PASSIONE E MORTE. Claretta e Ben
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Una donna che si lascia morire per troppo amore. Può essere il tentativo di un sogno che non passa. Ma la storia ha le sue note, le sue virgolette, le sue citazioni.
Il sogno che si fa diario e romanzo non ha la necessità obbligata di raccogliere le note a fine capitolo. Perché non c’è capitolo.
Tra l’amore e la morte si resta come volo appeso tra i venti dell’attesa.
Dunque. Passione e morte di un amore. Sulle piazze si giudica.
La rappresentazione è aperta al pubblico, ovvero ingresso libero.
Claretta, austera, ha lo sguardo stanco ma senza i segni dell’oblio. Ora parla più piano e si avvicina al suo Ben.
È mai possibile processare la passione e la morte di un amore?
Claretta cammina, con il visone sulle spalle, con la luce negli occhi e il suo passo sembra danzare. Saranno le scarpe con i tacchi alti.
Una danza che ha onde di giovinezza e di forza.
Nei suoi ricci capelli il volto ha la bellezza dell’amore. Danza sulle scarpe con i tacchi alti e riesce a tracciare il vento di un gioco inesorabile.
Verranno altri racconti. Altri racconti porteranno la cifra di testimonianze e di ulteriori annotazioni.
Altri racconteranno di questo amore ma le parole non basteranno più. Neppure quelle che recitano “Parla più piano…”.
Ma cosa resta?
L’amore, la passione, il rischio e la bellezza di una donna che ha saputo morire per il suo uomo.
Cosa si dirà ancora?
Una donna dagli occhi di tenerezza lunare, sui tacchi alti, stretta al suo uomo.
Claretta, sempre nella sua eleganza, non ha mai avuto il timore di morire per amore. E poi basta.
Senza più parole. Il punto è un obbligo.
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Anteprima del libro
PASSIONE E MORTE. Claretta e Ben - Pierfranco Bruni
Weil
Un lontano giorno
con Clara e Ben
Mio padre mi racconta…
Mio padre mi racconta. Mia madre ascolta ma rincorre i segni delle favole lontane. Le favole sono fiori di una primavera che scava nel tempo.
La storia è tra le parole antiche di mio padre. Mi parla di un lontano giorno.
Era il 1945. Si gridava nella piazza affollata: li hanno uccisi. Lui con la sua amante. Finalmente…
.
Mio padre non dimentica. Noi eravamo i vinti ed eravamo diventati nemici
.
Ho riletto, in questi giorni, diverse lettere che ho trovato in un cassetto della mia grande casa di paese. Lettere scritte con una grafia graffiante. Amici di mio padre. Persone comuni che avevano partecipato alle guerre fasciste e poi si erano trovate a vivere lo sbandamento generale sia del 25 luglio che dell’8 settembre e poi ancora del 28 aprile.
Persone comuni.
Una guerra perduta in una sconfitta che ha visto la lacerazione di una generazione.
Tutto scompare. Come se venti anni di storia…
Ma questa è un’altra storia.
Forse il tempo chiuderà le ferite ma resteranno i rimorsi.
Clara era nel gioco tragico di un destino inevitabile.
Come tutti i destini tragici la morte, a volte, si fa ironia e quando l’amore traccia le vie non bastano i silenzi e neppure le recite. C’è la realtà che prende il sopravvento e l’amore di Clara è infinitamente vitale nella leggerezza della tragedia.
Romano Mussolini, il figlio del Duce, scriverà: …mia madre si era duramente scontrata con Claretta Petacci, anch’essa stabilitasi nel Garda, ma non immaginava che l’amore che legava quella donna a mio padre l’avrebbe spinta a seguirlo anche nel viaggio verso la morte
.
E poi ancora Romano Mussolini: Non fu lui a volerla con sé nell’ultima impossibile fuga verso la salvezza; tuttavia fu contento che lei avesse deciso di seguirlo
[1].
Quando dici un destino…
Diventa difficile disegnare il frontespizio della storia quando la cronaca diventa soltanto un paragrafo di un immenso teatro in cui i personaggi non si cercano e non recitano. Restano immobili. Come fantasmi. Non hanno più il desiderio di camminare dentro i fatti perché i fatti non solo bisogna viverli ma occorre sentirli.
Come fantasmi che hanno occhi e sguardi e sanno guardare tra le lontananze.
Clara e Ben. Sono sull’immenso palcoscenico che non smette di intrecciare miserie e nobiltà. Perché non vivere il dramma di questo amore come un amore nel dramma?
La sconfitta di un uomo che aveva trionfato e la giovinezza di una donna nei labirinti dell’imperfezione.
Inevitabile la morte?
Tutto può essere inevitabile se il destino non se lo porta segnato nel sangue?
Ancora mio padre che mi racconta. Forse potrebbe esserci un tempo inevitabile.
Tra le ombre, ora, cosa si diranno Clara e Ben?
Ho misurato anni e distanze ma nulla è mutato nel mio immaginario.
Vorrei ricomporre tutti i frammenti dell’ultima notte. Ma sarebbe cronaca.
La fantasia è più della cronaca e il mistero resta inossidabile. Perché in quella tragedia non c’è soltanto la tragedia di una Nazione e di un popolo.
C’è anche la storia di due amanti che abbandonano la storia e consumano tutta la loro vita nel fuoco infinito della tragedia. E quel fuoco ha lasciato la cenere che nel cuore degli umili si aggrappa alla luna.
Ma perché uccidere Clara?
Punto. Non pongo più questo interrogativo. Neppure tenterò di andare oltre.
La storia rimane depositata nella soffitta anche se è un agguato che può trincerarsi nella memoria. Ben ha consumato amori e passioni da Palazzo Venezia a Salò.
Clara ha la sua luce tra le nuvole che si intrecciano sul lago. La sua voce è più della parola perché è silenzio.
Ci saranno altre storie e altri destini. Ma qui il gioco delle immagini si fa ripetizione e occorre scrivere la fine.
Forse un giorno qualcuno reciterà altre recite.
Ma io ascolto mio padre.
Ci sembra impossibile. Non doveva finire così, non poteva… ma noi siamo la generazione che non si è mai arresa…
.
[1] Cfr. R. Mussolini, Ultimo atto. Le verità nascoste sulla fine del Duce, Rizzoli, Milano, 2004.
Clara e Ben
L’amore nella tragedia della storia
Cammino tra le strade di Giulino di Mezzegra. Sono stato a Milano. Poi a Dongo. Poi ancora a Piazzale Loreto. Immagini che si ripetono. Nel silenzio. Ho bisogno di solitudine per tentare di capire. Cosa occorre capire? Seguo le rughe delle mie mani. Mi ritornano come parole di fuoco i versi di Ezra Pound: L’enorme tragedia del sogno nelle spalle curve del contadino/Manes! Manes fu conciato e impagliato./Così Ben e la Clara a Milano/per i calcagni a Milano…
.
L’amore nella storia che recita la tragedia. I giochi sono nell’infinito. Ben, quando i rimpianti arrivano con il sorgere dell’alba si comincia ad invecchiare. Perché? Perché i sogni si