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Alchimia per novellini
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E-book162 pagine1 ora

Alchimia per novellini

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Info su questo ebook

"Alchimia per novellini" rappresenta uno dei primi tasselli del complesso mosaico di avvenimenti parastorici che compongono le "Cronache della Masnada del Vento".

Un piccolo frammento di una storia più grande, che a sua volta si intreccia con innumerevoli altre nell'universo di Manhaar, popolato nella gran parte dei suoi mondi luminosi, dalle "genti di Man". Un nuovo mondo: sconosciuto, misterioso e in bilico tra realtà ed immaginazione.

Un'avventura che inizia come tante altre, con il sogno di libertà di una ragazza che vive su un'isola unica, il cui nome era finora ignoto nel nostro universo. Seyla Verena Calesta è una giovane, audace e alquanto bizzarra alchimista dotata di grandi capacità. Sofferente per i limiti imposti dalla sua isolata comunità, senza rendersene conto, come una foglia nel Vento, verrà trascinata in un viaggio che la porterà ben più lontano di quanto avrebbe mai immaginato
LinguaItaliano
Data di uscita29 giu 2023
ISBN9791221448627
Alchimia per novellini

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    Anteprima del libro

    Alchimia per novellini - Otto Krom

    Parte 1

    Seyla Verena Calesta

    Seyla V. Calesta

    in un disegno attribuito a Cerin Piccolobuio

    Guarda le stelle e saprai dove andare,

    ricorda la strada e saprai dove andare,

    leggi la mappa e saprai dove andare.

    dove va il vento nessuno lo sa.

    proverbio calestiano

    Mappa 1

    Calestia

    Isola delle nebbie eterne

    riproduzione da mappa originale

    Capitolo 1

    Calestia

    Mi chiamo Seyla Verena Calesta e ho distillato la mia prima pozione all'età di dodici jeare⁴.

    Raccolsi la proibita bacca feralia denatreide arrampicandomi sul grande albero dai fiori rosa in un momento in cui la guida, distratta da un affascinante magistra⁵, non badava a noi bambine nel parco della torre di osservazione. Scelsi quella bacca solo perché era proibita pur essendo in bella vista e trovavo ben rappresentasse la mia isola e la mia condizione.

    Lavorai sempre di notte, quasi al buio, mentre le mie compagne dormivano e sognavano nei loro letti di candido legno di ruusa.

    Ricordo la curiosità e la sensazione di gioia, quando mettevo in pratica le istruzioni che i miei rapidi sguardi e la mia efficace memoria avevano carpito dai libri aperti letti dai magistra in biblioteca. Conscia dei rischi del mio operato, cercavo di dare il meglio per non fallire.

    Ogni singolo passaggio di una preparazione alchemica è essenziale. Me l'ero sentito ripetere fin dalla nascita e io tentavo di rendere la forma perfetta come insegnavano quando ci facevano simulare esperimenti con inerti liquidi o polveri colorate.

    Non potevo certo disporre di un athanoreo e quindi la faccenda della lavorazione dovette durare molte notti. Con dedizione e concentrazione, pian piano riuscii ad aprire l'Okulus quel tanto che mi bastava per scorgere nel riflesso violaceo la trasmutazione e realizzarla.

    Posso provare ancora adesso la stessa emozione di quella mattina quando, esausta dopo l'ultima notte di fatica ma soddisfatta e impaziente, alle prime luci dell'alba sperimentai gli effetti della pozione sull'irascibile gatto di Valpurnia Anemina.

    Poco più tardi, quando la cosa fu scoperta, anche se il risultato che avevo ottenuto era perfetto, invece del meritato riconoscimento vidi la mia pozione sequestrata, ricevetti tre sferzate sulle mani e fui costretta a sorbirmi una serie di noiose prediche da guida e magistra.

    In quell'occasione pensai che forse era per un disdicevole riguardo verso i gatti che a Calestia non si praticava la sperimentazione.

    In ogni caso il mio primo distillato si rivelò indiscutibilmente un ottimo venoma nekroferale, preparato così bene da essere capace, secondo quanto sentii mormorare da uno spaventato magistra, di rimanere letale anche diluendone una sola goccia nell'intera riserva idrica del lago Baohre.

    Cosa darei per avere ancora a disposizione una di quelle favolose bacche! In seguito alla faccenda del gatto e dopo aver esaminato il mio veleno, bruciarono i pochi alberi di feralia noti sull'isola e a quanto fino ad oggi ho potuto scoprire nei miei numerosi viaggi, questi crescevano solo a Calestia.

    Fortunatamente però se il vento non soffia a monte, soffia a valle ed esistono molte altre materie basse da cui ottenere un pregevole e insapore veleno mortale, magari non altrettanto potente ma sicuramente efficace.

    Una pozione che provochi la morte di una creatura vivente però, non è che un modesto ed elementare risultato per un magistra are alkema o alchimista, come si usa in lyani ⁶, anche se devo dire per onestà che rappresenta un articolo sempre richiesto e può tornare utile in molteplici situazioni personali.

    Delle quattro harte dell'intelletto che si insegnano a Calestia, la harte are alkema era la sola che destasse il mio interesse e all'apprendimento di questa dedicavo fin da bambina ogni momento della mia giornata, preferendo lo studio alla compagnia dei miei coetanei.

    Era questa una tendenza abbastanza comune, poiché a Calestia affettività e socialità erano tutt'altro che incoraggiate se non in determinati circoli: i rituali di appartenenza culturale erano prevalentemente legati alle harte e riservati agli adulti già inseriti in ambito accademico, mentre i giovani avevano semplicemente il dovere di studiare.

    Nel mio caso, il controllo della materia attraverso la trasmutazione mi affascinava probabilmente per vocazione familiare, visto che a quanto sapevo i miei genitori erano stati noti alchimisti prima di scomparire quando avevo poco più di uno jeare, rendendomi una kllamana de harte⁷. In pratica, ero affidata alle cure della comunità al solo scopo di apprendere una harte fino al raggiungimento del rango di guida.

    A buon compenso di futili amicizie e del sopravvalutato affetto genitoriale, la mia giovane mente irrequieta era stimolata da lezioni e simposi dei migliori magistra ed avevo a disposizione abbastanza libri e pergamene da essere certa di non vivere a sufficienza per leggerle tutte.

    Si dice che la Biblioteca di Neeto contenga oltre seimila tomi tra i più significativi e rari e posso vantarmi di essere cresciuta tra le Pergamene del nero fiore di magistra Klassia e di aver potuto posare i miei occhi sul Meraviglia dei mondi di Genofonte, lo Zhulong-shu e le Diciotto tavole di Yermeti Tresmeo.

    Questa mia condizione di nascita e tradizione è stata invero molto importante, perché senza lo studio profondo non si può arrivare ad alcun risultato e lo studio richiede necessariamente fonti attendibili.

    Fonti rappresentate da libri, come quelli che ho citato o che avete in mano in questo momento e maestri, in grado di sciogliere i nodi che non riuscite a dipanare da soli.

    Alla tradizione dell'isola della mia giovinezza devo purtroppo riconoscere anche un limite gravissimo, che ha rallentato i miei progressi nei primi anni del mio percorso.

    A Calestia infatti, sebbene lo studio delle harte fosse centrale nella vita di quasi tutti gli abitanti, metterle in pratica era vietato a chiunque non avesse raggiunto il rango di magistra. Inoltre, la sperimentazione volta all'innovazione che potesse portare a qualsiasi modifica del Kamicodex, la raccolta delle conoscenze canoniche tradizionali, era ed è ancora oggi per quanto ne so, considerata certamente dannosa, intrinsecamente pericolosa e di fatto proibita a tutti.

    Questo atteggiamento e queste limitazioni che non riuscivo a comprendere, furono per me un cruccio fin da quando riesco a ricordare. L'alchimia rappresentava l'unico legame con la mia famiglia e la mia provenienza e la comprensione del suo funzionamento, delle sue leggi, era la mia ragione di vita. Eppure, la curiosità che mi spronava a studiare veniva soffocata da una coltre di regole e disapprovazione, a cui risultavo ovviamente insofferente.

    Durante la crescita le conoscenze accumulate aumentavano ma ancora non potevo sperimentare nessuna delle idee che la mia fantasia continuava a generare così ostinatamente. Con il tempo, caddi in uno stato di continua frustrazione, che mi portò all'età di diciotto jeare ad abbandonare la mia terra natia rischiando la vita nel tentativo.

    Cominciai a pianificare la fuga due jeare in anticipo, scegliendo subito come mezzo una nave mercantile. Potrebbe in effetti esser detto che, per una fanciulla nel fiore degli anni, progettare di imbarcarsi di nascosto da tutti su una nave di mercanti treoniani fosse un atteggiamento altamente sconsiderato. Non avendo però io alcuna esperienza del mondo fuori dall'isola perennemente avvolta dalle nebbie, mi era ancora ignoto il fatto che i marinai, anche quelli tendenzialmente onesti e rispettosi, perdevano ogni barlume di nobiltà dopo un po' di tempo passato in mare e persino che la stiva di un mercantile non è assolutamente il posto adatto per una giovinetta ben educata, come ero io al tempo.

    La realtà è che non avevo nessun'altra opzione disponibile per allontanarmi da Calestia. La legge era chiara a tal proposito: a nessun cittadino che non fosse un magistra era concesso lasciare l'isola e anche per loro, la cosa era una rara eccezione, tanto che si potevano contare sulle dita di una mano coloro ai quali era stato concesso tale privilegio.

    Le pochissime navi ammesse ad attraccare all'approdo di Asuryne tre volte all'anno, venivano raggiunte nel mare esterno dalla Zhanfea, il solo vascello calestiano ancora attivo. L'enorme imbarcazione senza vele provvedeva a scortarle in entrata e in uscita dal porto, permettendogli di superare senza danni la nebbia perenne e le scogliere mobili. Fin da quando ricordi, quelle navi erano sempre appartenute a mercanti treoniani ma in tempi più remoti sembra arrivassero anche degli shlugger⁸ di

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