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I serpenti del Vaticano
I serpenti del Vaticano
I serpenti del Vaticano
E-book353 pagine4 ore

I serpenti del Vaticano

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Info su questo ebook

Un grande thriller

Dall’autore del bestseller La congiura dei monaci maledetti

L’ultima rivelazione dei Milites Christi sta per sconvolgere la Chiesa di Roma

Le profezie divine di Tertulliano si stanno puntualmente avverando e un pericolo strisciante minaccia la Chiesa di Roma: è quello che credono di avere scoperto l’anziano sacerdote della chiesa di Santa Maria della Catena di Palermo e il parroco della basilica di Santa Prassede a Roma, studiosi di Storia romana. Alcuni fatti accaduti nel II e III secolo dopo Cristo – a partire dalle maggiori persecuzioni dei cristiani – sembrano inequivocabilmente connessi a episodi dei giorni nostri. Il Vaticano liquida le riflessioni dei due religiosi come poco rilevanti, ma i due sacerdoti, dopo una sparatoria di fronte a una chiesa, spariscono. Delle indagini sulla loro scomparsa si occupano il capo della squadra Mobile di Palermo, Giovanni Barraco e il questore di Roma, Ettore Midiri, assistiti da monsignor Matteo Cattaneo, uomo della Santa Sede, che già in passato ha collaborato con loro. Chi può avere interesse a chiudere la bocca ai due sacerdoti? Quale nervo dolente hanno inconsapevolmente toccato?

Una profezia che sta per avverarsi. Un nemico subdolo e strisciante pronto a uccidere.

Hanno scritto dei suoi libri: 

«Un autore che ti tiene inchiodato alle pagine.» 
Corriere della Sera 

«Un romanzo ricco di colpi di scena che tengono incollato il lettore verso un finale dove tutto si incastra alla perfezione.» 
Libero 

«Un lavoro dal ritmo serrato, avvincente, scritto con uno stile ricercato e letterario, con grande cura per i dettagli e ricco di personaggi che lasceranno una traccia indelebile nella memoria del lettore.» 
La Sicilia
Carmelo Nicolosi De Luca
È nato a Catania, ma vive a Palermo, dove scrive per il «Giornale di Sicilia». Ha lavorato 23 anni per il «Corriere della Sera». Ha curato inchieste e servizi da Europa, Asia, Africa, Medio Oriente, Sudafrica, Americhe, intervistando molti personaggi che hanno fatto la storia mondiale, tra cui Nelson Mandela. Si è dedicato solo al giornalismo fino a pochi anni fa, quando è ritornato alla vecchia passione di scrittore, pubblicando L’Italia degli inganni. Il genere che preferisce, però, è il thriller. È stato insignito, nella sua carriera, di numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. La Newton Compton ha pubblicato La congiura dei monaci maledetti, Il codice dei cavalieri di Cristo e I serpenti del Vaticano.
LinguaItaliano
Data di uscita21 mag 2021
ISBN9788822750631
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    Anteprima del libro

    I serpenti del Vaticano - Carmelo Nicolosi De Luca

    EN2882.cover.jpglogo-EN.jpg

    2882

    Prima edizione ebook: giugno 2021

    © 2021 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    Copertina © Sebastiano Barcaroli

    ISBN 978-88-227-5063-1

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica realizzata da Punto a Capo, Roma

    Carmelo Nicolosi De Luca

    I serpenti del Vaticano

    marchio.tif

    Newton Compton editori

    Indice

    1

    2

    3

    4

    5

    6

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    45

    Andate e versate sulla terra le sette coppe dell’ira di Dio.

    Giovanni, Apocalisse 16,1

    1

    Monsignor Matteo Cattaneo, viceprefetto della Biblioteca Apostolica del Vaticano, attraversò il Cortile del Belvedere diretto al grande edificio che custodisce duemila anni di storia. A un tratto venne assalito da un capogiro, accompagnato da un forte senso di nausea. Fermò il passo e si sostenne con una mano allo stipite del portone. La mancanza di sonno, pensò.

    Le sue ultime tre notti erano state un incubo. Sempre lo stesso sogno: il cielo roteava, le stelle cadevano sulla terra, il sole si oscurava, la luce della luna diveniva rosso sangue e d’improvviso appariva il viso di un Cristo in lacrime. E le albe lo trovavano con gli occhi sbarrati. Respirò a fondo e varcò la soglia.

    Il cardinale Ambrogio Ruiz, prefetto della biblioteca, scrutò attentamente il viso pallido del suo vice.

    «Matteo, che c’è? Sei così pallido…».

    Cattaneo sprofondò in una delle poltrone davanti la scrivania e si sfregò gli occhi con la mano destra. «Nulla, Ambrogio, passerà».

    «Qualche problema in famiglia?»

    «No, grazie a Dio, solo brutti sogni. Mi sveglio di soprassalto angosciato e non riesco a riprendere sonno».

    «Hai provato con qualche tranquillante?»

    «Non mi piace farne uso. Comunque, parliamo d’altro. Mi devi dare ancora un po’ di tempo per finire il lavoro di riassegnazione dei compiti interni».

    «Certo. Il capo non me l’ha sollecitato». Restò a guardare il viso affaticato del monsignore, un membro della Casa Pontificia di grande valore. Quarantotto anni, un fisico ben curato, un luminare della Storia della Chiesa. Era stato più volte all’estero, a portare la parola di Dio e sostegno ai bisognosi. Era una delle poche volte che veniva in biblioteca con l’abito talare, preferiva indossare il clergyman. «Matteo, devi riposare qualche giorno. Si vede che non stai bene».

    «Sei molto caro, Ambrogio, ma il lavoro mi distrae dall’inquietudine che mi provocano questi strani sogni».

    «Te la senti di parlarne? Potrebbe esserti d’aiuto».

    Cattaneo esitò, guardò fisso in viso il cardinale, poi si mosse sulla sedia. «È sempre lo stesso sogno e si presenta alla stessa ora: le tre e quattro minuti».

    «Lo stesso sogno? E alla stessa ora?».

    Il monsignore annuì con fare stanco.

    «Strano però».

    «Le immagini sono più o meno alcune delle visioni che Giovanni riferisce nella Rivelazione di Patmos sulla volontà e i propositi di Dio… in particolare l’apertura del sesto sigillo».

    «L’ira di Dio che si riversa sulla terra… La luna che diviene color del sangue, le stelle che cadono sulla terra come un fico lascia cadere i suoi frutti acerbi quando è scosso da vento impetuoso…», recitò il cardinale.

    «Più o meno, con l’aggiunta del volto di Cristo in lacrime».

    Ruiz, mani giunte sul largo tavolo in mogano scuro, avvicinò di più il viso a quello del monsignore. «Forse una proiezione del tuo stato d’animo. Matteo, ci conosciamo da anni e converrai che la nostra Chiesa attraversa tempi tristi, tempi di guai e dolori. Forse è l’ora che il Creatore intervenga, forse sta già intervenendo. Nel mondo si stanno idolatrando falsi dèi e si è pronti a uccidere per essi. Il denaro, i piaceri, la lussuria, il potere allontanano dalla via del bene, della carità, del Signore».

    Il cardinale sfiorò con una mano la base del crocifisso che teneva sul tavolo, quindi proseguì: «Invece di aiutare i più deboli li si tortura, il pianeta viene devastato, la sua biosfera, che per miliardi di anni ha protetto ciò che è vivente, viene sconvolta e perché? Per bramosia di ricchezza, di dominio. La desertificazione vede punte spaventose, gli eventi estremi si moltiplicano con impatti pesantissimi a livello economico e di vite umane. E l’innalzamento dei mari? L’acidificazione dell’oceano? In questo mondo sta cavalcando la bellezza del male. E non è strano che Dio si stia adirando. Forse i tuoi sogni hanno qualcosa di profetico».

    «Cardinale, mi pare che tu sia stato sempre alquanto cauto sulle profezie».

    Ruiz si mosse a disagio sulla sedia. «Cauto è la parola giusta, ma non scettico. Di certo, attorno a noi avvengono fenomeni che non sappiamo spiegare».

    Cattaneo torturò i bottoni della veste. «Può darsi che tu abbia ragione, è possibile che le mie ansie si tramutino in sogni. Eppure, c’è qualcosa… non so cosa… il pianto del Cristo… è così vivido, reale».

    «Forse perché il suo sacrificio non è servito a molto e vedi in questo la collera di Dio avvicinarsi. Qualcosa deve cambiare, Matteo. Vedrai che qualcosa cambierà e la gloria del Signore risplenderà in questo mondo di eretici».

    «Fede e preghiera».

    Il cardinale fece cenno di sì con la testa.

    Cattaneo si alzò. «Vado al lavoro». E si avviò verso la sua stanza.

    «Buongiorno, monsignore», lo salutò padre Claudio, il segretario. «La posta è sulla scrivania».

    Cattaneo lo ringraziò e si chiuse la porta alle spalle. Sedette alla scrivania zeppa di libri, di cartelle, di appunti. Si passò una mano sul viso stanco, allungò la destra sul mucchietto di lettere e inforcò gli occhiali da lettura. Disposizioni interne, quesiti su periodi antichi della Chiesa cattolica, una missiva dalle Filippine. Che caro, padre Natale. Era la seconda volta in quell’anno che lo informava sull’operato missionario tra quella popolazione. Lui ci aveva lasciato una parte del cuore. Rimase per un pezzo con gli occhi al soffitto. Era stato uno dei periodi più felici della sua vita. Rivide gli occhi allegri di tanti bambini, la dedizione delle suore che li accudivano. Aveva chiesto di potersi recare in quell’area dopo il violento tifone Yolanda che nel 2013 aveva provocato la morte di migliaia di persone, lasciando orfane tante piccole creature. Riandò con la memoria ad altre missioni, alcune da incubo, durante le quali aveva visto morire di inedia bambini ridotti solo pelle e ossa. Si scosse e col tagliacarte aprì un’altra busta. Era di un prete della parrocchia di Santa Maria della Catena dell’arcidiocesi di Palermo, Basilio Pinto. Pinto di Palermo, quel nome gli diceva qualcosa. Ricordò. L’anziano sacerdote ferrato in storia romana. Gli era stato presentato dal parroco della basilica di Santa Prassede di Roma, sei o sette mesi prima, alla Pontificia Università della Santa Croce, dove lui aveva tenuto una relazione sui riflessi pastorali del lavoro di Joseph Ratzinger, Introduzione al cristianesimo.

    Iniziò a leggere. Metteva insieme fatti accaduti intorno alla metà del 312 dopo Cristo, le persecuzioni ai cristiani all’epoca dell’imperatore Massimino, lo scisma di Melezio, vescovo di Licopoli, che organizzò la chiesa dei martiri, il martirio di Pietro, vescovo di Alessandria. Inoltre, accennava all’editto del giugno 312 con il quale l’imperatore prometteva alle città concessioni in cambio della loro devozione agli dèi. Infine, prefigurava un’imminente minaccia per la Chiesa e gli chiedeva, quale esperto di Storia ecclesiastica, un incontro per riferire in modo più esteso quanto temuto. Una lettera strana, dal contenuto quanto meno bizzarro, eppure quel sacerdote gli era sembrato una persona equilibrata, molto erudita.

    Di fatto, si stava vivendo un momento in cui erano troppi gli attacchi alla Chiesa cattolica. La si accusava di connessioni con potentati finanziari, di strane operazioni patrimoniali. Di fatto, lo si diceva da decenni e non era stato sempre facile ribattere agli addebiti, ma a ciò si aggiungeva oggi una disputa interna, che poteva sfociare in conseguenze disastrose per la Madre Chiesa.

    Emergeva una sorta di malessere politico-dottrinale e i fedeli, come aveva profetizzato l’evangelista Matteo, divenivano sempre più freddi nella fede e il loro numero, negli ultimi anni, era diminuito di non poco.

    Con disappunto pensò che nei tempi recenti la posizione della Chiesa era più rivolta alla politica sociale che alla ricerca della salvezza dell’anima. Chiuse gli occhi. Doveva prendere in considerazione quella lettera o cestinarla? Spostò indietro la poltroncina dall’alto schienale, accavallò le gambe e rimase a meditare. In ciò che il prete scriveva c’era qualcosa fuori posto. Perché si riferiva solo alle persecuzioni subite dai cristiani all’epoca di Massimino, quando invece la storia riporta bagni di sangue, martiri, crudeltà inimmaginabili anche sotto altri imperatori romani, da Settimio Severo, a Decio, a Diocleziano sotto il cui impero si ebbe l’oppressione più ampia e cruenta, a Galerio suo maligno suggeritore, a Licinio?

    Doveva chiedere un parere ad Ambrogio Ruiz o al cardinale Paolo Medici a capo della Biblioteca Apostolica Vaticana. Decise che prima avrebbe scritto all’arcivescovo di Palermo. Su quel prete voleva saperne di più.

    Quella sera andò presto a letto, ma stentò a prendere sonno. Dovette ammettere che quella lettera l’aveva impressionato più di quanto non avrebbe pensato.

    2

    «Quanto è bella questa chiesa», esclamò Giovanni Barraco, capo della Squadra Mobile di Palermo, mentre col naso all’insù ammirava, in cima a una larga scalinata, i tre archi del portico di Santa Maria della Catena. «Starei giorni a guardare questa bellezza architettonica. Lombardo, cosa ti hanno detto di preciso su questo prete che non si trova?»

    «Che è anziano e che è scomparso. Il segretario dell’arcivescovo ha chiesto di lei, ma lei, dottore, non era nella stanza. Ha lasciato detto che sua eminenza voleva incontrarla alla Madonna della Catena all’una».

    «Ma questo che è orario di incontri? A quest’ora si mangia».

    «Non so che dirle, capo».

    «Hai sentito il reparto persone scomparse?»

    «Non è stata presentata alcuna denuncia».

    «Non capisco perché il cardinale D’Aquino abbia chiesto di me…».

    «Forse vuole conoscere i suoi peccati…». Con la mano scosse l’aria vicino al viso. «Che caldo in questi ultimi giorni di giugno!».

    «Se potessi mi toglierei questa benedetta giacca», rispose il vicequestore riportando lo sguardo alla fine della scalinata. «Vedi, Lombardo, questo è il momento di aspettarsi un miracolo della Madonna: arrivare fin lassù senza avere un infarto».

    Giunto al dodicesimo gradino il vicequestore si fermò. Lo sguardo spaziò lungo il vicinissimo porticciolo. Quante imbarcazioni in quella ricca insenatura! Con l’indice della mano destra indicò in lontananza due barche dalle vele colorate che sembravano rincorrersi, accompagnate da uno stormo di gabbiani. «Guarda, Lombardo, che splendore! Quanto mi piacerebbe essere a bordo di una di quelle barche».

    «E invece siamo su questa gradinata, dottore. E l’arcivescovo l’aspetta».

    «Che rottura di scatole! Senti, facciamo così, tu entri, ti fai raccontare da qualcuno dei preti i fatti, poi stendi un bel rapporto e lo passi al reparto persone scomparse».

    «E lei che fa?»

    «E che faccio io? Saluto sua eminenza. La mia presenza qui è pura cortesia. Non mi occupo certo di persone che spariscono... mi avrà scambiato per un tuttofare».

    «Ma ha chiesto espressamente di lei».

    «E dove sono io, caro Lombardo? Sono qui, non mi vedi?».

    L’ispettore scosse la testa.

    Barraco non era mai entrato in quell’antica chiesa. Attraversò il più grande dei tre portali. All’interno tre grandi navate, dodici campate con diverse cappelle, al centro dell’altare una tela del xvii secolo raffigurante santa Brigida in Gloria. Si avvicinò alla cappella della Madonna della Catena e restò a guardare perplesso un affresco della Vergine delle Grazie con al seno un piccolo essere dalle sembianze di vecchio, la testa era quasi calva. Cos’è questa roba?, si disse. La Madonna delle Grazie non è sempre raffigurata mentre stringe al seno un bambino? Questo è invece un vecchio e spelacchiato per giunta. Alle sue spalle una voce: «Non si meravigli di quell’immagine, dottore Barraco».

    «Eminenza, quale piacere rivederla», esclamò Barraco inchinandosi sulla mano guantata. Con un cenno della testa salutò i due preti che accompagnavano l’alto prelato.

    Questi li presentò: «Don Calogero Caruso parroco della chiesa e don Manlio Borghese, mio segretario. Questo signore è il vicequestore Barraco, capo della Mobile di questa città. Dottor Barraco, le sono grato per avere accolto la mia preghiera».

    «Ma le pare, cardinale, per me è una giornata felice e mi scuso per qualche minuto di ritardo».

    L’ispettore Lombardo alzò gli occhi al magnifico soffitto. Ma quant’è camaleontico, un minuto fa era una rottura di scatole.

    L’arcivescovo prese per un braccio il vicequestore. «Ho notato la sua perplessità davanti a questa immagine e non posso darle torto».

    Il vicequestore si volse ancora a scrutare il quadro. «È un dipinto piuttosto strano, eminenza».

    Magro, alto, il viso allungato, il cardinale Tarcisio D’Aquino sorrise. «Vede dottor Barraco, secondo la tradizione bizantina Gesù era il Saggio dei Saggi, quindi andava visto come un adulto, anche se ancora bambino. È così che deve averlo visto il pittore. Comunque, grazie ancora di essere qui, ho bisogno di parlarle».

    Il parroco li precedette, aprì una porta e lasciò il passo al cardinale e al poliziotto.

    Un tavolo che doveva risalire almeno a cento anni addietro, quattro sedie col fondo in legno, un armadio semiaperto che mostrava degli abiti talari e alcune scatole chiuse.

    «Un ambiente spartano…», commentò l’alto prelato, «come dovrebbe essere tutta la Chiesa». Tirò un profondo respiro, invitò con un gesto il vicequestore a sedere e si accomodò al lato opposto del tavolo. Giunse le mani. A Barraco sembrò che riflettesse su come cominciare. L’arcivescovo serrò dapprima le labbra, poi si toccò lo zucchetto rosso e infine disse: «Dottor Barraco, un nostro anziano prete è scomparso».

    Barraco si mosse sulla sedia e rimase in attesa che continuasse.

    «Don Basilio Pinto ha passato da poco i settant’anni e continua a servire la Chiesa con amore e passione, anche se non celebra più la messa. Da anni si dedica allo studio della storia antica e si può dire che sia un’enciclopedia in materia. È stato sempre un tipo gioviale, ma a quanto mi dicono qui da qualche giorno ha assunto un’aria insolita, strana, distratta. Interrogato dal parroco se stesse bene, ha borbottato qualcosa come colpa dell’ape sicula, mentre si dirigeva all’uscita. Don Calogero gli ha chiesto dove andasse e lui, già sui gradini della scalinata, ha risposto: Prima di tutto la Chiesa e l’umanità, devo appurare una cosa all’Archivio di Stato. Quella sede è a due passi da qui. Abbiamo controllato, vi è rimasto circa due ore. Ha consultato riferimenti alle opere di Tertulliano, l’apologeta del cristianesimo tra il ii e iii secolo dopo Cristo. Di certo qualcosa deve essere accaduto sulla via del ritorno».

    «Eminenza, di che giorno stiamo parlando?»

    «Di oggi».

    «Di oggi?»

    «Ha lasciato la parrocchia intorno alle nove e mezza».

    «Eminenza, ma sono trascorse solo poche ore!».

    «Ne sono cosciente, dottor Barraco, ma dall’Archivio di Stato a qui non ci vogliono più di cinque minuti a piedi».

    «Può aver deciso di fare una passeggiata, di fermarsi al vicino giardino Garibaldi, ha magari incontrato qualcuno con cui si è seduto da qualche parte o a riguardare gli appunti della sua ricerca…».

    L’arcivescovo scosse la testa. «Il parroco e gli altri preti hanno pensato anche a un possibile incidente. Nulla. E sostengono che Basilio non si sarebbe fermato da nessuna parte. Sono tutti certi che sarebbe ritornato subito qui».

    Barraco non sembrò convinto.

    «Ha un cellulare?»

    «Ho chiesto a don Calogero, dice di no. Affermava di non sapere cosa farsene».

    «Dove vive?»

    «Qui, in parrocchia».

    «Vorrei dare un’occhiata alla stanza». Barraco fece cenno al suo ispettore di seguirlo.

    Un lettino addossato a una parete. Un’immagine della Madonna delle Grazie, un dipinto con il viso di Gesù dai lunghi capelli sciolti e biondi, uno scaffale ripieno di libri. Barraco si avvicinò a un tavolo sul quale erano posti diversi volumi. La Bibbia aperta alla pagina dell’Apocalisse al libro dei Sette Sigilli, un commento sulla Regula fidei, una pubblicazione sulla dottrina stoica. Nell’angolo destro, impilati uno sull’altro, alcuni volumi sulla storia di Roma dei primi secoli dopo Cristo, un disegno di una sorta di uovo con una spirale intorno e in alto una scritta: Inviato via fax a Ignazio.

    Il cardinale D’Aquino indicò le opere sul tavolo. «La ricerca storica era la sua passione. Di sicuro stava sviluppando qualcosa». Mentre parlava sfogliava un quaderno. Si soffermò su una pagina. «Ecco a cosa stava lavorando», esclamò. Barraco si avvicinò e il cardinale gli mostrò una delle pagine di un quaderno a righe zeppo di appunti. Il vicequestore lesse: "Mettendo insieme i due fattori essenziali heghemonikòn e hypàrchon sono quasi certo di avere ragione. Tutto mi dice che i figli di Cristo sono in pericolo, in un mondo ormai alla deriva, dove i precetti della Chiesa non vengono rispettati, la carità è un’utopia, la verità distorta, anche all’interno di Madre Nostra. Occorrono altre conferme. Anche padre Ignazio Visconti è vicino alle mie preoccupazioni. E poi, più in basso. Parlarne al nostro beneamato arcivescovo. Chiedere udienza non appena avrò una risposta dal luminare di Storia della Chiesa".

    All’espressione perplessa di Barraco, il cardinale rispose con un sospiro. «Con heghemonikòn padre Basilio penso intenda quelle previsioni che si basano sulle conoscenze, sull’erudizione, sulle nozioni acquisite. Anche la scienza moderna fa tesoro delle esperienze che si sono succedute nel tempo. Con hypàrchon credo si riferisca a qualcosa che è già sotto i nostri occhi. In altre parole, se si mettono insieme le conoscenze passate e la situazione del presente è pensabile fare una previsione di ciò che potrà accadere in un prossimo futuro».

    «La storia che si ripete?»

    «Non è il concetto esatto, ma può andar bene, anche se in larga misura».

    «Lei cosa pensa di questo pericolo adombrato da padre Basilio?».

    D’Aquino passò un dito sulla pila di libri sul tavolo. «Non lo so. Forse esagera con i suoi… come dire? Presagi? Ma di certo stiamo attraversando tempi non felici né per la Chiesa, né per il mondo intero».

    Mentre uscivano dalla stanza di padre Basilio, Barraco chiese: «Chi è questo padre Ignazio Visconti di cui parla negli appunti?».

    L’arcivescovo passò al suo segretario il taccuino che stava sul tavolo di don Basilio. «Visconti regge la basilica di Santa Prassede a Roma. Padre Pinto l’ha conosciuto durante un seminario alla Pontificia Università della Santa Croce. Pare sia nata tra loro una buona intesa, da quel che mi ha riferito il parroco».

    «Scusi, cardinale, venendo qui sapeva della scomparsa, per ora chiamiamola così, di don Basilio? Qualcuno l’ha avvertita?»

    «No, stavano cercando di capire. Sono venuto perché volevo parlargli. Avrei potuto convocarlo in arcivescovado, ma ho approfittato per rivolgere una preghiera alla Madonna delle Grazie».

    «Posso sapere di cosa voleva parlargli? Nel mio lavoro anche una cosa che appare insignificante può avere il suo valore».

    L’arcivescovo prese da una delle tasche una busta e la porse a Barraco. Era intestata Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica e indirizzata a Sua Eminenza il Cardinale Tarcisio D’Aquino, Arcivescovato di Palermo. Il vicequestore ne trasse un foglio e si spostò di qualche passo verso una piccola finestra per avere più luce. Lesse.

    Eminenza reverendissima,

    mi rivolgo alla Sua nota disponibilità per avere maggiori notizie su un presbitero dell’arcidiocesi metropolitana che S.E.R. presiede, padre Basilio Pinto, che ho conosciuto di sfuggita a Roma. Mi ha inviato una lettera nella quale chiede il mio parere, nella qualità di esperto di storia ecclesiastica, su alcuni studi che lo portano a ipotizzare cattivi eventi per la nostra Madre Chiesa. Poiché il suo pensiero ricalca sequenze stoiche dei primi secoli dopo Cristo, mi conforterebbe il Suo alto parere sul suddetto prelato ed essere messo a conoscenza, se Sua Eminenza lo riterrà opportuno, se ha fatto cenno alla S.E.R. delle sue previsioni-preoccupazioni’, che allo stato mi appaiono intellettualmente interessanti, ma poco rilevanti.

    Suo, nel Signore

    Mons. Matteo Cattaneo

    Viceprefetto Biblioteca Apostolica Vaticana

    Barraco non poté trattenere una risata.

    «Perché ride, vicequestore?».

    Giovanni Barraco si ricompose. «Le chiedo scusa, eminenza. Il fatto è che il nome del monsignore che le scrive mi ha riportato alla mente alcune disavventure che abbiamo vissuto insieme».

    Un’espressione di stupore si dipinse sul volto del prelato. «Lei dunque conosce monsignor Cattaneo?»

    «Abbiamo lavorato insieme in un caso molto complesso, un caso che riguardava dei monaci della fine del Quattrocento, tanto che l’abbiamo archiviato come La congiura dei monaci maledetti. Una vicenda di qualche anno fa che fece anche alcuni morti nelle alte sfere del Vaticano».

    «Santo Iddio, sta forse parlando dell’uccisione dei cardinali Bartoli e Lanza?».

    Barraco fece cenno di sì con la testa.

    «E monsignore Cattaneo che ruolo ha avuto nella vicenda?»

    «Direi determinante. La sua cultura, la sua preparazione in storia della Chiesa, la sua intraprendenza sono state di grande aiuto nelle indagini».

    «Chi l’avrebbe mai detto, monsignor Cattaneo investigatore…».

    «Nel suo campo», tenne a precisare il vicequestore, «anche se c’è stato un momento in cui ci ha fatto preoccupare per il suo eccessivo zelo».

    Il cardinale fissò lo sguardo sull’affresco della volta rappresentante Cristo benedicente e quasi in un soffio disse: «Dottor Barraco, trovi padre Basilio, sta portando con sé un segreto più grande di lui. Non vorrei che rappresentasse la sua crocifissione».

    3

    Una bufera di vento sollevò in aria così tanti detriti e pulviscolo da oscurare il sole. Le stelle si mossero, come se una mano avesse scombussolato il loro ordine. E i gemiti delle anime dei morti lacerarono l’aria. Le montagne si piegarono, intere isole vennero inghiottite dalle acque marine in tempesta. Un suono di trombe percosse il pianeta. Una massa infuocata si staccò dal cielo e si diresse verso la terra. Alzò il braccio destro a riparare gli occhi. Un cavallo bianco lo portò via afferrandolo con i forti denti. In lontananza, un cavaliere in groppa a un cavallo verde pallido stava a guardare.

    Si svegliò, gli occhi sbarrati nel buio. Con un colpo di reni balzò in mezzo al letto, il corpo inondato di sudore, il cuore impazzito, la testa in fiamme. Allungò la mano e accese la lampada sul comodino. Si guardò intorno. Tutto era al proprio posto. Emise un sospiro liberatorio. Era stato un sogno, un sogno orribile. Si passò una mano tra i capelli, ma la ritirò subito. Era bagnata di sudore.

    Avvertì un dolore sordo alla spalla sinistra. Nell’incubo aveva di certo urtato l’arto contro la testiera del letto in ottone. Guardò la sveglia. Le tre e quattro minuti. L’arsura gli bruciava la gola. Si diresse in cucina. Nel corridoio si accorse che un volume era caduto dallo scaffale della libreria lasciata dalla sorella in quella casa dove ora viveva lui. Non aveva mai toccato uno di quei libri. Si chinò a raccoglierlo. La Bibbia, aperta sulla lettera di san Giuda. Come era finita a terra?. Stava per chiuderla e rimetterla a posto, quando gli occhi si posarono su un versetto. «Guai a loro perché si sono messi sulla via di Caino, e per bramosia di denaro si sono lasciati trascinare nel peccato di Balaam e sono periti nella ribellione di Core!».

    Chiuse il libro e lo rimise al suo posto. In cucina bevve avidamente un bicchiere d’acqua.

    Il ticchettio della pioggia sul vetro della finestra attirò la sua attenzione. Scostò la tendina. Rivoli d’acqua si rincorrevano. Lacrime di un cielo nero.

    I suoi occhi cercarono di attraversare la cortina di pioggia, inutilmente. Un muro scrosciante offuscava la scarsa luce dei lampioni stradali. Poggiò la fronte sui vetri. Venne investito da una sensazione di gelo, ma nulla al paragone del freddo che sentiva dentro di sé.

    Da anni, qualsiasi sentimento si era spento. L’amore, la paura, la compassione non facevano più parte del suo essere. Erano morti anni prima. Tornò a fissare la pioggia battente. A Parigi pioveva spesso. La pioggia non gli era mai piaciuta. Lasciò la cucina e si sistemò su un piccolo divano. Poggiò la testa sulla spalliera e allungò le gambe sul basso tavolino che gli stava d’avanti. Chiuse gli occhi.

    L’addestramento nei parà dell’esercito francese, i dieci anni trascorsi nelle forze speciali, talora in operazioni non riconosciute all’interno e all’estero lo avevano reso un’arma micidiale.

    Gli impartivano un ordine e lui eseguiva, senza domandarsi il perché. Era il suo lavoro, per quello era stato addestrato

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