50 manga da leggere almeno una volta nella vita
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Info su questo ebook
Divertenti, emozionanti, innovativi: sono i manga! Dal Giappone alla conquista del mondo, i fumetti del sol levante appassionano milioni di fan con storie folli, romantiche, coraggiose e innovative.
L’industria del manga è una delle più attente a creare prodotti specifici per ogni tipo di pubblico, ma è anche la patria di successi planetari noti a tutti, grazie alla capacità pervasiva delle creazioni giapponesi. Proprio per questa capacità di intercettare pubblici diversi, incluso quello femminile, molto spesso ignorati dagli altri mercati, il manga si diffonde anche in Italia. Oggi più che mai, in un’epoca di grande riconoscimento del valore artistico e commerciale dei fumetti, i manga salgono alla ribalta grazie alla loro capacità di stupire, di intrattenere e di regalare ore di grandi letture.
In 50 manga da leggere almeno una volta nella vita sono raccolti i manga più importanti dell’intera storia del fumetto del Sol Levante, scelti per la loro valenza culturale, commerciale e artistica, in un viaggio tra stili, temi e autori imprescindibili. Una vera e propria guida quindi, indispensabile per gli appassionati ma anche per chi si vuole avvicinare ai manga e non sa da dove cominciare...
La prima guida indispensabile per sapere quali sono i 50 manga più importanti!
Tra i 50 manga raccontati, analizzati e spiegati:
• L’attacco dei giganti • One piece • Paradise kiss • My hero academia • Dragon ball • Soil • Death note • Bleach • Assassination classroom • Akira • Naruto • One-punch man • Touch • Yotsuba &! • Video girl AI • Sailor moon • Ranma ½ • Fullmetal alchemist
...e tanti altri fumetti giapponesi!
Andrea Fiamma
Si occupa di fumetti, cinema e televisione. Vincitore di premi presso Treccani, Scuola Holden e Treviso Comic Book Festival, ha collaborato con il festival della letteratura di Mantova e il Comicon di Napoli. Ha scritto per Link - Idee per la TV, Fumettologica, Rivista Studio e The Comics Journal. Per la Newton Compton ha scritto Cinematerapia e 50 manga da leggere almeno una volta nella vita.
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Anteprima del libro
50 manga da leggere almeno una volta nella vita - Andrea Fiamma
1. 20th Century Boys
Con Naoki Urasawa è difficile sbagliare. Il mangaka-musicista (si è esibito con il nome d’arte Bob Lennon), classe 1960, è attivo dagli anni Novanta e ha creato una serie di opere molto affascinanti che confermano, a ogni nuova uscita, la sua grande maestria.
Per quanto riguarda i fumetti, il primo amore di Urasawa fu Osamu Tezuka, scoperto tramite La fenice e Astro Boy. Iniziò presto a disegnare manga, creando la sua prima storia a soli otto anni. Per tutta l’adolescenza sentiva però che il suo lavoro non era all’altezza di quello dei fumetti che leggeva. All’università decise quindi di studiare economia, senza coltivare particolari ambizioni. Poi però, venendo a sapere che si erano aperte delle posizioni lavorative presso Shogakukan, la casa editrice di Tezuka e di opere come Doraemon e Lamù, Urasawa si presentò al colloquio portando con sé i suoi manga, nonostante la posizione fosse di tipo amministrativo.
Un editor della rivista Big Comic Original lo intercettò e Urasawa finì per partecipare a un concorso per nuovi talenti, vincendolo. Fu solo allora che decise di diventare un fumettista professionista. Lavorò come assistente e poi prese parte, come disegnatore, ad alcune serie, tra cui Master Keaton.
Tra gli anni Ottanta e Novanta, creò manga di successo come Yawara! – Jenny la ragazza del judo (la storia del rapporto di amore e odio tra una campionessa di judo e lo sport in cui eccelle), Monster (un thriller in cui un chirurgo finisce in una vicenda da incubo dopo aver salvato la vita a uno dei suoi pazienti, che si rivela essere un serial killer) e Happy! (qui la protagonista è una ragazza che intraprende la carriera di tennista per ripagare il debito contratto dal fratello con usurai della yakuza). Tutte queste opere – e in particolare Monster – vennero accolte con grande entusiasmo da parte di pubblico e critica, e lo stesso si potrà dire delle successive, come Pluto (serie fantascientifica che narra le indagini di un detective robot), Billy Bat (manga che si muove tra il mondo di finzione di un supereroe e la realtà del fumettista che ne sta disegnando le storie) e Asadora! (storia di vita di una bambina giapponese che, nel secondo dopoguerra, diventa aviatrice). Tuttavia, è 20th Century Boys a rimanere il manga più famoso e incensato dell’autore.
Particolarità di Urasawa è che è stato uno dei pochi mangaka a lavorare, per lunghi periodi, su due serie in contemporanea, dovendo rispettare circa sei scadenze ogni mese, che gli lasciavano solo il tempo di mangiare e dormire. Stilisticamente, Urasawa si muove tra la semplicità di Osamu Tezuka e lo stile ipercinetico di Katsuhiro Otomo, papà di Akira. Come disse lo stesso Urasawa: «Tezuka ha creato lo stile di manga che esiste ancora oggi, poi sono arrivate le caricature, quindi il fumetto è cambiato di nuovo con Katsuhiro Otomo. Non penso ci siano margini di miglioramento rispetto a questi due modelli». Tra le influenze occidentali di Urasawa si annoverano invece il disegnatore Moebius e il romanziere Stephen King. Quest’ultimo scrisse alcuni libri, tra cui It, che saranno l’ispirazione principale di 20th Century Boys.
In 20th Century Boys l’autore si muove tra presente e passato, raccontando infanzia e maturità di un gruppo di amici, proprio come accadeva in It. Nel 1969 Kenji e i suoi amici Occio, Yoshitsune, Maruo, Saburo, Croakki, Mon-Chan e Yukiji avevano scritto una storia di fantascienza dai toni profetici. Il loro libro descriveva una serie di disastri che avrebbero colpito l’umanità minacciandone la sopravvivenza, e vedeva come protagonisti dei ragazzi che intervenivano per salvare il mondo.
Anni dopo, nel 1997, tutti i buoni propositi dei ragazzi sono andati in fumo, cedendo il posto ai doveri della vita adulta: Kenji, diventato un uomo impacciato e disilluso, viene coinvolto in una serie di misteri innescati dal suicidio di Saburo, tutti collegati dalla figura di un profeta occulto che si fa chiamare l’Amico. Il dettaglio più inquietante è che i piani del profeta ricalcano gli avvenimenti inventati dai bambini anni prima…
Nell’opera sono presenti tutte le caratteristiche tipiche della narrazione urasawaiana: trama complessa, ricche sottotrame, un attento approfondimento della psicologia dei personaggi e sequenze frenetiche che si alternano a momenti di maggiore sospensione. Trascinante e coinvolgente, 20th Century Boys mischia thriller, fantascienza, azione e umorismo.
1. 20th Century Boys
2. A Silent Voice
A causa di un’insofferenza caratteriale che lo porta ad annoiarsi facilmente, Shoya Ishida è diventato un bulletto della sua scuola elementare che sfida senza ritegno amici, compagni e insegnanti. Senza padre, con una madre troppo impegnata per seguirlo e una sorella che passa le sue giornate a dormire e a cambiare fidanzati, trova uno sfogo nello schernire gli altri. Un giorno, nella sua classe arriva una nuova ragazza, Shoko Nishimiya, che è sorda e comunica con gli altri attraverso un quaderno. È proprio Ishida a dare il via alle prese in giro nei confronti della compagna, e lo stesso faranno gli altri, per emulazione. Non riuscendo ad arginare le vessazioni, la bambina si vede costretta a cambiare scuola. L’evento scuote le coscienze dei suoi compagni di classe, che incolpano dell’accaduto Ishida. Quest’ultimo, diventato il capro espiatorio, inizia a isolarsi sempre di più, finché al liceo decide di fare ammenda per i propri errori. Cerca così di riallacciare i rapporti con Nishimiya, altrettanto sola perché molto timida, e impara la lingua dei segni per poter comunicare con lei. Ishida proverà anche a riunire la ragazza con i compagni di classe delle elementari, con i quali non aveva avuto occasione di stringere amicizia.
Per A Silent Voice, l’autrice Yoshitoki Oima ha tratto spunto dalle esperienze della madre, che lavora come interprete della lingua dei segni, creando dinamiche credibili e non stereotipate – anche se qualche critico ha scritto che il carattere troppo remissivo di Nishimiya, che nel fumetto si vede sottrarre più volte l’apparecchio acustico, non era plausibile. Nel complesso, anche se è un manga con uno stile di disegno classico, A Silent Voice racconta le turbe adolescenziali, il bullismo e la sordità con una prospettiva inedita che è stata apprezzata per la sensibilità e la complessità psicologica che ha voluto immettere nella storia. La scelta di affrontare questo handicap fu inizialmente osteggiata dagli editori, che non vedevano di buon occhio una trama con argomenti tanto delicati e potenzialmente in grado di scatenare critiche di vario tipo. Solo il supporto dell’associazione nazionale della comunità sorda giapponese, che ha approvato la rappresentazione della sordità nelle storie, ha permesso a Oima di continuare in tranquillità la serie.
A Silent Voice è diventato anche un film animato di buon successo, ed è stato premiato come miglior manga esordiente nel 2008. La serie è stata nominata sia al Premio Kodansha che al Premio culturale Osamu Tezuka, in occasione del quale ha vinto il New Creator Prize. Dopo A Silent Voice, Oima ha creato il manga To Your Eternity, storia di un essere immortale inviato sulla Terra per esplorarla.
2. A Silent Voice
3. Akira
Considerato come un’opera di riferimento per il cyberpunk, in grado di conquistare tanto la critica quanto il pubblico, e vendendo milioni di copie in tutto il mondo, Akira di Katsuhiro Otomo mette in scena il tentativo di Kaneda, leader di una banda di motociclisti adolescenti, di impedire a Tetsuo, l’amico d’infanzia dotato di poteri psichici che lo stanno conducendo alla follia, di usare le sue capacità telecinetiche per devastare la città e risvegliare un’entità misteriosa con potenti abilità psichiche chiamata Akira
.
Nato nel 1954, Katsuhiro Otomo crebbe nella regione rurale di Tohoku, nel nord-est del Giappone, con la lettura di manga come sola attività ricreativa. I genitori gli concedevano di comprare un solo manga al mese, così Otomo sceglieva sempre la rivista Shonen, che conteneva Astro Boy di Osamu Tezuka e Super Robot 28 di Mitsuteru Yokoyama. Unico maschio in mezzo a sorelle maggiori e minori, passava molto tempo per conto suo disegnando, copiando i suoi manga preferiti e sognando di diventare un mangaka.
Da adolescente si appassionò al cinema, che divenne il suo secondo amore. Un giorno un amico gli fece conoscere un editor della casa editrice Futabasha, che rimase colpito dai disegni di Otomo. L’editor gli disse di contattarlo nel caso il giovane avesse avuto intenzione di trasferirsi a Tokyo dopo il diploma.
Nel 1973 uscì il suo primo manga, un adattamento della storia Mateo Falcone del francese Prosper Mérimée.
Nel 1979, dopo aver realizzato diverse storie brevi per la rivista Manga Action, lavorò al suo primo manga di fantascienza, Fireball, la storia di un gruppo di ribelli che combatte contro un supercomputer che governa la città. Otomo scelse il genere fantascientifico perché aveva notato che «tutti i manga erano di genere drammatico o sportivo. Nulla a che fare con la fantascienza. Per questo scelsi quel genere. Non esistevano manga di fantascienza dura. Volevo provare a realizzarne uno che fosse realistico e credibile». Se all’inizio il suo stile è debitore alla linea di Astro Boy, negli anni Otomo si aprì alle influenze del designer Tadanori Yokoo e dell’illustratore Yoshitaro Isaka, cercando di bilanciare un segno realistico con uno vicino al mondo dei manga. Disse in un’intervista che «lavorare in maniera troppo realistica diminuisce l’effetto complessivo di verosimiglianza che si cerca di ottenere, e se ti spingi troppo nel fantastico quella componente perde di forza».
Mai portato a compimento (Otomo confessò che la trama gli sembrava debole e si stancò di lavorarci dopo 20