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More Than Water - Oltre Te
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E-book354 pagine5 ore

More Than Water - Oltre Te

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Info su questo ebook

Non è giusto. Non è sbagliato.

Mi limito a… sentire. 


EJ Cunning, una studentessa di storia dell'arte, frequenta i musicisti. Foster Blake, uno studente di ingegneria chimica, è stonato come una campana. Non sono fatti l'uno per l'altra. Sono solo colleghi.  
Poi, una notte di sesso--sesso tra amici--porta ad un accordo. Sembra tutto semplice--ma non lo è mai. 

Le persone si nascondono sotto una maschera.

Guarda nel profondo per trovare ciò che nascondono.

È più dell’acqua. È una storia--una combinazione che vive e respira oltre la superficie riflettente.
 

LinguaItaliano
Data di uscita5 mag 2018
ISBN9781507185063
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    Anteprima del libro

    More Than Water - Oltre Te - Renee Ericson

    Venite a trovarmi su: http://reneeericson.wordpress.com/

    Facebook: http://www.facebook.com/ericsonrenee

    Twitter: @EricsonRenee

    DEDICA

    ~All’Arte~

    Grazie per regalarmi sempre un modo per evadere dalla realtà.

    UNO

    Il basso rimbomba ritmicamente nella buia stanza mentre Chandra, la mia coinquilina da tre anni, ed io spingiamo tra la folla di fans, alla ricerca di Cal sul palco. La sua band dovrebbe arrivare presto.

    Cal, il mio ragazzo da nove mesi, non ha idea che assisterò allo spettacolo questa sera. Volevo fargli una sorpresa. Ho inventato una scusa per tornare prima a scuola, anche se le lezioni cominceranno solamente tra due settimane. Non sono certa mia madre mi abbia creduto quando le ho raccontato di dover lavorare a un progetto per una mostra locale, soprattutto vista la grande opportunità che avevo al Met, ma dovevo andarmene. Quel posto mi soffocava—non solo il luogo in cui lavoravo, tutta Manhattan. Il costante tintinnio dei tacchi vertiginosi, rigidi chignon e acconciature da puritani create da uomini gay con nomi come Ms. Marcus, e abiti ingessati super costosi che opprimevano ogni parte del mio essere. New York City è una macchina, e mentre mi trovavo lì, ero forzata a seguire una vita insipida e fatta di continue manicure.

    È ora di liberare la bestia che sono stata costretta a imprigionare per tutta l’estate.

    A ogni passo, i miei stivali si appiccicano al pavimento di linoleum sporco di birra e alcolici degli ultimi dieci anni. La puzza di sudore, mista a colonia, birra e adrenalina lentamente allentano la catena metaforica che cinge la vita che ero destinata a condurre—quella che mi rifiutavo di seguire a New York. La libertà mi aspettava qui, un aereo per fuggire, al campus. Il college è il mio santuario.

    «EJ!» Chandra esclama tra la rumorosa folla. Mi stringe il gomito, cercando di non perdermi di vista. «C’è una stanza a destra.»

    Seguendo la sua direzione, mi muovo tra la calca agitata, attenta a non far cadere i cocktail, e mi fermo vicino alla parete del piccolo locale.

    Il gruppo di Cal ha già suonato qui, ma questa è la loro prima esibizione da artisti principali. Era così euforico la settimana scorsa quando me l’ha detto.

    «Mi piacciono i tuoi capelli,» dice Chandra, accarezzando le mie nuove ciocche platino. «Questo colore ti dona molto.»

    «Grazie. Quel castano chiaro era una tortura,» rispondo disgustata, giocando con le punte dei miei boccoli che sfiorano i gomiti. «Non vedevo l’ora di cambiare.»

    «Da come lo dici, sembra quasi che qualcuno ti stesse punzecchiando con degli aghi per ottenere un colore naturale.»

    «Hai conosciuto mia madre. Ha una propensione per la perfezione. Non oserei mai contraddirla.»

    «È vero. È abile nel persuadere le persone.» Chandra si appoggia alla parete, il suo viso incorniciato da una chioma corvina che le sfiora la vita. «Mi aveva quasi convinto a indossare un completo di lana sul sari che avevo scelto per la mia presentazione finale del corso di scultura astratta. Riesci a immaginarlo?»

    «Assolutamente. Quella donna brancola nel buio come un pesce in una vasca di latte. Sono certa viva in un’altra dimensione.»

    «E dove va in vacanza? A una convention su Star Trek?» chiede, scherzando, mentre i suoi scuri occhi castani diventano enormi.

    «Ne dubito. Probabilmente penserebbe si tratti di una qualche strana avventura nei boschi—una cui non parteciperebbe mai. Ci sarebbero insetti e nessuna presa elettrica per il suo asciuga capelli.»

    «Andrebbe se le offrissero servizi Botox?»

    «Potrebbe prenderlo in considerazione se ci fosse dello champagne. Buon Dio, la settimana scorsa ha dato di matto perché il suo personal shopper non le aveva offerto degli alcolici mentre stavano cercando l’outfit perfetto per un evento. Ha anche minacciato di licenziare il poverino. È fuori controllo.»

    Accendono gli amplificatori, che offuscano le voci della folla, e ci voltiamo verso la band di Cal. Jackson, il primo chitarrista, prepara la chitarra mentre David si siede dietro la batteria. Il bassista, Landon, sbuca lateralmente, prendendo posto sul palco, e sistema le corde della sua chitarra.

    «Hai visto Cal?» chiedo.

    Chandra si mette in punta di piedi. «No, non ancora.»

    Saltello, cercando di osservare oltre la testa del pubblico. Noto i capelli biondi e le ciocche blu di Cal. Aveva detto avrebbe cambiato il colore dal rosso al blu, qualcosa a proposito di una nuova fonte di ispirazione.

    «Andiamo,» dico con coraggio, percorrendo lo spazio che mi separa dal palco seguita da Chandra. «Vedo Cal. Voglio che sappia siamo qui.»

    Mi muovo tra la gente, trascinando Chandra verso il palco.

    Il mio corpo rimane paralizzato.

    Le mani di Cal stanno palpando il sedere di una ragazza minuta, davanti a tutti, la sta divorando—non come uno zombie, ma come un adolescente che ha trovato i porno del padre.

    Hanno anche lo stesso colore di capelli. Carini. A quanto pare è lei la sua nuova ispirazione. Forse dovrei chiamarla Puffetta? Piccola. Blu. Ma qualcosa mi dice non sia l’unica vagina nel suo piccolo villaggio.

    «Porca miseria,» Chandra esclama al mio fianco. «Sta...»

    «Aspirando le labbra di quella ragazza?»

    Quella situazione diventa sempre più infernale ogni secondo che passa mentre continua a palpare la piccoletta.

    «Andiamo.» Chandra mi afferra il braccio, spingendomi con delicatezza indietro.

    I miei piedi sembrano non volersi muovere. «No.»

    Continuo a fissare il mio idolo che infila la lingua nella bocca di quella sciacquetta.

    Pensavo fossi io la sua musa. Era quello che mi aveva detto.

    Abbiamo dei piani. Insieme, gireremo il mondo—lui diffondendo la sua musica tra le masse mentre io dipingo la meraviglia di quell’esperienza. Siamo una squadra.

    Non siamo niente. Era tutta una bugia.

    Liberando il mio braccio dalla presa di Chandra, percorro la distanza che mi separa dal mio biondo demonio travestito da meschino angelo che ne accarezza e bacia un altro. La mia coinquilina mi raggiunge velocemente, mormorando delle parole di avvertimento vicino al mio orecchio. Non le sento. Riesco solamente a concentrarmi su una cosa al momento—il disastro davanti ai miei occhi.

    Sfioro la spalla di Cal.

    I suoi occhi scuri si posano su di me incontrando le mie pozze blu, assicurandosi che le sue labbra rimangano sulla puffosa stronzetta. Lentamente, allontana la bocca dal suo giocattolino.

    «Sorpresa, Cal!» esclamo in maniera eccessivamente euforica, agitando le mani per enfatizzare. «Sono tornata.»

    «EJ,» Cal strascica le parole. Batte le palpebre, confuso, e scuote la testa, come se stesse cercando di concentrarsi. Si allontana dalla ragazza che, chiaramente, ha molta familiarità con il suo corpo—o almeno vorrebbe. «Pensavo non saresti tornata per almeno un’altra settimana.»

    «Oh, Cal, tesoro, dolcezza»—sogghigno—«Sono tornata per rivederti e regalarti un pompino, ma sembra tu sia a posto per la serata. Diamine, forse potresti anche andare a letto con la tua nuova amica.»

    Si schiarisce la gola e infila le mani in tasca. «EJ...»

    Faccio un passo avanti e offro la mano alla puttanella dai capelli blu e biondi che un minuto prima stava succhiando la faccia di Cal. «Sono EJ.»

    Un po’ esitante, mi stringe la mano. «Avery.»

    «Piacere di conoscerti. Spero non ti dispiacerà fare un pompino al mio ragazzo al posto mio questa sera. Puoi anche scopartelo se ti va. Dipende da te.» Sollevo il polso, fingendo di guardare l’ora sul mio orologio inesistente. «Improvvisamente, ho altri piani, e mi dispiacerebbe che non eiaculasse per cinque secondi. È chiaro non potesse aspettare il mio ritorno, quindi faresti a entrambi un enorme favore.»

    «I-I-Io... Io...» balbetta. «Non—»

    «Va tutto bene, Avery. Capisco.» Lancio un’occhiataccia a Cal. «Sono sicura ti abbia promesso il mondo. Magari ha anche scritto una canzone o due per te. Chiunque si farebbe abbindolare dalle sue stronzate, è successo anche a me, quindi non ho niente contro di te. Ma goditela.  Non mi interessa più la sua poesia. Per quanto ne so, poteva anche recitare le frasi dei biscotti della fortuna.» Mi avvicino alla sua repellente persona. «Non sei altro che un bugiardo e un coglione. Oh, aspetta. Non è corretto. Sei senza cazzo. Dimenticavo.» Mi rivolgo ad Avery. «O forse avevi solamente bisogno di una nuova fonte d’ispirazione. Ma un vero uomo avrebbe chiuso prima di trovarsi un’altra.»

    «Fottiti, EJ. Ci stavamo solamente divertendo,» dice come se fossi una sciocca. «Inoltre, sono l’uomo più vero che avrai mai.»

    «No, sei l’unico uomo con una vagina che abbia mai scopato. Sei una fighetta.»

    «Baci tua madre con quella bocca?» chiede con disprezzo.

    Istintivamente, la mia mano si scontra con la sua guancia, inviando un pungente dolore che attraversa il mio palmo. Carica e pronta a esplodere, mi volto, agitando la mano, e corro verso l’uscita con Chandra dietro di me.

    Una volta fuori, inspiro l’aria notturna. La porta di metallo si chiude alle nostre spalle, coprendo l’assordante suono della chitarra. Le persone in fila mi fissano.

    Le mie narici si allargano per la rabbia.

    Comincio a camminare, cercando di allontanarmi dalla folla incuriosita.

    «EJ!» Chandra ansima, appoggiando una mano sulla mia spalla.

    Rallento.

    Mettendosi davanti a me, mi costringe a fermarmi. «Stai bene? È stato... stai bene?»

    «Non lo so.» Accarezzo il mio polso. «Non riesco a credere lui... davanti al gruppo e tutte quelle persone, le stava addosso.»

    «Già, ho visto.»

    «Dio. Io... credevo mi amasse. Pensavo facessimo musica insieme.»

    «Forse avete perso il ritmo?»

    «Forse è uno stronzo?»

    «Sì, hai ragione.» Mi accarezza le braccia nel tentativo di consolarmi, «Almeno gli hai detto quello che pensavi.»

    «Credi?» chiedo, poco convinta. È tutto così surreale. Ogni cosa da quando abbiamo messo piede nel locale fino a questo momento è confusa.

    «Sì,» conferma.

    Sento un’ondata di calore e un senso di vuoto nel mio petto. È il mio cuore che va in frantumi?

    Quando Cal suonava per me, la sua voce riusciva a catturare la mia anima sofferente. Che cosa ne sarà di quel dolore adesso?

    Le sue canzoni non erano per me come avevo sempre creduto. Erano menzogne, falsità. Non era reale—niente lo era nella mia vita, per quel che importava.

    «Sono certa sappia di essere un coglione,» Chandra continua. «Hai messo su un bello spettacolino nel locale.»

    «Ta-da,» mormoro, le lacrime agli occhi. «Che finale.»

    DUE

    Con i libri in mano, attraverso il prato verso la biblioteca di ingegneria, il posto di lavoro che mi è stato assegnato.

    Sono all’ultimo anno, e le lezioni sono ricominciate. È passato un mese da quando ho beccato Cal con un’altra, ed è arrivato il momento di capire che cosa farò della mia vita.

    Il mio primo anno al campus, quando ancora ero una matricola, i miei genitori, i rispettabilissimi Nora e Thomas Cunning, si mostrarono riluttanti all’idea che frequentassi quest’università. Loro avrebbero scelto la Columbia o la New York University, ma non appartenevo a nessuna di quelle scuole. Questo college del Midwest, lontano da New York, con un interessante programma di arte era più adatto per una ragazza come me, quindi avevo combattuto con i denti e le unghie per trasferirmi qui.

    Finalmente libera di esplorare e scoprire. Avevo trovato un posto che potevo considerare casa.

    E poi, dopo quasi tre anni di studi, avevo conosciuto Cal.

    Che chimera si era dimostrata.

    All’inizio la nostra storia era tutto ciò che una ragazza potesse desiderare da un fidanzato super sexy—fiori, musica, e del sesso incredibile. Naturalmente, mia madre lo odiava, e questo era un bonus aggiunto. Col senno di poi, era chiaro che in realtà ci stessimo allontanando, anche prima che tornassi a New York per l’estate. Spesso annullava i nostri appuntamenti all’ultimo minuto, e trascorrevamo raramente momenti insieme nel suo appartamento.

    Era sempre impegnato, e ora capisco fosse solamente un segnale per dirmi che non volesse stare con me. Lo definisco un caso di rifiuto da parte mia. La mia assenza aveva solamente rafforzato l’inevitabile. Mentre stavo ordinando gli schedari di un prestigioso museo d’arte, Cal stava infilando il suo cazzo in altri scompartimenti. Tecnicamente, erano donne, ma preferisco adottare un approccio più astratto per proteggere i miei sentimenti.

    Fortunatamente, è difficile che ci rivedremo presto. Cal ha mollato la scuola lo scorso anno per dedicarsi alla band, così non lo vedrò in nessuno dei miei corsi d’arte, esattamente dove ci incontrammo la prima volta.

    Sento il cellulare vibrare in tasca. È Chandra

    «Ehi, amica sexy,» rispondo, senza fiato visto che sto correndo per arrivare in tempo a lavoro. «Che mi racconti?»

    «Non molto,» Chandra risponde. «Ti dispiace se prendo in prestito il tuo vestito blu?»

    «Quale?»

    «Quello con la scollatura profonda sulla schiena e—»

    «Anche davanti?» dico, completando la sua frase. «Di che occasione si tratta?»

    «Jeremy mi ha chiesto di uscire,» canticchia. «Mi porterà in quel ristorante di sushi in città, quello nuovo vicino al mare.»

    «Jeremy l’architetto con i capelli neri e gli occhi verdi? E quelle labbra da baciare?»

    «Sì, proprio lui. L’hai ricordato.»

    «Come potrei dimenticarlo. Non hai fatto altro che parlare di lui per tutto il weekend.»

    «Non è vero!»

    «Hai anche esclamato il suo nome mentre dormivi.»

    Fece una pausa. «Davvero?»

    «Nah, ma scommetto che lo stavi sognando. Io l’ho sognato, e non l’ho mai visto. Devi essere stata brava a descriverlo. Lo immagino come un Dio.»

    «Okay, basta così. Mi presti il vestito o no?»

    «Certo. Ma sta attenta. Con quel vestito hai un po’ d’azione assicurata.»

    «Proprio quello che speravo.»

    «Allora non avrai problemi.»

    «Grazie, EJ.»

    «Figurati.»

    Chiudo la chiamata non appena arrivo all’ingresso della biblioteca circa cinque minuti prima del mio turno di notte.

    Lavoro con il sistema bibliotecario della scuola da due anni; è importante per me essere economicamente indipendente. Si è rivelato una soluzione a un problema—o un modo per nascondere il mio hobby, come lo definisce mio padre.

    L’atteggiamento dei miei genitori è un tantino dispotico quando si tratta di università, e dire che non sono contenti dei miei studi è un eufemismo. Hanno acconsentito che studiassi storia dell’arte solamente dopo averli assicurati che in futuro sarebbe stato un valore aggiunto per l’illustre compagnia pubblicitaria di famiglia, scelta che, secondo mia madre, è poco più ammirevole dello sgobbare nel mondo dell’arte come se fossi una vagabonda. Tuttavia, mi ha avvisato che non sarebbe stata altrettanto permissiva nella mia scelta di un master. Tutti i membri della mia famiglia possiedono un MBA ottenuto in scuole della Ivy League. Yale è la preferita, e tutti si aspettano lo stesso da me.

    Ad ogni modo, l’arte è la mia vita e ufficialmente la materia secondaria che sto studiando. Metto l’anima nelle mie tele, nelle mie sculture, trasmettendo tutta la mia frustrazione nei miei dipinti. Creo in maniera compulsiva. È una forma di terapia e il modo in cui riesco a rilassarmi.

    La mia famiglia non comprende questa forma di creatività.

    La evitano.

    Dopo aver aperto il portone della vecchia biblioteca, percorro il corridoio e svolto a sinistra dove si trova il busto di Edward Charles Howard—il primo celebre ingegnere chimico, come afferma la targa—e mi dirigo alla reception. Lascio la borsa in quella che suppongo sia la sala del personale e poi vado nella zona controlli per cominciare.

    Lavorare in biblioteca è abbastanza semplice, devo catalogare volumi e aiutare gli studenti a trovare le informazioni necessarie per le loro ricerche. L’anno scorso, mi assegnarono alla biblioteca principale, e anche questo trimestre avevo cominciato lì, ma oggi sono stata trasferita alla biblioteca di ingegneria. A quanto pare, sono a corto di personale. La mole di lavoro sarà inferiore e dovrebbe essere un bel cambiamento.

    Avvicinandomi alla reception, aspetto pazientemente che il gentiluomo addetto al banco informazioni finisca di rispondere a uno studente. Una volta che il ragazzo dai capelli rossi, apparentemente una matricola, si allontana, faccio un passo avanti per presentarmi.

    «Salve,» dico mentre lui è concentrato sullo schermo. «Sono EJ. Mi hanno appena trasferito dalla biblioteca—»

    «Quale biblioteca?» chiede, continuando a scrivere.

    «La biblioteca principale. Ho il turno di notte, ed è il mio primo giorno qui. Devo parlare con te per registrarmi?»

    «Probabile.» Scrive qualcosa e muove il mouse. «Aspetta un attimo. Lascia che controlli una cosa.»

    Appoggio il fianco al bancone di legno mentre lui completa la sua indagine.

    «Trovata,» annuncia. «Sì. Sei nel sistema. Probabilmente non ho notato la notifica mentre stavo aiutando uno studente.» Clicca il mouse. «Evelyn Jane Cunning. Detta EJ. Studentessa di storia dell’arte. Materia secondaria belle arti. Ultimo anno. Vive fuori dal campus. Tre-punto-nove di media. Studentessa modello.»

    «Sono io.»

    «Grandioso.» Gira con la sedia e mi fissa.

    Tipico secchione è la prima cosa che mi viene in mente mentre osservo i suoi pantaloni cachi e la maglietta con stampato un eroe dei fumetti, perfetto stile vintage hipster. Capelli castano miele e occhiali alla Buddy Holly incorniciano il suo viso dalla barba perfettamente rasata. Oltre le lenti, i suoi occhi blu mi scrutano dalla testa ai piedi.

    «Benvenuta a Howard Library,» continua. «Sono Foster. Dovrebbe essere tutto più semplice per te qui dato che hai lavorato alla biblioteca principale. Lo stesso sistema ma in uno spazio più ristretto. Se hai domande, chiedi pure.»

    «Il tuo nome è Foster?» domando, incredula. «Come la birra?»

    «Sì.»

    «Non sembri australiano.»

    «Devo aver lasciato l’accento nel mio appartamento.» Si volta nuovamente verso il computer e clicca il mouse. «Insieme al mio coccodrillo, coala e canguro.»

    «Be’, direi che ha senso.»

    «Sì, ricavare informazioni da un’assurda logica—deve essere il tuo lato artistico.» Mi lancia uno sguardo furtivo. «È il nome di famiglia.»

    «Posso chiamarti Fozzie?»

    «Posso chiamarti Evelyn?»

    «No se vuoi che risponda.»

    «Lo stesso vale per Fozzie. Non sono un Muppet.»

    Scoppio a ridere, non avendo pensato ai Muppet da anni. Incrociando le braccia, lo osservo mentre torna a lavoro come se non fossi accanto a lui.

    «Allora, di cosa mi posso occupare?» chiedo.

    «Stavo solo sistemando alcune richieste di altre sedi che avevo lasciato in sospeso. Se ti va, puoi occuparti della restituzione dei libri. L’accesso per il deposito è proprio alle tue spalle.»

    Ruotando il busto, noto il deposito. Lo apro, prendo i libri, li poso su un carrello, e poi lo spingo fino al computer accanto a Foster. Accedendo al sistema con il mio ID, comincio a registrare manualmente ogni testo e a organizzare il materiale che dovrà tornare al proprio posto.

    Dopo aver registrato metà dei libri in silenzio, chiedo, «È sempre così?»

    «Così come?»

    «Così... morto.»

    Foster osserva la stanza. «Sì. È venerdì notte, di solito il momento più tranquillo. Ti suggerisco di portare qualcosa da studiare la prossima volta. Avrai molto tempo libero.»

    «Se non è così affollato, perché hanno bisogno di due persone a lavoro?»

    «Motivi di sicurezza.»

    «Allora, mi hanno mandato qui per farti da babysitter?»

    «Interessante modo di vederla, ma sì. Politica della scuola.»

    Mi rimetto a lavoro—scrivo al computer, registro e sistemo. Quando ho completato il resto della pila, spingo il carrello per riportare i libri al loro posto.

    «Allora, qual è la tua storia?» chiedo.

    «Che intendi?»

    «Hai avuto a disposizione la storia della mia vita con un solo click. Che mi dici di te? Così saremo pari.»

    Mettendosi comodo, Foster appoggia i gomiti sul bancone. «Foster Blake. Ultimo anno. Studente di ingegneria chimica, materia secondaria economia. Quattro-punto-zero di media. Da sempre studente modello. Borsa di studio in chimica. Vincitore per due anni di fila del Premio Howard Medal. Membro e tesoriere dell’American Chemical Society, del gruppo Ingegneri senza Frontiere, e dell’Investment Club. Gioco anche a calcio e golf e faccio il volontario una volta al mese per gli studenti delle medie.»

    «Tutto qui?»

    «Sì, ho dovuto lasciare il ping-pong per dedicarmi al lavoro e alla tesi. A volte, dobbiamo fare sacrifici.»

    «Spero sappia che stavo solo scherzando. Sei più occupato di una puttana a una festa di addio al celibato. Con un’agenda simile, hai tempo per andare in bagno, o preferisci un catetere?»

    Stringe il naso tra le dita. «Che giorni lavori?»

    «Lunedì, mercoledì e venerdì notte. Perché?»

    «Come me.»

    Foster torna a concentrarsi sul monitor davanti a lui. Mentre prende appunti su un taccuino, osservo velocemente lo scarabocchio per niente familiare. Non conosco quei simboli, quindi comincio a credere che si stia occupando di altro. Per quanto ne so, potrebbe anche tradurre un oscuro linguaggio da nerd di un romanzo fantasy.

    «Riporterò questi libri negli appositi scaffali e comincerò a familiarizzare con la biblioteca.»

    «Ottimo. Io sarò qui tutta la notte.»

    TRE

    Manca mezz’ora alla chiusura, e Foster non stava scherzando sull’affluenza di studenti il venerdì notte. Ho completato tutti i compiti che avevo programmato di svolgere nel fine-settimana, inclusa una ricerca per un saggio sul Periodo Nero di Picasso, una fase artistica molto sottovalutata. Mi restano solamente gli esercizi sullo studio dell’uomo, ma non ho con me un carboncino.

    Una studentessa si avvicina al banco informazioni mentre sto sfogliando una rivista di moda, e Foster è immerso in un libro, probabilmente una storia su un nerd che vuole conquistare il mondo.

    «Posso aiutarti?» chiedo, appoggiando i gomiti sul banco.

    «Veramente...» si volta verso Foster. «Um... Foster?»

    Chiude il libro e si gratta la testa. «Ciao, Maggie. Che succede?»

    «Potresti aiutarmi a trovare delle informazioni sulla termodinamica?» Maggie chiede, giocando con le sue ciocche ebano.

    «Hai già fatto una ricerca sul web?»

    «Ho fatto una breve ricerca, ma ci sono troppe informazioni. Non so da dove cominciare.»

    È un bene che si sia rivolta a lui perché nemmeno io ne ho idea. Probabilmente la porterei nel reparto biancheria termica del centro commerciale.

    «La termodinamica è un argomento vasto,» Foster afferma, schioccando le dita. «Capisco che le informazioni possano sembrare eccessive. Stai cercando qualcosa di specifico?»

    «Non proprio. Solo le basi per un saggio di economia cui sto lavorando, e devo imparare qualcosa sulla scienza dietro al mondo degli affari.»

    «Sembra piuttosto semplice. Ci sono parecchi testi sulle strategie di marketing, ma

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