Cara senatrice Merlin. Lettere dalle case chiuse: Ragioni e sfide di una legge attuale
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In questi sessant’anni il mondo della prostituzione è cambiato: ha smesso di essere pressoché esclusivamente femminile, si è alimentato con la tratta dei migranti, ma ha sempre continuato a essere accompagnato da polemiche, da ordinanze di sindaci e da proposte di modifiche o abolizione della legge. In questa situazione, un breve saggio di Mirta Da Pra Pocchiesa individua dieci buone ragioni per sostenere l’attualità di una legge “geniale” e dieci sfide che il mondo della prostituzione pone, nel nostro tempo, a tutti noi.
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Anteprima del libro
Cara senatrice Merlin. Lettere dalle case chiuse - Mirta Da Pra Pocchiesa (a cura di)
Mirta Da Pra Pocchiesa (a cura di)
Cara senatrice Merlin
Lettere dalle case chiuse
Ragioni e sfide di una legge attuale
Edizioni Gruppo Abele
© 2018 Associazione Gruppo Abele Onlus
corso Trapani 95 - 10141 Torino
tel. 011 3859500 - fax 011 389881
www.edizionigruppoabele.it / edizioni@gruppoabele.org
isbn 9788865791950
In copertina: fotografia di Luigi Ottani
Le Lettere sono state tratte dal volume Lettere dalle case chiuse,
a cura di Lina Merlin e Carla Barberis,
Edizioni Avanti!, Milano-Roma, 1955
Per i testi riportati appartenenti alla proprietà di terzi, inseriti in questa opera,
l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire,
nonché per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione nei riferimenti.
Prima edizione: Ega - Edizioni Gruppo Abele 2008
Il libro
La legge Merlin compie sessant’anni. Con essa vennero abolite le case chiuse
cioè si eliminò l’organizzazione della prostituzione da parte dello Stato. Le persone che si prostituivano (allora soprattutto donne) vennero liberate dalla schedatura per motivi sanitari e di polizia, e dalla stigmatizzazione sociale. Di quella condizione rendono drammatica testimonianza le lettere dalle case chiuse
che qui si ripropongono, indirizzate alla senatrice Merlin e da lei raccolte, nel 1955, in una pubblicazione dallo stesso titolo, curata con Carla Barberis.
In questi sessant’anni il mondo della prostituzione è cambiato: ha smesso di essere pressoché esclusivamente femminile, si è alimentato con la tratta dei migranti, ma ha sempre continuato a essere accompagnato da polemiche, da ordinanze di sindaci e da proposte di modifiche o abolizione della legge. In questa situazione, un breve saggio di Mirta Da Pra Pocchiesa individua dieci buone ragioni per sostenere l’attualità di una legge geniale
e dieci sfide che il mondo della prostituzione pone, nel nostro tempo, a tutti noi.
La curatrice
Mirta Da Pra Pocchiesa è responsabile per il Gruppo Abele del Progetto vittime. Ha rappresentato l’Italia al Consiglio d’Europa sul tema della tratta degli esseri umani e ha fatto parte di gruppi di coordinamento a livello nazionale. Sugli stessi temi ha scritto diversi testi, tra cui Prostituzione. Un mondo che attraversa il mondo (Cittadella, 2011).
Indice
Nota dell’Editore
Ragioni e sfide di una legge attuale
di Mirta Da Pra Pocchiesa
Lettere dalle case chiuse
a cura di Lina Merlin e Carla Barberis
Prefazione
Incomincia così
Duro viverci
Difficile uscirne
Pro e contro
Appendici
I. Lina Merlin: note biografiche
II. Legge 20 febbraio 1958, n. 75
Nota dell’Editore
La legge n. 75 del 1958 ha sessant’anni. Con essa vennero abolite le case chiuse
e dettata una nuova disciplina della prostituzione, tesa a tutelare la dignità e i diritti di chi si prostituiva (allora soprattutto donne). La legge è ancora oggi conosciuta dai più con il nome di colei che sottoscrisse per prima il progetto presentato al Senato e più di ogni altro lo sostenne, la senatrice Lina Merlin. La legge venne approvata tra molte polemiche, come accadde vent’anni dopo per un’altra legge, la n. 180 del 1978, che chiuse i manicomi e restituì dignità ai folli, anch’essa nota con il nome di chi maggiormente ne propugnò l’adozione, lo psichiatra Franco Basaglia. Come sempre è accaduto per le norme che hanno abbattuto i luoghi comuni costruiti sulla vita e la sofferenza dei più deboli, per garantire la sicurezza e le abitudini dei più forti.
La legge Merlin non abolì la prostituzione: non sarebbe stato possibile e neppure se lo proponeva. Essa eliminò l’organizzazione della prostituzione da parte dello Stato e liberò chi si prostituiva da un marchio indelebile fatto di controlli sanitari e polizieschi, di schedature, di fogli di via, di stigmatizzazione sociale senza vie di uscita. Con la chiusura delle case
(se ne contavano 560 nel febbraio 1958, al momento dell’approvazione della legge) la prostituzione venne liberalizzata, prevedendo peraltro interventi di sostegno per chi intendeva uscirne, mentre furono introdotte pene detentive di notevole entità per l’induzione a essa e il successivo sfruttamento e favoreggiamento. Così la prostituzione si riversò soprattutto in strada, con connesse proteste e polemiche. In ogni caso, negli anni successivi, l’offerta di prostituzione diminuì drasticamente. Fino all’affacciarsi, in maniera consistente, delle migrazioni.
A quel punto il fenomeno è cambiato. Ha smesso di essere pressoché esclusivamente femminile, ha trovato nuove leve e alimento nell’immigrazione (soprattutto clandestina), si è intrecciato con malattie sconosciute sessualmente trasmesse come l’Aids. Ma sempre ha continuato a essere accompagnato da polemiche. E, in ultimo, anche da ordinanze di sindaci (alcune brutalmente repressive, altre al limite del grottesco) tese, in particolare, ad allontanare la prostituzione dai centri urbani relegandola nelle periferie o lungo le tangenziali.
Negli anni non sono mancate – non potevano mancare – le proposte più diverse di cambiamento della legge Merlin: per ripristinare l’esercizio della prostituzione esclusivamente in luoghi chiusi o predeterminati, per trattarla alla stregua di un’attività lavorativa tout court, per punire i clienti (con il carcere o con il sequestro e la confisca delle auto) e via elencando. Nella sola legislatura appena conclusa sono stati ben venti i disegni di legge al riguardo presentati alla Camera e al Senato.
In questo contesto – e per offrire elementi solidi al dibattito in corso – si colloca la decisione di riproporre le Lettere dalle case chiuse, pubblicate nel 1955 (mentre era in corso il dibattito parlamentare sulla legge), a cura di Lina Merlin e Carla Barberis (Carla Voltolina, che qui si firma con uno pseudonimo e che diventerà poi moglie di Sandro Pertini), dalle edizioni Avanti!: un documento di grande intensità anche emotiva, profondamente rivelatore di cosa sono state le case chiuse e le condizioni di chi in esse si prostituiva. Il libro riprende, con gli opportuni aggiornamenti, il precedente, pubblicato dalle Edizioni Gruppo Abele nel 2006, andato presto esaurito e tuttora richiesto da molti. Come allora le lettere sono precedute da un saggio – in forma di lettera alla senatrice Merlin – di Mirta Da Pra Pocchiesa, coordinatrice del Progetto prostituzione e tratta del Gruppo Abele e da decenni impegnata nel settore, in cui si mettono in evidenza le perduranti ragioni di validità della legge n. 75.
Torino, giugno 2018
Ragioni e sfide di una legge attuale
di Mirta Da Pra Pocchiesa
Cara senatrice Merlin,
la sua
legge compie sessant’anni e, come ogni ricorrenza, evoca ricordi e induce a bilanci.
Come Lei sa il quadro politico italiano, europeo e internazionale, è alquanto difficile. Di rappresentanti politici come Lei non ce ne sono tanti e ce ne sarebbe un gran bisogno: persone che si prendano a cuore i problemi, che approfondiscano, che studino, chiedano, si documentino e intraprendano, sulle questioni più spinose, cambiamenti culturali, come ha fatto Lei, appunto, per la legge n. 75 sulla prostituzione, del 20 febbraio 1958.
In questi anni, invece, alcuni suoi colleghi, a volte anche solo dopo pochi mesi di incarico parlamentare e comunque senza tutto l’approfondimento che la questione richiedeva, hanno avanzato proposte di modifica alla legge. Per fortuna tutte le proposte sono rimaste solo tali. Altri, va detto, hanno lavorato seriamente, avvalendosi anche del contributo di chi lavora sul campo, per aggiungere disposizioni relative al nuovo fenomeno della tratta degli esseri umani che interessa in modo considerevole il mondo della prostituzione di oggi.
Come Gruppo Abele, un’associazione di cui Lei forse ha sentito parlare perché nata nel 1965 per seguire, tra l’altro, le ragazze del «Buon Pastore», un istituto di rieducazione femminile che aveva l’obiettivo di reinserire le donne uscite dalle case
, abbiamo seguito la tematica della prostituzione negli anni.
Ebbene, Le scrivo immaginandola – vista la sua sensibilità verso i diritti e la promozione della libertà delle persone – nel misterioso mondo in cui è arrivata, a fare gli onori di casa alle molte vittime della tratta di esseri umani a fini sessuali, per sfruttamento sui luoghi di lavoro, nell’accattonaggio o in attività illecite ovvero per traffico di organi. Non solo. Lei certamente accoglierà anche le molte persone morte nel mar Mediterraneo, il nostro cimitero senza croci visibili ma che rappresenta la croce morale di vergogna della nostra Europa, a cui si affiancano le persone morte nel deserto africano o nella neve, stremate dal gelo, nell’attraversare le Alpi.
Ma oltre a pensarla impegnata ad accogliere le molte persone che arrivano, dopo viaggi difficili, traumatici ma colmi di speranze, la immagino intenta anche a confrontarsi con le persone giunte sin lì dopo anni di vita e di impegno su queste tematiche. Penso, per citarne una sola, a Roberta Tatafiore, per tanti anni impegnata nella rivista Noidonne e nella difesa dei diritti civili delle persone che si prostituiscono.
Per questo ho pensato di ripercorrere idealmente con Lei, dopo un confronto con tanti miei colleghi che lavorano sul campo da anni, la legge che viene ricordata col suo nome, per capire se è ancora valida o se andrebbe modificata.
Ebbene ho individuato ben dieci buone ragioni che la fanno essere a distanza di sessant’anni, per l’Italia e per il mondo, una legge geniale
a cui aggiungo dieci sfide che il mondo della prostituzione pone, nel nostro tempo, a tutti noi.
Dieci buone ragioni per dire che la sua legge continua a essere, ancora oggi, geniale
1) La sua legge è stata pensata, studiata, approfondita. Lei ha raccolto le testimonianze di chi viveva nelle case
, i loro pareri, le loro richieste e le loro speranze. Ha ascoltato posizioni diversificate rispetto alla gestione del fenomeno, in Italia e all’estero. Ha generato dibattito e confronto. Per ben dieci anni ha lavorato per il necessario cambiamento culturale che il tema richiedeva e che dovrebbe, sempre, accompagnare le leggi che riguardano il costume, la morale, i rapporti di potere tra le persone.
2) La sua legge ha tolto la schedatura – per motivi di ordine sanitario e di polizia – delle donne che si prostituiscono dando loro la possibilità di cambiare vita, senza portarsi dietro un’etichetta che non volevano avere, per tutta la vita.
3) La sua legge ha offerto un’opportunità di riscatto a tutte le donne, fino ad allora schedate, che uscivano dalle case chiuse e i risultati, negli anni, si sono visti. Al di là del primo periodo, in cui le persone che erano nelle case
si sono riversate nelle strade, creando confusione e proteste, le donne si sono, nel tempo, affrancate dalla prostituzione perché, avendo a disposizione più lavoro e lavori migliori, hanno scelto di fare altro. All’arrivo delle migranti, negli anni Ottanta, dai Paesi dell’Est (Albania in particolare) e dall’Africa (Nigeria in testa) di donne italiane ce n’erano poche e non sfruttate. La domanda, invece, era rimasta quasi immutata, ma latente.
4) La sua legge punisce lo sfruttamento della prostituzione altrui. È una legge di equilibri (le leggi sulla prostituzione sono generalmente altalenanti, nella storia, nei vari Paesi) e di limiti. Sul reato di sfruttamento sono intervenute, a rinforzarla, leggi successive. Cito quanto fatto da tre sue colleghe che hanno affrontato il tema congiuntamente: Anna Finocchiaro, del Dipartimento per le pari opportunità che ha promosso l’iniziativa; Rosa Russo Jervolino per il Ministero dell’interno; Livia Turco per il Ministero per la solidarietà sociale. Coinvolgendo alcune associazioni che operavano sul campo (Associazione Papa Giovanni XXIII, Caritas, Cnca, Gruppo Abele, On The Road), esse hanno ideato, nel 1998, l’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione che ha avuto il merito, da un lato, di riconoscere uno status particolare alle vittime della tratta e di proteggerle attraverso un percorso sociale (con e senza denuncia) e, dall’altro, di contrastare il traffico degli esseri umani. A questa legge, che ha anche riconosciuto il ruolo delle realtà no profit (le prime a sollevare il problema e a portarlo a livello istituzionale) si è poi aggiunto, nel dicembre 2000, il Protocollo di Palermo della Convenzione delle Nazioni unite «Contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta delle persone, in particolare di donne e bambini». La legge 228 del 2003 dal titolo «Misure contro la tratta di persone» ha poi rappresentato il culmine di un investimento forte e congiunto della politica italiana sul tema.
5) La sua legge condanna in modo particolarmente grave l’avviamento alla prostituzione di un/una minore prevedendo una speciale aggravante con il raddoppio della pena prevista in linea generale. Quella previsione (contenuta nell’articolo 4, n. 2) ha costituito la base per l’attuale articolo 600 bis del codice penale, che detta una disciplina autonoma per lo sfruttamento della prostituzione minorile. Numerose altre leggi, a tutela dei minori, rafforzano le pene