sicuro; tutta la camera era riempita di una tela fatta di filamenti molto sottili, ma estremamente fitti e collegati, che assomigliavano un po’ alla secrezione dei bachi da seta.

    Di fianco a me, altri esseri, altri oggetti rimanevano impigliati in questa gigantesca tela: tarme, coleotteri di ogni genere, che volevano raggiungere la luce diffusa da qualche debole candela, grandi cuscini sporchi, residui di alimenti e altri detriti. Ogni movimento degli esseri presi nella tela provocava un tremito che veniva comunicato all’intero sistema; a causa di ciò, i cuscini oscillavano senza tregua, il che a sua volta provocava un ondeggiamento dell’insieme. Di tanto in tanto i movimenti che si attiravano reciprocamente divenivano tanto forti che il filamento si spezzava in molti punti e che alcuni insetti venivano insperatamente liberati, per essere ben presto ripresi, con un ronzio che stordiva, nella tela ondeggiante.

    Questi eventi istantanei si producevano qua e là, modificavano progressivamente la struttura del tessuto che si faceva sempre più fitto; in certi punti si costituivano dei nodi inestricabili, in altri caverne nelle quali si tendevano fili, staccati dalla trame d’insieme a causa delle rotture.

    Le trasformazioni del sistema erano irreversibili; ogni stato passato del sistema lo era per sempre. Qualche cosa d’indicibilmente triste emanava da questo processo: lo scorrere del tempo che, producendo irrimediabilmente il passato, vieta ogni speranza.

    L’atmosfera kafkiana che emana da questo sogno ritorna in molti ricordi infantili di Ligeti, tutti pervasi da un certo senso di solitudine. Con una notevole abilità narrativa il compositore ha più volte ricordato la sua infanzia attraverso quest’immagine del bambino che legge da solo, di frequente anche libri non adatti alla sua età. In soffitta (dove si rifugiava per gelosia nei confronti di suo fratello Gábor, più giovane di cinque anni), nello studio di suo padre oppure nel lettino costretto da un ginocchio rotto, il giovane Ligeti spaziava fra generi letterari più disparati: dai racconti delle Mille e una notte – il primo libro che ricevette all’età di tre anni – agli atlanti geografici di suo padre, ai libri sulle illusioni ottiche trovati nello studio oculistico di sua madre, fino alla raccolta di novelle dello scrittore ungherese Gyula Krúdy,⁷ di cui il compositore serbava un ricordo intenso e che in seguito avrebbe evocato per descrivere la sua passione per gli ingranaggi e i movimenti meccanici. Si prestava particolarmente bene a tal proposito un racconto in cui si parla di una vedova che dopo la morte di suo marito, botanico o forse meteorologo, rimane da sola nella casa calata in un paesaggio invernale della pianura ungherese, casa piena di orologi, idrometri e barometri dove «nessuno veniva, forse da centinaia di anni. Nulla accadeva. Vi era una combinazione di movimento delle macchine e il nulla assoluto… l’assenza di tempo… nessun inizio e nessuna fine».⁸

    Tra i numerosi ricordi e interessi del giovane Ligeti non appartenenti direttamente al campo della sua istruzione musicale figurano diversi episodi che riguardano esperienze determinanti per la formazione di orizzonti culturali e di attitudini personali specifiche. L’incontro con la cultura rumena, avvenuto quando la famiglia si trasferisce a Cluj nel 1929, in questo senso occupa una posizione significativa. Nel capoluogo della Transilvania la commistione della cultura ungherese e quella rumena era molto più evidente che a Dicsőszentmárton. Infatti, anche se all’epoca Ligeti frequentava ancora le elementari in ungherese, la lingua rumena era sempre più presente nella vita quotidiana della famiglia. Con l’iscrizione al ginnasio rumeno all’età di dieci anni al giovane si apre un nuovo universo. Di madrelingua ungherese, grazie all’istitutrice viennese (secondo la migliore tradizione della borghesia di Budapest), all’età di quattro anni Ligeti aveva cominciato ad imparare bene anche il tedesco, lingua che non praticando in seguito avrebbe dimenticato per recuperarla completamente soltanto con il trasferimento in Europa occidentale. Al ginnasio, oltre al rumeno, apprende anche i primi rudimenti del francese, lingua più presente del tedesco, dati i rapporti più stretti della Romania con la Francia. Questa Babele linguistica, oltre a schiudere le porte verso la ricchissima letteratura in lingua rumena, sembra aver scatenato nella fantasia del giovane il desiderio di inventare una lingua immaginaria, così come da tempo si dilettava a inventare un mondo immaginario chiamato in seguito Kylviria (nome con il quale per tanti anni Ligeti chiamerà il progetto per il suo primo lavoro teatrale, Le Grand Macabre).⁹ Pur senza cadere in interpretazioni a posteriori che possono sembrare forzate, i ricordi e i numerosi disegni conservati del mondo immaginario del giovane Ligeti appaiono tuttavia affascinanti nella loro elaborata realtà fittizia e significativi considerando la successiva predilezione ligetiana per le poetiche surrealiste.

    Del tutto concreto invece è l’interesse di Ligeti per le scienze naturali, in particolare per la chimica. Un libro universitario di chimica inorganica, che riesce a procurarsi – ricorda il compositore – si aggiunge al regalo ricevuto dai suoi genitori per un compleanno, un piccolo laboratorio ‘fai da te’ che egli amplia ricorrendo a ulteriori provette e tubetti acquistati con la paghetta diligentemente messa da parte. Nonostante il piccolo incidente che il giovane aveva provocato durante un esperimento eseguito sul balcone di casa – con tanto di boato e spavento della nonna, sfortunatamente in visita da loro in quei giorni – i genitori di Ligeti erano probabilmente felici del suo interesse per la scienza. In modo particolare lo era suo padre Alexander, uomo con una forte passione per gli studi sociali e soprattutto per le scienze naturali. Da giovane sognava «un gigantesco laboratorio per studi biochimici e fisiologici su un’isola nell’Adriatico, nel quale avrebbe cercato il segreto della vita».¹⁰ Non avendo potuto perseguire gli studi scientifici a causa della morte prematura di suo padre Soma Auer,¹¹ Alexander sperava che suo figlio maggiore potesse continuare il suo piano e diventare un grande scienziato. I voti eccellenti in matematica e la passione per la chimica lasciavano ben sperare. Vi erano soltanto delle piccole carenze in autodisciplina, come anche una predilezione forse un po’ troppo accentuata a fantasticare, nonché il desiderio di suonare uno strumento musicale, che si addicevano poco al senso del dovere e di responsabilità che Alexander cercava di sviluppare nei suoi figli, per cui di fronte a tali manifestazioni intensificava lezioni private di scherma e di francese. Rispettando profondamente suo padre, Ligeti cercava di assecondarlo nel suo progetto e sognava come un giorno avrebbe vinto il premio Nobel, scoprendo il segreto della vita.¹² Ma le cose andarono diversamente. La strada della scienza fu dirottata da eventi storici verso quello che sarebbe stato il futuro di Ligeti, la musica. Intorno ai diciotto anni, contemporaneamente al divampare della seconda guerra mondiale, la musica si rivela l’unica strada verso un futuro possibile.

    La strada verso la musica

    Per ricevere i primi rudimenti di educazione musicale Ligeti deve attendere il primo anno del liceo tra i cui insegnanti vi era un vecchio ma appassionato maestro di musica che istruiva i propri allievi a leggere la musica e cantare a prima vista. Come reazione a questi stimoli Ligeti ricorda di aver immediatamente composto una melodia nello stile dei Lieder di Mendelssohn.¹³ La sua strada verso la musica riceve un’importante svolta quando suo fratello minore Gábor (n. 1928) comincia nel 1936 a suonare il violino. Un amico di famiglia aveva notato che Gábor aveva l’orecchio assoluto e aveva consigliato ai genitori di fargli studiare uno strumento ad arco. Un anno dopo, all’età di 14 anni, Ligeti inizia con le lezioni di pianoforte, strumento scelto in parte anche per poter suonare in duo con suo fratello. Sebbene sia un po’ tardi per una carriera da solista, gli studi del giovane procedono rapidamente. Dato che la famiglia non possiede lo strumento in casa propria, Ligeti si reca quotidianamente dalla sua insegnante di pianoforte per esercitarsi e non tardano anche i primi tentavi di composizione. La prima ‘opera’ che si ricordi è un Valzer in la minore nello stile di Edvard Grieg, più precisamente nello stile dei suoi Lyrische Stücke che il giovane studiava durante le lezioni di pianoforte.¹⁴ Al Valzer seguono altri pezzi per pianoforte solo e presto anche i duetti per pianoforte e violino o pianoforte e voce. Nello stesso periodo, la famiglia decide di trasferirsi in un nuovo appartamento nella zona più centrale della città, in modo che lo studio oculistico della madre fosse raggiungibile più facilmente dai pazienti. Affittano anche un pianoforte. Con lo strumento a casa propria Ligeti può finalmente dedicare ogni momento libero alle esercitazioni, il suo rapporto con la musica diventa più intenso e la sua conoscenza del repertorio si accresce, grazie anche al nuovo apparecchio radiofonico acquistato da suo padre nel 1933 con il quale si possono seguire concerti sinfonici trasmessi da capitali come Bucarest e Budapest. Sembra che sia in seguito all’ascolto di un poema sinfonico di Richard Strauss che Ligeti chiede a sua zia Marcsi di procuragli un manuale di strumentazione. Così, dopo uno studio attento del secondo volume del manuale allora molto famoso di Albert Siklós, insegnante di composizione a Budapest (il primo volume con le caratteristiche dei singoli strumenti era sfortunatamente esaurito), Ligeti si mette all’opera. Compone in maniera un po’ sbrigativa un quartetto d’archi per esercitarsi nella scrittura – un passaggio obbligatorio per ogni giovane orchestratore, secondo il manuale¹⁵ – per continuare subito dopo con un ambizioso progetto compositivo: La grande sinfonia in la minore con lo scoppio di un ordigno esplosivo (rimasta incompiuta). L’idea era, almeno secondo quello che afferma il compositore, di farla eseguire dall’orchestra amatoriale, nella quale egli stesso suonava da qualche tempo i timpani, e impressionare le ragazze con le sue invenzioni. La scarsa conoscenza degli strumenti impedisce al giovane di arrivare in fondo al progetto, ma lo porta a studiare la musica in modo più sistematico. Questo è testimoniato dai numerosi quaderni musicali che Ligeti comincia ad utilizzare intorno al 1939 per annotare melodie, idee musicali e composizioni vere e proprie, così come i compiti di armonia e contrappunto a partire dal 1941, anno in cui entra al conservatorio di Cluj.¹⁶

    I progetti per il futuro in realtà erano diversi. Ligeti sarebbe dovuto andare all’università ma in quegli anni molte cose stavano cambiando. L’ascesa al potere di Hitler nel 1933 aveva rafforzato i movimenti di destra in tutta l’Europa e verso la fine degli anni Trenta l’antisemitismo penetra anche in Ungheria. Nel 1940 Hitler costringe la Romania a cedere la parte nord della Transilvania all’Ungheria. I confini sono ridisegnati un’altra volta, Cluj diventa Koloszvár ungherese e tutto cambia, gli insegnanti rumeni sono sostituiti da quelli ungheresi e Ligeti si trova a sostenere l’esame di maturità in ungherese. Supera anche la prova d’ammissione in fisica e matematica all’università di Koloszvár ma il posto in scienze naturali per studenti ebrei è uno solo, e non viene assegnato a lui. È la prima volta, purtroppo non l’ultima, che le sue origini ebree influiscono sulla sua vita. Ligeti era cresciuto in un ambiente del tutto laico: già i suoi nonni non erano praticanti e il padre di Ligeti era un intellettuale di orientamento socialista che gli fece leggere Il capitale di Karl Marx a soli 14 anni. Ma la loro origine ebrea è evidente dal nome, Ligeti è una traduzione ungherese del cognome tedesco Auer, inesistente tra i cognomi ungheresi autoctoni. L’orchestra amatoriale nella quale Ligeti entra come timpanista, per studiare l’arte dell’orchestrazione attraverso la pratica, è ebrea così come ebrea è l’associazione di Budapest che bandisce il concorso di composizione da lui vinto nel 1941. Il Lied per mezzosoprano e pianoforte Kineret [Galilea], la sua prima composizione pubblicata, viene presentato insieme ad altri nove brani di compositori ebrei nella raccolta intitolata Az ‘Ararát’ dalai, 9 dal énekhangra zongorakísérettel [Le canzoni di ‘Ararát’, 9 canzoni per voce e accompagnamento del pianoforte]. L’editore è Bence Szabolcsi, lo stesso Szabolcsi che Ligeti avrebbe incontrato qualche anno dopo come professore di Storia della musica all’Accademia «Franz Liszt» di Budapest.

    Non potendosi iscrivere all’università Ligeti decide, in accordo con i suoi genitori, di tentare la strada della composizione. Tra i vari motivi vi è anche quello del servizio militare che, per gli iscritti effettivi alle università (conservatorio incluso) veniva posticipata di qualche anno permettendo così agli allievi di terminare gli studi. Il giovane raccoglie alcune sue composizioni e le spedisce ad Antal Molnár (1890‑1983), insegnante di estetica, musica da camera e teoria musicale all’accademia di Budapest, oltreché caposcuola della moderna musicologia ungherese. Egli risponde prontamente mettendo il giovane in guardia circa il futuro incerto che quel mestiere gli avrebbe riservato, tuttavia non lo distoglie dal perseguire i suoi sogni.

    L’iscrizione all’Accademia di Budapest è in quell’epoca pressoché impossibile per studenti ebrei, così Ligeti decide di iscriversi al Conservatorio di Koloszvár, il cui direttore Viktor Vaszy era di vedute più liberali. Sostenuta la prova d’ammissione, viene ammesso nella classe di Composizione e teoria della musica. Dal 1941 al 1943 studia con Ferenc Farkas, un ottimo insegnante i cui modelli didattici erano le sonate di Mozart e i corali di Bach. Essendo stato allievo di Ottorino Respighi, Farkas aveva acquisito una notevole abilità nella scrittura orchestrale. Particolarmente attento alla condotta delle parti, egli correggeva con attenzione estenuante i compiti di Ligeti che consistevano in esercizi di armonia e di scrittura nello stile di vari compositori come Mozart, Bach, Couperin e presto anche Stravinskij e Hindemith; quest’ultimo su iniziativa dello stesso Ligeti che durante una visita a Budapest aveva acquistato e in seguito completato molti degli esercizi del manuale hindemithiano Unterweisung im Tonsatz.¹⁷ Tra il 1942 e il 1943, non avendo ancora abbandonato del tutto il sogno di diventare uno scienziato, Ligeti segue lezioni private di matematica, chimica e fisica organizzate per studenti ebrei da alcuni professori del liceo, che speravano in una veloce sconfitta di Hitler e ripristino dei corsi universitari per tutti e, al contempo, frequenta anche il conservatorio. Gli impegni erano tanti – i compiti di composizione, le lezioni inizialmente di violoncello, poi di contrabbasso e infine di organo – e verso la primavera del 1942 Ligeti ha una specie di esaurimento nervoso per stanchezza e tensione. Fraintendendo i motivi del suo malore, i suoi genitori gli fissano una serie di appuntamenti da uno psichiatra di Budapest, occasione che il giovane sfrutta per prendere lezioni private con Pál Kádosa, compositore di fama internazionale e pianista noto per le sue esecuzioni di Bartók.¹⁸ L’approccio analitico e lo studio dettagliato con il quale Kádosa avvicinava le partiture classiche rappresentano per Ligeti un modello insuperabile, che continuerà ad osservare anche nelle proprie analisi della musica d’avanguardia (si pensi all’analisi di Structures Ia) e durante le lezioni che avrebbe impartito egli stesso molti anni dopo presso il Conservatorio di Amburgo.

    Sono anni di grande fervore creativo: da una parte gli esercizi di contrappunto e i corali di Bach, corretti fino alla perfezione da Farkas, dall’altra il proliferare delle prime libere composizioni. Prima del 1945 Ligeti scrive molti brani come Kis zongoratrió [Piccolo trio con pianoforte] per violino, violoncello (o viola) e pianoforte (1941-42), Tréfás induló [La marcia scherzosa] per pianoforte a quattro mani (1942), o anche molti lavori per coro come Órbán [Orban] per coro femminile (su testo del poeta Sándor Petőfi) oppure A varró lányok [Le sarte] per coro femminile a tre voci (su testo del poeta János Arany), entrambi del 1942. Sono brani in cui appare evidente l’impronta bartókiana, anche se gli elementi di uno stile individuale testimoniano già il processo di superamento della semplice imitazione stilistica. Infatti, in opere come Polifon gyakorlat [Studio polifonico] per pianoforte a quattro mani e Praeclassica, un tema-corale con tre variazioni per orchestra da camera, entrambi del 1943, l’apprendimento delle tecniche contrappuntistiche e una maggiore conoscenza dell’armonia consentono l’introduzione di elementi formali e armonicomelodici più articolati.¹⁹ Composizioni corali, Lieder per voce e pianoforte, duo per violino e pianoforte, trii con pianoforte e singoli movimenti per quartetto d’archi risalenti a questi primi anni Quaranta ci restituiscono l’immagine di un giovane studente fortemente motivato e diligente.

    Purtroppo, la guerra nel frattempo divampava e, anche se all’inizio i suoi effetti raggiungono Koloszvár

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