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Un Sodalizio Letale
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E-book174 pagine2 ore

Un Sodalizio Letale

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Info su questo ebook

Questo thriller inizia con l’agente speciale Rick Clark che si sta riprendendo da una perdita traumatica che ha sconvolto il suo mondo. Determinato a scoprire la verità dietro il macabro omicidio di una sua cara amica, parte per il Perù, dove è misteriosamente fuggito il suo testimone chiave. Con l’aiuto dei servizi segreti peruviani e di un’affascinante agente speciale peruviana, Clark va a caccia di indizi che lo portino a confrontarsi direttamente con chi possiede i mezzi e la volontà di schiacciare ogni opposizione. Senza pietà e completamente. Questa è una storia potente sul coraggio, l’impegno e la perdita personale. Ma è anche una storia sulla speranza di rigenerarsi e su come essa può riportare alla guarigione.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita3 mag 2023
ISBN9781667456065
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    Anteprima del libro

    Un Sodalizio Letale - Michael Segedy

    Capitolo 1: Il recupero

    ––––––––

    Poco più di un mese dopo il funerale dell’Agente Marty Robin, Rick Clark era su un aereo in procinto di atterrare all’Aeroporto Internazionale Jorge Chavez di Lima, in Perù. Dopo la sua angioplastica, il dottore gli aveva prescritto 75 milligrammi di clopidogrel per scongiurare il rigetto dello stent e 40 milligrammi di celexa per aiutarlo a combattere la depressione. Aveva esaurito le sue trenta capsule di celexa da oltre una settimana e credeva di iniziare a sentire l’effetto malinconico della sospensione del farmaco. Mentre si agitava sul suo sedile, rimpiangeva di non aver chiesto al suo medico di scrivergli un’altra ricetta – per ogni evenienza.

    La notte precedente aveva dormito poco, svegliandosi due volte. Una parte della sua irrequietezza era la conseguenza del fatto che era dovuto partire presto per l’aeroporto, alle cinque del mattino. Durante la sua sosta a Miami si era addormentato un paio d’ore nella sala partenze. Aveva sperato di fare una pennichella sul volo di discesa, ma con tutta l’attività in cabina e la turbolenza dell’aria sopra l’equatore, che faceva sobbalzare l’aereo ogni pochi minuti, aveva abbandonato l’idea.

    Rick prese il piccolo cuscino – stretto fra il suo corpo e il bracciolo – e lo piazzò saldamente dietro la testa. Poi si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi.

    Al funerale di Marty, finito il rito, l’Agente Speciale sul Campo Sorenson, il suo capo, lo aveva raggiunto fuori nel parcheggio e aveva raccomandato a Rick di prendersi due settimane libere. Il suo cardiologo aveva anche insistito affinché evitasse qualunque stress, riposasse e desse al suo corpo il tempo per ristabilirsi. Aveva concluso con l’avvertimento che sarebbe stato stupido sfidare il destino.

    Senza dubbio, se l’era scampata per un pelo un paio di volte. Due attacchi di cuore nell’arco di un anno. Per sua fortuna, il paramedico gli aveva praticato immediatamente la rianimazione cardiopolmonare mentre il suo assistente usava il defibrillatore.

    La prima settimana era rimasto a casa, a prendere le sue medicine quotidianamente, ma non sapeva motivarsi ad alzarsi dal letto prima di mezzogiorno né a fare molto altro. Una volta in piedi, doveva convincersi a portare Thomas a passeggiare, un’occupazione alla quale un tempo non vedeva l’ora di dedicarsi. Quando aveva fatto una visita in clinica, il dottore gli aveva aumentato il dosaggio dell’antidepressivo a 40 milligrammi. Pochi giorni dopo, si sentiva molto meglio ma aveva problemi a concentrarsi su qualsiasi cosa, il che era probabilmente lo scopo del farmaco. Lo riferì al cardiologo, che lo convinse a rivolgersi ad uno psichiatra, ma, dopo la terza seduta, aveva deciso di non tornarci. Lo strizzacervelli aveva cominciato a scavare in acque torbide, e iniziava a sentirsi a disagio per quello che avrebbe potuto ripescare.

    Avere con sé Thomas era per lui la migliore terapia. Quando il dosaggio maggiore di celexa iniziò a prendere il sopravvento, superò la depressione e cominciò a portare Thomas a fare passeggiate sempre più lunghe, mentre tesseva con lui lunghi monologhi quando non c’era nessuno intorno. Malgrado le medicine, la sua mente aveva i suoi momenti di lucidità, e la paura cupa che aveva provato in precedenza si era trasformata in un’allegra spensieratezza che lo costringeva ogni giorno a tenere conferenze a Thomas sull’assurdità della vita. Ironia della sorte, iniziava a osservare la vita attraverso lenti di colore più chiaro. Si godeva il sollievo di una libertà in cui credeva di non essere responsabile di nulla e di nessuno, tranne che di Thomas. Alla fine, niente contava davvero, e questo pensiero gli forniva preziosi momenti di calma assoluta.

    Ai tempi del liceo e del college si era astenuto dall’assumere droghe, e ora se ne stava quasi pentendo. Grazie all’uso quotidiano del celexa, si rallegrava di non sentire nulla di forte. Tranne il bisogno di parlare a vanvera. E dato che Thomas era un buon ascoltatore, Rick si trovava a suo agio ad esporre qualsiasi argomento gli venisse in mente, mentre Thomas pareva non stufarsi mai.

    Adesso che non era sotto effetto del farmaco, provava un po’ di nervosismo, ma c’erano alcune cose da fare, e continuare ad usare i farmaci non gli avrebbe consentito di farle.

    Rick era sul punto di chiedere all’assistente di volo un giornale in inglese quando sentì l’altoparlante sopra la sua testa annunciare che l’aereo sarebbe atterrato entro dieci minuti.

    All’inizio della settimana precedente aveva deciso di riprendere da dove aveva interrotto, riguardo la scomparsa di Aaron Mast. Aaron era l’unico collegamento con l’omicidio di Chloe Sisley, la migliore amica della figlia deceduta nonché la sua figlia adottiva. Benché non si fosse ancora rassegnato alla perdita di Marty, se non nel suo cuore quantomeno nella sua mente aveva compreso che non sarebbe mai più tornata. Era un fatto tragico che doveva accettare. E nonostante lei gli mancasse terribilmente, sapeva che, se Marty gli avesse potuto parlare dalla tomba per chiedergli qualcosa, sarebbe stato per dirgli di trovare l’assassino di Chloe. E per riuscirci, al momento, aveva bisogno di scacciare i pensieri oscuri sulla perdita di lei e di Chloe, e di accantonare le sue elucubrazioni sull’indifferenza del mondo, per concentrarsi esclusivamente sul rintracciamento di Aaron.

    Tre giorni prima, aveva parlato al telefono con il generale peruviano, Jorge Morales Pereira, l’uomo a capo dei Servizi di Intelligence Peruviani. Il suo amico all’ufficio della DEA lo aveva messo in contatto con il generale, che gli aveva proposto gentilmente ancora una volta di ospitarlo a casa sua e si era offerto volontario per aiutarlo in qualunque faccenda di polizia. Rick aveva cercato di convincerlo che si sarebbe trovato bene anche in un albergo in città, ma il generale non aveva voluto sentire ragioni, insistendo per averlo ospite. E informò Rick che gli avrebbe mandato qualcuno a prenderlo in aeroporto, per portarlo direttamente a casa sua.

    Rick apprezzava il fatto che il generale non avesse provato a carpirgli informazioni quando avevano parlato al telefono. Quel vecchio gentiluomo sembrava perfettamente soddisfatto dalle informazioni di base che Rick gli aveva rivelato. Il comportamento del generale era stato molto diverso da ciò che Rick si aspettava. Se avesse contattato un ufficiale americano di alto rango per chiedergli aiuto, questi sicuramente gli avrebbe rivolto una marea di domande. L’ufficiale avrebbe voluto sapere esattamente in cosa si stesse invischiando e, in particolare, se ci fossero rischi per se stesso o per chiunque altro.

    L’affabilità del Generale Morales, la sua simpatia e la sua indole totalmente discreta lo sorpresero sinceramente. Negli anni, aveva sentito molti commenti vaghi sui latino-americani. Su come fossero meno rigidi, meno esigenti, meno sospettosi e meno diffidenti dei loro vicini gringo. E il generale certamente corrispondeva a questo stereotipo. Allo stesso tempo, aveva sentito dire che i latino-americani erano meno organizzati, meno disciplinati e molto meno efficienti nel portare a termine le cose. Sperava che quella descrizione si dimostrasse errata.

    Un suono crepitante uscì improvvisamente dagli altoparlanti in alto, interrompendo le fantasticherie di Rick. A causa del forte accento inglese dell’assistente di volo, riuscì a malapena a capire la sua richiesta ai passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza e di mettere i sedili in posizione verticale. Seguendo il suo annuncio, tutti gli assistenti di volo iniziarono a passare fra i sedili per i controlli dell’ultimo minuto.

    Mentre Rick guardava fuori dal piccolo oblò ovale il vasto Oceano Pacifico che scintillava sotto una luna splendente, l’aereo virò a destra e immediatamente apparvero le luci fioche di Lima, città tentacolare e senza alberi, di dieci milioni di abitanti. I lampioni pallidi fecero pensare a Rick che forse i generatori di corrente della città erano sovraccarichi o che la città non poteva permettersi di pagare le sue bollette elettriche. Di sicuro, l’oscurità era in gran parte dovuta alla nebbia fitta che dipingeva il paesaggio urbano di un grigio plumbeo.

    Qualche istante dopo, udì il lamento del carrello e sentì l’aereo rallentare a mezz’aria. Subito, il ruggito dell’aria che colpiva gli alettoni delle ali riempì la cabina mentre l’aereo iniziava la discesa verso l’Aeroporto Internazionale Jorge Chavez.

    Il velivolo rullò lentamente fino al gate. Passati pochi minuti, l’equipaggio dell’aeroporto mise in sicurezza le scalette di sbarco e Rick scese, seguendo una processione ordinata di passeggeri, sull’asfalto fino al terminal.

    Una volta dentro, fu colpito istantaneamente dall’aspetto moderno dell’aeroporto. Ogni cosa intorno a lui sembrava nuova, pulita, progettata e decorata sapientemente. Da qualche parte aveva letto che l’aeroporto del Perù era stata eletto miglior aeroporto del Sud America, e ora poteva capire il perché. Ovunque c’erano indicazioni riportate in spagnolo e in inglese, mentre il personale dell’aeroporto era pronto nelle vicinanze ad assistere i passeggeri. Ci volle pochissimo tempo per passare la dogana. Chiaramente, a quell’ora della notte gli afflussi erano esigui, dato che apparentemente il suo aereo era stato l’unico volo in arrivo.

    Dopo aver ritirato le sue valigie e aver superato l’area bagagli in direzione dell’ingresso, vide una giovane donna affascinante con un sorriso smagliante, bellissimi occhi scuri e capelli corvini che reggeva in alto un cartello con sopra stampato il suo nome. Appena i loro occhi s’incrociarono, la donna lo chiamò: «Agente Clark.»

    Quando si liberò dal flusso di persone che trascinavano borse e spingevano carrelli verso l’uscita, la giovane donna gli si avvicinò, lo salutò, si sporse in avanti, premette la sua guancia contro quella di Rick e accennò un bacio, tutto in un unico movimento fluido. A causa della grande velocità della cosa, Rick s’irrigidì, come l’Uomo di Latta ne Il Mago di Oz. Si ricordava di aver visto in televisione sconosciuti dei Paesi latini salutarsi tra loro con baci sulla guancia e abbracci calorosi, ma comunque il saluto della donna lo sopraffece, lasciandolo quasi senza parole.

    «Benvenuto in Perù. Sono Neva, e sono lieta di essere la sua autista», disse raggiante. Poi fece un cenno verso un uomo vestito con un abito nero. «Alfredo prenderà le sue valigie.»

    «Grazie.»

    «Prego. Per favore, mi segua.»

    Rick non poté fare a meno di notare diversi uomini che la squadravano dall’alto in basso mentre si dirigeva impettita verso l’uscita.

    Appena furono fuori, Rick respirò l’aria densa dell’oceano. Diversamente da Miami, c’era caldo ma non un caldo opprimente. L’aria era umida, ma non appiccicosa. E, quantunque fosse passata da poco la mezzanotte, in Perù gli inizi di marzo erano ancora l’apice dell’estate.

    Si fecero largo tra una folla di uomini dalla pelle scura che urlavano: «Taxi!» mentre si dirigevano verso un grande parcheggio asfaltato con tutte le marche di automobili, molte delle quali nuove e stravaganti.

    «È la sua prima volta in Perù?», chiese Neva.

    «Sì. Prima volta.»

    Rick si domandò perché il generale avesse mandato quella donna giovane e bella a prenderlo, specialmente a così tarda notte. Ma poi comprese. L’aveva fatto per il suo inglese. Pareva quasi impeccabile, eccetto per l’accento squillante, che gli sembrò attraente. Apparentemente il generale voleva che lui si sentisse a suo agio all’arrivo, senza dover lottare con la lingua.

    «Beh, spero che il mio Paese le piaccia», disse Neva, mentre Alfredo si fermava dietro una Mercedes nera e apriva il bagagliaio.

    «Mi piacerà sicuramente». Rick rifletté subito su quanto la sua risposta fosse stata un cliché. Ma allora, cosa avrebbe dovuto dire? Spero di sì. No, non sarebbe andato bene.

    «Quindi, ne deduco che non sia davvero lei l’autista», disse Rick in tono giocoso, mentre Alfredo apriva lo sportello anteriore della macchina per Neva e quello posteriore per lui.

    «No. Stavo scherzando. Il mio compito era accoglierla in aeroporto e assisterla. Il generale mi ha detto che lei non parla molto lo spagnolo.»

    «Solo qualche parola. Giusto quello che serve a confondere chiunque parli davvero lo spagnolo.»

    «Beh, se resterà qui per un po’, parlerà come uno di noi. Ma forse con appena un lieve, piccolo accento, come quello che ho io quando parlo inglese.» Rick trovava il suo accento molto grazioso.

    Quindici minuti dopo, la Mercedes nera stava percorrendo quella che pareva un’autostrada senza pedaggio, ma il traffico intenso e le uscite ogni due isolati davano a Rick l’impressione che fosse più simile a una grande arteria scorrevole. Cartelloni mastodontici pubblicizzavano le ultime novità della moda maschile e femminile; profumi e colonie; gioielli e orologi; concerti e spettacoli; automobili eleganti; appartamenti nuovi; canali via cavo; pacchetti per internet e cellulari. La marea di pubblicità testimoniava un boom economico. Su entrambi i lati un flusso di auto costose ed estrose di ogni marca e modello si muoveva come pesci luccicanti. E le persone con i soldi sembravano andare tutte nella stessa direzione.

    Quest’aspetto della città contrastava fortemente con la sua prima impressione di Lima. Fuori dall’aeroporto tutto aveva un colore differente. Il viale principale che entrava in città era avvolto da un caratteristico sudiciume. Non aveva niente a che vedere con il mondo affascinante che stava intravedendo oltre il vetro oscurato dell’automobile. Vicino all’aeroporto avevano costeggiato

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